La recidiva è una circostanza aggravante inerente alla persona

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|10 giugno 2021| n. 22966.

La recidiva è una circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole e, come tale, ove contestata in calce a più imputazioni, deve intendersi riferita a ciascuna di esse, salvo che si tratti di reati di diversa indole ovvero commessi in date diverse. (Vedi, Sez. 5, n. 2588 del 1974, Rv. 126591-01).

Sentenza|10 giugno 2021| n. 22966. La recidiva è una circostanza aggravante inerente alla persona

Data udienza 9 marzo 2021

Integrale

Tag – parola: Rapina – Lesioni aggravate – Recidiva specifica reiterata – la recidiva è una circostanza aggravante inerente alla persona –  Contestazione della recidiva in calce alle imputazioni – Giudizio abbreviato – Riparazione del danno di cui all’art. 62 n. 6 cp – Compimento prima dell’ammissione al rito – Modesta offerta risarcitoria – Esclusione dell’attenuante

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente

Dott. MANTOVANO Alfredo – Consigliere

Dott. PACILLI Giuseppina A. R – Consigliere

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere

Dott. SALEMME Andrea A. – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/03/2020 della CORTE APPELLO di CATANIA;
Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
Rilevato che il ricorso e’ trattato con le forme previste dal Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176;
Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Andrea Antonio Salemme;
Letta la requisitoria in data 15 febbraio 2021 del Sostituto Procuratore Generale in persona del Dott.ssa Mastroberardino Paola, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Lette le “conclusioni scritte” del difensore Avv. (OMISSIS), datate 1 marzo 2021 e pervenute in Cancelleria via pec il giorno successivo, in cui si insiste, in replica alla requisitoria del P.G., per l’accoglimento del ricorso.

La recidiva è una circostanza aggravante inerente alla persona

RITENUTO IN FATTO

(OMISSIS), propone ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 678 emessa in data 6 marzo 2020 e depositata in data 14 marzo 2020 con la quale dalla Corte d’appello di Catania ne confermava, per quanto di interesse in questa sede, la condanna per i delitti di cui all’articolo 628 c.p., commi 1 e 3 (capo A) e articoli 582 e 585 c.p. (capo B), con la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale.
Il ricorso e’ affidato a cinque motivi.
Con il primo motivo si denunzia violazione di legge e mancanza di motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all’articolo 99 c.p., per mancata contestazione della recidiva in relazione ai capi A) e B).
La Corte d’appello ha ritenuto di non condividere la censura con la quale si lamentava come la sentenza di primo grado avesse riconosciuto la “recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale”, anche in relazione ai capi suddetti capi, quantunque la relativa “dicitura” fosse stata in imputazione apposta solo dopo la contestazione, caduta in corso di giudizio, dell’originario capo C) (porto ingiustificato di arma in luogo pubblico). E’ dunque incorsa in errore la Corte d’appello, contravvenendo alla costante giurisprudenza di legittimita’ secondo cui la recidiva non e’ un mero status soggettivo desumibile dal certificato penale ovvero dal contenuto dei provvedimenti di condanna, ma una circostanza aggravante che, per “produrre effetti penali” (ovvero per poter essere “ritenuta e applicata”) deve aver formato oggetto di precisa contestazione. Nel caso di specie, la ritenuta recidiva qualificata non avrebbe potuto essere desunta, ed in tal guisa considerata come legittimamente contestata, anche per i capi A) e B), sul mero presupposto della contestazione per il solo capo C), trattandosi, tra l’altro, di reati di diversa indole.
Con il secondo motivo si denunzia violazione di legge e mancanza di motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), in relazione al negato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6.
Censurabile e’ l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui, ferma la necessita’ che il risarcimento avvenga prima delle formalita’ di apertura del dibattimento, il (OMISSIS) si sarebbe limitato a far recapitare alla persona offesa un assegno bancario – che, in quanto tale, e’ da ritenersi una mera datio pro solvendo – per una somma comunque insufficiente a coprire l’ammontare di tutti i danni. Invece – rileva il ricorrente – leggesi nella stessa sentenza impugnata come, gia’ nella fase preliminare al giudizio, il (OMISSIS) si fosse attivato per spedire con raccomandata a.r. indirizzata alla persona offesa un assegno circolare per l’importo di Euro 250,00 accompagnato da una lettera di scuse. Erroneamente, dunque, la sentenza impugnata ha ritenuto l’inidoneita’ del titolo emesso dal (OMISSIS), atteso che l’assegno circolare, per le sue caratteristiche, reca in se’ l’effettivita’ della somma di danaro messa a disposizione dall’imputato. Sotto altro profilo, l’assegno in questione e’ stato ritualmente incassato ben prima dell’ordinanza di ammissione del rito abbreviato, ma la Corte d’appello ha ritenuto che la somma fosse insufficiente a risarcire il danno, senza nondimeno spiegare le ragioni di tale sua affermazione in rapporto segnatamente alla valutazione dell’entita’ del danno morale.
Con il terzo motivo si denunzia violazione di legge e mancanza di motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), in relazione al negato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte d’appello ha omesso di considerare una serie di elementi positivamente valutabili in favore del (OMISSIS): l’aver agito da solo, in un arco di tempo oltremodo ristretto, con arma a salve; l’aver reso una confessione non utilitaristica ma spontanea al momento dell’arresto, ribadendola in sede di interrogatorio di convalida; l’aver collaborato con gli operanti, indicando loro il luogo ove si trovavano la cassa con i soldi e gli indumenti e la pistola a salve utilizzati per commettere la rapina; l’aver risarcito il danno; il versare in stato di tossicodipendenza, con ferma volonta’ di sottoporsi ad un percorso riabilitativo e di recupero, attesa la frequentazione di un programma terapeutico presso la comunita’ (OMISSIS). La sentenza impugnata si e’ limitata a richiamare la gravita’ del fatto ed i precedenti penali del (OMISSIS), senza pero’ motivare sulla condotta del ricorrente, ancorche’ rivelatrice di una radicale discontinuita’ negli atteggiamenti tenuti.
Con il quarto motivo si denunzia, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), erronea applicazione dell’articolo 597 c.p.p., in relazione agli articoli 63, 99 e 133 c.p., per violazione del divieto di reformatio in peius.
Il primo giudice, con riferimento al calcolo della pena, nulla aveva detto sulla recidiva, lasciando pertanto intendere che, quanto ad essa, seppur contestata, non aveva ritenuto di operare alcun aumento. Invero la sentenza di primo grado, anche nel dispositivo, non richiama l’articolo 99 c.p. A fronte di cio’, la Corte d’appello ha fissato la pena iniziale in anni 6 e mesi 9 di reclusione ed Euro 1.800,00 di multa, sulla quale, pero’, ha operato un aumento di mesi 3 di reclusione ed Euro 300,00 di multa per la recidiva, aumento assente nella pronuncia del primo giudice in mancanza, tra l’altro, di impugnazione da parte del P.M.
Con il quinto motivo si denunzia, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), erronea applicazione dell’articolo 597 c.p.p., in relazione agli articoli 81 e 133 c.p., per violazione del divieto di reformatio in peius.
Alla stregua della parte motiva della sentenza di primo grado, l’aumento sulla pena iniziale per il capo A) in relazione ai capi B) e C) era stato determinato complessivamente in mesi 9 di reclusione ed Euro 600,00 di multa. La mancata specificazione del quantum di aumento per ciascuno dei capi B) e C) in continuazione induce a ritenere che lo stesso debba essere riferito in parti uguali all’uno e all’altro. A fronte di cio’, la Corte d’appello, assolto il (OMISSIS) dal capo C), ha operato l’aumento per la continuazione in relazione al restante capo B) nella misura di mesi 6 di reclusione, cosi’ inammissibilmente riformando in peius l’entita’ della pena a tale titolo inflitta, pur in assegna di impugnazione del P.M.
Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale presso questa Suprema Corte chiede il rigetto del ricorso.
Con “conclusioni scritte”, il difensore dell’imputato, in replica alla requisitoria del P.G., insiste per l’accoglimento del ricorso.

 

La recidiva è una circostanza aggravante inerente alla persona

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo e’ manifestamente infondato e dunque inammissibile.
Nel catalogo imputativo, la formula: “Con la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale” risulta apposta in calce all’elenco dei capi A), B) e C), con la conseguenza che deve ritenersi breviter riferita a tutti i capi e non soltanto al capo C). Invero, al netto del rilievo che il capo C), in quanto relativo a contravvenzione, non avrebbe neppure potuto di per se’ stesso sostenere la contestazione della recidiva, tutti i capi riguardano reati della stessa indole commessi in un unico frangente spazio-temporale, trattandosi di rapina mediante l’uso di un’arma giocattolo (capo A), lesioni contestualmente arrecate alla persona offesa (capo B) e porto ingiustificato di arma in luogo pubblico (capo C, in ordine al quale e’ intervenuta assoluzione), di guisa che unitariamente deve essere apprezzato lo svolgimento del catalogo imputativo, afferente, in sostanza, ad un unico fatto storico, rispetto al quale la contestazione delle singole disposizioni di legge violate, con pertinente descrizione delle condotte, assume rilievo come specificazione finalizzata alla mera qualificazione giuridica.
A mente di cio’, ritiene il Collegio di dare continuita’ all’orientamento secondo cui “la recidiva e’ una circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole e, come tale, ove contestata in calce a piu’ imputazioni, deve intendersi riferita a ciascuna di esse salvo che si tratti di reati di diversa indole ovvero commessi in date diverse”. (Sez. 2, n. 56688 del 13/12/2017, Belcastro e altri, Rv. 27214601; Sez. 2, n. 3662 del 21/01/2016, Prisco e altro, Rv. 265782-01). In altre parole, salvo che ricorrano le indicate eccezioni, tuttavia, come detto, esulanti nella specie, la contestazione della recidiva in calce costituisce una formula sintetica valida per l’intero catalogo imputativo.
Ne’ ad una tale lettura osta l’apparentemente opposto principio, richiamato dal ricorrente, a termini del quale “la recidiva e’ una circostanza aggravante e come tale, per essere ritenuta in sentenza, deve aver formato oggetto di precisa contestazione con puntuale riferimento al singolo reato cui viene riferita dal giudice” (Sez. 6, n. 5075 del 09/01/2014 Crucitti e altri Rv. 258046-01), dal momento che esso e’ stato reso in un caso diverso da quello per cui si procede: in quel caso (alla luce del par. 4 delle motivazioni in diritto di Sez. 6, n. 5075 del 2014), la recidiva era stata espressamente contestata ad uno dei coimputati quanto a tre capi ma non anche quanto al quarto, in un quadro in cui i giudici di merito avevano ritenuto di poter recuperare la contestazione della recidiva anche per quest’ultimo “richiamando le vicende procedimentali che avevano comportato lo “slittamento” delle imputazioni e riferendosi alla contestazione cautelare”; nel caso per cui si procede, invece, l’imputato e’ l’unico soggetto tratto a giudizio ed e’ chiamato a rispondere di reati tutti commessi nel medesimo accadimento fattuale, talche’ la contestazione della recidiva in calce all’enunciazione dei capi realizza una mera semplificazione enunciativa, che non crea alcuna incertezza sulla riferibilita’ della stessa a ciascuno di essi.
Il secondo motivo e’ infondato, e dunque da disattendersi, per una pluralita’ di ragioni.
In primo luogo, ai fini dell’applicazione, nella specie, del principio invocato dal ricorrente per cui, “in caso di giudizio abbreviato, ai fini del riconoscimento dell’attenuante prevista dall’articolo 62 c.p., n. 6, la riparazione del danno mediante risarcimento o restituzione deve intervenire prima che sia pronunciata l’ordinanza del giudice di ammissione al rito ex articolo 438 c.p.p., comma 4” (cosi’, da ultimo, Sez. 3, n. 15750 del 16/01/2020, S., Rv. 279270-01), avrebbe dovuto egli esplicitare – cio’ che invece non ha fatto – le concrete scansioni temporali del procedimento in relazione alle date di emissione ed incasso dell’assegno circolare spedito per posta raccomandata alla persona offesa.

 

La recidiva è una circostanza aggravante inerente alla persona

 

In secondo luogo, e’ di per se’ irrituale un’offerta risarcitoria effettuata mediante assegno circolare, che non offre garanzia di una definitiva messa a disposizione della somma in esso indicata a favore del beneficiario qualora questi lo rifiuti (arg. da Sez. 2, n. 56380 del 07/11/2017, Avventurato e altri, Rv. 271556-01).
In terzo luogo, e decisivamente, non si confronta il ricorrente con l’affermazione della Corte d’appello per cui, nella specie, l’entita’ delle lesioni arrecate alla persona offesa evidenzia la sussistenza di un danno anche, ma non solo, morale “di entita’ tale da non potere essere coperto dalla modesta offerta risarcitoria, fermo restando che la realizzazione della condotta delittuosa (caratterizzata dall’asportazione di una parte del registratore di cassa) ha causato anche accertati danni al mobilio (d’)arredamento ed ai componenti elettronici del registratore di cassa, danni che non risultano in alcun modo essere stati risarciti”. Una tale motivazione, puntuale e completa nell’indicare i danni e la loro entita’, costituisce estrinsecazione di un preciso dovere in tal senso del giudice di merito, che, come ricordato anche dalla Corte d’appello, specialmente a fronte della “mancanza di qualsivoglia dichiarazione satisfattiva da parte della p(ersona) o(ffesa)”, e’ tenuto a valutare su tali parametri congruita’ e serieta’ dell’offerta risarcitoria (cfr. Sez. 2, n. 9143 del 24/01/2013, Corsini e altri, Rv. 254880-01, nonche’ Sez. 2, n. 51192 del 13/11/2019, C., Rv. 278368-02, e Sez. 2, n. 53023 del 23/11/2016, Casti, Rv. 268714-01, che attribuiscono a detto giudice finanche il potere di disattendere l’eventuale dichiarazione satisfattiva della persona offesa). A fronte di cio’, non offre il ricorrente elementi per ritenere la sussistenza di vizi valutativi e men che meno logici affliggenti in parte qua la sentenza impugnata, in specie allegando la sufficienza della somma di Euro 250,00 a ristorare, non solo il danno morale, ma anche quelli materiali, cagionati con le gravi condotte per cui e’ giudizio.
Il terzo motivo e’ infondato e deve essere respinto.
Nel reiterare il ricorrente dinanzi a questa Suprema Corte una censura gia’ identicamente devoluta alla Corte d’appello, non tiene in considerazione la congrua e solidamente motivata risposta di questa, intesa ad osservare come, “a prescindere dall’irrilevanza delle dichiarazioni confessorie, parziali (perche’ con esse il (OMISSIS) ha cercato di sottrarsi alla responsabilita’ per lesioni dolose) ed intervenute quando peraltro l’uomo era stato gia’ attinto da schiaccianti indizi di reita’, l’applicazione dell’articolo 62-bis c.p. e’ assolutamente preclusa dalla congiunta valutazione della gravita’ del fatto e del numero e della consistenza dei precedenti penali anche specifici a carico dell’imputato, che prevalgono sugli elementi positivi addotti dal difensore quali quelli relativi al recupero della refurtiva e al percorso rieducativo”. Talche’, in definitiva, il ricorrente, si limita a sollecitare a questa Suprema Corte un’inammissibile riedizione del giudizio di merito, esulante dalle attribuzioni che istituzionalmente le sono proprie.
Il quarto motivo e’ infondato e deve essere respinto.
Per il ricorrente, il primo giudice nulla aveva detto in motivazione sulla recidiva, ragion per cui la stessa, seppur contestata, non si era tradotta in un aumento di pena. Tenuto conto di cio’, l’aumento di mesi 3 di reclusione ed Euro 300,00 di multa effettuato dalla Corte d’appello sulla pena iniziale per la recidiva, in assenza di impugnazione da parte del P.M., sarebbe illegittimo.
In realta’, il giudice di primo grado cosi’ scriveva: “(…) valutati i criteri di cui all’articolo 133 c.p., la estrema gravita’ del reato e la evidente capacita’ a delinquere, ritenuto piu’ grave il reato di cui all’articolo 628 c.p. e piu’ grave, tra le aggravanti ad effetto speciale contestate, quella di cui all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 1 pena base proporzionata per il reato di rapina aggravata e’ quella di anni 7 di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa, aumentata ex articolo 63 c.p., comma 4 per le ulteriori aggravanti di anni 7 e mesi 6 di reclusione ed Euro 2.400,00 di multa (…)”. A fronte dell’aumento di mesi 6 di reclusione ed Euro 400,00 di multa “ex articolo 63 c.p., comma 4 per le ulteriori aggravanti”, compresa dunque la recidiva, non realizza alcun trattamento sanzionatorio deteriore, come invece affermato dal ricorrente, l’aumento di mesi 3 di reclusione ed Euro 300,00 di multa effettuato dalla Corte d’appello, su una pena iniziale peraltro piu’ mite rispetto a quella individuata dal primo giudice, per la contestata e ritenuta recidiva (fermo restando, oltretutto, che sia il primo giudice che la Corte d’appello non hanno osservato l’entita’ dell’aumento obbligatorio di cui all’articolo 99 c.p., comma 5, cio’ che ridonda a beneficio del ricorrente per mancata impugnazione del P.M.).

 

La recidiva è una circostanza aggravante inerente alla persona

 

Il quinto motivo e’ infondato e deve essere respinto.
L’assunto da cui muove il ricorrente e’ che l’aumento di pena in misura di mesi 9 di reclusione ed Euro 600,00 di multa sulla pena iniziale per il capo A) effettuato dal primo giudice a titolo di continuazione in relazione ai capi B) e C) debba, in difetto di specificazione da parte di detto giudice, imputarsi in egual misura a ciascuno dei due capi, con conseguente imputazione dell’identica pena di mesi 4 e giorni 15 di reclusione ed Euro 300,00 di multa tanto al capo B) quanto al capo C); di conseguenza, una volta mandato assolto l’imputato dal capo C), la Corte d’appello non avrebbe potuto rideterminare la porzione di pena per il capo B) in continuazione sul capo A) in misura superiore alla predetta pena di pena di mesi 4 e giorni 15 di reclusione ed Euro 300,00 di multa.
Trattasi, nondimeno, di un assunto infondato, restando in potere del giudice d’appello (come, mutatis mutandis, del giudice dell’esecuzione) discrezionalmente determinare, in caso di scioglimento della continuazione, in difetto di specificazione dell’entita’ dei singoli aumenti di pena per i reati-satellite, il quantum relativo a ciascuno di esse, senza essere astretto ad aprioristiche operazioni matematiche di divisione della totalita’ della pena inflitta in aumento della pena iniziale per tutti i reati-satellite. Simili operazioni, del resto, si esporrebbero a censure di appaiamento nel medesimo trattamento sanzionatorio di fatti di reato di diversa gravita’.
A mente di cio’, nella specie, in cui ben diversa e’ la gravita’ del reato di cui al capo B), relativamente alle lesioni aggravate, e di quello, oggetto di assoluzione, di cui al capo C), relativamente al porto ingiustificato di arma in luogo pubblico, del tutto legittimo, in quanto non lesivo del divieto di reformatio in peius, e’ l’aumento di pena stabilito dalla Corte d’appello per il residuo capo B) nella misura di mesi 6 di reclusione.
In considerazione di tutto quanto precede, il ricorso, nel complesso infondato, deve essere fatto segno di pronuncia di rigetto, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si da’ atto che, ai sensi dell’articolo 546 c.p.p., comma 2, giusta le indicazioni contenute nel decreto del Primo Presidente n. 163 del 23 novembre 2020, recante “Integrazione delle Linee guida sulla organizzazione della Corte di cassazione nella emergenza COVID-19 a seguito del Decreto Legge n. 137 del 2020”, la presente sentenza viene sottoscritta dal solo presidente del Collegio per impedimento dell’estensore.

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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