La proposizione in appello dell’azione di ingiustificato arricchimento

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 giugno 2022| n. 18145.

La proposizione in appello dell’azione di ingiustificato arricchimento.

La proposizione per la prima volta in appello dell’azione di ingiustificato arricchimento è inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c. quando in primo grado sia stata proposta azione contrattuale, poiché le due azioni sono diverse sia per la “causa petendi”, basandosi quest’ultima sull’obbligazione assunta e l’azione di arricchimento sull’assenza di un vincolo negoziale, sia per il “petitum” avendo l’azione contrattuale ad oggetto il corrispettivo pattuito e l’azione di ingiustificato arricchimento la corresponsione di un indennizzo equivalente alla diminuzione patrimoniale subita.

Ordinanza|6 giugno 2022| n. 18145. La proposizione in appello dell’azione di ingiustificato arricchimento

Data udienza 4 maggio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: PREVIDENZA ED ASSISTENZA – PREVIDENZA E ASSISTENZA (IN GENERE)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 3836/2017 proposto da:
Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) – Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza, in persona del Commissario Straordinario pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1211/2016 della CORTE D’APPELLO DI PALERMO, depositata il 22/06/2016;
udita la relazione della causa svolta all’adunanza non partecipata del 4/05/2022 dal Cons. Dott. Marco Marulli.

La proposizione in appello dell’azione di ingiustificato arricchimento

FATTI DI CAUSA

1. Con contrapposti ricorsi – l’uno svolto in via principale l’altro in via incidentale – il Comune di Palermo e l’ (OMISSIS) ricorrono a questa Corte – il primo sulla base di tre mezzi, resistiti dal secondo controricorso, ed il secondo sulla base di due mezzi, illustrati pure con memoria – onde sentir cassare la decisione, di cui si legge in epigrafe, con la quale la Corte d’Appello di Palermo, pur accogliendo il gravame principale dal Comune avverso la sentenza di primo grado che, malgrado avesse revocato l’ingiunzione pronunciata a suo carico su istanza dell’Opera Pia, ne aveva comunque confermato la condanna al pagamento delle spese sostenute da questa per l’ospitalita’ di 29 anziani disposta dal Comune – ha ritenuto di condannare il medesimo Comune, previa riduzione del lucro ritratto, al pagamento in favore dall’Opera Pia di quanto da essa reclamato a titolo di arricchimento senza causa.
La Corte d’Appello, considerato a comprova della fondatezza del gravame principale il principio imposto dal TUEL in vista del quale ogni spesa e’ consentita “se sussistano la deliberazione autorizzativa nelle forme previste dalla legge e divenuta esecutiva, nonche’ l’impegno contabile registrato dal ragioniere o dal segretario, sul competente capitolo di bilancio di previsione” ed esclusa di conseguenza la vincolativita’ in capo al Comune dell’obbligo fatto valere dall’Opera Pia, a nulla rilevando in contrario la proroga del regime convenzionale di ricovero sancita dal Decreto del Presidente della Repubblica 4 giugno 1996, n. 158, articolo 9 trattandosi di “atto di indirizzo finalizzato all’omogeneizzazione delle convenzioni sul territorio regionale e destinato comunque ad essere recepito o richiamato nei contratti di volta in volta stipulati”, ha tuttavia accolto la domanda dell’Opera Pia volta ad ottenere la condanna del Comune a mente dell’articolo 2041 c.c., sull’assunto che “la domanda risulta peraltro coerente con la prospettazione originaria complessivamente illustrata nell’atto introduttivo del procedimento monitorio e soprattutto non immuta le questioni fondamentali dedotte in giudizio sulle quali le parti hanno avuto modo di interloquire, ed e’ stata reiterata nella comparsa di costituzione d’appello”.

 

La proposizione in appello dell’azione di ingiustificato arricchimento

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo del ricorso principale il Comune lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 345 c.p.c. poiche’ la Corte d’Appello, cosi’ pronunciando, avrebbe statuito su una domanda mai proposta dal momento che “nessuna domanda di indennizzo era stata infatti formulata dall’ (OMISSIS) in primo grado con la comparsa di costituzione nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo”, ne’, tantomeno, essa poteva ritenersi comunque formulata con il ricorso per decreto ingiuntivo “essendo per sua natura finalizzato a reclamare il pagamento del corrispettivo e non la corresponsione di un indennizzo”.
3. Il motivo e’ fondato e la sua fondatezza comportando la cassazione dell’impugnata decisione assorbe e rende superflua la disamina degli ulteriori motivi del ricorso principale svolti in via subordinata.
E’ convinzione saldamente invalsa nella giurisprudenza di questa Corte – consolidatasi a seguito dell’avviso espresso da SS.UU. 4712/1996 secondo cui “la domanda di indennizzo per arricchimento senza causa integra, rispetto a quella di adempimento contrattuale originariamente formulata, una domanda nuova – come tale inammissibile a norma dell’articolo 184 c.p.c. in difetto di accettazione del contraddittorio -, in quanto dette domande non sono intercambiabili e non costituiscono articolazioni di un’unica matrice, riguardando entrambe diritti cosiddetti “eterodeterminati” (per la individuazione dei quali e’ indispensabile il riferimento ai relativi fatti costitutivi, che divergono sensibilmente tra loro ed identificano due distinte entita’), e l’attore, sostituendo la prima alla seconda, non solo chiede un bene giuridico diverso (indennizzo, anziche’ il corrispettivo pattuito), cosi’ mutando l’originario “petitum”, ma, soprattutto, introduce nel processo gli elementi costitutivi della nuova situazione giuridica… che erano privi di rilievo, invece, nel rapporto contrattuale” – che la domanda di indennizzo per arricchimento senza causa integra, rispetto a quella di adempimento contrattuale originariamente formulata, una domanda nuova ed e’, come tale, inammissibile se proposta per la prima volta in appello, ostandovi l’espresso divieto previsto dall’articolo 345 c.p.c. (Cass., Sez. VI-I, 9/02/2021, n. 3058; Cass., Sez,. I, 19/10/2016, n. 21190; Cass., Sez. III, 2/12/2004, n. 22667).
4. All’autorevolezza del comando cosi’ affermato non toglie attendibilita’ il principio di cui si legge in alcune pronunce di questa Corte seguite a Cass., Sez. I, 14/06/2000, n. 8110 – ed ora ripreso da Cass., Sez. II, 24/11/2020, n. 26694; Cass., Sez, III, 15/04/2010 n. 9042; Cass., Sez. II, 5/04/2005, n. 7033 – dell’apparente contrario avviso che sia consentito proporre anche in appello per la prima volta la domanda di arricchimento senza causa, purche’ prospettata sulla base delle medesime circostanze di fatto fatte valere in primo grado. Al di la’ della sua tralatizia reiterazione, infatti, il detto principio va inteso alla luce dell’avvertenza declinata con la prima decisione che ebbe ad affermarlo (Cass., Sez. III, 30/06/1998, n. 6409), ove si e’ fatto rilevare che, “tuttavia, la proposizione per la prima volta in appello di detta azione e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 345 c.p.c. quando in primo grado sia stata proposta azione contrattuale, poiche’ le due azioni sono diverse sia per la “causa petendi”, basandosi quest’ultima sull’obbligazione assunta e l’azione di arricchimento sull’assenza di un vincolo negoziale, sia per il “petitum”, avendo l’azione contrattuale ad oggetto il corrispettivo pattuito e l’azione di ingiustificato arricchimento la corresponsione di un indennizzo equivalente alla diminuzione patrimoniale subita, cui corrisponda (e che non superi) l’arricchimento non causalmente giustificato dell’altro soggetto”.

 

La proposizione in appello dell’azione di ingiustificato arricchimento

Va percio’ riaffermato il concetto che l’azione di arricchimento senza causa costituisce un’azione autonoma, per diversita’ della causa petendi, rispetto alle azioni fondate su titolo negoziale, sicche’, dovendo escludersi che essa possa ritenersi implicitamente proposta per mezzo di una domanda fondata su altro titolo (Cass., Sez. Iii, 11/10/2012, n. 17317), e’ dunque manifestamente errato il diverso convincimento affermato dal giudice d’appello, che, qualunque orientamento si intenda seguire, si rende in ogni caso censurabile per aver dato ingresso ad una domanda nuova – la domanda di arricchimento essendo domanda diversa dalla domanda contrattuale inizialmente proposta – e, dunque, violando il divieto dei nova in appello, e per aver statuito su una domanda in precedenza mai proposta, violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
5. Cio’ detto riguardo al ricorso principale, in via incidentale l’Opera Pia, censurando le determinazioni adottate dalla Corte d’Appello in merito alla domanda da essa dispiegata con il ricorso per ingiunzione, si duole con il primo ed il secondo motivo del proprio ricorso della violazione, rispettivamente, delle disposizioni recate dalla Legge Regionale Sicilia 9 maggio 1986, n. 22, dalla L. 8 novembre 2000, n. 328 e dal Decreto del Presidente della Repubblica 4 giugno 1996, n. 158 e delle pure richiamate disposizione del TUEL, dovendo invero ritenersi non derogabile, neppure considerando i prefissati obblighi di bilancio, l’obbligo gravante sui Comuni di garantire, a tutela degli interessi sottostanti la continuita’ del servizio assistenziale in favore dei beneficiari.
6. Entrambi i motivi, esaminabili congiuntamente per l’unitarieta’ della censura che vi e’ esposta, non meritano adesione.
Questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare in tema di servizi socio-assistenziali nella Regione siciliana, enunciando un orientamento a cui si deve dare continuita’, che il ricovero di persone affette da disabilita’, presso strutture private “e’ subordinato, ai sensi della Legge Regionale n. 22 del 1986, articolo 20 alla stipulazione di apposita convenzione da parte del Comune, nonche’, ai sensi del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 153, comma 5, articoli 183, 191 e 193 all’attestazione della relativa copertura finanziaria, la cui sussistenza condiziona anche il pagamento dei corrispettivi delle prestazioni erogate che, pur trovando fondamento nella tutela di un diritto costituzionalmente protetto, non ne giustificano l’attuazione incondizionata imponendosi un bilanciamento con altri interessi di pari rango, ravvisabili nelle effettive risorse organizzative e finanziarie di cui l’ente dispone, che si traducono, poi, nell’osservanza delle disposizioni sui contratti della P.A” (Cass., Sez. I, 13/12/2018, n. 32310).
7. In particolare, lumeggiandosi la questione alla luce delle previsioni recate dalla L. n. 328 del 2000, si e’ precisato che “in tema di servizi socio-assistenziali, la L. n. 328 del 2000, articolo 6 va contemperato con il disposto del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articoli 183 e 191 sicche’ l’obbligo del comune di residenza di disporre il ricovero di persone anziane presso strutture private e’ subordinato all’attestazione della relativa copertura finanziaria, in quanto e’ vietata qualsiasi spesa in assenza di impegno contabile registrato sul competente capitolo di bilancio di previsione. Tale obbligo di assistenza, infatti, non e’ incondizionato, ma presuppone un bilanciamento con altri interessi costituzionalmente protetti, ravvisabili nelle effettive risorse organizzative e finanziarie di cui l’ente dispone, che si traducono, poi, nell’osservanza delle disposizioni sui contratti della P.A.” (Cass., Sez. I, 2/12/2016, n. 24655).
Nell’escludere, dunque, che contrattualmente il Comune potesse ritenersi obbligato nei confronti dell’Opera Pia a corrispondere le rette di degenza anche per i ricoveri disposti successivamente alla scadenza della convenzione, la Corte d’Appello si e’ esattamente attenuta ai principi dianzi richiamati, onde la sua decisione sul punto non merita alcuna cassazione.
8. In accoglimento del primo motivo del ricorso principale, la causa, cassata la sentenza impugnata, va rinviata avanti al giudice a quo per un nuovo giudizio, nonche’ per le spese di questo processo.
9. Il rigetto del ricorso incidentale comporta, ove dovuto, il raddoppio a carico del ricorrente incidentale del contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti i restanti; rigetta il ricorso incidentale; cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Palermo che, in altra composizione, provvedera’ pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

 

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