La possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice di opere di appalto con facoltà di subappalto

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 21 maggio 2020, n. 9386.

La massima estrapolata:

In tema di appalto, l’art. 18, comma 3 bis, della l. n. 55 del 1990 – il quale prevede la possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice di opere di appalto con facoltà di subappalto, di indicare nel bando di gara se provvederà al pagamento diretto al subappaltatore dell’importo dovuto, ovvero tramite l’appaltatore – è norma precettiva; l’omessa indicazione di tali modalità di pagamento nel bando di gara e la loro previsione nel solo contratto applicativo, determina, pertanto, la nullità parziale del bando medesimo e la conseguente sostituzione di diritto, ex art. 1419 c.c., delle clausole ad essa contrarie con la previsione normativa del pagamento diretto, in quanto ipotesi più favorevole all’appaltatore.

Sentenza 21 maggio 2020, n. 9386

Data udienza 20 novembre 2019

Tag – parola chiave: Opere pubbliche (appalto di) – Prezzo – Pagamento – In genere appalto – Art. 18, comma 3 bis, l. n. 55 del 1990 – Portata precettiva – Modalità del pagamento – Omessa indicazione nel bando di gara – Previsione nel contratto applicativo – Nullità parziale del bando – Conseguenze.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 3250/2016 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS) e dall’Avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata a (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), per procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata a (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), per procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
nonche’
(OMISSIS) (gia’ (OMISSIS)), oggi (OMISSIS);
– resistente –
avverso la sentenza n. 868/2014 della CORTE D’APPELLO DI MESSINA, depositata ill7/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 20/11/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO;
sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale della Repubblica Dott. CAPASSO Lucio, il quale ha concluso per il rigetto del primo e del quarto motivo, per l’accoglimento del secondo e per l’inammissibilita’ del terzo;
sentito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS);
sentito, per la controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), per delega dell’Avvocato (OMISSIS);
sentiti, per la resistente, l’Avvocato (OMISSIS) e l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

Il tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con decreto pronunciato nel 1999, ha ingiunto alla (OMISSIS) s.r.l., alla (OMISSIS) e alla (OMISSIS) s.p.a. il pagamento, in favore della (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS) s.r.l. ed, ancora prima, s.n.c.), della somma di Lire 2.167.556.228, oltre interessi e spese, quale residuo corrispettivo per i lavori, dalla stessa regolarmente eseguiti, previsti dal contratto di subappalto stipulato il 3/7/1997 con la (OMISSIS) s.r.l., associata dell’A.T.I. costituita, oltre che dalla stessa (OMISSIS) s.r.l., dalla (OMISSIS), quale capogruppo, e dalla (OMISSIS) s.p.a.: A.T.I. che, risultata aggiudicataria a seguito di gara, aveva stipulato, in data 25/3/1997, con la s.p.a. (OMISSIS) un accordo quadro, integrato con contratto applicativo del 28/4/1997, per la realizzazione di una piattaforma di rete a banda larga.
Il tribunale, con sentenza del 2006, nella contumacia dei fallimenti della (OMISSIS) s.r.l. e della (OMISSIS) s.r.l. (gia’ (OMISSIS) s.p.a.), pronunciando sulle opposizioni al decreto ingiuntivo proposte dagli ingiunti nonche’ sulle domande proposte dall’opposta (OMISSIS) nei confronti tanto delle societa’ opponenti, quanto – a mezzo di chiamata in causa di terzo – della (OMISSIS) s.p.a., ha, tra l’altro, dichiarato l’inammissibilita’ delle domande riconvenzionali spiegate dalla societa’ opposta ed, in ragione del difetto di legittimazione passiva della (OMISSIS) (gia’ (OMISSIS)), ha revocato il decreto ingiuntivo opposto.
La (OMISSIS) s.p.a. ha proposto appello avverso tale decisione, articolando sette motivi di censura e chiedendo la riforma della sentenza impugnata.
La (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.p.a. hanno resistito al gravame, contestando i motivi d’appello e chiedendo la conferma della decisione appellata.
La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello ed ha, per l’effetto, confermato la decisione impugnata.
La corte, in particolare, ha ritenuto l’infondatezza del primo e del secondo motivo d’appello, con i quali la societa’ appellante aveva dedotto, per un verso, che il tribunale non poteva dichiarare d’ufficio l’inammissibilita’ della domanda riconvenzionale proposta dall’opposta e, per altro verso, che non si trattava di domanda riconvenzionale ma di domanda integrativa di quella avanzata in via ingiuntiva.
La corte, al riguardo, ha evidenziato che, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, l’opposto, convenuto formale ma attore in senso sostanziale, non puo’ proporre domanda riconvenzionale, salvo che nel caso in cui, per effetto di una riconvenzionale formulata dall’opponente, la parte opposta si venga a trovare, a sua volta, in una posizione processuale di convenuto, al quale non puo’ essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o piu’ ampia pretesa della controparte, mediante l’eventuale proposizione di una reconventio reconventionis. Nel caso di specie, pero’, ha osservato la corte, gli opponenti si sono limitati a chiedere unicamente l’annullamento del decreto ingiuntivo e l’opposto, in conseguenza, non e’ stato messo nella necessita’ di difendersi rispetto ad una nuova e diversa pretesa degli opponenti. Ne’ la domanda di ristoro dei danni, ha aggiunto la corte, puo’ essere in alcun modo considerata come domanda integrativa di quella originaria: con la richiesta monitoria, infatti, la (OMISSIS) aveva preteso il pagamento del saldo dei lavori svolti ed e’, quindi, evidente che la domanda di risarcimento dei danni da ritardato pagamento e’ del tutto autonoma e diversa. Neppure e’ fondato, ha proseguito la corte, il rilievo per cui la sentenza e’ nulla per essere stata dichiarata d’ufficio l’inammissibilita’ della domanda riconvenzionale: l’inosservanza del divieto di introdurre una domanda nuova nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, correlata all’obbligo del giudice di non esaminarla nel merito, e’, infatti, rilevabile anche d’ufficio.
La corte, inoltre, per cio’ che riguarda il quarto ed il quinto motivo d’appello, con i quali e’ stato contestato il rigetto della domanda riconvenzionale proposta nei confronti della (OMISSIS) s.p.a.), ha ritenuto che valessero le stesse considerazioni in precedenza formulate.
La corte, poi, ha ritenuto l’infondatezza del terzo motivo d’appello, con il quale la societa’ appellante ha contestato la declaratoria di carenza di legittimazione passiva della (OMISSIS) sul rilievo che il tribunale aveva erroneamente considerato che il contratto intervenuto tra la committente (OMISSIS) s.p.a. e l’A.T.I. avrebbe dovuto rimanere distinto da quello derivante dal subappalto intervenuto tra la (OMISSIS) s.r.l., e cioe’ una delle associate, e la (OMISSIS), nei confronti della quale, pertanto, non operava la responsabilita’ solidale delle imprese associate. Secondo la corte, il legame tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.r.l. non comporta alcun rapporto associativo in quanto, nei rapporti tra l’appaltatore ed il subappaltatore, spiega l’efficacia di un appalto e subisce le vicende del negozio originario. La corte, inoltre, nel richiamare quanto argomentato dal primo giudice in merito alla carenza di legittimazione dell’appellata, che ha dichiarato di condividere pienamente, ha aggiunto che il richiamo effettuato dall’appellante alla L. n. 109 del 1994, articolo 13, non era pertinente: nel caso del subappalto intervenuto tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.r.l., infatti, quest’ultima, al di fuori del complesso procedimento previsto dall’articolo 118 della predetta legge, ha agito, quale singola impresa partecipante, in proprio nome e per proprio conto, nell’esercizio dell’autonomia patrimoniale che, del resto, era garantita dall’atto costitutivo dell’ATI. Viceversa, ha aggiunto la corte, “solo l’offerta dei concorrenti raggruppati avrebbe determinato la loro responsabilita’ solidale nei confronti della stazione appaltante nonche’ dei confronti del subappaltatore dei fornitori”.
Quanto, infine, al sesto (esigibilita’ e quantum del credito), al settimo (indebita applicazione della riduzione sui prezzi del subappalto), all’ottavo ed al nono motivo, il rigetto dell’appello, ha concluso la corte, determina l’automatico assorbimento degli stessi.
La (OMISSIS) s.p.a., con ricorso notificato in data 13/1/2016, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello, dichiaratamente non notificata.
Ha resistito, con controricorso notificato in data 17/2/2016, la (OMISSIS) s.p.a..
La societa’ ricorrente ha depositato memoria e documenti.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte prende atto che la societa’ ricorrente, con Delib. Assemblea Straordinaria 12 settembre 2017 (v. la copia allegata alla memoria depositata l’8/11/2019), ha mutato la propria denominazione da (OMISSIS) s.p.a. in (OMISSIS) s.p.a..
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, in relazione all’articolo 112 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha omesso di riconoscere la nullita’ della sentenza del tribunale per aver rilevato d’ufficio l’inammissibilita’ di asserite domande riconvenzionali nonostante che la loro inammissibilita’ non era stata in alcun modo eccepita dalle parti le quali, al contrario, avevano accettato il contraddittorio sulle stesse trattandone in modo specifico il merito.
2.2. L’appellante, in effetti, aveva lamentato la violazione del principio, che trova fondamento negli articoli 24 e 111 Cost., oltre che nell’articolo 101 c.p.c., secondo il quale il giudice non puo’ decidere la lite sulla base di una questione rilevata d’ufficio senza averla preventivamente sottoposta alle parti, al fine di provocare sulla stessa il contraddittorio, con la conseguente nullita’ della sentenza del tribunale posto che, nel giudizio di primo grado, non e’ mai stata discussa la questione dell’ammissibilita’ o meno delle domande.
2.3. La corte d’appello, invece, anziche’ pronunciare la nullita’ della sentenza, si e’ dilungata sulla possibilita’ per il convenuto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo di proporre domande riconvenzionali, dando a tale questione risposta negativa, ma omettendo del tutto di pronunciarsi sulla nullita’ cosi’ come eccepita, vale a dire per essere stata emessa una pronuncia su questione rilevata d’ufficio senza che fosse stata data alle parti alcuna possibilita’ di contraddire su essa.
3. Il motivo e’ infondato. Il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale non e’ idoneo a dar luogo al vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, ma puo’ configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’articolo 112 c.p.c., se ed in quanto si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte (Cass. n. 321 del 2016; Cass. n. 4191 del 2006; Cass. n. 22860 del 2004). Nel caso di specie, la ricorrente si e’ limitata a denunciare il vizio di omessa pronuncia sull’eccezione di nullita’ della sentenza per aver pronunciato d’ufficio l’inammissibilita’ delle (asserite) domande riconvenzionali ma non ha proposto uno specifico motivo di censura relativamente alla questione processuale sulla quale, a suo dire, vi sarebbe stata l’omissione di pronuncia ma che, invece, deve ritenersi essere stato oggetto di una implicita statuizione di rigetto.
4.1. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’articolo 112 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, nel pronunciarsi sul quarto ed il quinto motivo d’appello proposti dalla (OMISSIS) avverso la sentenza di primo grado, con riguardo alle domande proposte nei confronti della (OMISSIS) s.p.a., ha ritenuto che per tali censure valessero le considerazioni gia’ formulate.
4.2. Cosi’ facendo, pero’, ha osservato la ricorrente, la corte d’appello ha omesso di pronunciarsi sulle predette censure, non avendo detto nulla in ordine alle domande che l’opposta aveva proposto nei confronti della (OMISSIS) s.p.a. che, in quanto dirette, sono diverse rispetto a quelle avanzate nei confronti delle opponenti principali (e cioe’ (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) e (OMISSIS)), ne’ sulle doglianze specificatamente mosse al riguardo con riferimento alla pronuncia di primo grado.
4.3. La (OMISSIS) s.r.l., infatti, aveva attribuito il mancato pagamento alla condotta della mandante (OMISSIS) s.p.a., che aveva sospeso il programma e contabilizzato solo in parte i lavori eseguiti dalla (OMISSIS), e cio’ aveva fatto emergere l’interesse dell’opposto a chiamare in causa, in base alle norme di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 4 e articolo 269 c.p.c., comma 3, il terzo (OMISSIS) s.p.a., estendendo alla stessa le pretese gia’ azionate nei confronti delle opponenti e proponendo nei suoi confronti domanda di arricchimento senza causa e di risarcimento dei danni.
5. Il motivo e’ fondato. Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, per effetto dell’opposizione al decreto ingiuntivo non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l’opponente quella di convenuto. Cio’ esplica, evidentemente, i suoi effetti anche in ordine ai poteri e alle preclusioni di ordine processuale rispettivamente previsti per ciascuna delle due parti. Nel richiamo alle norme del procedimento ordinario di cognizione resta applicabile, pertanto, anche l’articolo 183 c.p.c., comma 5, a mente del quale l’attore (vale a dire, in ragione dell’evidenziata inversione dei ruoli processuali che si realizza nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opposto) puo’ non solo proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza delle domande riconvenzionali e delle eccezioni del convenuto (e cioe’ l’opponente) ma anche chiamare in giudizio un terzo nei termini di cui all’articolo 106 c.p.c. e articolo 269 c.p.c., comma 3, ove l’esigenza sia effettivamente sorta dalle difese dell’opponente, convenuto in senso sostanziale (Cass. n. 16868 del 2018; Cass. n. 10218 del 2019). La corte d’appello, pertanto, li’ dove si e’ limitata a riscontrare l’insussistenza, nel caso di specie, dei presupposti che legittimano l’opposto alla proposizione, a fronte della riconvenzionale dell’opponente, della cd. reconventio reconventionis, non si e’ avveduta del fatto che le norme prima ricordate abilitano l’opposto a chiedere la chiamata in giudizio di terzi nel caso in cui tale esigenza, come la ricorrente ha esposto, sia sorta in forza delle difese dell’opponente, e dev’essere, in parte qua, cassata.
6.1. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’articolo 1419 c.c. e alla L. n. 55 del 1990, articolo 18, comma 3 bis, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha corte d’appello non ha condannatola (OMISSIS) s.p.a., in qualita’ di mandante, al pagamento diretto del valore del subappalto.
6.2. Quest’ultima norma, infatti, ha osservato la ricorrente, ha previsto la possibilita’, per l’amministrazione (o l’ente) aggiudicatrice di opere in appalto con possibilita’ di subappalto, di indicare nel bando di gara se intenda provvedere a pagare direttamente al subappaltatore l’importo dovuto per le prestazioni eseguite o se pagare al subappaltatore tramite l’appaltatore, purche’ tale opzione sia svolta al momento dell’indizione del bando di gara.
6.3. Nel caso di specie, nulla viene specificato nel bando di gara ne’ nel successivo accodo quadro tra la (OMISSIS) s.p.a. e l’A.T.I.. La scelta viene inserita, in modo illegittimo, solo nel contratto applicativo, nemmeno richiamato nel contratto di subappalto del 3/7/1997 tra la (OMISSIS) s.r.l. e la (OMISSIS). Tale contratto viene trasmesso alla (OMISSIS) s.p.a., la quale accetta e consente che il contratto avesse esecuzione.
6.4. Risulta, quindi, evidente, alla luce dei fatti predetti, ha osservato la ricorrente, che la clausola del contratto applicativo, che la (OMISSIS) s.p.a. ha invocato per non pagare, non e’ opponibile alla (OMISSIS), la quale, in mancanza di qualsivoglia previsione nel bando di gara, ha il diritto di far valere l’ipotesi a se’ piu’ favorevole tra quelle contemplate dall’articolo 18, comma 3 bis, cit., ossia il pagamento diretto del subappaltatore.
6.5. La nullita’ parziale del bando di gara, ha evidenziato la ricorrente, per la mancanza di qualsiasi indicazione sulla modalita’ di pagamento delle opere in subappalto, non puo’ che determinare la nullita’ derivata si tutte le clausole con le quali si e’ preteso di effettuare successivamente e contra legem la scelta in questione.
6.6. La corte d’appello, quindi, riconosciuta la portata imperativa dell’articolo 18, comma 3 bis cit., avrebbe dovuto sostituire di diritto, a norma dell’articolo 1419 c.c., le clausole ad essa contrarie con la previsione normativa ed, in particolare, tra le due opzioni contenute nella norma, con l’ipotesi piu’ favorevole all’appaltatore, ossia il pagamento diretto.
7. Il motivo e’ assorbito dall’accoglimento di quello precedente.
8.1. Con il quarto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla L. n. 109 del 1994, articolo 13, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha corte d’appello ha confermato la carenza della legittimazione passiva della capogruppo (OMISSIS) con riferimento (non alle domande riconvenzionali proposte nei confronti della societa’ dell’A.T.I., ma) alla domanda principale, ossia il pagamento del prezzo delle opere del subappalto, oggetto del decreto ingiuntivo.
8.2. La corte d’appello, infatti, dopo aver evidenziato che nella stipulazione del contratto di subappalto con la (OMISSIS), la (OMISSIS) s.r.l. ha agito in proprio nome e per propri conto, ha, sia pur implicitamente, affermato l’inesistenza di un’obbligazione solidale a carico della capogruppo e, in tal modo, negato la sua legittimazione passiva.
8.3. Cosi’ facendo, pero’, ha osservato la ricorrente, la corte d’appello ha immotivatamente violato la norma prevista dall’articolo 13 cit. che, al comma 2, espressamente prevede come l’offerta dei concorrenti associati determina la loro responsabilita’ solidale nei confronti dell’amministrazione nonche’ delle imprese subappaltati e dei fornitori.
8.4. I subappaltatori, quindi, ha aggiunto la ricorrente, ha azione diretta, in via solidale, nei confronti di tutte le imprese associate, laddove il subappalto sia stato stipulato da una sola di esse, non importa se mandante o mandataria, tanto piu’ se si considera che il contratto di subappalto stipulato dalla (OMISSIS) aveva ad oggetto opere civili diverse dal servizio di telecomunicazioni e, come tali, sottratte all’applicabilita’ del Decreto Legislativo n. 158 del 1995, articolo 23, che disciplina le procedure d’appalto nel cd. settori esclusi, tra i quali, peraltro, non rientra quello delle telecomunicazioni.
8.5. La capogruppo (OMISSIS), quindi, ha concluso la ricorrente, era ed e’ tenuta a garantire l’adempimento dei crediti della (OMISSIS), essendo stata essa stessa a richiedere l’autorizzazione al subappalto alla (OMISSIS) ed a ricevere tutti i pagamenti effettuati dalla committente, dei quali avrebbe dovuto controllare l’effettiva ed ultima destinazione, nell’interesse dell’A.T.I.. La capogruppo, al contrario, non ha svolto minimamente tale funzione, lasciando che le somme versate alla (OMISSIS) s.r.l. restassero nelle casse di quest’ultima anziche’ fluire, per la parte di competenza, in quelle di (OMISSIS).
9. Il motivo e’ fondato. Questa Corte, infatti, ha avuto modo di affermare che l’Associazione temporanea tra imprese (A.T.I.) costituisce una formula negoziale che si manifesta in forme di aggregazione tra imprese, aventi natura occasionali, temporanee e limitate, finalizzate alla partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, e che si caratterizza per la loro cooperazione, al fine di integrare le rispettive capacita’ economico-finanziarie e tecnico-organizzative, in vista dell’aggiudicazione o della esecuzione di un’opera pubblica. Il regime della responsabilita’ intercorrente fra l’A.T.I. e le singole imprese raggruppate nei confronti della stazione appaltante e dei terzi (nella specie l’impresa subappaltatrice), e’ stato risolto (sulla base di una espressa previsione di legge: della L. n. 109 del 1994, articolo 13, applicabile ratione temporis) nel senso della responsabilita’ solidale in capo all’A.T.I. per atti o fatti inerenti la gestione ed esecuzione dell’appalto da parte della singola impresa raggruppata. E’ stato, in effetti, espressamente stabilito il principio per cui, in tema di Associazione temporanea d’imprese in un rapporto contrattuale di pubblico appalto, ai sensi della L. n. 109 del 1994, articolo 13 e successive modificazioni o integrazioni, la posizione della impresa mandataria e’ quella di responsabile, secondo lo schema della fideiussione ex lege, con obbligazione di natura prestazionale, con la conseguenza che la mandataria – salvo casi particolari in ordine alla natura tecnica peculiare di alcune delle opere – deve sostituirsi alla mandante nella prestazione rimasta ineseguita e rispondere dell’inadempimento di questa anche nei confronti dei subappaltatori o fornitori (Cass. n. 2963 del 2017). La sentenza impugnata, nella parte in cui ha negato la responsabilita’ solidale tra la capogruppo e la mandante-committente delle specifiche opere eseguite dalla subappaltante, non s’e’, dunque, attenuta a questo principio e dev’essere, pertanto, in parte qua, cassata: ferma restando, pero’, la necessita’ che il giudice del rinvio provveda al previo e positivo accertamento dell’effettiva sussistenza dei presupposti fattuali per l’applicazione della norma prevista dall’articolo 13 cit. alla vicenda negoziale in questione.
10. La sentenza impugnata, in definitiva, in relazione al secondo ed al quarto motivo, dev’essere cassata con rinvio, per un nuovo esame, ad altra sezione della corte d’appello di Messina anche ai fini delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte cosi’ provvede: accoglie il secondo ed il quarto motivo; rigetta il primo, assorbito il terzo; cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Messina anche ai fini delle spese del presente giudizio.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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