La permanenza del reato di abusiva occupazione di spazio demaniale ed il termine di prescrizione

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|20 febbraio 2023| n. 5294.

La permanenza del reato di abusiva occupazione di spazio demaniale ed il termine di prescrizione

La permanenza del reato di abusiva occupazione di spazio demaniale si protrae fino a che essa perdura e, pertanto, il termine di prescrizione non decorre dalla data dell’accertamento, ma da quella della data di rilascio della concessione o da quella dello sgombero, individuandosi in tale momento la cessazione dell’illegittimo uso e godimento di fatto del bene demaniale.

Sentenza|20 febbraio 2023| n. 5294. La permanenza del reato di abusiva occupazione di spazio demaniale ed il termine di prescrizione

Data udienza 26 ottobre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: IMPUGNAZIONI CIVILI – REVOCAZIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

Dott. Spa ZIANI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3268/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato BOTTI LUCIANO, ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato FERGOLA ARMANDO, ( (OMISSIS)), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PERON MASSIMO, ( (OMISSIS));
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SPA;
– intimati –
avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 17415/2019 depositata il 28/06/2019.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 26/10/2022 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

La permanenza del reato di abusiva occupazione di spazio demaniale ed il termine di prescrizione

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza resa in data 28/6/2019, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Salerno in data 22/3/2017 ad esito di un giudizio di responsabilita’ civile promosso da (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) s.p.a., ritenuta asseritamente responsabile del decesso del figlio degli attori, (OMISSIS), avvenuto a seguito di un intervento da quest’ultimo effettuato su un mezzo agricolo prodotto dalla societa’ convenuta, che i giudici del merito avevano ritenuto sufficientemente sicuro e conforme alle prescrizioni antinfortunistiche imposte dalla legge, cosi’ pervenendo a ricondurre l’integrale decorso causale che condusse al decesso del giovane (OMISSIS) al carattere del tutto abnorme e imprevedibile dell’intervento da quest’ultimo eseguito sul mezzo agricolo.
2. A sostegno della decisione assunta, la Corte di Cassazione ha rilevato l’inammissibilita’ di tutte le censure avanzate dai ricorrenti, avuto riguardo, tra le altre argomentazioni, alla sostanziale limitazione delle relative deduzioni a una mera proposta di rilettura nel merito dei fatti di causa (come tale, non consentita in sede di legittimita’), ovvero al non adeguato assolvimento degli oneri di puntuale e completa allegazione del ricorso, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., n. 6.
3. Avverso l’indicata ordinanza della Corte di cassazione, (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso per revocazione ex articolo 391-bis c.p.c., sulla base di un unico motivo d’impugnazione, diffusamente articolato.
4. La (OMISSIS) s.p.a. resiste con controricorso, cui ha fatto seguito il deposito di memoria.
5. Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha concluso per iscritto instando per la dichiarazione di inammissibilita’ o, in via subordinata, per il rigetto del ricorso.

La permanenza del reato di abusiva occupazione di spazio demaniale ed il termine di prescrizione

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Si da’ preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in Camera di consiglio, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, in combinato disposto con il Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228, articolo 16, comma 1 (che ne ha prorogato l’applicazione alla data del 31 dicembre 2022), non avendo alcuna delle parti ne’ il Procuratore Generale fatto richiesta di trattazione orale.
2. Con l’unico motivo d’impugnazione proposto, i ricorrenti censurano l’ordinanza impugnata per violazione dell’articolo 391-bis c.p.c., e articolo 395 c.p.c., n. 4, anche in relazione all’articolo 32 Cost., articolo 115 c.p.c. e articoli 2, 6 e 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, denunciando l’errore di fatto risultante dagli atti e documenti di causa in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato, per avere la Corte di cassazione erroneamente affermato la non facile accessibilita’ della “presa di potenza” del mezzo agricolo oggetto di causa (individuato come causa dello strangolamento della vittima), cosi’ non escludendone l’accessibilita’, ponendosi in contrasto con la contestuale affermazione della ritenuta conformita’ del mezzo alla normativa antinfortunistica che, viceversa, avrebbe presupposto, per ragioni di sicurezza, l’assoluta inaccessibilita’ della ridetta “presa di potenza”.
3. Cio’ posto, i ricorrenti evidenziano la totale obliterazione, da parte della corte territoriale, di un altro dato fattuale emergente dagli atti di giudizio (e rimasto totalmente incontestato), concernente la circostanza della “non segregazione” della presa di potenza in esame.
4. Sotto altro profilo, i ricorrenti evidenziano come la Corte di cassazione avesse affermato, contrariamente al vero, che le relazioni tecniche svolte in sede penale avessero concordemente affermato la conformita’ a legge della macchina e che l’ingegner (OMISSIS) fosse consulente del pubblico ministero (la’ dove, in realta’, tale qualifica era rivestita dal Dottor (OMISSIS)).
5. In particolare, i ricorrenti sottolineano come, in sede penale, il consulente del pubblico ministero avesse rilevato la mancanza di alcuna protezione dell’albero motore della macchina, ponendosi cosi’ in contrasto con quanto affermato dal (OMISSIS) (secondo cui non si erano evidenziate difformita’ costruttive della macchina, rispetto alle norme antinfortunistiche), con la conseguenza che la Corte di legittimita’ (equivocando persino sulle qualita’ degli esperti), prestando adesione al giudizio del (OMISSIS), ha omesso di considerare il dato oggettivo di segno contrario indicato dal consulente del pubblico ministero.
6. Inoltre, la corte di legittimita’, ritenendo imprevedibile e abnorme la condotta della vittima, si e’ fondata sull’errore di fatto costituito dalla pretesa conformita’ della macchina a norma (in ragione della non facile accessibilita’ della “presa di potenza”), in tal modo stravolgendo il criterio di valutazione del rischio cautelabile e l’ambito delle condotte oggettivamente prevedibili e prevenibili.
7. Da ultimo, i ricorrenti denunciano l’errore di fatto in cui sarebbe incorsa la corte di legittimita’ nell’esame degli atti interni al giudizio rimesso al suo esame, erroneamente ritenendo non rispettati gli oneri di puntuale e completa allegazione del ricorso (con particolare riguardo alla trascrizione delle conclusioni del consulente di parte e delle critiche rivolte all’elaborato del consulente tecnico d’ufficio in ciascuno dei motivi interessati), in contrasto con i contenuti del ricorso per cassazione analiticamente riportati in questa sede.
8. La censura, nel complesso delle sue articolazioni, e’ inammissibile.
9. Osserva il Collegio come, sulla base del consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, l’istanza di revocazione di una pronuncia della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’articolo 391-bis c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilita’, un errore di fatto riconducibile all’articolo 395 c.p.c., n. 4, che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice si sia pronunciato. L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, sempreche’ la realta’ desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio, formatosi sulla base di una valutazione (cfr., ex plurimis, Sez. 5, Sentenza n. 442 del 11/01/2018, Rv. 646689 – 01).
10. Nel caso di specie, varra’ rilevare come le circostanze di fatto evocate dai ricorrenti (con particolare riguardo alla questione dell’accessibilita’, agevole o meno, della “presa di potenza” del mezzo agricolo in esame e della relativa “non segregazione” rispetto all’esterno) rappresentino, tutte, circostanze (che gli stessi ricorrenti riconoscono come) incontestate tra le parti; circostanze, dunque, che il giudice di cassazione non ha affatto travisato, incorrendo, semmai, nell’errore di diritto consistito nel ritenere sicura e conforme alla normativa antinfortunistica un mezzo agricolo la cui “presa di potenza” sia (benche’ difficilmente o “non facilmente”) accessibile e non segregata e, correlativamente, abnorme un comportamento della vittima valutato alla luce di quella (supposta) errata interpretazione normativa.
11. E’ appena il caso di considerare, peraltro, come il tema dell’accessibilita’ della presa di potenza e della relativa segregazione, cosi’ come quello dell’abnormita’ del comportamento della vittima, fossero stati espressamente posti, nella sentenza di legittimita’ impugnata in questa sede, a oggetto di uno specifico giudizio nel contraddittorio tra le parti, con la conseguenza che sulle (pretese) questioni di fatto il provvedimento impugnato si e’ pronunciato, rendendo conseguentemente inammissibile la proposizione della revocazione sul punto.
12. Trova, infatti, applicazione, al caso di specie, il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, secondo cui, ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 4 (richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall’articolo 391-bis c.p.c.), costituisce un requisito necessario ai fini della proposizione dell’impugnazione per revocazione la circostanza che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi; con la conseguenza che non e’ configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice (Sez. 1, Sentenza n. 9527 del 04/04/2019, Rv. 653687 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 27094 del 15/12/2011, Rv. 620693 – 01).
13. Del pari inammissibili devono ritenersi le censure (sia pure non esplicitamente) avanzate dai ricorrenti in relazione ai dedotti errori sulle qualita’ soggettive dei consulenti tecnici menzionati nel provvedimento impugnato (se consulenti di parte o d’ufficio), non avendo gli odierni ricorrenti esposto le proprie doglianze in forma tale da evidenziare l’eventuale ricorso di una qualche incidenza degli errori denunciati sulla decisione della Corte di Cassazione, si’ da rivelarsi del tutto ininfluenti, irrilevanti o non decisive; cio’, peraltro, a tacere del rilievo secondo cui l’aspetto contestato in relazione alla circostanza in esame non e’ conseguente alla denuncia dell’erronea percezione (oggettiva) di un giudizio tecnico, bensi’ l’eventuale affermazione della conformita’ o meno dell’un giudizio tecnico rispetto all’altro.
14. Quanto, infine, ai ritenuti (pretesi) errori di fatto concernenti le inammissibilita’ dichiarate dal provvedimento del giudice di legittimita’ per violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, e’ appena il caso di considerare come cio’ che i ricorrenti imputano alla Corte di cassazione non sia rappresentato (tanto) dall’erroneo rilievo dell’oggettiva e assoluta mancata riproduzione delle conclusioni del consulente di parte ad opera degli impugnanti, bensi’ l’erroneo rilievo della (ritenuta) non corretta riproduzione delle stesse conclusioni in corrispondenza di ciascun motivo di ricorso nel rispetto dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, risolvendosi pertanto l’odierna censura nella denuncia di un (preteso) errore di diritto nell’applicazione di tale ultima norma processuale.
15. Anche in relazione a tale ultima doglianza, infatti, trova applicazione l’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale deve ritenersi inammissibile il ricorso per revocazione che, dietro la parvenza dell’allegazione di un errore di fatto rilevabile ictu oculi e in maniera incontrovertibile alla luce delle risultanze di causa, censuri, ai sensi dell’articolo 391-bis c.p.c., comma 1, e articolo 395 c.p.c., n. 4, l’interpretazione che il provvedimento impugnato, sulla scorta di un’esatta percezione dei fatti, abbia dato del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, corollario di quello di specificita’ sancito dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (Sez. L, Ordinanza n. 29750 del 12/10/2022, Rv. 665931 – 01).
16. Sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso per revocazione.
17. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
18. Dev’essere attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 5.200,00, alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, articolo 1-bis.

 

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