La notificazione del lodo arbitrale alla parte personalmente

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 9 dicembre 2019, n. 32028.

La massima estrapolata:

La notificazione del lodo arbitrale alla parte personalmente è idonea a far decorrere il termine d’impugnazione fissato dall’art. 828 c.p.c. anche quando la parte stessa sia stata assistita, nel giudizio arbitrale, da un procuratore, eleggendo domicilio presso il medesimo; infatti, in tale giudizio il rapporto con il difensore si svolge sul piano contrattuale del mandato con rappresentanza, senza vera e propria costituzione, sì da rendere inapplicabile la disciplina degli artt. 170 e 285 c.p.c..

Ordinanza 9 dicembre 2019, n. 32028

Data udienza 6 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria C. – Presidente

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 15057/2015 r.g. proposto da:
(OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (cod. fisc. (OMISSIS)), – gia’ (OMISSIS) s.r.l. – con sede in (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli Avvocati Prof.ri (OMISSIS) ed (OMISSIS), con cui elettivamente domicilia in (OMISSIS), presso (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L. in c.p.o. (cod. fisc. (OMISSIS)), – gia’ (OMISSIS) s.p.a. – con sede in (OMISSIS), in persona idei legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), presso il cui studio elettivamente domicilia in (OMISSIS).
– controricorrente –
e
(OMISSIS) S.P.A. (cod. fisc. (OMISSIS)), – gia’ (OMISSIS) s.r.l. – con sede in (OMISSIS).
– intimata –
avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI MILANO depositata in data 11/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 06/11/2019 dal Consigliere Dott. Campese Eduardo.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. (OMISSIS) s.r.l. (gia’ (OMISSIS) s.r.l.) in liquidazione ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex articolo 380-bis c.p.c., comma 1, contro la sentenza della Corte di appello di Milano dell’11 dicembre 2014, dichiarativa della inammissibilita’, per tardivita’, della impugnazione per nullita’ promossa dalla prima, nei confronti della (OMISSIS) s.p.a. e della (OMISSIS) s.p.a. (medio tempore resasi cessionaria dell’azienda di quest’ultima), con riferimento al lodo pronunciato dal Collegio arbitrale l’8 marzo 2011 nella controversia intercorsa tra (OMISSIS) s.r.l. ed (OMISSIS) s.p.a. in relazione ad un contratto di cessione di ramo d’azienda recante una clausola compromissoria. Resiste, con controricorso, la (OMISSIS) s.p.a., mentre la (OMISSIS) s.p.a. e’ rimasta solo intimata.
1.1. Per quanto qui di interesse, la corte distrettuale ritenne che la notificazione del lodo arbitrale effettuata, presso la sede della (OMISSIS) s.r.l., il 10 ottobre 2011, fosse idonea, alla stregua della ivi richiamata giurisprudenza di legittimita’, a far decorrere il termine perentorio di novanta giorni, sancito dall’articolo 828 c.p.c., per la sua impugnazione, sicche’ doveva considerarsi tardiva la notificazione di detta impugnazione avvenuta solo il successivo 13 aprile 2012. Disattese, inoltre, l’assunto dell’appellante secondo cui la clausola compromissoria era stata modificata dalle stesse parti contraenti nel corso dell’udienza svoltasi, in sede arbitrale, il 14 aprile 2018, ed affermo’ che “la dichiarazione resa dalle parti nel corso del giudizio arbitrale era diretta unicamente ad indicare gli studi dei rispettivi legali, quale luogo dove effettuare le comunicazioni nel corso del procedimento arbitrale. Pertanto, considerato che… il difensore che rappresenta la parte in un giudizio arbitrale non ne assume la difesa in senso tecnico, deve ritenersi che l’elezione di domicilio abbia esaurito i suoi effetti con la conclusione del giudizio arbitrale”.
2. I formulati motivi denunciano, rispettivamente:
1) “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli articoli 47 e 1362 c.c. ed agli articoli 141, 330, 816-bis ed 828 c.p.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, censurandosi la decisione impugnata nella parte in cui aveva escluso che, dal contenuto del verbale di udienza del 14 aprile 2008 innanzi al collegio arbitrale, potesse ricavarsi l’avvenuta, consensuale modifica della clausola compromissoria nel senso che tutte le comunicazioni e notificazioni si sarebbero dovute effettuare presso il domicilio eletto dalle parti in quel verbale;
2) “Violazione di legge in relazione all’articolo 139 c.p.c., ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5)”, per non avere la corte distrettuale tenuto conto delle contestazioni mosse dalla societa’ ivi impugnante in ordine alle concrete modalita’ di notificazione del lodo alla (OMISSIS) s.r.l. o ad un suo incaricato, volte a dimostrare che mai tale notificazione era stata effettuata a detta societa’ o al suo legale rappresentante, o, comunque, che ne mancava la prova.
3. Il primo motivo e’ infondato.
3.1. Si e’ gia’ riferito che la corte milanese ha espressamente valutato ed escluso che quanto si legge nel verbale (riprodotto nell’odierno ricorso) redatto, innanzi al collegio arbitrale, il 14 aprile 2008, laddove e’ sancito, tra l’altro, che le parti…”..dichiarano che, per tutte le comunicazioni e/o notificazioni da eseguirsi nel corso del procedimento arbitrale il domicilio eletto dalle parti e’…”, lungi dal costituire una modifica del contenuto della clausola compromissoria (di cui, peraltro, il medesimo ricorso, nemmeno riproduce il testo) esistente nel contratto di cessione di ramo d’azienda in relazione al quale era insorta la controversia sottoposta alla cognizione arbitrale, era diretto unicamente ad indicare gli studi dei rispettivi legali, quale luogo dove effettuare le comunicazioni nel corso del procedimento arbitrale, da cio’ traendo la conclusione che tale elezione di domicilio avrebbe esaurito i suoi effetti con la conclusione del giudizio arbitrale posto che, come ripetutamente chiarito anche dalla qui condivisa giurisprudenza di legittimita’, nel procedimento arbitrale non vige l’obbligatorieta’ del ministero del difensore, poiche’ il giudizio si svolge direttamente nei confronti delle parti, le quali hanno meramente la facolta’, e non l’obbligo, di avvalersi dell’assistenza di un difensore. Da un lato, dunque, il rapporto tra parte e suo difensore, in tale giudizio si svolge, diversamente da quanto caratterizza il processo ordinario, sul piano del mandato con rappresentanza, senza che vi sia una costituzione in giudizio in senso proprio; dall’altro, non puo’ conseguentemente ritenersi applicabile la norma che sancisce l’esecuzione di comunicazioni e notificazioni esclusivamente al procuratore costituito, poiche’ tale norma e’ necessariamente collegata all’obbligatorieta’ del ministero del difensore, non prevista nel procedimento arbitrale (cfr. Cass. n. 6300 del 2000. In senso sostanzialmente conforme si veda anche, in motivazione, Cass., SU, n. 3075 del 2003).
3.1.1. A cio’ va aggiunto che, in quello stesso verbale, si legge pure che “… Il Collegio, con il consenso delle parti, dispone inoltre che le comunicazioni dei provvedimenti e di ogni altro atto del Collegio, fatta eccezione per la comunicazione del lodo, potranno essere effettuate anche a mezzo fax…”, da tanto chiaramente evincendosi che quanto ivi sancito circa il compimento degli atti dell’iter procedimentale del giudizio arbitrale comunque non si estendeva anche a quelli afferenti il lodo.
3.2. L’odierna censura, invece, si risolve, essenzialmente, in una diversa lettura/interpretazione del contenuto di quello stesso verbale, cui si intenderebbe attribuire, in parte qua, efficacia modificativa di quanto originariamente pattuito nell’originaria clausola compromissoria.
3.2.1. Cosi’ opinando, pero’, la ricorrente, innanzitutto, oblitera totalmente che, come ancora recentemente ribadito da Cass. n. 14938 del 2018 (cfr. in motivazione), il sindacato di legittimita’ sull’interpretazione degli atti privati, governata da criteri giuridici cogenti e tendente alla ricostruzione del loro significato in conformita’ alla comune volonta’ dei contraenti, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile, in sede di legittimita’, solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale (essendo, a questo scopo, imprescindibile la specificazione dei canoni e delle norme ermeneutiche che in concreto sarebbero state violate, puntualizzandosi – al di la’ della indicazione degli articoli di legge in materia – in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sarebbe discostato) e nel caso di riscontro di una motivazione contraria a logica ed incongrua, e cioe’ tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione in se’ (occorrendo, altresi’, riportare, nell’osservanza del principio dell’autosufficienza, il testo dell’atto nella parte in questione).
3.2.2. Inoltre, per sottrarsi al sindacato di legittimita’, quella data dal giudice non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando siano possibili due o piu’ interpretazioni (plausibili), non e’ consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimita’ del fatto che sia stata privilegiata l’altra (su tali principi, cfr., ex plurimis, Cass. n. 24539 del 2009, Cass. n. 2465 del 2015, Cass. n. 10891 del 2016; Cass. n. 7963 del 2018, in motivazione). In altri termini, il sindacato suddetto non puo’ investire il risultato interpretativo in se’, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ed afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica, con conseguente inammissibilita’ di ogni critica alla ricostruzione della volonta’ privata operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati.
3.2.3. La censura neppure puo’, poi, essere formulata mediante l’astratto riferimento a dette regole, essendo imprescindibile, come si e’ gia’ anticipato, la specificazione dei canoni in concreto violati e del punto, e del modo, in cui il giudice di merito si sia, eventualmente, discostato dagli stessi, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella decisione impugnata, poiche’ quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni (cfr. Cass. n. 28319 del 2017; Cass. n. 25728 del 2013).
3.2.4. Nella specie, pero’, il giudice di merito ha offerto una ricostruzione del contenuto del verbale de quo, fornendo una motivazione argomentata, non sindacabile, dunque, in ordine alle ragioni dell’esito dell’interpretazione, che si sottrae a verifiche in questa sede.
3.3. Alle considerazioni fin qui esposte va poi aggiunto che: i) dalla lettura del menzionato verbale, non si rinviene la presenza, in quella sede, dei legali rappresentanti delle societa’ che avevano pattuito (anche) la clausola compromissoria che, a dire della odierna ricorrente, sarebbe stata modificata in tale occasione, sicche’, nemmeno essendo stato dedotto (e documentato) che i soggetti comunque ivi presenti e/o i rispettivi legali fossero muniti di un corrispondente potere, non e’ dato sapere come si sarebbe potuta realizzare la invocata modifica; ii) l’articolo 141 c.p.c., che reca disposizioni in tema di notificazioni presso il domiciliatario, va coordinato con l’articolo 47 c.c., per il quale il domicilio eletto rappresenta una deroga al domicilio legale circoscritta a determinati e specifici affari, e dal collegamento fra le due norme discende che la corretta esecuzione della notificazione presso il domiciliatario presuppone che l’atto oggetto della notifica sia catalogabile fra quelli considerati con l’elezione di domicilio (circostanza, quest’ultima, nella specie nemmeno verificabile non essendo stato riprodotto il contenuto della clausola compromissoria). Ne consegue che, nel caso di notificazione dell’impugnazione del lodo arbitrale per nullita’, detto rapporto dell’atto con il domicilio eletto puo’ essere individuato solo se l’elezione sia contenuta nel compromesso o nella clausola compromissoria, essendo evidente, in tal caso, la riconducibilita’ della detta impugnazione al rapporto per il quale si era convenuto il ricorso ad arbitri; diversamente, invece, deve ritenersi quando l’elezione di domicilio sia intervenuta con il conferimento dell’incarico difensivo per il procedimento arbitrale, poiche’ la successiva impugnazione e’ finalizzata alla verifica sulla validita’ dell’atto conclusivo del compito affidato agli arbitri e determina, quindi, l’insorgere di un procedimento intrinsecamente e funzionalmente differenziato dal primo, nel cui ambito la ricezione dell’atto introduttivo non puo’ essere interpretata come un adempimento incluso nell’originario mandato difensivo (cfr. Cass. n. 13897 del 2003; Cass. n. 16900 del 2003; Cass. n. 19129 del 2006).
4. Analoga sorte negativa merita il descritto, secondo motivo di ricorso.
4.1. Invero, muovendo dal duplice presupposto che (i) la sentenza impugnata da’ espressamente atto che il lodo arbitrale era stato notificato ad (OMISSIS) s.r.l., presso la sede della societa’, il 10 ottobre 2011, e che, (ii) in realta’, l’odierna ricorrente non contesta la mancata consegna dell’atto notificando, bensi’ la diversa circostanza che tale consegna sarebbe stata effettuata a persona (tale (OMISSIS) B.) ad essa ignota, mai stata al proprio servizio, ne’ incaricata di riceverne gli atti, cosi’ da non essere venuta a conoscenza dell’atto notificato, e’ allora sufficiente osservare che, ai fini della regolarita’ della notificazione di atti a persona giuridica mediante consegna a persona addetta alla sede (articolo 145 c.p.c., comma 1), senza che consti la previa infruttuosa ricerca del legale rappresentante e, successivamente, della persona incaricata di ricevere le notificazioni, e’ sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica destinataria non occasionalmente ma in virtu’ di un particolare rapporto che, non dovendo essere necessariamente di prestazione lavorativa, puo’ risultare anche dall’incarico, benche’ provvisorio e precario, di ricevere le notificazioni per conto della persona giuridica. Ne consegue che, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario risulti la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede, e’ da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, laddove la societa’, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere, nella specie rimasto assolutamente inadempiuto, di provare che la stessa persona, oltre a non essere una sua dipendente, neppure era addetta alla sede per non averne ricevuto incarico alcuno (cfr., ex multis, Cass. n. 32981 del 2018; Cass. n. 27420 del 2017; Cass. n. 13954 del 2017; Cass. n. 25778 del 2013; Cass. n. 14865 del 2012).
4.2. A tanto deve soltanto aggiungersi che questa Suprema Corte, – la quale, nell’adempimento della funzione nomofilattica di cui all’articolo 65 dell’ordinamento giudiziario, ha istituzionalmente il dovere di conoscere i propri precedenti, avvalendosi, ove necessario, anche degli archivi elettronici esistenti presso la stessa Corte (cfr. Cass., SU, n. 26482 del 2007, nonche’, in senso sostanzialmente conforme, le successive Cass. n. 30780 del 2011; Cass. n. 24740 del 2015; Cass. n. 18634 del 2017) – con la recente ordinanza n. 2807 del 2018 (menzionata, peraltro, nella “istanza di sollecita fissazione di udienza”, datata 4 giugno 2019, della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione), ha gia’ dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione promosso, proprio dalla (OMISSIS) s.r.l., direttamente avverso il medesimo lodo arbitrale poi impugnato (tardivamente, per quanto opinato dalla sentenza della corte meneghina oggetto di questo giudizio di legittimita’) anche innanzi alla Corte di appello di Milano.
4.2.1. E’ palese, pertanto, come una siffatta condotta riveli, affatto ragionevolmente, che la notificazione del lodo aveva evidentemente raggiunto il proprio scopo, privando, cosi’, di valore le ulteriori contestazioni oggi sollevate sulla sua ritualita’/validita’.
5. Dalle argomentazione tutte fin qui esposte deriva, infine, l’assorbimento delle ulteriori censure prospettate dalla (OMISSIS) s.r.l. (cfr. pag. 15 e ss., nonche’ 47-49 del ricorso) e riguardanti gli originari motivi di impugnazione del lodo.
6. Il ricorso va, dunque, respinto, restando le spese del giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo, regolate dal principio di soccombenza tra le sole parti costituite, e dandosi atto, altresi’, – in assenza di ogni discrezionalita’ al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 23535 del 2019 – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la (OMISSIS) s.r.l. (gia’ (OMISSIS) s.r.l.) in liquidazione al pagamento, in favore della (OMISSIS) s.r.l. in c.p.o., delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, giusta lo stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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