La notifica di atti destinati all’imputato o altra parte privata

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|9 marzo 2021| n. 9363.

La notifica di atti destinati all’imputato o altra parte privata, che possano o debbano essere consegnati al difensore, effettuata a mezzo posta elettronica certificata, si perfeziona con l’attestazione, apposta in calce all’atto dal cancelliere trasmittente, dell’avvenuto invio del testo originale, la cui mancanza costituisce mera irregolarità, mentre non è necessaria la conferma della avvenuta ricezione da parte del destinatario.

Sentenza|9 marzo 2021| n. 9363

Data udienza 26 ottobre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Obblighi di assistenza familiare – Violazione – Atti destinati all’imputato o alla parte privata – Consegna al difensore a mezzo PEC – Si perfeziona con l’attestazione del cancelliere in calce all’atto di avvenuto invio del testo originale – La mancanza costituisce mera irregolarità – Non necessaria la conferma di avvenuta ricezione da parte del destinatario

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Presidente

Dott. CALVANESE Ersilia – rel. Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza del 25/09/2019 del Corte di appello di Salerno;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Calvanese Ersilia;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Orsi Luigi, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Salerno riformava parzialmente la sentenza del Tribunale di Salerno che aveva condannato (OMISSIS) per i reati di cui agli articoli 572 e 570 c.p., assolvendo l’imputato per il reato di maltrattamenti in famiglia perche’ il fatto non sussiste e per l’effetto rideterminando la pena in quella di mesi otto di reclusione per il restante reato.
Quanto al reato di cui all’articolo 570 c.p., all’imputato era stato contestato di aver abbandonato il domicilio domestico sottraendosi agli obblighi di assistenza e sussistenza familiare nei confronti della moglie e del figlio minorenne (dall'(OMISSIS) e con condotta perdurante).
La Corte di appello respingeva l’appello sia con riferimento all’eccezione di nullita’ del decreto che dispone il giudizio perche’ effettuata presso il difensore domiciliatario, successivamente alla dichiarazione di rifiuto di tale elezione presentata dal difensore; sia in ordine ai rilievi relativi alla sussistenza del reato di cui all’articolo 570 c.p..
2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione.
La Corte di appello ha travisato le risultanze processuali.
La notifica del decreto di citazione per il giudizio di primo grado era avvenuta presso lo studio del difensore il 21 ottobre 2015 dopo che era stato depositato il 16 ottobre 2015 il rifiuto del predetto difensore di elezione presso il suo domicilio.
Inoltre, manca ogni motivazione sulla ulteriore eccezione di nullita’ della notificazione telematica eseguita in violazione dell’articolo 148 c.p.p., comma 2-bis (ovvero priva dell’attestazione di cancelleria della trasmissione dell’originale).
La motivazione e’ carente anche con riferimento alle censure di appello in ordine alle modeste condizioni economiche del ricorrente e alla inattivita’ della persona offesa, e in ordine al trattamento sanzionatorio (dosimetria della pena e beneficio sospensivo della pena).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato nei limiti di seguito indicati.
2. Il primo motivo non ha fondamento alcuno.
Anche in base alla normativa dell’epoca, precedente alla novella introdotta dalla L. n. 103 del 2017, era principio affermato in sede di legittimita’ che il rifiuto del domiciliatario di ricevere l’atto determina l’impossibilita’ della notifica al domicilio eletto e legittima la notifica mediante consegna dell’atto al difensore (Sez. 1, n. 22073 del 09/04/2013, Perrone, Rv. 256082, fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto legittima la notifica mediante consegna dell’atto al medesimo difensore, che aveva precedentemente rifiutato di riceverla in qualita’ di domiciliatario).
In assenza di una manifestazione di volonta’ dell’imputato di eleggere o dichiarare domicilio altrove, qualora non si ritenesse possibile accedere alla procedura di cui all’articolo 161 c.p.p., comma 4, il procedimento entrerebbe in una situazione di stallo.
3. Sulla seconda questione la Corte di appello non ha risposto, ma la questione era irrilevante.
La notifica di atti destinati all’imputato o altra parte privata, che possano o debbano essere consegnati al difensore, effettuata a mezzo posta elettronica certificata (cd. PEC), si perfeziona con l’attestazione, apposta in calce all’atto dal cancelliere trasmittente, dell’avvenuto invio del testo originale – la cui mancanza costituisce, peraltro, mera irregolarita’ – mentre non e’ necessaria la conferma della avvenuta ricezione da parte del destinatario (tra le tante, Sez. 2, n. 52517 del 03/11/2016, Russo, Rv. 268816)
3. Il motivo sulla responsabilita’ e’ inammissibile, alla luce delle generiche censure versate con l’appello, rispetto anche a quanto accertato in primo grado (l’imputato si era sistematicamente sottratto al dovere di provvedere al mantenimento delle persone offese “senza addurre alcuna giustificazione”).
In tale prospettiva, correttamente la Corte di appello si e’ riportata all’accertamento condotto in primo grado secondo cui l’imputato si era allontanato per un lungo periodo di tempo sottraendosi agli obblighi di assistenza familiari.
4. Va accolto invece il motivo sulla dosimetria della pena.
La Corte di appello ha infatti del tutto omesso una motivazione sul punto, nel rideterminare la pena, dopo l’assoluzione per il reato (piu’ grave) la cui pena era stata posta a base del calcolo, una volta ritenuta la continuazione con il reato di cui all’articolo 570 c.p..
A diverse conclusioni deve invece pervenirsi per la sospensione condizionale, non solo per la genericita’ del motivo di appello (limitato ad una richiesta di eventuale concessione) ma soprattutto perche’ il beneficio non era concedibile la terza volta (come si evince dalla sentenza di primo grado).
5. Conclusivamente sulla base di quanto premesso, consegue l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla pena inflitta con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte d’Appello di Napoli.
Il ricorso va dichiarato inammissibile nel resto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Napoli.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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