Il giudice di appello ed il gravame del solo pubblico ministero

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|9 marzo 2021| n. 9364.

Il giudice di appello, che su gravame del solo pubblico ministero condanni l’imputato assolto nel giudizio di primo grado, deve provvedere anche sulla domanda della parte civile non impugnante.

Sentenza|9 marzo 2021| n. 9364

Data udienza 12 novembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Associazione mafiosa – Estorsione – Appello – Rinnovazione istruttoria – Condizioni – Motivazione rafforzata

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOGINI Stefano – Presidente

Dott. DE AMICIS G. – rel. Consigliere

Dott. GIORGI Maria S – Consigliere

Dott. AMOROSO Riccard – Consigliere

Dott. PATERNO’ RADDUSA Benedet – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Comune di Bagheria – parte civile;
e da:
1. (OMISSIS), nato il (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo del 16/05/2019;
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Gaetano De Amicis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Orsi Luigi, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, in relazione al ricorso presentato dalla parte civile Comune di Bagheria, l’inammissibilita’ del ricorso proposto da (OMISSIS) e il rigetto del ricorso proposto da (OMISSIS);
udito, per la parte civile Comune di Bagheria, l’Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e la condanna del solo (OMISSIS), come da comparsa conclusionale depositata unitamente alla nota spese;
uditi i difensori delle altre parti civili: – Avv. (OMISSIS) per Associazione S.O.S. Impresa Palermo e, quale sostituto processuale dell’Avv. (OMISSIS), per Associazione Solidaria, nonche’, quale sostituto processuale dell’Avv. Gaetano (OMISSIS), per Confesercenti-Confederazione italiana imprese commerciali, turistiche e dei servizi-Provinciale di Palermo e per Federazione provinciale commercio, turismo, servizi, professioni e piccole medie imprese Confcommercio imprese per l’Italia di Palermo; – Avv. (OMISSIS), quale sostituto processuale dell’Avv. (OMISSIS), per Comune di Villabate, Comune di Altavilla Milicia, Comune di Misilmeri, Comune di Ficarazzi, Associazione degli industriali della Provincia di Palermo Confindustria-Palermo e Centro studi ed iniziative culturali (OMISSIS) ONLUS; – Avv. Giuseppe (OMISSIS) per Associazione Antimafia e Antiracket (OMISSIS) Onlus gia’ (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi proposti dagli imputati, con la condanna degli stessi alla rifusione delle spese come da comparse conclusionali e notule rispettivamente depositate;
udito il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), in qualita’ di sostituto processuale dell’Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso e il rigetto del ricorso proposto dalla parte civile;
uditi i difensori di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), in qualita’ di sostituto processuale dell’Avv. (OMISSIS), e Avv. (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16 maggio 2019 la Corte di appello di Palermo ha parzialmente riformato la decisione di primo grado – che assolveva (OMISSIS) dal reato di cui all’articolo 416-bis c.p. ascrittogli al capo A), per non avere commesso il fatto, e dalle condotte di estorsione ascrittegli ai capi XXX) e YYY) perche’ il fatto non sussiste, altresi’ dichiarando non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al reato di cui all’articolo 393 c.p., cosi’ riqualificato il fatto ascrittogli al capo ZZZ), perche’ l’azione penale non poteva essere iniziata per difetto di querela – e lo ha dichiarato colpevole del reato associativo di cui al capo A), condannandolo alla pena di anni dodici di reclusione, oltre al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili, con la conferma nel resto della decisione impugnata.
Con la medesima pronuncia, inoltre, la Corte palermitana ha confermato la statuizione di condanna per il reato di associazione mafiosa di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) e, in accoglimento dell’appello proposto dal P.M., lo ha dichiarato colpevole del reato di sequestro di persona aggravato dal metodo mafioso di cui al capo WWW) – per il quale era stato assolto in primo grado per non avere commesso il fatto -, condannandolo alla pena complessiva di anni venti di reclusione, comprensiva della continuazione con tale reato e con quello oggetto della sentenza resa dalla Corte d’appello di Palermo il 15 luglio 2008, divenuta irrevocabile il 18 aprile 2009, oltre al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili, con la conferma nel resto della decisione impugnata.
1.1. I Giudici di merito hanno dichiarato il (OMISSIS) – gia’ condannato, con sentenza del 15 luglio 2008, irrevocabile dal 18 aprile 2009, per il reato di cui all’articolo 416-bis c.p. – colpevole del medesimo reato in ragione della sua rinnovata adesione al sodalizio di stampo mafioso della famiglia di (OMISSIS) nel periodo successivo a quello gia’ coperto dal giudicato, per avervi assunto un ruolo apicale quale reggente e per avervi in tale veste operato in stretto contatto con i vertici del mandamento, fungendo quale punto di riferimento con gli altri affiliati e adoperandosi in modo diretto e sistematico nella realizzazione di condotte estorsive poste in essere ai danni di imprenditori operanti sul territorio. Il predetto imputato, inoltre, e’ stato riconosciuto colpevole del reato di sequestro di persona aggravato di cui al capo WWW) per avere privato della liberta’ personale, in concorso con (OMISSIS), separatamente giudicato, il domestico dell’ing. (OMISSIS) ((OMISSIS)) in occasione del danneggiamento seguito da un incendio appiccato nella sua abitazione (condotta che a sua volta costituiva oggetto dell’ulteriore imputazione di cui al capo V), non investita da impugnazione).
1.2. In riforma della sentenza assolutoria di primo grado, il (OMISSIS) e’ stato dichiarato colpevole del reato associativo di cui al capo A) per avere preso parte alla famiglia mafiosa di (OMISSIS), intervenendo in riunioni fra associati e adoperandosi in maniera diretta e sistematica nella realizzazione di pratiche estorsive poste in essere ai danni di imprenditori operanti sul territorio, attraverso l’imposizione di forniture di materiale edile presso un deposito di cui egli era titolare.
2. Nell’interesse del (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di fiducia, deducendo cinque motivi il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente esposto.
2.1. Con un primo motivo si censurano violazioni di legge e vizi della motivazione in ordine alla mancanza delle ragioni giustificative della riforma delle statuizioni assolutorie di primo grado in merito alla configurabilita’ degli elementi costitutivi del delitto di partecipazione all’associazione mafiosa di (OMISSIS), per avere la sentenza impugnata rivalutato i medesimi elementi di prova gia’ apprezzati nella prima decisione (dichiarazioni dei collaboratori e delle persone offese dai delitti di estorsione ed esiti delle intercettazioni telefoniche ed ambientali), senza confutarne le argomentazioni attraverso una motivazione “rafforzata”, ma limitandosi a fornire una diversa lettura delle emergenze probatorie. Nonostante l’arricchimento del quadro probatorio nel corso del giudizio d’appello, ove e’ stato acquisito l’apporto dichiarativo di due nuovi collaboratori di giustizia ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) e sono state nuovamente escusse le persone gia’ ascoltate in primo grado, le circostanze di fatto oggetto di valutazione sono rimaste sostanzialmente invariate rispetto al primo giudizio, senza superare il dubbio in ordine alla dimostrazione della partecipazione all’associazione, derivante dall’assenza di prova sulle condotte estorsive e dall’individuazione di un’ipotesi di spiegazione alternativa dovuta al fatto che il (OMISSIS) semplicemente si sarebbe avvantaggiato, nell’esercizio della sua attivita’ di forniture di materiali edili, del ruolo e della caratura mafiosa del padre.
2.2. Con un secondo motivo, inoltre, si lamentano analoghi vizi in relazione alla valutazione di attendibilita’ del contributo dichiarativo offerto dal collaboratore (OMISSIS), attesa la totale mancanza di autonomia delle sue propalazioni, rese quando lo stesso aveva ormai avuto piena contezza del contenuto degli atti processuali, ed in particolare delle dichiarazioni dei collaboratori che lo avevano preceduto.
2.3. Con un terzo motivo si censura la violazione di legge in relazione alla individuazione degli elementi costitutivi del delitto di cui all’articolo 416-bis c.p., avendo la sentenza impugnata attribuito all’imputato un mero status – quello di mafioso per ragioni “familiari” – senza individuare condotte fattualmente rilevanti per il perseguimento degli scopi associativi.
2.4. Il quarto motivo di doglianza ha ad oggetto violazioni di legge e vizi della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza delle aggravanti di cui all’articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, si’ come svincolate da qualsivoglia accertamento concreto del coefficiente soggettivo che dovrebbe sorreggere l’elemento circostanziale.
2.5. Analoghi vizi vengono infine censurati con il quinto motivo, avente ad oggetto sia l’erronea applicazione della pena – fissata nella misura di dodici anni di reclusione in assenza di contestazione del ruolo apicale e nonostante i Giudici di merito avessero espressamente inteso applicare il minimo edittale, che nel caso di specie, pertanto, avrebbe dovuto essere di dieci anni – sia l’immotivato diniego della concessione delle attenuanti generiche.
2.6. Con motivi nuovi depositati nella Cancelleria di questa Suprema Corte in data 27 ottobre 2020 i difensori di fiducia hanno insistito sull’accoglimento del primo motivo di ricorso, sviluppando ampie ed articolate argomentazioni volte ad evidenziare come la sentenza impugnata, nel ribaltare la decisione assolutoria di primo grado, abbia omesso non solo di confrontarsi con riferimento alle emergenze offerte da ciascuna delle fonti di prova ivi utilizzate, ma anche di dimostrare la decisiva rilevanza dei nuovi elementi di prova acquisiti nel giudizio di appello in relazione alle ragioni specificamente individuate dal primo Giudice a fondamento dell’assoluzione, ponendosi in tal modo al di fuori dello schema tipico della “motivazione rafforzata”.
2.7. Con memoria depositata il 6 novembre 2020, corredata di produzioni documentali relative a due sentenze di condanna pronunziate a carico di persone facenti parte delle famiglie mafiose di (OMISSIS) per un tentativo di estorsione posto in essere ai danni del (OMISSIS) e dei suoi familiari nel periodo (sino al novembre 2014) in cui l’imputato era sottoposto a misura custodiale nell’ambito del procedimento de quo, i difensori hanno insistito sull’accoglimento dei motivi, principali e nuovi, gia’ dedotti in ordine alle censure mosse verso la fondatezza dei presupposti logico-fattuali della ritenuta intraneita’ del ricorrente al sodalizio in contestazione.
L’accertamento di fatto contenuto nelle richiamate decisioni costituirebbe un dato incompatibile con la ipotizzata appartenenza del ricorrente al sodalizio mafioso e con la ritenuta sussistenza dell’affectio societatis, tanto piu’ ove rapportata – secondo la prospettiva accolta dalla sentenza impugnata – alla stabile appartenenza del padre alla medesima associazione, quale elemento di fatto posto a fondamento di una pretesa autorevolezza che avrebbe assicurato alla famiglia l’esercizio di una forma di predominio economico sul territorio.
3. Nell’interesse del (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di fiducia, deducendo tre motivi il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente esposto.
3.1. Con un primo motivo di doglianza si censurano violazioni di legge e plurimi vizi della motivazione, anche per travisamento della prova, in punto di accertamento della responsabilita’ per quel che attiene alla valutazione del contenuto delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, attesa la netta discrasia emergente fra quanto affermato da (OMISSIS) e (OMISSIS), da un lato, e da (OMISSIS) e (OMISSIS), dall’altro.
I primi due, infatti, da ritenere maggiormente affidabili per la rilevante posizione assunta all’interno del mandamento di Bagheria, hanno escluso qualsiasi partecipazione dell’imputato al sodalizio criminale in epoca successiva alla scarcerazione avvenuta il 27 settembre 2010, tanto da essere stato messo da parte dall’organizzazione gia’ negli anni 2007-2008, con un ordine di eliminazione pendente nei suoi confronti una volta scarcerato.
Sulle dichiarazioni degli altri due collaboratori si basa, di converso, l’attribuzione di responsabilita’ al (OMISSIS), benche’ la fonte di quanto riferito dal (OMISSIS) siano le isolate e non riscontrate dichiarazioni rese da (OMISSIS), con il conseguente verificarsi di una situazione di circolarita’ della prova.
Nessuno degli elementi di riscontro indicati dalla Corte d’appello sulla base delle conversazioni richiamate nella motivazione appare idoneo a confermare con certezza il ruolo del (OMISSIS), mentre le dichiarazioni rese dal collaboratore (OMISSIS) sono state travisate la’ dove la Corte distrettuale ha erroneamente ritenuto che egli avrebbe indicato il (OMISSIS) quale capo della famiglia mafiosa di (OMISSIS), quando invece il predetto collaboratore nulla aveva riferito in ordine alla posizione dell’imputato, indicando piuttosto un’altra persona come successore di (OMISSIS) nella gestione di quella famiglia.
Erroneamente rigettata, ad avviso del ricorrente, e’ stata la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale attraverso l’audizione di (OMISSIS), che avrebbe potuto chiarire il contenuto di una conversazione avvenuta con (OMISSIS), intercettata nel carcere di Asti in data 27 settembre 2013, ove gli interlocutori avrebbero fatto riferimento al nome di tale ” (OMISSIS)”, mentre nessun elemento utile potrebbe ricavarsi dalle dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), poiche’ le prime risultano in contrasto, per quel che attiene al ruolo che avrebbe rivestito il (OMISSIS) nella guida della famiglia di (OMISSIS), con quelle rese dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS), mentre le seconde non sono assistite da validi elementi di riscontro.
3.2. Con un secondo motivo si deducono violazioni di legge e vizi della motivazione con riferimento alla ritenuta configurabilita’ dell’aggravante di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 6, poiche’ le dichiarazioni al riguardo rese
da (OMISSIS) non hanno ricevuto alcuna conferma sul piano probatorio e nessuna specifica spiegazione e’ stata fornita dalla Corte distrettuale in ordine all’eventuale reimpiego di capitali illeciti in attivita’ lecite.
3.3. Con un terzo motivo, infine, si lamentano vizi di travisamento della prova e di mancanza della motivazione in merito alla affermazione di responsabilita’ dell’imputato per il delitto di cui al capo WWW), atteso che nessun elemento di prova a suo carico e’ emerso dalle dichiarazioni rese dal (OMISSIS), che ha indicato altre persone (il (OMISSIS) ed il (OMISSIS)) quali responsabili dell’incendio ai danni dell’ing. (OMISSIS), senza riferire alcunche’ circa la partecipazione del (OMISSIS).
4. Nell’interesse del Comune di Bagheria, costituito parte civile nel processo a carico di (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, lamentando con unico motivo la violazione di legge in conseguenza dell’omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria e di rifusione delle spese processuali ritualmente avanzata dal Comune in sede di gravame con riguardo al reato di sequestro di persona aggravato di cui al capo WWW).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso di (OMISSIS) e’ infondato e va rigettato, in quanto sostanzialmente orientato a riproporre una serie di deduzioni – gia’ in sede di gravame prospettate con riferimento alla presenza di talune incongruenze o contraddizioni all’interno del compendio probatorio – che hanno di contro ricevuto ampia e adeguata risposta all’esito di una, globale ed analitica, valutazione dei numerosi elementi di riscontro puntualmente indicati dalla Corte d’appello a conferma della genuinita’ e attendibilita’ delle precise ed univoche dichiarazioni accusatorie nei suoi confronti rese, in particolare, dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine all’assunzione, dall’anno 2014, del ruolo di vertice della famiglia mafiosa di (OMISSIS) in seguito alla decisione, presa da (OMISSIS) (allora a capo della famiglia di Bagheria) e (OMISSIS), di “mettere da parte” (OMISSIS), fino ad allora operante quale capo della predetta famiglia di (OMISSIS).
1.1. Del contenuto di tale compendio dichiarativo i Giudici di merito hanno illustrato i passaggi maggiormente rilevanti e le ragioni giustificative della valutazione di attendibilita’ intrinseca ed estrinseca, sulla base degli elementi di riscontro individualizzante offerti – in merito alla effettiva sostituzione del (OMISSIS) al vertice del predetto sodalizio – dagli esiti delle intercettazioni telefoniche ed ambientali (in particolare, dalla conversazione captata in carcere il 27 settembre 2013 tra (OMISSIS), reggente del mandamento di Bagheria, ed il genero (OMISSIS)), nonche’ dai servizi di osservazione espletati all’esterno dell’esercizio commerciale gestito dal (OMISSIS) (con riferimento ai numerosi incontri avvenuti con il Leonforte ed altro esponente, il (OMISSIS), del sodalizio locale), ponendo in risalto il fatto che egli, anche successivamente alla sentenza di condanna per il delitto di cui all’articolo 416-bis c.p. ed alla sua scarcerazione, avvenuta il 27 settembre 2010, aveva non solo conservato la sua qualita’ di sodale, ma addirittura incrementato il suo ruolo all’interno dell’organizzazione mafiosa, assumendovi, come gia’ evidenziato, una posizione apicale.
Sulla base del dialogo oggetto della richiamata conversazione del 27 settembre 2013 i Giudici di merito hanno posto in rilievo, ad ulteriore dimostrazione del ruolo apicale che l’imputato ha concretamente rivestito sin dai primi mesi del 2014: a) la circostanza che il (OMISSIS), per risolvere alcune problematiche insorte in relazione ad un lavoro che aveva ad oggetto un terreno di (OMISSIS), ordinava al genero di rivolgersi ad una persona di (OMISSIS), di nome (OMISSIS), che abitava di fronte ad un’officina meccanica e che lo aveva coadiuvato nell’esercizio delle funzioni di “reggente” del “mandamento di Bagheria”; b) il fatto che il (OMISSIS), a sua volta, mostrando di aver ben compreso il riferimento alla persona che il suocero gli diceva di incontrare, ne individuava subito l’identita’ osservando che il cognato si occupava di prodotti di pasticceria.
Circostanze di fatto, quelle or ora indicate, che hanno costituito oggetto di un puntuale accertamento investigativo, i cui positivi e specifici esiti di riscontro del contenuto di quell’intercettazione la sentenza impugnata ha coerentemente esposto e vagliato a sostegno della ritenuta fondatezza dell’oggetto del su esposto thema probandum.
1.2. Ulteriori elementi di conferma sono stati desunti dalle dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS) (arrestato nel novembre del 2011) e (OMISSIS) (arrestato nel maggio del 2013) – entrambi con un ruolo di vertice nell’organizzazione – che hanno univocamente indicato il (OMISSIS) come persona di fiducia di (OMISSIS), “reggente” della famiglia di Bagheria.
Al riguardo, invero, la Corte d’appello ha escluso qualsiasi discrasia o contraddizione fra le chiamate in correita’ da parte dei predetti collaboratori, prendendo in esame e puntualmente confutando ciascuna delle richiamate obiezioni difensive, la’ dove ha osservato che la mancata indicazione – all’interno del contributo narrativo offerto dallo (OMISSIS) e dal (OMISSIS) – del ruolo di vertice assunto dal (OMISSIS) nella famiglia di (OMISSIS) ben si giustificava alla luce del diverso momento in cui quelle dichiarazioni erano state rese e della correlativa successione temporale dei mutamenti intervenuti negli assetti organizzativi interni alla vita di quel “mandamento”, anche in ragione degli arresti di diversi rappresentanti delle famiglie mafiose che lo componevano.
Nella medesima prospettiva, inoltre, la sentenza impugnata ha offerto una ragionevole spiegazione: a) del ruolo defilato assunto dal (OMISSIS) in seguito alla sua scarcerazione, avuto riguardo alla comprensibile cautela impostagli – in una fase di trasformazione degli assetti organizzativi interni – non solo da un provvedimento di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno emesso nei suoi confronti il 29 novembre 2010, ma anche dalla decisione di eliminarlo assunta (per ragioni non emerse nel procedimento de quo) dai vertici del mandamento, e poi rimandata per volere del (OMISSIS), che riteneva prioritaria la eliminazione di (OMISSIS); b) della sua perdurante intraneita’ al sodalizio, avuto riguardo sia al fatto – sottolineato dal (OMISSIS) e dallo (OMISSIS) – che egli, pur mantenendo una posizione defilata nella fase immediatamente successiva all’arresto, coadiuvava i sodali nella realizzazione di estorsioni in danno di imprenditori ovvero con la dazione di somme di denaro illecitamente percepite per effetto di tali attivita’ delittuose, sia al fatto che lo stesso (OMISSIS), pur avendolo inizialmente messo “da parte”, lo aveva inutilmente convocato nel 2011 (cosi’ accettando la sostanziale inottemperanza al suo ordine, dovuta al fatto che il (OMISSIS) non si era presentato al suo cospetto temendo di essere ucciso), per poi incontrarlo in altra occasione, allorquando ebbe a manifestargli la sua disponibilita’ in caso di bisogno, consegnandogli in quel frangente anche una significativa somma di denaro (tra i duemila ed i tremila Euro); c) dei successivi mutamenti registrati nell’organigramma dell’associazione in seguito agli arresti di (OMISSIS) e (OMISSIS), con la relativa necessita’ di non lasciare scoperte le posizioni di rilievo all’interno del sodalizio e la conseguente acquisizione, sia pure per un breve periodo (dal mese di febbraio 2014 al mese di giugno dello stesso anno), di un ruolo di vertice da parte del (OMISSIS), secondo la convergente ricostruzione dei fatti successivamente offerta dai collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS); d) della ininfluenza delle dichiarazioni rese da un altro collaboratore ( (OMISSIS)) e dal Tribunale non esaminate – circa il riconoscimento nella persona del (OMISSIS) di colui che, dopo l’arresto del (OMISSIS), gestiva la famiglia di (OMISSIS): affermazione, questa, coerentemente inserita dalla Corte distrettuale nel piu’ ampio contesto delle univoche risultanze probatorie acquisite nel corso dell’istruttoria e puntualmente giustificata alla luce del fatto che – dopo l’arresto del (OMISSIS), avvenuto unitamente a quello del (OMISSIS) nel giugno del 2014 – proprio il (OMISSIS), a sua volta in posizione di vertice nel “mandamento” di Bagheria, era stato posto a capo della famiglia di (OMISSIS), per poi essere a sua volta arrestato nel successivo mese di ottobre.
1.3. Congruamente motivato deve altresi’ ritenersi il rigetto della richiesta di rinnovazione istruttoria attraverso l’esame del (OMISSIS), in ragione della ritenuta superfluita’ di un’istanza formulata in maniera del tutto disancorata dalla specifica indicazione di elementi nuovi, non ricadenti nell’ambito di cognizione sottoposto al vaglio del primo Giudice, a fronte del chiaro contenuto della conversazione oggetto della richiamata intercettazione e della univocita’ del quadro probatorio delineato dal complesso degli elementi di riscontro gia’ in primo grado acquisiti e partitamente esaminati.
Al riguardo, invero, questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 20095 del 26/02/2013, Ferrara, Rv. 256228) ha affermato il principio secondo cui alla rinnovazione dell’istruzione nel giudizio di appello, di cui all’articolo 603 c.p.p., comma 1, puo’ ricorrersi solo quando il giudice ritenga “di non poter decidere allo stato degli atti”, sussistendo tale impossibilita’ unicamente quando i dati probatori gia’ acquisiti siano incerti, nonche’ quando l’incombente richiesto sia decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per se’ oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza.
Evenienze procedimentali, quelle or ora indicate, dei cui necessari presupposti giustificativi alcuna traccia e’ in concreto emersa nella fattispecie dalla Corte distrettuale vagliata.
1.4. Solo ad abundatiam, dunque, la sentenza impugnata ha richiamato, quale ulteriore elemento di riscontro di un compendio probatorio gia’ compiutamente definito in ordine all’accertamento della perdurante intraneita’ al sodalizio e del ruolo apicale dall’imputato assunto nel periodo immediatamente precedente il suo arresto, il successivo apporto dichiarativo offerto da altri due collaboratori di giustizia ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), il cui contenuto, in altro passaggio motivazionale, gli stessi Giudici di merito hanno ritenuto di dover approfondire ai fini della verifica del profilo della credibilita’ soggettiva, la’ dove hanno osservato come sia “quanto meno prematuro soppesare la loro resa in termini giudiziari” nella fase iniziale della loro collaborazione.
1.5. In definitiva, la congiunta lettura che le conformi sentenze di merito registrano delle emergenze processuali, sia analiticamente che unitariamente valutate, accredita, sulla base di un ragionevole percorso logico-argomentativo condotto in ossequio ai principii da questa Suprema Corte stabiliti (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255143), il giudizio di penale responsabilita’ dell’imputato, giustificando il relativo apprezzamento di merito non attraverso il mero assemblaggio di elementi indiziari, ma con un’attenta opera di selezione dei numerosi dati conoscitivi raccolti ed attentamente vagliati al fine di ricomporre il quadro probatorio delineato a carico dell’imputato.
A fronte della particolareggiata analisi delle dichiarazioni rese dai predetti collaboratori e della motivata verifica dai Giudici di merito condotta sia in merito alla loro attendibilita’ intrinseca, sia riguardo all’esistenza di riscontri estrinseci dell’affidabilita’ e della complessiva tenuta delle relative fonti dichiarative, il ricorrente si e’ limitato, da un lato, a prospettare una diversa e piu’ favorevole valutazione degli elementi indizianti, dall’altro lato a contrapporre un’alternativa rilettura di taluni dei presupposti fattuali individuati a sostegno del giudizio di credibilita’, sulla base di obiezioni o di argomenti deduttivi dalla Corte distrettuale specificamente esaminati e motivatamente disattesi con riferimento alle implicazioni logicamente sottese all’ambito territoriale di operativita’ del sodalizio in esame, alla conoscenza diretta dei soggetti coinvolti e delle dinamiche proprie delle “famiglie” che in concreto vi esercitavano la loro influenza, al fatto di aver reso dichiarazioni sia etero, che auto-accusatorie, oltre che al ruolo di particolare importanza rivestito da taluni dei dichiaranti all’interno del sodalizio di riferimento.
Le su esposte doglianze difensive, per vero, non sono idonee ad infirmare la valenza dei dati oggettivi e la ragionevolezza del complessivo risultato probatorio tratto dalla ricostruzione della vicenda storico-fattuale operata nelle conformi decisioni di merito, per la semplice ragione che esse tendono ad invalidare elementi di dettaglio e contorno dei fatti ivi rappresentati, lasciando inalterata la sostanza delle ragioni giustificative addotte a sostegno della pronuncia di responsabilita’.
1.6. Analoghe considerazioni devono svolgersi in relazione ai profili di doglianza che investono la sussistenza della contestata configurabilita’ dell’aggravante di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 6, avendo i Giudici di merito fatto buon governo dei principi al riguardo stabiliti da questa Suprema Corte, secondo cui, qualora sia in concreto accertata la normalita’ e frequenza del reimpiego di profitti delittuosi da parte di un determinato sodalizio di tipo mafioso, ciascuno dei suoi membri deve considerarsi al corrente della relativa circostanza e deve, di regola, ritenersi ascrivibile a colpa l’eventuale ignoranza sul punto da parte di taluno dei componenti (v., in motivazione, Sez. U, n. 25191 del 27/02/2014, Iavarazzo, Rv. 259589).
Uniformandosi alle indicazioni ricavabili da tale insegnamento giurisprudenziale, la sentenza impugnata ha fatto riferimento alle plurime dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia in merito al perdurante coinvolgimento dell’imputato nella gestione delle attivita’ estorsive e dei relativi proventi nell’interesse del sodalizio, oltre che alle forme di reinvestimento (ad es., nel settore immobiliare ed edilizio) delle notevoli entrate derivanti dall’imposizione delle “regole” di “cosa nostra” in attivita’ illecite volte a perpetuarne e rafforzarne il potere di controllo criminale sul territorio.
1.7. Genericamente formulate e manifestamente infondate, infine, devono ritenersi le doglianze dal ricorrente mosse in ordine alla ritenuta partecipazione alla realizzazione a titolo concorsuale del reato di sequestro persona ascrittogli al capo WWW).
Al riguardo, invero, la sentenza impugnata ha dato conto, con congrue ed esaustive argomentazioni, delle ragioni per cui ha ritemuto di colmare il deficit probatorio dal Giudice di primo grado individuato in relazione al mancato riscontro delle puntuali dichiarazioni accusatorie rese dal collaboratore (OMISSIS).
Siffatte dichiarazioni erano risultate pienamente coincidenti, quanto alla indicazione dei dettagliati particolari e delle modalita’ di svolgimento dell’azione delittuosa, con quanto riferito in sede di denuncia dal domestico dell’ingegnere (OMISSIS), (OMISSIS), il quale aveva a sua volta dichiarato di aver aperto a tre persone, che con un pretesto avevano fatto ingresso all’interno della villa, e di essere stato improvvisamente minacciato da uno di essi con un coltello alla gola, quindi immobilizzato, imbavagliato, bendato e legato con le mani dietro la schiena, infine disteso sul pavimento della terrazza, prima di rotolare verso il giardino, riuscendo a liberarsi gli occhi per poi veder esplodere i vetri della porta d’ingresso dell’abitazione ed infine avvisare con il cellulare il proprietario dell’accaduto, riferendogli che la sua abitazione stava bruciando.
Siffatto apporto dichiarativo, tuttavia, era stato ritenuto dal Tribunale non assistito da riscontro la’ dove le dichiarazioni dell’altro collaboratore di giustizia, (OMISSIS), pur essendo a loro volta circostanziate nell’attribuire al (OMISSIS), a (OMISSIS) e ad (OMISSIS) la paternita’ del fatto de quo, avevano omesso di indicare la fonte di acquisizione delle sue conoscenze, ossia la persona vicina a tale (OMISSIS), intimo amico del (OMISSIS), dalla quale egli aveva appreso che quest’ultimo aveva partecipato all’incendio appiccato alla villa del (OMISSIS) dopo avervi immobilizzato il domestico.
Elemento di ulteriore riscontro, quello or ora indicato, che la Corte distrettuale ha definitivamente acquisito e congruamente vagliato, in sede di rinnovazione istruttoria, con l’audizione del predetto (OMISSIS), il quale, nel ricostruire l’intera vicenda storico-fattuale all’interno del contesto mafioso del territorio di Bagheria, ha non soltanto indicato con precisione le fonti delle sue conoscenze nel (OMISSIS) e nella persona del (OMISSIS), con il quale il primo si era confidato, ma ha altresi’ affermato di aver discusso della vicenda con gli stessi (OMISSIS) e (OMISSIS), ponendo in rilievo il fatto: a) che quest’ultimo gli aveva espresso il suo disappunto per l’imprudente rivelazione di notizie che non avrebbero dovuto essere riferite all’esterno di “cosa nostra”; b) che l’ordine di appiccare l’incendio alla predetta abitazione l’avevano dato il (OMISSIS) – allora a capo del “mandamento” di Bagheria – e lo stesso (OMISSIS), che a sua volta, quale uomo di fiducia del (OMISSIS), gestiva la relativa famiglia mafiosa.
A fronte di un compendio probatorio compiutamente illustrato nel suo progressivo consolidamento e nei dati inferenziali che, dal suo globale ed analitico apprezzamento, potevano logicamente trarsi in parte de qua, il ricorrente ha omesso di sviluppare un confronto criticamente orientato a contestare in maniera puntuale e specifica il complesso delle argomentazioni dalla Corte distrettuale linearmente esposte a sostegno del correlativo epilogo decisorio.
2. Conclusivamente, sulla base delle considerazioni dianzi esposte, il ricorso proposto dal (OMISSIS) deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ex articolo 616 c.p.p., oltre che alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle costituite parti civili, si’ come rispettivamente liquidate alla stregua delle correlative statuizioni decisorie in dispositivo meglio precisate.
3. Fondato, di contro, deve ritenersi il ricorso proposto nell’interesse del Comune di Bagheria, costituito parte civile nel processo a carico di (OMISSIS), avuto riguardo alla omessa pronuncia, nella sentenza impugnata, sulle domande di risarcimento dei danni e di rifusione delle spese processuali ritualmente avanzate dal predetto Comune in sede di gravame con riguardo al reato di sequestro di persona aggravato di cui al capo WWW).
Deve al riguardo ribadirsi il principio affermato da questa Suprema Corte (Sez. U, n. 30327 del 10/07/2002, Guadalupi, Rv. 222001), secondo cui il giudice di appello che, su gravame del solo pubblico ministero, condanni l’imputato assolto nel giudizio di primo grado, deve provvedere anche sulla domanda della parte civile che non abbia impugnato la decisione assolutoria.
Ne discende l’annullamento della sentenza impugnata nei confronti del (OMISSIS), limitatamente alle omesse statuizioni decisorie in punto di risarcimento del danno e rifusione delle spese sostenute nel primo e nel secondo grado di giudizio, si’ come fatte oggetto delle richieste dal Comune di Bagheria formulate in relazione al reato di cui al capo WWW), con rinvio per nuovo giudizio su tali punti al giudice civile competente per valore in grado di appello.
4. Parimenti fondato deve ritenersi il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS), non avendo la sentenza impugnata fatto buon governo dei principi da questa Suprema Corte affermati in relazione ai presupposti e alle condizioni, che vengono in rilievo nel caso di specie, della riforma in grado di appello della sentenza assolutoria pronunciata in primo grado (ex multis v., da ultimo, Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056; Sez. 5, n. 54300 del 14/09/2017, Banchero, Rv. 272082).
Sotto tale profilo deve richiamarsi la costante linea interpretativa secondo cui nel giudizio di appello, per la riforma di una sentenza assolutoria, non basta, in mancanza di elementi sopravvenuti, una mera e diversa valutazione del materiale probatorio gia’ acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, che sia caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilita’ rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo, invece, una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio.
Una volta compiuto un puntuale confronto logico-argomentativo con la motivazione della decisione di assoluzione, il giudice di appello e’ tenuto a spiegare le ragioni giustificative della configurabilita’ del diverso apprezzamento come l’unico ricostruibile al di la’ di ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o di inadeguatezze probatorie che abbiano minato la permanente sostenibilita’ del primo giudizio (Sez. 6, n. 8705 del 24/01/2013, Farre, Rv. 254113), posto che “la condanna presuppone la certezza della colpevolezza, mentre l’assoluzione non presuppone la certezza dell’innocenza ma la mera non certezza della colpevolezza” (Sez. 6, n. 40159 del 03/11/2011, Galante, Rv. 251066).
Il canone del ragionevole dubbio, infatti, per la sua immediata derivazione dal principio della presunzione di innocenza, esplica i suoi effetti conformativi non solo sull’applicazione delle regole di giudizio e sulle diverse basi argomentative della sentenza di appello che operi un’integrale riforma di quella di primo grado, ma anche, e piu’ in generale, sui metodi di accertamento del fatto, imponendo protocolli logici del tutto diversi in tema di valutazione delle prove e delle contrapposte ipotesi ricostruttive in ordine alla fondatezza del tema d’accusa: la certezza della colpevolezza per la pronuncia di condanna, il dubbio originato dalla mera plausibilita’ processuale di una ricostruzione alternativa del fatto per l’assoluzione (v., in motivazione, Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272430).
Entro tale prospettiva, la cd. motivazione “rafforzata”, richiesta nel caso di riforma in appello della sentenza assolutoria o di condanna di primo grado quale onere del tutto indipendente dalle esigenze di rinnovazione dell’istruttoria sottese alla previsione di cui all’articolo 603 c.p.p., comma 3-bis, trova il suo naturale fondamento nella necessita’ di dare una spiegazione diversa rispetto a quella cui era pervenuta la sentenza di primo grado e consiste nella compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonche’ in un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore (Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., cit.).
4.1. Cio’ posto, deve rilevarsi come i ragionevoli dubbi emersi nella sentenza di primo grado in ordine alla partecipazione dell’imputato all’associazione mafiosa in contestazione non siano stati superati da quella d’appello, che ha radicalmente riformato la prima decisione in ordine alla configurabilita’ del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., per un verso, lasciando immutata l’assoluzione per i reati-fine di estorsione aggravata contestatigli nel procedimento de quo, senza sviluppare un reale confronto critico-argomentativo con il complesso, analiticamente e globalmente vagliato, delle risultanze probatorie gia’ apprezzate nella prima decisione, per altro verso limitandosi a contrapporvi una ricostruzione alternativa dei fatti, essenzialmente incentrata sulla combinazione dei medesimi risultati probatori in precedenza acquisiti con le ulteriori dichiarazioni accusatorie – di per se’, tuttavia, non decisive e prive di un reale contenuto innovativo -successivamente rese da un altro collaboratore di giustizia ( (OMISSIS)), la cui complessiva attendibilita’ la stessa Corte d’appello, come gia’ si e’ avuto modo di osservare (v., supra, il par. 1.4., con riferimento alle ragioni illustrate a pag. 40 della sentenza impugnata), ha ritenuto suscettibile di ulteriore approfondimento a seguito della fase iniziale della sua collaborazione.
Nella decisione di primo grado erano stati posti in rilievo, a fondamento dell’epilogo assolutorio, gli elementi di fatto qui di seguito indicati: a) la circostanza che il (OMISSIS) fosse da tutti conosciuto come impegnato in un’attivita’ commerciale di vendita di materiali edili e nelle connesse attivita’ imprenditoriali del settore; b) il fatto che gli imprenditori operanti sul territorio di (OMISSIS), escussi in merito agli acquisti effettuati presso il suo esercizio commerciale, avevano escluso qualsiasi forma di coartazione, avendovi provveduto solo in considerazione della loro convenienza economica; c) il fatto che dalle dichiarazioni rese dalle persone offese dai reati-fine di estorsione tentata e consumata di cui ai capi XXX), ZZZ) e YYY) – reati oggetto di pronuncia assolutoria o di diversa qualificazione del fatto emergeva come i contrasti con il (OMISSIS) trovassero la loro giustificazione nel mancato pagamento delle merci, anziche’ nelle asserite imposizioni dei relativi acquisti; d) le risultanze di una consulenza contabile il cui contenuto dimostrava come i prezzi praticati dall’esercizio commerciale del (OMISSIS) fossero in linea con quelli di mercato; e) la mancata dimostrazione del fatto che gli introiti di quell’attivita’ venissero versati o condivisi a vantaggio del sodalizio mafioso; f) il fatto che il vertice di mafia cui l’imputato avrebbe preso parte in data 14 marzo 2013 aveva in realta’ carattere promiscuo ed affatto segreto, avendovi partecipato sia familiari di persone ritenute intranee all’organizzazione, sia persone del tutto estranee al contesto mafioso, come poteva evincersi dalle dichiarazioni rese da un teste, (OMISSIS), che aveva preso parte alla cena assieme a numerose altre persone; g) la circostanza che nessuno dei collaboratori di giustizia avesse fatto riferimento, sulla base di una conoscenza direttamente acquisita, alla sua intraneita’ al sodalizio, precisandone il ruolo o le modalita’ concretamente assunte dal suo contributo operativo.
Un diverso epilogo decisorio veniva altresi’ escluso dal primo Giudice anche in relazione alla puntuale disamina del contenuto delle conversazioni oggetto d’intercettazione ambientale, la’ dove esse lasciavano emergere la conoscenza di persone vicine o affiliate al sodalizio, ovvero autonome condotte prudenziali del (OMISSIS) con riferimento all’attenzione da lui riservata ad un servizio di osservazione predisposto dalle forze dell’ordine in occasione di un incontro svoltosi il 14 marzo 2013 anche alla presenza di un esponente di vertice del sodalizio come (OMISSIS), trattandosi di elementi di per se’ ritenuti inidonei a sciogliere il dubbio su una possibile ricostruzione alternativa del fatto oggetto del tema d’accusa, in ragione sia della partecipazione del padre, (OMISSIS), alla famiglia di (OMISSIS), sia delle informazioni riservate di cui l’imputato era inevitabilmente destinatario a causa del rapporto di lavoro intrattenuto con il genitore e della gestione congiunta del deposito di materiali per l’edilizia.
Elementi, questi, che trovavano conferma, secondo l’impostazione seguita dal primo Giudice, nel fatto che da altre conversazioni oggetto d’intercettazione quelle relative ad un colloquio svoltosi fra il padre dell’imputato e tale (OMISSIS) – risultava che quest’ultimo, nel discutere con il primo dell’atteggiamento tenuto da un esponente apicale dell’organizzazione (il (OMISSIS)) e della direzione della famiglia di Altavilla, aveva affermato di non parlarne con il figlio “perche’ lui non vuole”.
Muovendo dall’insieme di tali emergenze probatorie il Tribunale ha ritenuto non oltrepassabile l’area del dubbio formatosi in relazione alla contestata partecipazione dell’imputato al sodalizio criminale di stampo mafioso oggetto del tema d’accusa, concludendo il suo percorso ragionativo nel senso della insufficienza, e comunque della contraddittorieta’, degli elementi di prova raccolti al fine di dimostrare le caratteristiche del contributo che l’imputato avrebbe fornito all’associazione ovvero il dato della sua formale affiliazione.
4.2. A fronte di tale esito valutativo del compendio probatorio la sentenza impugnata ha contrapposto un differente ed alternativo apprezzamento delle medesime emergenze, valorizzando, in particolare, sia il fatto che i (OMISSIS) esercitavano sul territorio un predominio economico che aveva come suo indefettibile antecedente logico l’appartenenza al sodalizio ed il suo sostanziale benestare, sia il rilievo che un estraneo all’organizzazione mafiosa mai avrebbe potuto negoziare le imposizioni e la tipologia di estorsione da praticare se non aderendovi e venendo riconosciuto come sodale: assunti, questi, che avrebbero (OMISSIS) conferma, in tesi, nelle dichiarazioni rese dal collaboratore (OMISSIS) in ordine all’appartenenza di (OMISSIS) alla famiglia mafiosa, senza considerare, tuttavia, che nella sentenza di primo grado l’analisi di tale fonte dichiarativa aveva gia’ consentito di precisare che il collaboratore traeva le sue conoscenze da (OMISSIS), reggente del “mandamento” di Bagheria, il quale aveva a sua volta dichiarato che il (OMISSIS) non era “ufficialmente uomo d’onore”, poiche’ l’unica attivita’ di cui si occupava era la fornitura di materiale per l’edilizia, sicche’ i benefici di cui egli aveva concretamente usufruito dovevano attribuirsi alla posizione assunta dal padre all’interno dell’organizzazione criminale, non ricevendo alcuna conferma la circostanza relativa alla prospettata affiliazione dell’imputato sulla base dell’accertamento di un contributo operativo oggettivamente rilevante sul piano dinamico e funzionale, ovvero di una sua “messa a disposizione” effettivamente riconosciuta e come tale condivisa dal sodalizio (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670).
Analoghe considerazioni devono svolgersi con riferimento alla disamina delle risultanze offerte dalle attivita’ d’intercettazione, che il primo Giudice aveva gia’ puntualmente valutato argomentando nel senso che la conoscenza di (OMISSIS) e gli accorgimenti in sua tutela adottati dal (OMISSIS) al fine di evitargli, in una determinata e circoscritta occasione, i controlli delle forze dell’ordine, non erano sufficienti a dimostrarne univocamente la partecipazione al sodalizio, laddove la sentenza impugnata proprio dall’attenzione riservata dal (OMISSIS) ai movimenti delle forze dell’ordine, oltre che dalla piena conoscenza del ruolo ricoperto da (OMISSIS) e della conseguente necessita’ di proteggerlo, ha tratto la contrapposta conclusione della inequivoca adesione dell’imputato all’organizzazione de qua.
Muovendo da tale impostazione metodologica, la sentenza impugnata ha optato per un esito decisorio fondato su una ricostruzione probatoria incompatibile con quella che sorreggeva la prima decisione, senza demolirne il fondamento logico ne’ la complessiva coerenza del percorso motivazionale, ma limitandosi a rivisitare il medesimo materiale e ad offrirne una diversa “lettura” senza sciogliere il ragionevole dubbio gia’ evidenziato dalla prima decisione attraverso la necessaria delineazione di un quadro logico-argomentativo connotato da una superiore forza persuasiva.
Deve altresi’ rilevarsi come, finanche in relazione alla natura dell’incontro svoltosi il 14 marzo 2013, il primo Giudice avesse espresso dubbi legati alla reale idoneita’ di tale evento al fine di organizzare strategie ed assumere decisioni di rilievo tra i sodali in merito all’assetto della relativa famiglia mafiosa, ponendo in stretta relazione il significato da attribuire a tale elemento cognitivo con il contenuto del dato probatorio al contempo evincibile delle richiamate dichiarazioni rese dal teste (OMISSIS), che a sua volta aveva fatto riferimento alla presenza di persone del tutto estranee alla locale consorteria.
Con specifico riguardo ai medesimi profili storico-fattuali della richiamata vicenda, la sentenza impugnata ha di contro prospettato una – radicalmente diversa – ipotesi ricostruttiva, ravvisando in quella riunione un’apparente finalita’ conviviale, che gli stessi organizzatori avrebbero voluto proprio per mascherarne l’illiceita’, per poi concludere, senza affrontare il nodo del problematico raffronto con il diverso quadro inferenziale desumibile dal contributo dichiarativo del teste su menzionato, nel senso che la presenza dell’imputato alla riunione doveva considerarsi un pregnante sintomo di un contributo causale idoneo a ravvisarne la partecipazione al sodalizio.
Ne’ potrebbe ritenersi decisivo, entro tale prospettiva, il riferimento alle successive dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), che la sentenza impugnata ha valorizzato sotto il profilo che il menzionato incontro sarebbe stato organizzato proprio dai (OMISSIS) sia per promuovere la conoscenza della figura di (OMISSIS) ed avvalorarne la presenza sul territorio, sia per “scartare” e “ridicolizzare” la posizione dello stesso (OMISSIS): tale apporto narrativo, pero’, al di la’ di quanto gia’ evidenziato in punto di verifica della credibilita’ soggettiva (v., supra, il par. 4.1.), avrebbe dovuto ricevere il sostegno di adeguati elementi di riscontro ed essere posto a raffronto con le diverse dichiarazioni sul punto rese dal teste (OMISSIS), partecipante anch’egli all’incontro, la’ dove potevano ricavarsene, quanto meno, dei dubbi sulla sua reale natura.
4.3. In definitiva, ad una plausibile ricostruzione delineata dal primo giudice, che motivatamente tracci il perimetro di un’area connotata dalla presenza di ragionevoli dubbi in punto di accertamento della responsabilita’ a titolo di partecipazione associativa, non puo’ sostituirsi, sic et simpliciter, una altrettanto plausibile – ma diversa – ricostruzione operata in sede di impugnazione, poiche’ per ribaltare gli esiti del giudizio di primo grado occorre comunque dimostrarne la censurabilita’ sulla base di uno sviluppo argomentativo che ne metta in luce le carenze o le aporie che giustificano un diverso approdo sui singoli “contenuti” che hanno formato oggetto dei motivi di appello.
La sentenza di appello, dunque, ove pervenga ad una riforma di quella di primo grado (specie se radicale, come nel caso qui considerato), deve necessariamente misurarsi con le ragioni dal primo Giudice addotte a sostegno del decisum e porre criticamente in evidenza gli elementi, in ipotesi, sottovalutati o trascurati, e quelli che, al contrario, risultino inconferenti o, peggio, in contraddizione, con la ricostruzione dei fatti e delle responsabilita’ poste a base della sentenza appellata.
5. Sulla base delle su esposte considerazioni s’impone conclusivamente, nei confronti di (OMISSIS), l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, per un nuovo giudizio sui punti critici sopra evidenziati, che nella piena liberta’ del relativo apprezzamento di merito dovra’ colmare le lacune ed eliminare i vizi rilevati, uniformandosi ai principi di diritto stabiliti da questa Suprema Corte.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo. Rigetta il ricorso di (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali nonche’ alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle seguenti parti civili: Comune di Villabate, Comune di Altavilla Milicia, Comune di Misilmeri, Comune di Ficarazzi, Associazione degli industriali della Provincia di Palermo Confindustria-Palermo, Centro studi ed iniziative culturali (OMISSIS) ONLUS, difesa dall’Avv. (OMISSIS), spese liquidate in complessivi Euro 8.760,00 per onorari oltre spese generali al 15%, IVA e CPA; Confesercenti-Confederazione italiana imprese commerciali, turistiche e dei servizi-Provinciale di Palermo, Federazione provinciale commercio, turismo, servizi, professioni e piccole medie imprese Confcommercio imprese per l’Italia di Palermo, difese dall’Avv. (OMISSIS), che si liquidano in complessivi Euro 4.600,00 per onorari oltre spese generali al 15%, IVA e CPA; Associazione S.O.S. Impresa Palermo, difesa dall’Avv. (OMISSIS) che si liquidano in Euro 3015,00, per onorari oltre spese generali al 15%, IVA e CPA; Associazione Solidaria, difesa dall’Avv. (OMISSIS) che si liquidano in Euro 3015,00, per onorari oltre spese generali al 15%, IVA e CPA; Associazione Antimafia e Antiracket (OMISSIS) Onlus gia’ (OMISSIS), difesa dall’Avv. (OMISSIS), che si liquidano in Euro 3510,00, per onorari oltre spese generali al 15%, IVA e CPA; Comune di Bagheria, difeso dall’Avv. (OMISSIS) che si liquidano in Euro 3510,00, per onorari oltre spese generali al 15%, IVA e CPA. Annulla altresi’ la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente alle omesse statuizioni relative al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese sostenute nel primo e nel secondo grado oggetto di richiesta del Comune di Bagheria in relazione al capo WWW e rinvia per nuovo giudizio su tali punti al giudice civile competente per valore in grado di appello.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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