La natura di un’arma non viene meno per il solo fatto che lo strumento non sia attualmente funzionante

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 2 maggio 2019, n. 18218.

La massima estrapolata:

La natura di un’arma non viene meno per il solo fatto che lo strumento non sia attualmente funzionante, atteso che il pericolo per l’ordine pubblico sussiste anche in presenza di un guasto riparabile, a meno che non risulti obiettivamente la difficoltà della riparazione, per l’impossibilità di reperire pezzi di ricambio o comunque per la non sostituibilità. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna dell’imputato per i delitti di detenzione illegale e ricettazione di una pistola semiautomatica con matricola abrasa, rilevando come il rinvenimento della stessa completa del caricatore con cartucce inserite e delle componenti necessarie all’impiego attestasse la pronta riparabilità degli eventuali difetti dovuti all’eccepito malfunzionamento per vetustà).

Sentenza 2 maggio 2019, n. 18218

Data udienza 6 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Consigliere

Dott. ALIFFI Frances – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/11/2017 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. FRANCESCO ALIFFI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, Dott.ssa DE MASELLIS MARIELLA, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore, e’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di GELA che conclude riportandosi ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 21 novembre 2017 la Corte di Appello di Caltanissetta ha confermato la pronuncia con cui il Tribunale di Gela aveva dichiarato (OMISSIS) colpevole del reato di detenzione di una pistola, semiautomatica, calibro 7,65 parabellum, con matricola abrasa nonche’ del delitto di ricettazione della medesima arma costituente per le sue qualita’, intrinseche ed esteriori, cosa proveniente da delitto, condannandolo, previa unificazione dei reati sotto il vincolo della continuazione, alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa.
1.1. Entrambe le sentenze hanno ricostruito i fatti di causa sulla scorta delle risultanze della perquisizione della palazzina ubicata in (OMISSIS), eseguita il giorno (OMISSIS) per riscontrare una segnalazione sulla presenza di armi. In esito all’attivita’ di ricerca, gli agenti operanti avevano rinvenuto all’interno di uno stipetto della cucina dell’appartamento indipendente posto al secondo piano, la pistola descritta nel capo di imputazione; nonostante (OMISSIS) occupasse un’altra ala dell’edificio ovvero l’abitazione ubicata tra il piano terra ed il primo piano, dove stava scontando la misura cautelare degli arresti domiciliari, l’arma era stata ritenuta nella sua diretta disponibilita’ perche’ in questa direzione convergevano una pluralita’ di circostanze indizianti emerse nel corso della perquisizione quali il possesso da parte dell’imputato delle chiavi della porta di ingresso dell’appartamento dove era custodita la pistola e le evidenti tracce della sua presenza in detto ultimo luogo in epoca immediatamente precedente alla perquisizione.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) per mezzo del suo difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), che ha articolato tre motivi.
2.1.Con il primo denuncia violazione dell’articolo 606, lettera c), in relazione all’articolo 199 c.p.p.; il ritrovamento dell’arma sarebbe avvenuto anche grazie alle informazioni fornite nel corso della perquisizione domiciliare dallo stesso (OMISSIS) e dai suoi familiari, nonostante il primo gia’ rivestisse la qualita’ di persona sottoposta ad indagini,poiche’ indicato come detentore dell’arma da una fonte anonima,ed i secondi non fossero stati previamente avvisati della facolta’ di astensione.
2.2. Con il secondo denuncia violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), nonche’ vizio di motivazione e travisamento della prova; la corte nissena non solo avrebbero omesso di pronunciarsi sulla violazione dell’articolo 199 c.p.p. ma si sarebbe limitata a riportarsi per relationem alla sentenza di primo grado, nonostante con l’atto di appello la difesa avesse censurato il discorso giustificativo della decisione del Tribunale di Gela evidenziando specifiche circostanze favorevoli all’imputato con riferimento sia alle modalita’ di rinvenimento delle chiavi dell’appartamento del secondo piano (avvenuto nella stanza da letto non del (OMISSIS) ma dei suoi genitori, quindi in un ambiente dove non c’erano effetti personali riconducibili a quest’ultimo), sia alle condizioni in cui si trovava la pistola al momento del ritrovamento (con i colpi nel serbatoio e non in canna), ed avesse, inoltre, prospettato una ricostruzione alternativa tesa a dimostrare che l’appartamento del secondo piano, dove era custodita l’arma, fosse nel pieno possesso della sorella del (OMISSIS), la quale, oltre ad essere fumatrice al pari del fratello, era arrivata immediatamente sul posto ed aveva fornito una versione smentita dalla documentazione prodotta dalla difesa.
2.3.Con il terzo denuncia violazione di legge con riferimento all’articolo 192 c.p.p., L. n. 110 del 1975, articolo 23 e articolo 648 c.p.; i giudici di merito, ritenendo erroneamente che sussistesse in capo all’imputato un onere di allegazione in ordine alla non funzionalita’ dell’arma, avrebbero ritenuto integrati entrambi i reati contestati nonostante l’unico testimone sentito in merito non solo avesse affermato che la pistola era vecchia ed arrugginita, ma avesse anche escluso che sulla stessa fosse stata eseguita la pur necessaria prova dello sparo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ inammissibile.
1. Va premesso che al giudice della legittimita’ e’ preclusa un’indagine sul discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la propria valutazione a quella gia’ logicamente e plausibilmente effettuata dai giudici di merito, con l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, perche’ queste sono attivita’ riservate ai giudici di merito.
Il sindacato di legittimita’ sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, anche a seguito delle modifiche del testo dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), introdotte dalla L. n. 46 del 2006, e’ limitata a verificare l’adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si e’ avvalso per giustificare il suo convincimento, la loro intrinseca razionalita’ e, in definitiva, la loro capacita’ di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione (Sez. 1, n. 2800 n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507).
Ne consegue che i motivi di ricorso per cassazione devono sempre contenere una ragionata, oltreche’ specifica, censura del provvedimento impugnato senza risolversi in una critica generalizzata e comunque tale da non permettere al giudice di percepire con esattezza l’oggetto delle censure (Sez. 6, n. 10250 del 11/10/2017, Rv. 272725). Ne’ va trascurato che nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruita’ della motivazione.
Tanto posto, nessuno dei motivi supera il vaglio di ammissibilita’ secondo i parametri appena precisati.
2. Il primo motivo e’ manifestamente fondato.
La illegittimita’ della perquisizione e’ stata prospettata dalla difesa ricorrente sulla scorta di valutazioni giuridiche palesemente erronee. Il (OMISSIS) non poteva giammai acquisire la qualita’ di persona sottoposta ad indagini sol perche’ indicato come possessore di armi in una segnalazione anonima ovvero in un atto che non puo’ costituire indizio di reato per l’espresso divieto normativo contenuto nell’articolo 333 c.p.p., comma 3, e che, per tale ragione, non e’ nemmeno idoneo ad essere utilizzato per procedere a perquisizioni (ex plurimis: Sez. 6, n. 34450 del 2274/2016, Rv. 267680), tranne nel caso, come quello in esame, in cui la polizia giudiziaria ha compiuto l’attivita’ di ricerca di iniziativa perche’ facoltizzata da norme speciali e precisamente dal Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773, articolo 41, in materia di illecita detenzione di armi (cfr. Sez. 4, n. 38559 del 6/10/2010, Rv. 248837).
Non avendo ancora il (OMISSIS) assunto la qualita’ di indagato, sulla base dei dati indizianti gia’ acquisiti, ai suoi prossimi congiunti non era dovuto l’avvertimento della facolta’ di astenersi dal deporre previsto dall’articolo 199 c.p.p., comma 2, (cfr. Sez. 1, n. 41142 del 17/7/3017, Rv. 273971, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che correttamente il giudice di merito avesse escluso la necessita’ dell’avvertimento nei confronti di persona che, prima dell’inizio di una perquisizione a carico del convivente, aveva dichiarato che il predetto aveva la disponibilita’ esclusiva del garage ove successivamente venivano rinvenuti armi e droga). In ogni caso, e’ pacifico che l’eventuale illegittimita’ della perquisizione eseguita di iniziativa dalla polizia giudiziaria ai sensi dell’articolo 41 T.U.L.P.S. – sanzionabile con provvedimenti penali o disciplinari – non comporta la inutilizzabilita’ del sequestro del corpo del reato (Sez. 1, n. 42010 del 28/10/2010, Rv. 249021, e Sez. U, n. 5021 del 27/3/1996 Rv. 204643).
In disparte di tali considerazioni, il giudizio di colpevolezza nei confronti dell’odierno ricorrente non e’ stato fondato, neanche in parte, sulle informazioni rese nel corso della perquisizione dal (OMISSIS) e dai suoi familiari; al contrario, i giudici di merito hanno valorizzato, con motivazione, priva di vizi logici e pertanto non censurabile in questa sede, le diverse circostanze di fatto accertate o meglio constatate dagli agenti operanti, limitandosi soltanto a prendere atto della complessiva reticenza delle persone presenti.
3. Con il secondo motivo la difesa ricorrente propone una ricostruzione dei fatti di causa diversa da quella, non manifestamente illogica e perfettamente rispondente alle risultanze probatorie, cui sono pervenuti i giudici di merito.
La disponibilita’ della pistola in capo al (OMISSIS) e’ stata desunta da circostanze certe, precise e gravemente indizianti: non solo il rinvenimento delle chiavi dell’appartamento sito al piano superiore in una delle stanze ubicate al primo piano tra gli effetti personali dell’imputato (il quale, di conseguenza, poteva accedervi liberamente), ma soprattutto la presenza nell’appartamento dove era occultata l’arma di residui di un pasto appena consumato nonche’ del mozzicone di una sigaretta della stessa marca di quelle rinvenute al piano inferiore,esattamente nei locali in cui si trovava il (OMISSIS) quando ha avuto inizio la perquisizione domiciliare.
La ricostruzione alternativa non e’ stata presa in considerazione non solo perche’ la sorella dell’imputato si e’ avvalsa della facolta’ di non rispondere, ma anche perche’ non sono emersi elementi oggettivi di collegamento attuale tra la stessa e l’appartamento dove era custodita la pistola.
4. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato.
La questione relativa al cattivo funzionamento dell’arma legato alla vetusta’ della sua costruzione, ipotizzato dalla difesa solo in termini esplorativi, e’ stata adeguatamente risolta dalla sentenza impugnata con argomentazioni in fatto non censurabili in sede di legittimita’; in particolare, valorizzando le condizioni in cui si trovava la pistola al momento del rinvenimento ovvero con il caricatore inserito dotato di tre cartucce e, soprattutto con tutte le componenti necessarie a consentirne il normale impiego, circostanza quest’ultima che depone in modo inequivoco quanto meno per la immediata e pronta riparabilita’ degli eventuali difetti ove, eventualmente, esistenti (secondo la consolidata interpretazione della giurisprudenza di legittimita’ “la natura di un’arma non viene meno per il solo fatto che lo strumento non sia attualmente funzionante, atteso che il pericolo per l’ordine pubblico sussiste anche in presenza di un guasto riparabile, a meno che non risulti obiettivamente la difficolta’ della riparazione, per l’impossibilita’ di reperire pezzi di ricambio o comunque per la non sostituibilita’”; cfr. Sez. 1, n. 16638 del 27/3/2013, Rv. 255686).
2. All’inammissibilita’ del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e per i profili di colpa correlati all’irritualita’ dell’impugnazione (C. Cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle Ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

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