Il condominio di edifici risponde, quale custode, dei danni derivanti dalle parti comuni, mentre non ha nessuna responsabilità per quanto riguarda le parti private.

Corte di Cassazione, sezione sesta civile, SENTENZA 20 giugno 2019, n.16625.

La massima estrapolata:

Il condominio di edifici risponde, quale custode, dei danni derivanti dalle parti comuni, mentre non ha nessuna responsabilità per quanto riguarda le parti private.

SENTENZA 20 giugno 2019, n.16625

 

Ragioni della decisione

I due motivi, giacchè connessi, vanno esaminati congiuntamente. Essi rivelano alcuni profili di inammissibilità e sono comunque infondati.
Sono inammissibili le censure di erronea o mancata valutazione dei fatti, o di erronea motivazione, in quanto l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Il ricorrente, quindi, nel rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369c.p.c., comma 2, n. 4, deve indicare il ‘fatto storico’, il cui esame sia stato omesso, il ‘dato’, da cui esso risulti esistente, il ‘come’ e il ‘quando’ tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua ‘decisività’. L’omesso esame di elementi istruttori non integra invece, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa (nella specie il sistema di pluviali che convoglianti le acque sul terrazzo), sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non sono quindi più ammissibili le censure di erroneità o insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, come qui svolte dalla ricorrente, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).
La sentenza delle Corte di Appello di Napoli, piuttosto, contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione adottata.
Secondo orientamento giurisprudenziale consolidato, la responsabilità concorrente del condominio con il proprietario o usuario esclusivo di un lastrico solare o di una terrazza a livello, per i danni da infiltrazione nell’appartamento sottostante, in base ai criteri di cui all’art. 1126 c.c., suppone che il lastrico o la terrazza – indipendentemente dalla sua proprietà o dal suo uso esclusivo -, per i suoi connotati strutturali e funzionali, svolga funzione di copertura del fabbricato, ovvero di più unità immobiliari appartenenti in proprietà esclusiva a diversi proprietari (arg. da Cass. Sez. U, 07/07/1993, n. 7449; Cass. Sez. U, 10/05/2016, n. 9449). L’obbligo del condominio di concorrere al risarcimento dei danni da infiltrazioni cagionate dal lastrico solare o dalla terrazza a livello che non sia comune, ex art. 1117 c.c., a tutti i condomini, è quindi correlato all’accertamento in concreto di tale funzione di copertura dell’intero edificio, o della parte di esso cui il bene ‘serve’, in quanto superficie terminale del fabbricato. Se, come accertato nel caso in esame, la terrazza a livello sovrasta soltanto un piano terraneo di proprietà esclusiva, costituendo un autonomo corpo di fabbrica rispetto all’edificio condominiale (a prescindere dalla questione della sua estraneità alla ‘presunzione’ di condominialità, su cui si sofferma la Corte d’Appello di Napoli e che è invece irrilevate ai fini dell’art. 1126 c.c.), l’inconfigurabilità di una responsabilità risarcitoria concorrente del condominio, da quantificare secondo il criterio di imputazione previsto dall’art. 1126 c.c., discende dal difetto della funzione di copertura e protezione dell’edificio, che costituisce la ratio di tale disposizione.
La Corte d’Appello di Napoli ha, dunque, correttamente escluso ogni tipo di responsabilità da parte del Condominio per l’omessa manutenzione della terrazza di proprietà della Officine Grafiche F.G. & Figli S.p.a., aggiungendo che la conclusione cui è pervenuta non sarebbe mutata in riferimento alle pluviali discendenti dalla terrazza stessa, giacchè comunque, per obbiettive caratteristiche strutturali, esse servono in modo esclusivo all’uso o al godimento di quella parte dell’immobile, il che fa venir meno il presupposto per il riconoscimento di un obbligo di curarne la manutenzione in capo agli altri condomini.
La sentenza impugnata ha quindi negato ‘la tesi sostenuta da parte appellata per cui la responsabilità del Condominio si fonderebbe sull’omessa vigilanza nei confronti dei condomini che avrebbero realizzato le tubature abusive sversando quindi acque reflue e pluviali sul terrazzo in questione così aggravando le condizioni della copertura e la capacità di smaltimento delle pluviali; in primo luogo, infatti, la gran parte delle tubature individuate come abusive provengono da immobili per i quali non è indicato se facenti parte del condominio; in secondo luogo, e soprattutto, alcun obbligo di prevenzione e di vigilanza è previsto in capo al Condominio nei confronti di fatti illeciti commessi dai singoli Condomini e che non interessino beni condominiali; tanto meno tale responsabilità appare riconducibile al paradigma dell’art. 2051 c.c. che postula, per la sua applicabilità, l’esistenza di un rapporto di custodia tra la res e il responsabile…’.
Anche questa parte della sentenza impugnata sfugge a censure. La fattispecie di cui all’art. 2051 c.c., in tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, postula la sussistenza di un rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo. In tal senso, il condominio di un edificio può intendersi custode dei beni e dei servizi comuni, e perciò obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinchè le parti comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, rispondendo dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini. Viceversa, il singolo condomino non può pretendere di affermare la responsabilità del condominio, a norma dell’art. 2051 c.c., per il risarcimento dei danni sofferti a causa del cattivo funzionamento di tubazioni di scarico delle acque destinate a servizio esclusivo di proprietà individuali, di cui alcune (come nella specie, accertato in base a giudizio di fatto demandato al giudice del merito) pure estranee al complesso condominiale, essendo il condominio stesso tenuto alla custodia ed alla manutenzione unicamente delle parti e degli impianti comuni dell’edificio. L’eliminazione delle caratteristiche di una cosa, che rendono questa atta a produrre danno, deve essere chiesta nei confronti del proprietario-possessore della cosa stessa, la cui responsabilità è presunta a norma dell’art. 2051 c.c. E il singolo condomino, quale nella specie la Officine Grafiche F.G. & Figli S.p.a., il quale subisca pregiudizio da impianti di scarico delle acque, afferenti al servizio esclusivo di altro condomino o di un terzo, può agire individualmente in giudizio nei confronti di quest’ultimo al fine di ottenere la rimozione delle tubazioni dannose per la sua proprietà esclusiva, senza dover attendere che si attivi all’uopo il condominio.
Il ricorso va perciò rigettato. Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimato Condominio (OMISSIS), non ha svolto difese.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis

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