La forma scritta “ad substantiam” e la volontà comune delle parti

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|13 giugno 2022| n. 19031.

La forma scritta “ad substantiam” e la volontà comune delle parti

Nei contratti per i quali è richiesta la forma scritta “ad substantiam”, la volontà comune delle parti deve rivestire tale forma soltanto nella parte riguardante gli elementi essenziali (consenso, “res”, “pretium”), con la conseguenza che, in caso di preliminare di vendita che preveda un termine per la stipula del definitivo, la modifica di tale elemento accidentale e la rinuncia della parte ad avvalersene non richiede la forma scritta. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva omesso di valutare la rinuncia alla condizione unilaterale risultante dalla dichiarazione rilasciata a verbale dal ricorrente personalmente, da apprezzarsi in uno alla citazione).

Sentenza|13 giugno 2022| n. 19031. La forma scritta “ad substantiam” e la volontà comune delle parti

Data udienza 10 maggio 2022

Integrale

Tag/parola chiave Trasferimento ex art. 2932 cc – Condizione unilaterale prevista nell’esclusivo interesse di uno dei contraenti – Dichiarazione di questi di non volersi avvalere della condizione medesima – Natura di rinuncia in senso proprio – Esclusione – Esercizio di un’opzione o diritto potestativo, con efficacia modificativa del contratto – Medesima forma prevista per il contratto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa M. – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 15105/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
Contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS);
– c.ricorrente r.incidentale –
avverso la sentenza n. 978/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/05/2022 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

La forma scritta “ad substantiam” e la volontà comune delle parti

FATTI DI CAUSA

1. La vicenda processuale, per quel che qui rileva, puo’ sintetizzarsi nei termini che seguono.
1.1. (OMISSIS) cito’ in giudizio (OMISSIS), erede universale di (OMISSIS), perche’, facendosi luogo del consenso mancante, fosse disposto in suo favore, ai sensi dell’articolo 2932 c.c., il trasferimento di uno stacco terreno, previo pagamento del prezzo (che offriva), promessogli in vendita dal (OMISSIS).
1.1.1. Il Tribunale rigetto’ la domanda reputando che le parti avessero subordinato il contratto preliminare a una ipotesi di presupposizione, che quel Giudice intravide nella seguente clausola apposta al negozio: “Il sig. (OMISSIS) ha previsto di utilizzare l’area in oggetto per la costruzione di box in conformita’ delle disposizioni vigenti, per cui nella ipotesi la realizzazione non gli venisse consentita per ragioni indipendenti dalla sua volonta’, la presente promessa si avra’ come mai stipulata”.
1.1.2. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 2010, rigettata l’impugnazione del (OMISSIS), confermo’ la statuizione di primo grado.
1.1.3. La Corte di cassazione con la sentenza n. 3741/2013, accolto il primo motivo del ricorso del (OMISSIS) (assorbiti gli altri due), casso’ con rinvio la decisione impugnata sulla base della seguente motivazione: “La Corte d’appello ha escluso che la clausola in questione – in base alla quale “il signor (OMISSIS) ha previsto di utilizzare l’area in oggetto per la costruzione di un box in conformita’ delle disposizioni vigenti, per cui nella ipotesi che la realizzazione non gli venisse consentita per ragioni indipendenti dalla sua volonta’, la presente promessa non si avra’ come mai stipulata” – potesse essere qualificata come condizione unilaterale. Ma cio’ ha fatto adducendo una motivazione apodittica, sostenendo, cioe’, che la natura unilaterale della condizione non era espressamente prevista e non era neanche implicitamente desumibile dal tenore letterale della stessa. Peraltro, nel mentre il tenore letterale della clausola non appare in alcun modo incompatibile con la natura unilaterale della condizione ivi prevista, non emergendo dalla scrittura privata altri interessi di controparte, quali, ad esempio, una variazione di prezzo, dalla sentenza impugnata non emerge alcuna argomentazione in base alla quale dal contenuto complessivo del contratto non fosse desumibile, implicitamente, la dedotta natura unilaterale della condizione. E’ noto, del resto, che “la cosiddetta condizione unilaterale, cioe’ la condizione convenuta nell’interesse esclusivo di uno solo dei contraenti, anche se non stipulata espressamente, puo’ emergere per implicito, come corollario indefettibile dello scopo che le parti si propongono, allorquando la sua determinazione nell’interesse di un unico contraente, chiamato a sopportare un preciso onere economico, promani da una corretta valutazione dell’intero rapporto negoziale” (Cass. n. 8685 del 1999; Cass. n. 6742 del 1987). Orbene, la Corte territoriale avrebbe dovuto illustrare le ragioni in base alle quali la previsione esplicita che la promessa di vendita sarebbe stata considerata come non stipulata per la eventualita’ in cui la prevista, da parte del promissario acquirente, destinazione dell’area alla realizzazione di un box non fosse stata attuabile, non operasse unicamente nell’interesse del solo promissario acquirente e come, pur difettando una esplicita previsione in tal senso, il contenuto della condizione non potesse essere riferito unicamente all’interesse dell’acquirente, ovvero ancora quale fosse l’interesse del promittente venditore alla realizzazione della condizione”.

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1.1.4. La Corte di Napoli, davanti alla quale la causa venne riassunta da (OMISSIS), con diversa motivazione rispetto alla decisione cassata, rigetto’ nuovamente l’appello.
Questi i passaggi salienti che qui assumono rilievo.
Emerso “con sufficiente chiarezza, da un lato la natura “unilaterale” della condizione ivi prevista, ossia in altri termini l’apposizione della stessa nell’interesse precipuo del promittente acquirente e, dall’altro, l’assenza di eventuali ed ulteriori concreti interessi della controparte”, il Giudice del rinvio, richiamata e fatta propria la sentenza di legittimita’ n. 11816/1992, soggiunge che la dichiarazione della parte nel cui interesse era stata prevista la clausola in parola “non e’ rinuncia in senso proprio, bensi’ figura di esercizio di una opzione (o diritto potestativo di analoga natura), con efficacia modificativa del contratto, dunque soggetta alla forma prevista per il negozio cui la condizione stessa accede”. Poiche’ gli atti difensivi richiamati dall’appellante risultavano provenire solo dai di lui difensori, doveva escludersi che con essi la parte avesse manifestato l’opzione. Inoltre gli scritti di cui detto apparivano “ondivaghi” e a “contenuto non univoco”, in quanto facenti riferimento all’avveramento della condizione; la memoria di replica, infine, si era limitata ad affermare che la previsione contrattuale era stata predisposta ad esclusivo interesse del promissario acquirente.
Sotto altro profilo, la certificazione di destinazione urbanistica rilasciata dal Comune di Portici del 30/5/2000 aveva oramai perso di validita’, non essendo stata aggiornata nel corso del giudizio.
2. (OMISSIS) proponeva ricorso avverso quest’ultima sentenza sulla base di quattro motivi e l’intimata resisteva con controricorso, in seno al quale avanzava ricorso incidentale condizionato, articolato su due motivi. Entrambe le parti indi depositavano memorie illustrative.
3. Venuto il processo in trattazione all’adunanza camerale del 16/11/2021, il Collegio disponeva la trattazione in pubblica udienza.
Fissata pubblica udienza, non essendo pervenuta dalle parti e dal P.G. richiesta di discussione orale, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8bis, convertito nella L. n. 176 del 2000, si e’ proceduto in camera di consiglio.
Il P.G. ha fatto pervenire le sue conclusioni scritte, con le quali ha concluso “per il rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato”.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

 

1. Con il primo motivo di doglianza il ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo.
Si assume che la Corte locale aveva del tutto omesso di prendere in considerazione la dichiarazione resa e sottoscritta personalmente dal (OMISSIS) all’udienza di trattazione dell’11/5/1999, tenutasi innanzi al Tribunale, nella quale il predetto, come dall’estratto del verbale allegato al ricorso, dopo essersi riportato all’atto di citazione, aveva dichiarato testualmente “di confermare l’offerta del pagamento del prezzo corrispettivo e della vendita promessa, anche se il G.I. lo riterra’ dovuto per legge, attualizzato ad oggi, oltre le spese dell’atto di trasferimento”. Atto, questo, che in piu’ occasioni, aveva formato oggetto di discussione fra le parti (il ricorrente richiama le pagg. 3 e 8 dell’atto d’appello, le pagg. 2 e 6 della comparsa conclusionale d’appello, la pag. 8 della comparsa conclusionale del giudizio di rinvio).
Il fatto pretermesso, prosegue il (OMISSIS), aveva natura decisiva, in quanto elideva l’ostacolo che la sentenza aveva reputato d’intravedere nella “presunta mancanza di dichiarazione negoziale proveniente dalla parte sostanziale del rapporto dedotto in giudizio”. Anche se, si soggiunge, secondo le indicazioni della Corte di cassazione, la sottoscrizione del mandato in favore dell’avvocato implicava che il mandante avesse piena conoscenza delle affermazioni contenute nell’atto e ne avesse assunto la titolarita’. Nel caso di specie, inoltre, precisa ancora il ricorrente, “non puo’ ragionevolmente sostenersi che un atto di citazione con il quale si richieda l’esecuzione pura e semplice del contratto possa, invece, celare un interesse all’avveramento della condizione; una condizione della quale neppure si fa menzione”.

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1.1. La censura e’ fondata.
1.1.1. La decisione d’appello mostra di aderire all’orientamento di legittimita’ di cui alla sentenza n. 11816/1992, dalla quale sono state tratte le seguenti due massime.
“Con riguardo al preliminare di vendita di un terreno, la clausola che ne preveda la risoluzione, in caso di mancata approvazione di un progetto di edificazione, non e’ qualificabile come condizione cosiddetta unilaterale, implicante la possibilita’ per il promissario di reclamare la stipulazione del definitivo indipendentemente dal suo verificarsi, in relazione al solo interesse del promissario medesimo rispetto all’evento, atteso che la suddetta condizione unilaterale esige una specifica ed inequivoca pattuizione” (Rv. 479239).
“Nel caso di condizione cosiddetta unilaterale, cioe’ prevista nell’esclusivo interesse di uno dei contraenti, la dichiarazione di questi di non volersi avvalere della condizione medesima, non integra rinuncia in senso proprio, ma configura esercizio di un’opzione o diritto potestativo, con efficacia modificativa del contratto, e, pertanto, e’ soggetta alla stessa forma prevista per il contratto” (Rv. 479238).
Qui, indubbiamente, si versa nell’ipotesi di cui alla seconda massima, sulla base dello scrutinio di merito di cui si e’ detto.
Per dovere di completezza d’esposizione va osservato che con la sentenza sopra riportata la Cassazione intese discostarsi dall’orientamento sino ad allora abbastanza consolidato, secondo il quale la condizione unilaterale o nell’interesse di una sola parte costituisce una condizione in senso proprio e, andando incontro a un orientamento (comunque controverso e niente affatto unitario) della dottrina, ne trasse il convincimento che a una tale condizione non fosse consentito rinunciare anche senza rispettare la forma imposta dal diritto regolato dal negozio, “in quanto la verificazione o il definitivo mancamento dell’evento condizionante non agirebbero in modo automatico sull’efficacia del negozio, dovendosi attendere una ulteriore dichiarazione o comportamento concludente della parte nel cui interesse esclusivo e’ stata pattuita”, dovendosi configurare un vero e proprio diritto d’opzione, da esercitarsi da parte del contraente favorito, nella forma del negozio cui accede.
1.1.2. Non occorre soffermarsi, se non solo incidentalmente, sulle obiezioni che possono muoversi all’esposta costruzione giuridica, in quanto, in ogni caso, come in prosieguo meglio si dira’, il documento non esaminato (il verbale di causa contenente la dichiarazione sottoscritta del promissario acquirente) ha natura decisiva al fine di verificare la sussistenza della dichiarazione negoziale proveniente dalla parte sostanziale del rapporto dedotto in giudizio.

La forma scritta “ad substantiam” e la volontà comune delle parti

Il panorama dottrinario in materia e’ quanto mai variegato e non poche volte non sempre puntualmente lineare e il riportato arresto non si sottrae a talune critiche decisive:
– il diritto d’opzione, regolato dall’articolo 1331 c.c. (che si distingue dalla proposta irrevocabile perche’ frutto di un accordo negoziale), produce i suoi effetti dando vita a un contratto diverso e ulteriore rispetto a quello che la contempla. L’esempio di scuola e’ quello del contratto di compravendita con il diritto d’opzione di riacquisto da parte del venditore;
– l’ipotizzato doppio contratto e’ apparso a taluno macchinoso e inutile;
– nel caso di condizione sospensiva senza termine (ma non e’ questo il caso) l’impasse e’ risolvibile col ricorso al giudice per la fissazione di esso termine;
– il contraente non favorito, proprio perche’ si tratta di condizione apposta nell’esclusivo interesse dell’altra parte, nel rispetto del principio di buona fede, non vanta ragioni giuridicamente apprezzabili per opporsi alla volonta’ del predetto favorito, il quale manifesta di volere gli effetti del contratto;
– ne’, nel caso di specie residuano esigenze di tutela dei terzi vantanti diritti trascritti (ma anche una tale evenienza si e’ detta risolvibile attraverso il meccanismo di cancellazione ex articolo 2688 c.c.).
1.1.3. Ma come si e’ anticipato non occorre soffermarsi oltre sulla struttura dell’istituto della condizione unilaterale.
1.1.4. Le ragioni per le quali la legge, pur salvaguardato il principio generale della liberta’ di forma, impone in numerosi casi (dai negozi concernenti diritti reali immobiliari, a quelli familiari, a quelli societari, ai negozi di liberalita’, alle disposizioni testamentarie, ecc.), sanzionandola con la nullita’, la forma solenne sono note, e risulterebbe pleonastico anche solo riassumerle.
Costituisce oramai approdo largamente condiviso, implicante e’ giusto non negarlo – una non sempre agevole opera di discernimento, la conclusione che un approccio formalistico (cioe’ la rigorosa, per non dire spesso religiosa, sottoposizione ai rigori di forma), pur se in qualche modo giustificato da una lettura della norma, quasi sempre possibile, non saldamente agganciata ai beni o gli interessi protetti, non sempre soddisfa l’aspettativa di assicurare lo scopo della legge. Esso rischia di divenire, anzi, volano mistificatorio, perdendo di vista la funzione della regola sulla forma, che non e’ quella d’ingessare, senza giustificazione, i rapporti negoziali, costituendo, invece, necessario completamento di tutela sostanziale.
Per l’autorevolezza della sede, per la completezza e chiarezza espositiva e la portata generale, appare utile citare la recente sentenza delle Sezioni unite n. 6459, 06/03/2020, in materia di negozio fiduciario avente a oggetto beni immobili e regole sulla forma.
1.1.5. Tornando allo specifico di cui qui si discute, va rammentato che costituisce approdo di legittimita’ piu’ che consolidato quello secondo il quale in tema di contratti per i quali la legge richiede la forma scritta “ad substantiam”, la produzione in giudizio di una scrittura privata a cura di chi non l’aveva sottoscritta costituisce equipollente della mancata sottoscrizione contestuale e, pertanto, perfeziona “ex nunc” il contratto in essa contenuto, purche’ la controparte in giudizio sia la stessa che aveva gia’ firmato tale scrittura e sia ancora in vita al momento di detta produzione, non producendosi altrimenti il necessario incontro delle volonta’ negoziali (Sez. 2, n. 1525, 22/1/2018, Rv. 647076; conf., ex multis, Cass. nn. 9543/2002, 2826/2000, 1414/1999, 4905/1998, 3970/1997, 5868/1994).
Si e’, inoltre, chiarito che nei contratti per i quali e’ richiesta la forma scritta “ad substantiam”, la volonta’ comune delle parti deve rivestire tale forma soltanto nella parte riguardante gli elementi essenziali (consenso, “res”, “pretium”); ne consegue che, qualora sia previsto un termine per la stipula del contratto definitivo, la modifica di detto elemento accidentale e la rinuncia della parte ad avvalersene non richiedono la forma scritta (Sez. 2, n. 5197, 27/2/2008, Rv. 601826).
In linea con gli arresti sopra richiamati si era gia’ affermato, con la giurisprudenza contrastata dalla citata sentenza del 1992, che in tema di preliminare di vendita immobiliare, la rinunzia delle parti ad avvalersi degli effetti di una condizione risolutiva del contratto non richiede la forma scritta, sia perche’ detta forma e’ necessaria solo quando il diritto immobiliare costituisca l’oggetto diretto e immediato della rinuncia, sia perche’ l’accordo delle parti in ordine alla rinuncia non modifica alcuno degli elementi essenziali del contratto (Sez. 2, n. 3851, 5/9/1989, Rv. 463717; cont. Cass. n. 14938/2008; conf. Cass. n. 3965, 6/7/1984).
Di conseguenza, la ratifica di un contratto preliminare di compravendita immobiliare, stipulato dal “falsus procurator”, non richiede necessariamente che il “dominus” manifesti per iscritto la volonta’ di far proprio quel contratto, potendo essere integrata anche dall’atto di citazione, notificato alla controparte e sottoscritto dal rappresentato o dal suo procuratore “ad litem”, con il quale si chieda l’esecuzione in forma specifica ai sensi dell’articolo 2932 c.c., trattandosi di atto scritto che, redatto per fini conseguenziali alla stipulazione del contratto preliminare medesimo, e’ incompatibile con il rifiuto dell’operato del rappresentante senza poteri (Sez. 2, n. 4938, 15/2/2022, Rv. 663919).
Principi, quelli esposti, che hanno trovato recente conferma con l’ordinanza di questa Sezione n. 8765, 30/3/2021, dalla cui massima si trae che nei contratti per i quali e’ richiesta la forma scritta “ad substantiam” (come nel caso del preliminare di vendita immobiliare), la volonta’ comune delle parti deve rivestire tale forma soltanto nella parte riguardante gli elementi essenziali (consenso, “res”, “pretium”), che devono risultare dall’atto stesso e non possono ricavarsi “aliunde”. Ne consegue che, qualora in un contratto preliminare di vendita immobiliare sia previsto un termine per la stipula del definitivo, la modifica di detto elemento accidentale e la rinuncia della parte ad avvalersene non richiedono la forma scritta, non concernendo tale accordo direttamente il diritto immobiliare, ne’ incidendo su alcuno degli elementi essenziali del contratto (Rv. n. 660840).
Non si pone in contrasto frontale con quanto immediatamente sopra rilevato la decisione Sez. 2, n. 9550, 18/04/2018, la quale, pur richiamando, nel corpo della motivazione, la sentenza del 1992, non affronta il tema della forma che deve rivestire la volonta’ del promissario acquirente immobiliare nel cui esclusivo interesse risulta essere stata prevista la clausola, della quale non intenda avvalersi.
1.1.6. Alla luce di quanto esposto e’ mancato da parte della sentenza impugnata l’apprezzamento dell’insieme degli indici processuali dai quali era dato trarre la rinuncia alla condizione unilaterale, attraverso una inequivoca manifestazione di volonta’ rivestente la forma prevista dalla legge e, con significato assolutamente decisivo, della dichiarazione rilasciata a verbale dal ricorrente personalmente, da apprezzarsi in uno alla citazione, con la quale il (OMISSIS) ha chiesto farsi luogo del consenso mancante della parte promittente.
2. In ragione di quanto esposto restano assorbiti in senso proprio il secondo motivo, con il quale viene denunciata violazione dell’articolo 1353 c.c., il terzo motivo, con il quale viene denunciata violazione degli articoli 2932 c.c. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 30 il quarto motivo, con il quale si denuncia violazione dell’articolo 2909 c.c.
2.1. Invero, del secondo motivo, accolto il primo, sul presupposto dell’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, dal quale sarebbe stato possibile trarre il convincimento di una espressa manifestazione di volonta’ scritta del promissario acquirente di volere dare esecuzione al contratto (anche ad aderire alla ricostruzione dogmatica sposata dalla Corte di merito), non ne risulta necessario il vaglio.
2.2. Quanto al terzo motivo, proprio perche’ la clausola di cui si discute risulta essere stata predisposta nell’interesse esclusivo del promissario acquirente, risulta non utile accertare se la Corte di merito abbia errato o meno nel giudicare non provata nell’attualita’ la destinazione urbanistica del lotto promesso in vendita, stante che, a prescindere dalla edificabilita’ o meno, il (OMISSIS) ha manifestato la volonta’ di addivenire, in ogni caso, alla stipula dell’atto definitivo.
2.3. Quanto al quarto motivo, per le medesime ragioni, risulta del pari inutile verificare se la sentenza impugnata abbia violato l’articolo 2909 c.c., per avere affermato essere coperta dal giudicato interno l’accertamento del mancato avveramento della condizione risolutiva.
3. Con il “ricorso incidentale condizionato” la (OMISSIS) ripropone la domanda riconvenzionale, coltivata con l’appello incidentale, di risoluzione del contratto preliminare per eccessiva onerosita’ sopravvenuta e, in subordine, di attualizzazione del prezzo.
Ovviamente, a prescindere dal “nomen iuris” da costei assegnato, non e’ dubbio che trattasi di domande non esaminate perche’ giudicate assorbite (in senso proprio) dal rigetto della domanda attorea; domande, che ove siano state puntualmente coltivate, il Giudice del rinvio, in caso di accoglimento della domanda principale, dovra’ ovviamente prendere in esame, ma che, in questa sede non possono che restare assorbite.
4. Il Giudice del rinvio regolera’ anche le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti gli altri; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto motivo e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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