La facoltà di invocare la solidarietà prevista dalla legge professionale in tema di compensi degli avvocati

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 gennaio 2024| n. 1283.

La facoltà di invocare la solidarietà prevista dalla legge professionale in tema di compensi degli avvocati

La facoltà di invocare la solidarietà prevista dalla legge professionale in tema di compensi degli avvocati è esperibile anche quando le parti rinunciano agli atti e vi è l’abbandono della causa dal ruolo con estinzione del procedimento. Purchè non vi sia stata rinuncia espressa alla solidarietà passiva.

Ordinanza|12 gennaio 2024| n. 1283. La facoltà di invocare la solidarietà prevista dalla legge professionale in tema di compensi degli avvocati

Data udienza 30 novembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: ARTI E PROFESSIONI INTELLETTUALI – AVVOCATO – ONORARIO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE CIVILE

composta dagli Ill.mi Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere-Rel.

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere

Dott. ROLFI Federico – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26672-2020 R.G. proposto da To.Vi. E Na.Em., rappresentati e difesi dall’avv. Ga.Co., con domicilio in Napoli, Via ….

– RICORRENTI –

contro

Gi.Fe. E Gi.Al., rappresentati e difesi dall’avv. Ri.Pa., con procura speciale in atti.

– CONTRORICORRENTI –

avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Napoli n. 4-2020, pubblicato in data 7.1.2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30.11.2023 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.

La facoltà di invocare la solidarietà prevista dalla legge professionale in tema di compensi degli avvocati

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1.Gli avv.ti To.Vi. ed Na.Em. hanno adito la Corte d’appello di Napoli, chiedendo la condanna in solido di Gi.Fe. e Gi.Al. ai sensi dell’art. 13 L. 247-2012, controparti di Co.Ai. che i ricorrenti avevano difeso in un giudizio civile svolto in secondo grado, avente ad oggetto l’impugnazione della sentenza che aveva dichiarato la risoluzione di un preliminare di vendita immobiliare e ordinato il rilascio del bene al promissario acquirente Fe.Fe.

La causa era stata proposta dalla Co.Ai. e dai nipoti Gi.Fe. e Gi.Al., assistiti da altro difensore, rispettivamente usufruttaria e secondi nudi proprietari dell’immobile promesso in vendita; la domanda era stata accolta in primo grado con pronuncia impugnata dal promissario acquirente. La causa di secondo grado, interrotta per il decesso dell’Co.Ai., si era estinta per mancata riassunzione.

Successivamente i Gi.Fe. e Gi.Al. avevano concluso un contratto di permuta dell’immobile controverso con la figlia di Fe.Fe., ottenendo il trasferimento di altro cespite, sito in Ca., con pagamento di un conguaglio di Euro 20.000,00.

La Corte distrettuale ha respinto la domanda di pagamento del compenso professionale, osservando che l’atto di transazione non faceva menzione del processo interrotto né delle questioni dibattute in causa, e non era stato stipulato anche da Lo.Ma., Ci.Ma., Pa.Ma. e Ri.Ma., eredi dell’Co.Ai., non essendo volto a porre fine alla lite e ad eludere le aspettative dei difensori.

Per la cassazione dell’ordinanza gli avv.ti To.Vi. ed Na.Em. propongono ricorso affidato ad un unico motivo.

Gi.Fe. ed Gi.Al. resistono con controricorso.

2. Con l’unico motivo si deduce la violazione degli artt. 68 R.D.L. 1578-1933, 116 c.p.c. e 979 c.c., per aver la Corte di merito respinto la domanda, trascurando che il regime di solidarietà previsto dalla legge professionale si applica ad ogni ipotesi di accordo che ponga termine alla lite e che, nella specie, la mancata riassunzione del giudizio di appello era stata conseguenza della successiva permuta con cui i resistenti avevano ceduto l’immobile controverso. Si assume che, a causa del decesso di Co.Ai., l’usufrutto si era consolidato e che, pertanto, i Gi.Fe. ed Gi.Al. erano divenuti proprietari esclusivi dell’immobile, essendo gli unici legittimati a disporre della res controversa.

Il motivo è infondato.

L’art. 13, comma ottavo, L. 247-2012, al pari della corrispondente previsione dell’art. 68 L.P., dispone che quando una controversia oggetto di procedimento giudiziale o arbitrale viene definita mediante accordi presi in qualsiasi forma, le parti sono solidalmente tenute al pagamento dei compensi e dei rimborsi delle spese a tutti gli avvocati costituiti che hanno prestato la loro attività professionale negli ultimi tre anni e che risultino ancora creditori, salvo espressa rinuncia al beneficio della solidarietà.

La facoltà di invocare la solidarietà prevista dalla legge professionale in tema di compensi degli avvocati

La norma mira a garantire l’aspettativa del difensore a soddisfarsi sulle spese di soccombenza; la ratio della disciplina consiste nell’evitare che le parti processuali si sottraggano al pagamento, ricorrendo alla transazione (Corte cost. 132-1974; Cass. 3052-2021), finalità che verrebbe elusa se detta solidarietà potesse essere posta nel nulla su semplice accordo delle parti in causa, senza l’adesione dei difensori.

La possibilità per il difensore di invocare la speciale solidarietà prevista dalla legge professionale richiede, pertanto, la sussistenza di un giudizio che sia stato bonariamente definito senza soddisfare le competenze del professionista (Cass. 7652-2017; 18334-2004) e che – proprio per effetto dell’accordo transattivo – al giudice sia stato sottratto il potere di pronunciare sugli oneri del processo (Cass. 21209-2015), il che si verifica anche quando le parti abbiano previsto l’abbandono della causa dal ruolo o rinunciato agli atti del giudizio, con conseguente estinzione del processo, sempre che i difensori non abbiano rinunciato alla solidarietà passiva delle parti (nel qual caso obbligato nei confronti del difensore continua ad essere solo il cliente) ovvero, intervenendo nella transazione, non abbiano liberato il cliente dalla relativa obbligazione ed accettato che nei loro confronti, a tale titolo, resti tenuta solo l’altra parte a carico della quale la transazione medesima abbia definitivamente posto le spese giudiziali nel loro complesso (Cass. 184-2018; Cass. Cass. 13135-2006).

E’ però decisivo considerare che la disposizione, introducendo una deroga alla regola generale secondo cui il difensore può rivolgersi esclusivamente al cliente per il pagamento dei compensi, ha natura di norma singolare e va interpretata restrittivamente (Cass. 16856-2015).

Ne consegue che l’obbligo solidale per il pagamento degli onorari e per il rimborso delle spese che il difensore può far valere nei confronti della parte avversa al proprio cliente sussiste solo se la transazione sia stipulata dal cliente stesso e abbia comportato la definizione del giudizio in cui esso è coinvolto, come può desumersi dal riferimento testuale, contenuto sia nell’art. 68 L.P. che nell’art. 13 della L. 247-2012, alla qualità di “creditori” dei professionisti, ovviamente verso i rispettivi clienti, e dalla “ratio” della disposizione, ravvisabile nell’intento di evitare che il cliente possa eludere le legittime aspettative di compenso del suo difensore mediante accordi con la controparte che pongano fine alla controversia (Cass. 9325-1997; Cass. 13047-2009; Cass. 184-2018).

Nel caso in esame, l’accordo transattivo fu invece concluso dai Gi.Fe. e Gi.Al. e la figlia del Fe.Fe, ma non da Co.Ai., difesa dagli attuali ricorrenti e poi deceduta in corso di causa, né dagli eredi di quest’ultima, succeduti nell’obbligo di pagamento del compenso professionale.

Difettava, pertanto, l’indispensabile presupposto applicativo del regime di solidarietà costituito dalla conclusione dell’accordo con il consenso della parte patrocinata, risultando irrilevante che, per effetto della morte dell’Co.Ai. e del consolidamento dell’usufrutto, solo i Gi.Fe. ed Gi.Al., ormai divenuti pieni proprietari, fossero legittimati a disporre del bene e di transigere la lite, stante l’impossibilità di estendere il regime di solidarietà oltre il suo più ristretto ambito applicativo.

Il ricorso è pertanto respinto, con addebito di spese.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115-02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

La facoltà di invocare la solidarietà prevista dalla legge professionale in tema di compensi degli avvocati

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in Euro. 2000,00 per compenso ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.

Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115-02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 30 novembre 2023

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2024.

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