La domanda di rinnovo della concessione di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico da parte del concessionario

Corte di Cassazione, sezioni unite civili, Sentenza 3 agosto 2018, n. 20532.

La massima estrapolata:

La domanda di rinnovo della concessione di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico da parte del concessionario uscente era assoggettata alla procedura di cui all’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 79 del 1999 nella sua originaria formulazione, la quale postulava necessariamente la preventiva determinazione dei criteri tecnici da parte dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, ai sensi del comma 5 dell’art. 12 cit. Pertanto, prima dell’abrogazione, da parte della l. n. 266 del 2005, del comma 3 del predetto art. 12, che prevedeva il rilascio della concessione trentennale in favore del concessionario uscente, la mancata emanazione dei criteri sopraindicati escludeva l’accoglimento della domanda.

Sentenza 3 agosto 2018, n. 20532

Data udienza 17 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di Sez.

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez.

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 920/2017 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 261/2016 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 12/08/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/07/2018 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per delega dell’avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. – La (OMISSIS) S.p.A., titolare della concessione di grande derivazione ad uso idroelettrico dal fiume (OMISSIS) per 60 anni a partire dal 10 ottobre 1944 e prorogata sino al 31 dicembre 2010 dal Decreto Legislativo n. 79 del 1999, articolo 12, comma 7, convenne in giudizio la Regione Lombardia per sentir dichiarare, in via principale, il diritto al rinnovo trentennale della concessione in forza della originaria disposizione del citato articolo 12, prima dell’abrogazione della stessa disposizione, nonche’, in via subordinata, sia il diritto alla proroga decennale della concessione di cui della L. n. 266 del 2005, comma 485, sia, infine, l’accertamento del diritto di esercitare in nome proprio la derivazione d’acqua sino all’esito di una gara legittimamente indetta ed espletata in base al comma 8-bis dell’anzidetto del Decreto Legislativo n. 79 del 1999, articolo 12.
2. – Il ricorso fu respinto con sentenza del 12 gennaio 2015 del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche (TRAP) presso la Corte di appello di Milano; decisione che l’ (OMISSIS) S.p.A. impugnava in base a tre motivi, che reiteravano le medesime ragioni a sostegno delle domande proposte in primo grado (per poi rinunciare, in sede di comparsa conclusionale, alla domanda subordinata di proroga decennale della concessione), ulteriormente eccependo l’illegittimita’ costituzionale dellaLegge Regionale Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, articolo 53-bis, commi 4, 5 e 11 (introdotto dalla Legge Regionale n. 19 del 2010, articolo 14), per violazione dell’articolo 117 Cost..
3.- Con sentenza resa pubblica il 12 agosto 2016, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP) rigettava il gravame.
3.1. – Il TSAP, anzitutto, escludeva che potesse trovare applicazione il Decreto Legislativo n. 79 del 1999, articolo 12, nella sua originaria formulazione, che prevedeva la proroga trentennale della concessione – e cio’ nonostante che (OMISSIS) S.p.A. avesse presentato durante la vigenza di detta norma il progetto di ammodernamento e potenziamento del proprio impianto idroelettrico -, in quanto, prima dell’abrogazione di detta disposizione, intervenuta con la L. n. 266 del 2005, “non esistevano i principi per qualificare migliorativo il programma presentato” dalla concessionaria.
Tali principi, a mente del comma 5, ultimo periodo, dello stesso articolo 12, avrebbero dovuto essere emanati dall’Autorita’ per l’energia elettrica e non lo furono per l’intervento di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea in ragione della previsione legislativa, di carattere anticoncorrenziale, sulla preferenza accordata al concessionario.
3.2. – Quanto poi alla questione di costituzionalita’ prospettata dall’appellante, il TSAP osservava che la norma di cui della Legge Regionale n. 23 del 2006, articolo 53-bis, comma 4 (introdotto dalla Legge Regionale n. 19 del 2010 e non investito da declaratoria di incostituzionalita’ ad opera della sentenza n. 239 del 2001 del Giudice delle leggi), riproduceva, nella sostanza, la disposizione del Decreto Legge n. 78 del 2010, articolo 15, comma 6-ter, lettera e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122 del 2010, sulla prosecuzione della gestione della derivazione da parte del concessionario dal momento della scadenza della concessione sino al subentro dell’aggiudicatario della gara.
Anche quest’ultima disposizione non era stata ritenuta “in contrasto con i principi costituzionali”, giacche’ la sentenza della Corte costituzionale n. 205 del 2001 aveva dichiarato illegittimi il comma 6-ter, lettera b e d), nonche’ il comma 6-quater, dell’articolo 15 citato, quest’ultimo, segnatamente, nella parte in cui prevedeva l’applicazione delle lettera b) e d) sino all’adozione di diverse disposizioni legislative da parte delle Regioni, per quanto di loro competenza.
Sicche’, concludeva il TSAP, la norma regionale, ponendo un termine finale alla prosecuzione “in via di fatto” della concessione scaduta, era in armonia con i principi di tutela della concorrenza e si sottraeva al dubbio di legittimita’ costituzionale.
4. – Per la cassazione di tale decisione ricorre (OMISSIS) S.p.A. sulla base di due motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la Regione Lombardia.
Il procuratore generale ha depositato, nel temine di cui all’articolo 378 c.p.c., requisitoria scritta con cui ha concluso per il rigetto del ricorso; conclusioni ribadite oralmente in udienza pubblica, ai sensi dell’articolo 379 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo mezzo e’ dedotta violazione del Decreto Legislativo n. 79 del 1999, articolo 12, nella sua originaria formulazione, nonche’ omesso esame di fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.
Il TSAP avrebbe errato ad interpretare il Decreto Legislativo n. 79 del 1999, articolo 12, nella formulazione originaria, applicabile ad essa concessionaria (OMISSIS) (per aver introdotto la domanda di proroga trentennale della concessione prima dell’intervento abrogativo di cui della L. n. 266 del 2005, articolo 1, comma 483), nel senso di prevedere, per il rilascio della concessione al concessionario uscente, in base al comma 3 della stessa disposizione, la pronunzia dell’Autorita’ per l’energia elettrica, contemplata dal successivo comma 5, sui requisiti organizzativi e finanziari e sui parametri di aumento dell’energia prodotta e della potenza installata.
Cio’ in quanto tale pronunzia si rendeva necessaria per le procedure di cui al comma 1 e allo stesso comma 5, ma non gia’ per la presentazione da parte del concessionario di “un proprio programma per migliorare la produttivita’ dell’impianto”, come indicato dal comma 2.
Del resto, soggiunge la ricorrente, il “diverso trattamento riservato al programma presentato dal concessionario uscente” era in linea con la ratio legis (come, peraltro, confermato dall’apertura di procedura di infrazione U.E. per la preferenza attribuita a detto concessionario), che prevedeva l’intervento imparziale dell’Autorita’ per l’energia solo in ragione dei programmi presentati da soggetti terzi e in vista dell’indizione della gara pubblica, ma non rilevava per il concessionario uscente, “il quale possedeva la necessaria struttura finanziaria ed organizzativa”, nonche’ “era perfettamente a consapevole delle esigenze dell’impianto idroelettrico da lui gestito”.
Inoltre, il TSAP avrebbe omesso di esaminare il fatto, decisivo e discusso tra le parti, per cui, nella specie, “era stato presentato un unico programma di miglioramento (quello del concessionario uscente) e non vi era quindi necessita’ di procedere al confronto di programmi alternativi tra loro”.
1.1. – Il motivo e’ infondato quanto alla dedotta violazione di legge ed inammissibile in relazione al denunciato vizio di omesso esame.
1.1.1. – Il Decreto Legislativo n. 79 del 1999, articolo 12 – nella formulazione, applicabile ratione temporis alla presente controversia, precedente alla modificazione ad opera della n. 206 del 2005, comma 483 – stabilisce (per quanto rileva in questa sede), al comma 1, che “ogni soggetto”, almeno cinque anni prima della scadenza della concessione di grande derivazione d’acqua, possa, ove in possesso degli “adeguati requisiti organizzativi e finanziari”, richiedere il rilascio della medesima concessione “a condizione che presenti un programma di aumento dell’energia prodotta o della potenza installata, nonche’ un programma di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza”.
Il successivo comma 2 contempla, poi, l’ipotesi di “una o piu’ richieste” di concessione, che l’amministrazione e’ tenuta a notificare al concessionario uscente, quale notifica con “valore di preavviso di disdetta della concessione in scadenza”, da cui, per lo stesso concessionario, scatta il termine per la presentazione di un proprio programma di miglioramento della produttivita’ dell’impianto, in assenza della quale comunicazione si ha rinuncia al rinnovo della concessione.
Appare evidente, in base alla lettera delle due disposizioni, che il comma 1, ha riguardo alla domanda di concessione anche del concessionario uscente, onerato, al pari di “ogni” (altro) “soggetto”, della presentazione di un apposito programma migliorativo della precedente concessione, mentre il comma 2 concerne l’ipotesi di una domanda o di piu’ domande di soggetti terzi rispetto al concessionario uscente, da notificarsi a quest’ultimo; momento, questo, che segna anche per il concessionario uscente l’insorgenza (non sussistente in precedenza) dell’onere di presentare “un proprio programma” di miglioramento della concessione.
Il comma 5 prevede, quindi, che (anche) per le “procedure di cui al comma 1” l’Autorita’ per l’energia elettrica e il gas provveda a determinare “i requisiti organizzativi e finanziari, i parametri di aumento dell’energia prodotta e della potenza installata”.
Requisiti che, del resto, coerentemente si impongono anche nei confronti del concessionario uscente proprio per la necessita’ di presentare un programma di miglioramento e a distanza di anni dall’originario rilascio della concessione.
E’, dunque, corretta la decisione assunta dal TSAP, che ha ritenuto applicabile la fattispecie di cui al comma 1 – essendo (OMISSIS) S.p.A. (come dalla stessa societa’ dedotto anche in questa sede), concessionario uscente, l’unico soggetto ad aver presentato domanda di rinnovo di concessione, con allegato progetto migliorativo -, con conseguente necessita’, ai fini della definizione della procedura di rinnovo, della determinazione di criteri tecnici da parte dell’Autorita’ per l’energia elettrica e il gas, incontestatamente mai emanati prima che intervenisse l’abrogazione della previsione del rilascio di concessione trentennale in favore del concessionario uscente (comma 3 del citato articolo 12, abrogato dal comma 483 della L. n. 266 del 2005, articolo 1).
1.1.2. – Alla luce di quanto evidenziato risulta, poi, inammissibile la censura che evoca il vizio di omesso esame, giacche’ presuppone un’interpretazione della disciplina di riferimento diversa da quella innanzi illustrata.
2. – Con il secondo mezzo e’ dedotta violazione dell’articolo 8-bis del Decreto Legislativo n. 79 del 1999, articolo 12 e del Decreto Legge n. 78 del 2010, articolo 15, commi 6-ter e 6-quater (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122 del 2010), nonche’ e’ riproposta l’eccezione di illegittimita’ costituzionale della Legge Regionale Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, articolo 53-bis, commi 4, 5 e 11 (introdotto dalla Legge Regionale n. 19 del 2010, articolo 14).
La ricorrente dubita della conformita’ al parametro dell’articolo 117 Cost., comma 2, lettera e) e comma 3, delle anzidette disposizioni di legge regionale, nella parte in cui prevedono a carico del concessionario uscente, in prosecuzione temporanea sino al 31 dicembre 2017 (comma 4), il pagamento di un canone aggiuntivo e le spese di manutenzione straordinaria (comma 5), contrastando con il principio fondamentale della legislazione statale in materia di produzione di energia (di cui al comma 8-bis del citato articolo 12) che stabilisce la prosecuzione del concessionario uscente nella gestione della derivazione “alle stesse condizioni stabilite dalle normative e dal disciplinare di concessione vigenti”, non potendo la stessa Regione far valere la “clausola di cedevolezza”, di cui della Legge Regionale n. 26 del 2003, articolo 53-bis, comma 11, “per legiferare in contrasto con i principi fondamentali della legge statale in materia”.
Ne’ la recente sentenza n. 101 del 2016 della Corte costituzionale, che ha ritenuto conforme al citato comma 8-bis il comma 4 della legge regionale, potrebbe essere invocata per superare il dubbio di costituzionalita’ sul successivo comma 5, che ha ad oggetto non gia’ la prosecuzione temporanea della concessione, su cui detta sentenza soltanto si e’ soffermata, bensi’ i canoni aggiuntivi e le spese di manutenzione, gravanti in modo “nettamente” piu’ oneroso sul concessionario in prosecuzione, senza alcuna “valida giustificazione, dal momento che in tale tempo l’esercizio della derivazione non cambia per nulla, rispetto al precedente periodo d’esercizio della concessione”, anche sotto il profilo dell’utilizzo, da parte del concessionario uscente, dei beni di sua proprieta’.
Inoltre, le disposizioni di legge regionale denunciate contrasterebbero, ad avviso della ricorrente societa’, anche con l’articolo117 Cost., comma 2, lettera e), violando le regole della concorrenza, di competenza esclusiva statale, che imporrebbero “che la disciplina temporanea delle concessioni scadute sia uniforme sul territorio nazionale”, mentre la disciplina regionale lombarda impone “a carico dei concessionari uscenti un trattamento senz’altro piu’ gravoso di quello in vigore nelle altre regioni italiane”.
2.1. – L’eccezione di illegittimita’ costituzionale, su cui incentra l’intera articolazione del motivo, non e’ rilevante e comporta l’inammissibilita’ del motivo stesso.
Cio’ a prescindere, dunque, dalla stessa manifesta infondatezza del prospettato dubbio di legittimita’ costituzionale alla luce delle argomentazioni gia’ spese, su questione identica dedotta dalla stessa (OMISSIS) S.p.A. in altra causa, da queste Sezioni Unite nella sentenza n. 8036 del 30 marzo 2018, non ravvisandosi, in base alle argomentazioni esposte in ricorso e nella successiva memoria, ragioni per mutare avviso, ne’ per disporre un rinvio (come da istanza della ricorrente, senza opposizione della Regione Lombardia) in attesa della decisione della Corte costituzionale in ordine a questione di legittimita’ costituzionale, sollevata in via principale, su norma analoga emanata, pero’, da altra Regione.
2.2. – Va, difatti, osservato – anche alla stregua delle condivisibili conclusioni del pubblico ministero – che la questione di legittimita’ costituzionale attiene esclusivamente alla Legge Regionale Lombardia n. 26 del 2003, articolo 53-bis, commi 5 e 5-bis, nella parte in cui prevedono che il concessionario uscente, nel caso di prosecuzione temporanea del rapporto, deve pagare un “canone aggiuntivo” ed e’ tenuto a sopportare le spese di manutenzione straordinaria.
Tuttavia, dalla sentenza impugnata risulta che (OMISSIS) S.p.A., con la terza domanda proposta al TRAP (la sola che rileva in relazione alla questione in esame), aveva chiesto l’accertamento del suo diritto “ad esercitare in nome proprio e alle stesse condizioni la derivazione d’acqua sino al subentro dell’aggiudicatario”.
Tale domanda – sempre secondo quanto indicato da detta sentenza – e’ stata respinta in primo grado con riferimento alla sola questione della durata della proroga della concessione (p. 5 della sentenza TSAP).
L’appello della (OMISSIS) S.p.A. dinanzi al TSAP del capo della sentenza di primo grado ha riguardato (alla luce della stessa sentenza impugnata in questa sede: cfr. pp. 7/10), ancora una volta, solo questioni di gestione temporanea della concessione e della sua prosecuzione in via di fatto, ma non gia’ concernenti il profilo del “canone aggiuntivo”.
In ricorso (cfr., segnatamente, pp. 8, 9 e 19) non viene mai esplicitato puntualmente il contenuto del pertinente motivo di gravame, fatto valere dinanzi al TSAP, non palesando, invero, nelle pur scarne (e insufficienti) descrizioni delle ragioni di appello, che questo attenesse, proprio e specificatamente, alla problematica del canone aggiuntivo.
Ne deriva che era onere della stessa societa’ ricorrente dare idonea e intelligibile contezza del contenuto specifico della domanda e del motivo di gravame (con relativa localizzazione processuale ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), siccome pertinente proprio ad una pretesa concernente la questione del pagamento del canone (e non soltanto della proroga temporale della concessione).
In difetto di cio’ si impone una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura (tra le tante, Cass., 13 giugno 2018, n. 15430).
3. – Il ricorso va, dunque, rigettato e la societa’ ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento, in favore della Regione controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato articolo 13, comma 1-bis.

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