Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|30 marzo 2022| n. 10236.

La dichiarazione scritta di avvenuta anticipazione delle spese di lite.

In tema di spese del processo, la dichiarazione scritta di avvenuta anticipazione delle spese di lite, effettuata da entrambi i difensori della parte, è di per sé sufficiente per fondare il diritto alla distrazione delle spese ai sensi dell’art. 93 c.p.c. per tutti i dichiaranti, ciascuno per la propria quota.

Ordinanza|30 marzo 2022| n. 10236. La dichiarazione scritta di avvenuta anticipazione delle spese di lite

Data udienza 9 marzo 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Lesione dell’onore – Risarcimento danni – Presupposti – Articoli 2043 e 2059 cc – Lite temeraria – Articoli 93 e 96 cpc – Criteri – Motivazione del giudice di merito

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 19220 del ruolo generale dell’anno 2020, proposto da:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), avvocato costituito in giudizio di persona ai sensi dell’articolo 86 c.p.c.;
– ricorrente –
nei confronti di:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS));
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Bari n. 819/2020, pubblicata in data 26 maggio 2020 (e notificata in pari data);
udita la relazione sulla causa svolta nella Camera di consiglio in data 9 marzo 2022 dal consigliere Augusto Tatangelo.

La dichiarazione scritta di avvenuta anticipazione delle spese di lite

FATTI DI CAUSA

L’avvocato (OMISSIS) ha agito in giudizio nei confronti del dottor (OMISSIS), per ottenere il risarcimento dei danni al proprio onore, che assume di aver subito in virtu’ di alcune espressioni offensive contenute in una missiva da quest’ultimo trasmessagli a mezzo P.E.C., in relazione allo svolgimento, da parte sua, di un incarico di consulente tecnico di parte in un processo in cui una assistita del professionista attore era parte, nonche’ al pagamento delle relative competenze.
La domanda del (OMISSIS) e’ stata rigettata dal Tribunale di Bari, che, in accoglimento della domanda del (OMISSIS), e’ stato anche condannato al pagamento dell’importo di Euro 500,00 in favore del convenuto, a titolo di responsabilita’ processuale aggravata, ai sensi dell’articolo 96 c.p.c..
La Corte di Appello di Bari ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorre il (OMISSIS), sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso il (OMISSIS).
E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articoli 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato.
E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto e’ stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.
Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 2.

 

La dichiarazione scritta di avvenuta anticipazione delle spese di lite

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “- violazione e falsa applicazione articolo 2 Cost., articoli 2043 – 2059 c.c., in rel. articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione dell’articolo 112 c.p.c., in rel. articolo 360, comma 1, n. 4, per omesso esame di specifiche doglianze contenute nell’atto di appello”.
Il ricorrente (OMISSIS) sostiene che la corte di appello avrebbe erroneamente escluso la portata ingiuriosa ed offensiva delle espressioni contenute nella missiva inviatagli dal convenuto (OMISSIS), omettendo l’esame di specifiche doglianze in proposito contenute nell’atto di appello.
Il motivo e’ in parte manifestamente infondato, in parte inammissibile.
1.1. La corte di appello, sulla base dell’esame dei documenti prodotti in giudizio e all’esito di una puntuale analisi della missiva contenente le espressioni ritenute ingiuriose dall’attore nell’ambito dei complessivi rapporti tra le parti, ha accertato che – come del resto gia’ ritenuto dal giudice di primo grado si era trattato in realta’ di un “alterco composto”.
In particolare, ha escluso che le espressioni rivolte dal (OMISSIS) al (OMISSIS) potessero avere, nel contesto in cui era avvenuto lo scambio epistolare, una portata realmente offensiva e, comunque, tale da arrecare in concreto un effettivo pregiudizio all’onore e al decoro dello stesso.
Avendo i giudici di merito (con doppia decisione conforme) ritenuto la domanda infondata in ragione dell’esclusione in fatto del concreto carattere offensivo delle espressioni rivolte dal convenuto all’attore, deve senz’altro escludersi la pretesa violazione, in diritto, delle disposizioni di cui all’articolo 2 Cost., nonche’ di cui agli articoli 2043 e 2059 c.c..
1.2. D’altra parte, va del pari esclusa la dedotta violazione dell’articolo 112 c.p.c., in quanto non solo la domanda del (OMISSIS) e’ stata esaminata integralmente (e integralmente rigettata), ma anche i motivi del suo appello hanno tutti trovato puntuale riscontro da parte dei giudici di secondo grado.
Nello specifico, cio’ e’ a dirsi con riguardo al primo motivo di appello, cioe’ l’unico motivo del gravame relativo alla “sussistenza dell’ingiuria e della lesione all’onore del ricorrente” (e con il quale si era denunziato “travisamento al riguardo dei fatti di causa e delle prove documentali, omessa e/o errata valutazione degli atti e documenti di causa, pseudomotivazione ed errata motivazione in fatto ed in diritto”; gli ulteriori motivi del gravame stesso hanno invece ad oggetto questioni non attinenti al merito, ma alle spese ed alla condanna per responsabilita’ processuale aggravata).

 

La dichiarazione scritta di avvenuta anticipazione delle spese di lite

La corte di appello ha infatti svolto precise ed articolate osservazioni a sostegno della conclusione secondo la quale non vi era stata, in concreto, alcuna ingiuria, ne’ sussisteva la dedotta lesione all’onore dell’attore e, dunque, tale motivo di appello era infondato.
L’analisi della corte territoriale, come si desume da un globale e complessivo esame della motivazione posta a base della decisione impugnata, ha in effetti certamente riguardato l’effettiva sostanza di tutte le analitiche doglianze svolte dal (OMISSIS) con il suo atto di appello in relazione alla decisione di primo grado, doglianze che erano del resto tutte dirette a sostenere il carattere offensivo delle espressioni contenute nella missiva oggetto del contendere.
1.3. In realta’, le stesse censure svolte nel ricorso in proposito, benche’ prospettate quali denuncia di violazione dell’articolo 112 c.p.c., (in relazione a specifiche doglianze svolte con il primo motivo di appello), si risolvono – nella sostanza – in contestazioni relative all’accertamento in fatto operato dalla corte territoriale con riguardo al carattere non offensivo delle espressioni rivoltegli dal convenuto e nella richiesta di una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio in proposito.
Il suddetto accertamento di fatto e’ peraltro avvenuto sulla base della prudente valutazione del materiale probatorio da parte dei giudici del merito, con la considerazione dei fatti storici principali, ed esso risulta sostenuto da adeguata motivazione, non apparente, ne’ insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non censurabile nella presente sede; ne’ puo’ ritenersi consentita la richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove nel giudizio di legittimita’.
1.4. E’, infine, appena il caso di osservare che le censure di cui al motivo di ricorso in esame non potrebbero trovare ingresso in questa sede, neanche mediante una loro “riqualificazione in termini di omesso esame di fatti decisivi, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ostandovi il disposto dell’articolo 348-ter c.p.c., comma 5, che consente il ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado esclusivamente per i motivi di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4.
2. Con il secondo motivo si denunzia “violazione dell’articolo 96 c.p.c., comma 1, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

 

La dichiarazione scritta di avvenuta anticipazione delle spese di lite

Secondo il ricorrente, nel proporre la domanda di condanna per responsabilita’ processuale aggravata della controparte, ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., comma 1, il convenuto non avrebbe in realta’ allegato alcun danno e, comunque, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte di appello, non sussisterebbe affatto il presupposto del dolo o della colpa grave nella propria condotta processuale.
Il motivo e’ manifestamente infondato.
2.1. La corte di appello ha ritenuto sussistente, in fatto, il presupposto della colpa grave nella condotta processuale dell’attore, come gia’ ritenuto dal giudice di primo grado, per avere questi dedotto un pregiudizio al proprio onore sulla base di mere clausole di stile, per avere fatto riferimento alle nozioni di reputazione e dignita’, che hanno connotazioni pubbliche, in relazione ad una interlocuzione rimasta totalmente privata, nonche’ per avere avanzato una richiesta risarcitoria di Euro 24.000,00 “completamente disancorata da ogni allegazione e prova del danno sofferto”.
E’ stata, inoltre, ritenuta particolarmente rilevante la indicata condotta, in considerazione della qualita’ professionale dell’attore (avvocato), che gli avrebbe dovuto consentire la piu’ agevole percezione dell’infondatezza della domanda avanzata.
2.2 La corte territoriale ha, d’altra parte, ritenuto correttamente allegato il danno sofferto dal (OMISSIS), in virtu’ del riferimento, contenuto nella sua comparsa di risposta, all’anno di inutile giudizio che aveva dovuto patire.
Ha, di conseguenza, considerato sufficientemente dimostrato il danno, nell’an, e ha giudicato corretta la sua liquidazione in via equitativa in Euro 500,00, trattandosi di danno non patrimoniale, non determinabile nel suo esatto ammontare.
2.3. La decisione e’, sotto entrambi gli aspetti, conforme ai principi di diritto affermati in proposito da questa Corte, secondo i quali “l’accoglimento della domanda di condanna al risarcimento del danno ex articolo 96 c.p.c., comma 1, presuppone l’accertamento sia dell’elemento soggettivo (mala fede o colpa grave) sia dell’elemento oggettivo (entita’ del danno sofferto)”, laddove “il secondo presupposto richiede l’esistenza di un danno e la prova da parte dell’istante sia dell’an” che del “quantum debeatur”, il che non osta a che l’interessato possa dedurre, a sostegno della sua domanda, condotte processuali dilatorie o defatigatorie della controparte, potendosi desumere il danno subito da nozioni di comune esperienza anche alla stregua del principio, ora costituzionalizzato, della ragionevole durata del processo (articolo 111 Cost., comma 2) e della L. n. 89 del 2001, (c. d. legge Pinto), secondo cui, nella normalita’ dei casi e secondo l'”id quod plerumque accidit”, ingiustificate condotte processuali, oltre a danni patrimoniali (quali quelli di essere costretti a contrastare una ingiustificata iniziativa dell’avversario sovente in una sede diversa da quella voluta dal legislatore e per di piu’ non compensata sul piano strettamente economico dal rimborso delle spese ed onorari liquidabili secondo tariffe che non concernono il rapporto tra parte e cliente), causano “ex se” anche danni di natura psicologica, che per non essere agevolmente quantificabili, vanno liquidati equitativamente sulla base degli elementi in concreto desumibili dagli atti di causa” (Cass., Sez. L, Sentenza n. 24645 del 27/11/2007, Rv. 600499-01; Sez. 3, Sentenza n. 10606 del 30/04/2010, Rv. 612639-01; cfr. altresi’, con particolare riguardo alla questione dell’allegazione del danno, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17485 del 23/08/2011, Rv. 619077-01, secondo cui “all’accoglimento della domanda di risarcimento dei danni da lite temeraria non osta l’omessa deduzione e dimostrazione dello specifico danno subito dalla parte vittoriosa, che non e’ costituito dalla lesione della propria posizione materiale, ma dagli oneri di ogni genere che questa abbia dovuto affrontare per essere stata costretta a contrastare l’ingiustificata iniziativa dell’avversario e dai disagi affrontati per effetto di tale iniziativa, danni la cui esistenza puo’ essere desunta dalla comune esperienza”; nel medesimo senso: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20995 del 12/10/2011, Rv. 619388-01).

 

La dichiarazione scritta di avvenuta anticipazione delle spese di lite

Anche in questo caso le censure del ricorrente si risolvono, dunque, nella sostanziale contestazione di accertamenti di fatto effettuati dai giudici di merito (in relazione alla sussistenza della sua colpa grave nella condotta processuale ed alla sussistenza ed entita’ dei danni causati al convenuto), sostenuti da adeguata motivazione, non apparente ne’ insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non censurabile nella presente sede.
3. Con il terzo motivo si denunzia “violazione di legge articolo 93 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonche’ per mancato riconoscimento del vizio di ultrapetizione”.
Il ricorrente sostiene che nel giudizio di primo grado la richiesta di distrazione delle spese di lite, ai sensi dell’articolo 93 c.p.c., sarebbe stata effettuata da uno solo dei difensori del (OMISSIS) (avvocato (OMISSIS)): erroneamente, dunque, il tribunale avrebbe disposto tale distrazione anche in favore dell’altro difensore (avvocato (OMISSIS)), e cio’ anche perche’ non potrebbe ammettersi la posizione di anticipatario in capo a piu’ di un difensore.
Anche il motivo di ricorso in esame risulta manifestamente infondato.
3.1. La corte di appello, esaminando ed interpretando gli atti processuali, ha ritenuto che la richiesta di distrazione delle spese di lite e la dichiarazione di anticipo delle stesse dovesse intendersi effettuata da entrambi i difensori del (OMISSIS).
Essa era stata infatti espressamente formulata per iscritto da detti difensori in un atto difensivo sottoscritto da entrambi: di conseguenza, la circostanza che, nel corso della successiva udienza di discussione, fosse stata reiterata dal solo avvocato (OMISSIS), unico ad essere comparso personalmente a tale udienza, non poteva essere considerata come una revoca o modifica della precedente dichiarazione congiunta, ma ne rappresentava invece una conferma, espressa da parte dell’avvocato (OMISSIS) (presente personalmente) in relazione alla sua posizione, ma al tempo stesso implicita per quanto riguardava la posizione dell’avvocato (OMISSIS), assente a detta udienza.
3.2. L’interpretazione degli atti processuali deve ritenersi correttamente effettuata dalla corte di appello.
La dichiarazione scritta di avvenuto anticipo delle spese di lite, effettuata da entrambi i difensori della parte, e’ di per se’ sufficiente per fondare il diritto dei medesimi ad ottenere la distrazione delle spese di lite ai sensi dell’articolo 93 c.p.c..
Di conseguenza, sarebbe stata necessaria una successiva espressa ed inequivoca dichiarazione, eventualmente diretta a revocare esplicitamente quella precedente, affinche’ il diritto alla distrazione potesse ritenersi spettare ad uno solo dei suddetti difensori: non potrebbe certamente ritenersi sufficiente, a tal fine, una generica (e ulteriore) dichiarazione di anticipo proveniente da uno di essi, non contenente la specifica revoca di quella in precedenza effettuata anche dall’altro.
3.3. Inoltre, e’ certamente da disattendere l’assunto in diritto del ricorrente, secondo cui la posizione di difensore cd. “anticipatario” ai sensi dell’articolo 93 c.p.c., potrebbe essere assunta da uno solo dei difensori della parte: al contrario, laddove la dichiarazione di avvenuta anticipazione delle spese e di mancata riscossione dei compensi provenga da piu’ di uno dei difensori della parte vittoriosa, il relativo diritto alla distrazione ai sensi dell’articolo 93 c.p.c., spettera’ a tutti i dichiaranti, ciascuno per la sua quota.
4. Il ricorso e’ rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Tali spese vanno distratte in favore del difensore del controricorrente, avvocato (OMISSIS), che ha reso la prescritta dichiarazione di anticipo ai sensi dell’articolo 93 c.p.c..
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimita’ in favore del controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore del controricorrente, avvocato (OMISSIS), ai sensi dell’articolo 93 c.p.c..

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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