Approvazione di un progetto di opera pubblica

Consiglio di Stato, Sentenza|28 marzo 2022| n. 2245.

L’approvazione di un progetto di opera pubblica, comportante dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza dei relativi lavori non è un atto meramente preparatorio, da impugnare unitamente al decreto di occupazione d’urgenza, bensì un provvedimento autonomo ed immediatamente lesivo, poiché assoggetta concretamente ed immediatamente all’espropriazione i beni individuati come occorrenti alla realizzazione dell’opera pubblica: ed esso, pertanto, deve essere impugnato nel termine di decadenza decorrente dalla notifica o, in mancanza, dalla sua conoscenza.

Sentenza|28 marzo 2022| n. 2245. Approvazione di un progetto di opera pubblica

Data udienza 3 marzo 2022

Integrale

Tag- parola chiave: Opere pubbliche – Progetto – Approvazione – Dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza dei relativi lavori – Natura

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9481 del 2021, proposto dalla società Co. Gr. En. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Lo Pi., Fa. Ci. e Va. No., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Ni. Ci., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
la società We. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fr. Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la società Ae. En. It. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Mi. Di., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

sul ricorso numero di registro generale 9585 del 2021, proposto dalla Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. La. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Ni. Ci., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Ministero della Cultura – Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
della società Co. Gr. En. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
la società We. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fr. Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la società Ae. En. It. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Mi. Di., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Staccata di Salerno (sezione Seconda), n. 2067 del 30 settembre 2021;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis), del Ministero della Cultura – Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino;
Visti gli atti di intervento ad adiuvandum della società We. s.r.l. e della società Ae. En. It. s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 marzo 2022 il consigliere Michele Conforti e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Giungono all’esame del Consiglio di Stato gli appelli, proposti dalla società Co. Gr. En. s.r.l. (n. r.g.: 9481/2021) e dalla Regione Campania (n. r.g.: 9585/2021), avverso la sentenza in forma semplificata del T.a.r. per la Campania, sezione staccata di Salerno, del 30 settembre 2021 n. 2067.
2. In primo grado, il Comune di (omissis) ha proposto la domanda di annullamento:
a) del decreto dirigenziale della Regione Campania, n. 398 del 18 giugno 2021, con il quale è stato disposto l’esproprio delle aree occorrenti alla realizzazione di un impianto n. 8 aereogeneratori elettrici, autorizzato alla società We. s.r.l. e successivamente volturato a favore della società Co. Gr. En.;
b) del decreto dirigenziale della Regione Campania, n. 449 del 23 aprile 2014, pubblicato sul B.u.r.c. del 30 giugno 2014, costituente l’autorizzazione unica alla realizzazione e alla gestione del suddetto impianto;
c) della nota, prot. n. 2017.0402353 del 8 giugno 2017 della Regione Campania, con la quale la Regione ha preso atto della variazione del punto di connessione del suddetto impianto.
3. Con il decreto dirigenziale n. 449 del 23 giugno 2014, la società We. s.r.l. è stata destinataria dell’autorizzazione unica, ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003, per la costruzione e l’esercizio dell’impianto di produzione di energia elettrica mediante tecnologia eolica, per una potenza nominale di 24 MW, attraverso l’installazione di 8 aerogeneratori con le relative opere e infrastrutture connesse, da realizzare all’interno del territorio di (omissis) della Campania, con esclusione dall’autorizzazione degli aerogeneratori contrassegnati dai nn. 9, 10 e 11 e relative opere connesse.

 

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3.1. Il decreto dirigenziale n. 449 del 23 giugno 2014, di autorizzazione unica alla realizzazione e alla gestione dell’impianto dichiarava la pubblica utilità dell’opera e disponeva l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio sui suoli interessati dal progetto, nonché l’asservimento su quelle aree interessate dall’impianto, come indicate nel piano particellare di esproprio, parte integrante e sostanziale dell’autorizzazione unica.
3.2. L’autorizzazione unica veniva emanata a seguito del rilascio del parere di compatibilità ambientale con prescrizioni riduttive, di cui al decreto dirigenziale della Regione Campania n. 49 dell’11 giugno 2014.
3.3. La Regione effettuava, altresì, gli avvisi e le comunicazioni ai soggetti proprietari degli immobili interessati dalla realizzazione del progetto, per l’attivazione della procedura di esproprio o di asservimento, ai sensi degli art. 7 e 8 della legge n. 241/1990 e degli art. 11 e 16 del d.P.R. n. 327/2001 e ss.mm.ii..
3.4. Con la nota prot. 2017.0402353 del 8 giugno 2017, la Regione ha preso atto della variazione del punto di connessione dell’impianto eolico, che non comportava alcuna modifica aggiuntiva del piano particellare di esproprio precedentemente autorizzato con l’autorizzazione unica.
3.5. Con il decreto dirigenziale, n. 50 del 7 giugno 2019, la Regione Campania prorogava di 730 giorni il termine ultimo per l’emanazione del decreto di esproprio, con scadenza fissata al 22 giugno 2021, specificando che era in capo “alla Società We. s.r.l l’obbligo di aggiornamento e di periodico rinnovo cui sono assoggettate le autorizzazioni settoriali recepite nell’Autorizzazione Unica – co. 5 dell’art. 11 della L.R. n. 37 del 06.11.2018 – precisando che in caso di pareri e/o atti di assenso, in qualunque modo denominati, se scaduti, questo Ufficio in qualità di Autorità espropriante, non potrà procedere all’adozione degli atti afferenti all’iter espropriativo”.
3.6. Con il decreto dirigenziale n. 12 del 25 giugno 2020, la Regione Campania prendeva atto della voltura del decreto dirigenziale n. 449/2014, dalla società We. s.r.l. alla società Co. Gr. En. s.r.l., per la costruzione e l’esercizio dell’impianto per la produzione di energia eolica.
3.7. Con il decreto dirigenziale, n. 398 del 18 giugno 2021, la Regione ha disposto l’espropriazione dei beni interessati dalla realizzazione dell’opera di pubblica utilità e ha provveduto, ai sensi dell’art. 22 del d.P.R. n. 327/01, alla determinazione urgente delle indennità di esproprio.
3.8. Il Comune di (omissis) ha impugnato innanzi al T.a.r. per la Campania, sezione distaccata di Salerno, il decreto di esproprio n. 398 del 18 giugno 2021, unitamente all’autorizzazione unica n. 449 del 23 aprile 2014 e alla nota n. 2017.0402353 del 8 giugno 2017, con la quale la Regione ha preso atto della variazione del punto di connessione dell’impianto eolico.
4. L’amministrazione comunale ha articolato due distinti motivi di ricorso.
4.1. Con il primo, il Comune ha gravato i provvedimenti impugnati, lamentando che il decreto di esproprio sarebbe illegittimo con riferimento al fondo individuato al foglio n. (omissis) particella n. (omissis) del territorio comunale, in quanto, nell’ambito della conferenza di servizi preordinata all’emanazione dell’autorizzazione unica, non si sarebbe disposta la sdemanializzazione di quest’area, che ospita una parte del tracciato di una strada comunale.
4.2. Con il secondo, si è lamentata l’illegittimità del decreto di espropriazione di tutte le aree interessate dall’edificazione dell’opera in quanto, nelle more della sua emanazione, sarebbe scaduta l’efficacia della V.i.a., emanata in data 11 giugno 2014, e dell’autorizzazione paesaggistica, emanata in data 16 giugno 2014.
5. Si sono costituite in giudizio la Regione Campania e la società controinteressata, resistendo al ricorso, formulando alcune eccezioni pregiudiziali di inammissibilità e domandandone il rigetto nel merito.
6. Con la sentenza n. 2067/2021, pronunciata in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., il T.a.r., non ha esaminato le eccezioni pregiudiziali, ha accolto il ricorso e ha compensato le spese di lite.
6.1. Segnatamente, il Giudice di primo grado:
a) in accoglimento del primo motivo di ricorso, ha dichiarato il decreto di esproprio illegittimo, con riferimento alla particella n. (omissis) del foglio n. (omissis), in quanto avente ad oggetto un terreno demaniale, per il quale non è mai stato adottato un provvedimento di sdemanializzazione, come previsto dall’art. 4 del d.P.R. n. 327/2001;
b) in accoglimento del secondo motivo di ricorso, ne ha accertato la nullità, ritenendo che sia il parere di V.i.a. che l’autorizzazione paesaggistica, costituenti atti confluiti nell’autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 e, al contempo, ritenuti essere atti presupposto del decreto di esproprio, abbiano perso efficacia a causa del decorso del termine quinquennale di rispettiva efficacia.
7. Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello la società Co. Gr. En. s.r.l., incardinando il giudizio n. r.g. 9481/2021.
7.1. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis), resistendo all’appello.
7.2. Con atto notificato il 10 febbraio 2022, la società We. s.r.l. (d’ora in avanti, solamente We.) è intervenuta ad adiuvandum, affermando la sussistenza della sua legittimazione ad intervenire in qualità di originaria titolare dell’autorizzazione unica, poi ceduta all’odierna società appellante, evidenziando possibili responsabilità risarcitorie a suo carico e formulando una serie di rilievi di inammissibilità del ricorso di primo grado del Comune di (omissis), oltre ad altre deduzioni di merito.

 

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7.3. Con la memoria del 15 febbraio 2022, il Comune ha eccepito, in via pregiudiziale, l’inammissibilità dell’intervento per difetto d’interesse della società We..
7.4. Con la memoria del 15 febbraio 2022, la società We. ha ribadito le sue difese.
7.5. Con l’atto del 16 febbraio 2022, la società Ae. En. It. s.r.l. (d’ora in avanti, solamente Ae.) è, a sua volta, intervenuta ad adiuvandum, affermando la sussistenza della sua legittimazione ad intervenire in quanto società beneficiaria delle autorizzazioni necessarie alla realizzazione, nel Comune di Bisaccia, di un impianto di produzione di energia elettrica, mediante tecnologia eolica, ana a quello oggetto del presente giudizio e, dunque, interessato a “vedere accolto l’appello perché l’esito del presente giudizio avrà inevitabili riflessi sull’orientamento che il T.A.R. Campania, Salerno”.
7.6. Con repliche del 18 febbraio 2022, la società (omissis) ha evidenziato che le difese del Comune non avrebbero efficacemente controdedotto sulle censure dell’appello.
7.7. Con repliche del 19 febbraio 2022, il Comune eccepisce la tardività dei documenti depositati dalla società We. s.r.l., in data 15 febbraio 2022, e dalla società Co. Gr. En. s.r.l. in data 14 febbraio 2022, in quanto prodotti in giudizio oltre i termini di legge.
Inoltre, si è domandata la declaratoria di inammissibilità dell’atto di intervento della società Ae..
Il Comune ha poi controdedotto alle argomentazioni dell’appellante e delle altre controparti.
7.8. Anche la società We. ha depositato un proprio scritto di replica nel quale ha contestato le deduzioni del Comune di (omissis).
8. Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello anche la Regione Campania, incardinando il giudizio n. r.g. 9585/2021.
8.1. Si è costituito anche in questo giudizio il Comune di (omissis), resistendo all’appello.
8.2. Nel giudizio 9585/2021, si è poi costituito il Ministero della Cultura, intimato nel processo innanzi a questo Consiglio.
8.3. Con atto notificato in data 15 febbraio 2022, la società We. è intervenuta in giudizio, articolando difese identiche a quelle del giudizio n. r.g. 9481/2021.
8.4. Con atto notificato in data 16 febbraio 2022, la società Ae. è intervenuta in giudizio, articolando difese identiche a quelle del giudizio n. r.g. 9481/2021.
8.5. Con la memoria del 15 febbraio 2022 e con quella del 19 febbraio 2022, depositate in questo giudizio, il Comune ha formulato l’eccezione di inammissibilità oltre che nei confronti della società We., anche nei confronti del Ministero della Cultura e della società Ae. En. It. s.r.l..
9. All’udienza del 3 marzo 2022, le cause sono state trattenute in decisione.
10. In limine litis, va disposta la riunione, ai sensi dell’art. 96 c.p.a., dell’appello n. r.g. 9585/2021 all’appello n. r.g. 9481/2021, in quanto proposti avverso la medesima sentenza del T.a.r. per la Campania, sezione distaccata di Salerno, n. 2067/2021.
11. Vanno poi esaminate, in via pregiudiziale, le eccezioni di inammissibilità degli interventi ad adiuvandum, spiegati in appello dalle società We. e dalla società Ae., proposte dal Comune di (omissis).
11.1. Ai sensi dell’art. 28 c.p.a. “chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall’esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse, può intervenire accettando lo stato e il grado in cui il giudizio si trova”.

 

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11.2. Costituisce jus receptum l’orientamento in base al quale, nel processo amministrativo l’intervento, ad adiuvandum o ad opponendum, può essere proposto solo da un soggetto titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale (Cons. Stato, Ad. pl., 26 ottobre 2020 n. 23; da ultimo, inoltre, Sez. IV, 30 giugno 2020 n. 4134; Sez. V, 1 aprile 2019 n. 2123; Cons. giust. amm., 1 aprile 2019 n. 301).
11.3. In base a tale principio, va dichiarato ammissibile l’intervento spiegato dalla società We., che è la dante causa dell’odierna appellante società Co. e ha interesse a contrastare la sentenza di primo grado, potendosi prospettare, a suo danno, da parte dell’avente causa, in caso di passaggio in giudicato di quelle statuizioni, eventuali profili di responsabilità .
11.3.1. L’intervento ad adiuvandum della società We. va dunque dichiarato ammissibile.
11.4. Diversamente, rispetto all’intervento di Ae., va richiamato il consolidato orientamento dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio che, anche di recente, ha avuto modo di ribadire che “non è sufficiente a consentire l’istanza di intervento la sola circostanza per cui il proponente tale istanza sia parte in un giudizio in cui venga in rilievo una quaestio iuris analoga a quella divisata nell’ambito del giudizio principale”, in quanto “l’obiettiva diversità di petitum e di causa petendi che distingue i due processi”, non permette il configurarsi in capo all’interveniente di uno specifico interesse all’intervento nel giudizio ad quem (cfr., Cons. Stato, Ad. pl., 26 ottobre 2020 n. 23; 27 febbraio 2019 n. 4; 30 agosto 2018 n. 13 e 4 novembre 2016 n. 23).
11.4.1. L’intervento della società Ae. va pertanto dichiarato inammissibile.
11.5. Va esaminata, infine, l’eccezione di inammissibilità, formulata dal Comune di (omissis), nei confronti della costituzione in giudizio del Ministero della Cultura.
11.5.1. Questa eccezione risulta logicamente connessa con la censura prospettata con il terzo motivo di appello dalla Regione Campania, con la quale si è dedotta la nullità della sentenza di primo grado, per la lesione dell’integrità del contraddittorio processuale, determinata dalla mancata notificazione del ricorso di primo grado al Ministero della Cultura, che avrebbe avuto legittimazione passiva a contraddire in quanto l’autorizzazione paesaggistica emanata dalla Soprintendenza territorialmente competente sarebbe stata oggetto di censure da parte del Comune di (omissis).
11.5.2. Ritiene il Collegio che le due questioni vadano affrontate congiuntamente.
11.5.3. L’eccezione del Comune di (omissis) è fondata, mentre risulta, al contrario, infondato, il terzo motivo di appello della Regione.
11.5.4. Ai sensi dell’art. 41, comma 2, c.p.a. “Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell’atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge.”.

 

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11.5.5. Si è statuito che: “In virtù della disposizione di cui all’art. 41 c.p.a., ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio appare necessaria e sufficiente la notificazione dell’atto introduttivo esclusivamente all’amministrazione che ha emanato il provvedimento impugnato.
In altri termini, la disposizione di cui all’art. 41 c.p.a., nell’enunciare la regola generale sopra ricordata, positivamente esclude che l’atto introduttivo del giudizio debba essere notificato anche ad amministrazioni od enti che a diverso titolo abbiano avuto modo di partecipare al procedimento.” (Cons. Stato, Ad. pl., 18 maggio 2018 n. 8).
11.5.6. Con il ricorso di primo grado l’odierno appellato ha impugnato esclusivamente provvedimenti emanati dalla Regione Campania, sicché il ricorso è stato correttamente notificato soltanto a quest’ultima amministrazione.
11.5.7. Il Ministero della Cultura ben avrebbe potuto intervenire in giudizio, avendo comunque preso parte al procedimento di emanazione dell’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, ma avrebbe dovuto farlo nel rispetto delle forme e dei modi previsti per l’intervento nel processo, il che, nel caso di specie, non è avvenuto.
11.5.8. Va dunque accolta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, estromesso il Ministero della Cultura dal presente giudizio e, conseguentemente, respinto il terzo motivo di appello della Regione.
12. Esaurita la disamina delle questioni pregiudiziali (l’ultima delle quali embricata con il terzo motivo di appello della Regione), può procedersi all’esame delle censure di appello formulate dalla società Co. e dalla Regione.
13. Va esaminata, dapprima, la prima censura dedotta nel primo motivo di appello da parte della società Co., con la quale si è gravata la sentenza di primo grado per omessa pronuncia, per non avere il T.a.r. esaminato l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado.
Si deduce, in particolare, che il Comune non avrebbe impugnato l’atto di apposizione del vincolo preordinato all’espropriazione, avvenuta con l’emanazione dell’autorizzazione unica del 23 aprile 2014 n. 449, sicché non avrebbe poi potuto dolersi dell’inespropriabilità dell’area, per la sua supposta natura demaniale, impugnando il decreto di espropriazione.
13.1. La censura è fondata.
13.2. In primo grado, il Comune ha dedotto “…la completa nullità del decreto di esproprio impugnato per espressa violazione di norme imperative”, in quanto durante la conferenza di servizi preordinata all’emanazione dell’autorizzazione unica non sarebbe stata valutata la sdemanializzazione dell’area individuata al foglio n. (omissis) della particella n. (omissis) del Comune di (omissis).
13.3. Rileva il Collegio che questa doglianza, proprio in quanto rivolta a censurare la legittimità dell’autorizzazione alla realizzazione dell’opera, che ne ha anche operato la localizzazione sul territorio e ne ha dichiarato la pubblica utilità, avrebbe dovuto essere tempestivamente proposta mediante l’impugnazione, nei termini, di quel provvedimento, emanato il 23 aprile 2014 e non invece mediante l’impugnazione del decreto di esproprio, emanato diversi anni dopo, in data 18 giugno 2021.

 

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13.4. Va ribadito il precedente di questo Consiglio secondo cui la contestazione della scelta di espropriare una determinata area va proposta mediante l’impugnazione del provvedimento di approvazione del progetto che localizza l’opera (e, dunque, vi appone il vincolo preordinato all’espropriazione) e ne dichiara la pubblica utilità, ove conosciuto dalla parte che vi ha interesse o reso a quest’ultima conoscibile secondo le forme e le modalità di legge, non potendosi invece posporre l’articolazione di simili doglianze all’emanazione del decreto di espropriazione. Infatti, “L’approvazione di un progetto di opera pubblica, comportante dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza dei relativi lavori non è un atto meramente preparatorio, da impugnare unitamente al decreto di occupazione d’urgenza, bensì un provvedimento autonomo ed immediatamente lesivo, poiché assoggetta concretamente ed immediatamente all’espropriazione i beni individuati come occorrenti alla realizzazione dell’opera pubblica: ed esso, pertanto, deve essere impugnato nel termine di decadenza decorrente dalla notifica o, in mancanza, dalla sua conoscenza” (Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo 2011, n. 1859; cfr., anche, più di recente, Cons. Stato, Sez. IV, 21 settembre 2020 n. 5521).
13.5. Opinare diversamente significa consentire di revocare in dubbio profili della vicenda amministrativa istruiti e decisi dalle amministrazioni coinvolte nel procedimento anche diversi anni prima, come avverrebbe, per l’appunto, nel caso di specie, con perniciose conseguenze di incertezza, instabilità e diseconomicità dell’azione amministrativa.
13.6. Per completezza, va soggiunto che, diversamente da quanto opinato dal Comune ricorrente, non potrebbe comunque dedursi la nullità del decreto di esproprio in quanto “qualsiasi vizio del procedimento espropriativo non esclude la natura autoritativa del decreto d’esproprio, quale atto con cui si esercita il potere previsto dalla normativa di settore (per tutte, Cons. Stato, Ad. Plen., 4 dicembre 1964, n. 24; Ad. Plen., 25 febbraio 1975, n. 2; Sez. IV, 30 novembre 1992, n. 990; Ad. Plen., 26 marzo 2004, n. 3)” (così, Cons. Stato, Sez. IV, 21 settembre 2020 n. 5521).
13.7. Conseguentemente, va accolta la prima censura del primo motivo di appello formulata dalla società Co. e va pronunciata la riforma del relativo capo della sentenza di primo grado.
14. Allo stesso modo il Collegio ritiene che vadano accolti la seconda censura del primo motivo di appello della società Co., la prima censura del secondo motivo di appello della medesima società e il secondo motivo di appello della Regione Campania, che vanno esaminati congiuntamente per l’identità logica e giuridica delle censure proposte.
14.1. Con queste doglianze le parti appellanti deducono l’inammissibilità del ricorso di primo grado, per aver il Comune preso parte alla conferenza di servizi e, in quella sede, aver approvato il progetto presentato dall’istante.

 

Approvazione di un progetto di opera pubblica

14.2. I motivi di gravame sono fondati.
14.3. Risulta pacifico tra le parti che il Comune ha partecipato alla conferenza di servizi preordinata all’emanazione dell’autorizzazione unica e in quella sede abbia espresso un parere favorevole alla realizzazione e alla successiva gestione degli impianti di aerogenerazione di energia elettrica, per i profili di sua competenza (e, quindi, anche per tutti i profili relativi alla gestione del territorio comunale).
14.4. La successiva impugnativa giudiziaria, ancorché motivata, in tesi, con l’asserita sopravvenuta scadenza dell’efficacia di alcuni degli atti presupposti all’autorizzazione unica e al decreto di esproprio, costituisce un’inammissibile venire contra factum proprium che, in quanto tale, determina l’inammissibilità dell’impugnativa esperita.
14.4.1. Costituisce, infatti, un principio generale, quello che vieta, anche in sede processuale, ogni condotta integrante abuso del diritto, quale è da ritenersi, per l’appunto, il “venire contra factum proprium” (Cons. Stato, Sez. IV, 13 gennaio 2021 n. 418 e lì ulteriori riferimenti giurisprudenziali e applicazioni del principio in sede procedimentale e processuale; Sez. IV, 20 luglio 2020, n. 4643; Sez. V, 14 aprile 2020, n. 2386).
14.5. Può ulteriormente soggiungersi che ammettere l’impugnazione del decreto di espropriazione, per profili che avrebbero dovuto essere oggetto di scrutinio e delibazione, in sede di conferenza di servizi, da parte dell’amministrazione che, in quella sede procedimentale, ha manifestato un assenso alla realizzazione dell’opera, significherebbe frustrare i principi e le finalità connessi alla disciplina contenuta nell’art. 12 d.lgs. n. 387/2003.

 

Approvazione di un progetto di opera pubblica

14.6. In proposito, questo Consiglio ha avuto modo di statuire che “La giurisprudenza, proprio con riguardo alla previsione dell’art. 12, commi 3 e 4, D.Lgs. n. 387/2003, ha rilevato che la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione elettrica alimentati da fonti rinnovabili sono soggetti ad un’autorizzazione unica rilasciata dalla Regione, che è tenuta a convocare la conferenza di servizi; tutte le Amministrazioni interessate dal progetto, e dunque con competenza propria in materia, sono tenute a partecipare alla conferenza e ad esprimere in tale sede anche i pareri di cui sono investiti per legge, secondo le dinamiche collaborative proprie dello strumento di semplificazione procedimentale previsto dalla legge. Il parere negativo espresso al di fuori della conferenza è illegittimo per incompetenza alla stregua di un atto adottato da un’Autorità priva di potere in materia (in termini C.G.A. Sicilia, 11 aprile 2008, n. 295; indirettamente anche CDS, sez. IV, 13 ottobre 2015, n. 4732). Se tale orientamento giurisprudenziale, il cui fondamento di razionalità è ravvisabile nel fatto che l’autorizzazione unica sia l’epi di un procedimento unitario, vale per i soggetti che, in quanto portatori di interessi canonizzati dalla norma, devono partecipare al procedimento conferenziale, a maggiore ragione la soluzione si impone per l’ARPA, organo tecnico-consultivo, seppure con soggettività giuridica pubblica (art. 2, comma 1, L.R. Puglia 22 gennaio 1999, n. 6), della Regione. Del resto, tale sistema appare funzionale a che le Amministrazioni convocate esprimano il proprio motivato dissenso rispetto all’oggetto dell’iniziativa procedimentale all’interno del procedimento, anche in considerazione della possibilità di dover attivare il meccanismo rimediale previsto per il superamento del dissenso qualificato” (Cons. Stato Sez. V, 12 novembre 2018, n. 6342; Sez. V, 9 maggio 2018, n. 2790).
14.7. Il principio, pienamente condiviso e ritenuto pertinente alla vicenda scrutinata dal Collegio, risulta, dunque, dirimente per l’accoglimento della censura in esame.
14.8. Dalle motivazioni sin qui espresse consegue, pertanto, la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio formulata dalle parti intimate in giudizio.
14.9. I motivi di gravame divisati vanno pertanto accolti.
15. Per una più compiuta disamina della vicenda in trattazione, il Collegio ritiene di dover decidere anche due ulteriori motivi di impugnazioni proposti dalle parti.
15.1. In particolare, va esaminata, dapprima, quella censura del primo motivo di appello proposto dalla società, con la quale si è dedotta la sdemanializzazione tacita dell’area di cui al foglio n. (omissis), particella n. (omissis).
15.2. La censura è fondata.

 

Approvazione di un progetto di opera pubblica

15.3. In proposito, il Collegio rileva che sulla particella in questione non risulta provata la presenza di un “uso civico”, né l’affermazione della società appellante, secondo cui “…sulla stessa non risulta esistente alcun uso civico”, è stata smentita dal Comune appellato, trovando, perciò, applicazione, su questo aspetto, il principio di non contestazione, ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a..
15.4. Va poi rilevato come, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale “La sdemanializzazione tacita di una strada deve risultare da comportamenti univoci atti a dimostrare con certezza la rinuncia alla funzione pubblica del bene e non può desumersi dalla semplice circostanza che il bene non sia adibito, anche da lungo tempo, all’uso pubblico ovvero che sia osservata tolleranza rispetto ad una occupazione da parte di privati, essendo ulteriormente necessario, al riguardo, che tali elementi indiziari siano accompagnati da fatti concludenti e da situazioni significative che non lascino adito ad altre ipotesi, se non a quella che l’amministrazione abbia definitivamente rinunciato al ripristino dell’uso pubblico.” (Cons. Stato Sez. VI, 23 novembre 2018, n. 6658; Sez. IV, 25 maggio 2018, n. 3143; Sez. V, 20 luglio 2016, n. 3273; Sez. V, 30 novembre 2011, n. 6338; Cass. civ., Sez. II, ord., 16 ottobre 2020, n. 22569).
15.5. Il Collegio reputa che possa costituire un “comportamento univoco”, nel senso suindicato, l’espressione, inequivoca e non condizionata, del consenso alla realizzazione dell’opera, da parte del Comune titolare della particella, nell’ambito dei lavori della relativa conferenza di servizi.
15.6. Una simile condotta, infatti, è idonea a comprovare, con la “certezza” richiesta dall’orientamento giurisprudenziale appena richiamato, la “rinuncia alla funzione pubblica” del bene.
15.7. La censura esaminata va pertanto accolta.

 

Approvazione di un progetto di opera pubblica

16. Deve essere poi esaminata quella censura, che ambedue le parti appellanti hanno proposto, sia pure con diverse argomentazioni, con la quale si impugna il capo della sentenza che ha accertato l’intervenuta inefficacia della V.i.a., per il sopravvenuto decorso del relativo termine di efficacia, e del parere paesaggistico, ritenendo che ciò riverberi sulla legittimità del decreto di espropriazione. Si deduce, in proposito, che gli atti in questione sono sostanzialmente rimasti assorbiti nell’autorizzazione unica, sicché non sarebbe possibile ritenere prorogata l’efficacia di quest’ultima, espressamente richiesta ai fini dell’emanazione del decreto di esproprio, senza ritenere al contempo prorogata l’efficacia delle specifiche autorizzazioni in essa confluite.
16.1. Il motivo è fondato nei termini appresso chiariti.
16.2. L’art. 12, comma 3, d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 prevede che “La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili… sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, ovvero, per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dello sviluppo economico, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico”.
16.2.1. L’art. 12, comma 4, d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 prevede inoltre che “L’autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princì pi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio dell’autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l’impianto in conformità al progetto approvato…”.
16.2.2. L’art. 11, comma 5, Legge Regione Campania, 6 novembre 2018 n. 37 “L’Autorizzazione Unica prevede un termine per l’avvio e la conclusione dei lavori, rispettivamente non superiori ad un anno dalla data dell’autorizzazione e a tre anni dall’avvio dei lavori, congruenti con i termini di efficacia degli atti amministrativi che l’autorizzazione recepisce. Nei casi in cui il soggetto proponente non abbia la disponibilità dei suoli e abbia chiesto l’emissione degli atti ablativi previsti dal D.P.R. 327/2001, il termine di inizio lavori decorre dalla data di immissione in possesso dei suoli. Decorsi detti termini, salvo proroga motivata, l’Autorizzazione Unica perde efficacia. […]
Resta fermo l’obbligo di aggiornamento e di periodico rinnovo cui sono eventualmente assoggettate le autorizzazioni settoriali recepite nell’Autorizzazione Unica. […]”
16.3. Secondo la giurisprudenza:
a) “La normativa internazionale (Protocollo di Kyoto addizionale alla Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato l’11 dicembre 1997, ratificato e reso esecutivo con L. 1 giugno 2002, n. 120 e Statuto dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili IR., fatto a Bonn il 26 gennaio 2009, ratificato e reso esecutivo con L. 5 aprile 2012, n. 48) e quella comunitaria manifestano un deciso favor per le fonti energetiche rinnovabili al fine di eliminare la dipendenza dai carburanti fossili (Corte cost., n. 46 del 2021; n. 237 del 2020; n. 148 del 2019 e n. 85 del 2012)”;

 

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b) “Il preminente rilievo del principio della massima diffusione delle energie rinnovabili, comporta… un’esigenza di semplificazione dei relativi procedimenti autorizzatori” (Corte cost., n. 46 del 2021; n. 237 del 2020; n. 148 del 2019; n. 177 del 2018 e n. 275 del 2012)
c) “L’art. 12 del D.Lgs. n. 387 del 2003 individua le regole fondamentali per la concessione dell’autorizzazione unica per l’esercizio di impianti di produzione di energie rinnovabili, demandandone la specificazione alle linee guida del Ministro dello sviluppo economico. Tale previsione è funzionale al raggiungimento degli obiettivi di massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili sancito dalla normativa europea. Questa, da un lato, esige che la procedura amministrativa si ispiri a canoni di semplificazione e rapidità – esigenza cui risponde il procedimento di autorizzazione unica – e, dall’altro, richiede che in tale contesto confluiscano, per essere ponderati, gli interessi correlati alla tipologia di impianto, quale, nel caso di impianti energetici da fonte eolica, quello, potenzialmente confliggente, della tutela del territorio nella dimensione paesaggistica” (Corte cost., n. 46 del 2021; n. 177 del 2018; n. 13 del 2014; n. 364 del 2006; Cons. Stato, sez. V, 9 settembre 2013, n. 4473; sez. V, 15 maggio 2013, n. 2634; sez. V, 23 ottobre 2012, n. 5413);
d) “…l’Autorizzazione Unica costituisce il provvedimento finale di un procedimento, nel quale convergono tutti gli atti di autorizzazione, di valutazione e di assenso afferenti i campi dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, dell’urbanistica, dell’edilizia, delle attività produttive (art. 12, cit.). L’Autorizzazione Integrata Ambientale non costituisce quindi la mera “sommatoria” dei provvedimenti di competenza degli enti chiamati a partecipare alla Conferenza di servizi, ma è un titolo autonomo caratterizzato da una disciplina specifica, che mira a verificare la compatibilità ambientale di una determinata attività ” (Cons. Stato, Sez. IV, 19 ottobre 2021, n. 7021);

 

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e) “Ai fini del rilascio della c.d. autorizzazione unica per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili la decisione collegiale della conferenza di servizi si connota come atto presupposto alla decisione finale, atteso che il procedimento si conclude con un autonomo provvedimento adottato individualmente, al di fuori di detta conferenza, e cioè dopo che la stessa ha esaurito la propria funzione, dalla sola Amministrazione procedente alla quale è pertanto attribuita la cura dell’interesse specifico di settore allo sviluppo della politica energetica ed al controllo sull’uso delle fonti di energia alternativa. In sostanza, mentre l’atto conclusivo dei lavori della conferenza si concreta in un atto istruttorio endoprocedimentale a contenuto consultivo, l’atto conclusivo del procedimento è il provvedimento finale a rilevanza esterna con cui l’Amministrazione decide a seguito di una valutazione complessiva” (Cons. Stato, Sez. IV, 2 aprile 2020, n. 2235; Cons. Stato Sez. V, 12 novembre 2018, n. 6342).
16.4. Così ricostruito il quadro normativo e gli orientamenti giurisprudenziale della materia, può procedersi alla disamina delle censure articolate dalle appellanti.
16.5. In ragione dei principi di “favor per le fonti energetiche rinnovabili al fine di eliminare la dipendenza dai carburanti fossili”, di “massima diffusione delle energie rinnovabili” e di “semplificazione e rapidità ” procedimentale, l’interpretazione della disciplina articolata nelle censure di appello in esame si palesa come l’unica consentanea al pieno ed effettivo dispiegarsi dei principi in questione.
16.5.1. I principi richiamati inducono a ritenere che la legittimità della proroga del termine ultimo per l’emanazione del decreto di esproprio, concessa con il decreto dirigenziale n. 50/2019, non venga inficiata dalle vicende (eventualmente) riguardanti l’efficacia (e l’asserita avvenuta scadenza) di (altri) atti endoprocedimentali o (altri) provvedimenti presupposti, confluiti nel procedimento di autorizzazione unica (e, connessi, più propriamente agli aspetti di realizzazione/edificazione dell’infrastruttura energetica e non già, specificamente e direttamente, al procedimento espropriativo).

 

Approvazione di un progetto di opera pubblica

16.6. Non merita accoglimento la difesa del Comune appellato, secondo cui avrebbe valenza ostativa all’emanazione del decreto di espropriazione (e ne vizierebbe, conseguentemente, la legittimità ) l’art. 11, comma 5, legge regionale, richiamato anche nel provvedimento di proroga n. 50/2019, che prevede che “Resta fermo l’obbligo di aggiornamento e di periodico rinnovo cui sono eventualmente assoggettate le autorizzazioni settoriali recepite nell’Autorizzazione Unica”.
16.6.1. La norma in esame, infatti, prevede soltanto che, qualora la legge preveda lo svolgimento di procedimenti di “aggiornamento” o di “rinnovo”, con riferimento agli atti confluiti nell’autorizzazione unica, questi debbano, comunque, essere espletati: tale norma, tuttavia, non incide sui profili di legittimità correlati alla sequenza procedimentale del procedimento di espropriazione e sull’efficacia dell’autorizzazione unica.
16.7. Neppure risulta dirimente quanto dedotto dalla Regione Campania nella nota prot. n. 2019.0726567 del 29 novembre 2019, nella quale si dà espressamente atto della scadenza della V.i.a. rilasciata con il decreto n, 49 dell’11 giugno 2014: la correttezza di queste affermazioni e la legittimità, in parte qua, degli atti che le contengono non è oggetto del presente processo né, tantomeno, incide sul giudizio di legittimità del decreto di espropriazione n. 398 del 18 giugno 2021.
16.8. I motivi di appello esaminati vanno pertanto accolti.
17. L’accoglimento dei motivi sin qui esaminati risulta pienamente satisfattivo dell’interesse delle parti appellanti e consente di dichiarare assorbite le rimanenti censure.
18. In conclusione, in base alle motivazioni sinora enunciate, gli appelli n. r.g. 9481/2021, proposto dalla società Co., e 9585/2021, proposto dalla Regione Campania, vanno accolti.
18.1. Va dichiarata l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum e l’estromissione dal processo della società Ae..
18.2. Va dichiarato il difetto di legittimazione passiva e l’estromissione dal processo del Ministero della Cultura.
19. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo, in favore delle parti appellanti. Si compensano, invece, le spese del processo fra le rimanenti parti.

Approvazione di un progetto di opera pubblica

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. r.g. 9481/2021 e sull’appello n. r.g. 9585/2021, previa loro riunione, li accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso introduttivo del giudizio proposto dal Comune di (omissis).
Dichiara inammissibile l’intervento ad adiuvandum della società Ae. En. It. s.r.l. e la estromette dal processo.
Dichiara il difetto di legittimazione passiva il Ministero della Cultura e lo estromette dal processo.
Condanna il Comune di (omissis) alla rifusione, in favore della società Co. Gr. En. s.r.l. e della Regione Campania, delle spese del giudizio di appello che liquida in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre agli accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%), per ciascuna parte.
Compensa le spese del giudizio di appello fra le restanti parti del processo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 marzo 2022 con l’intervento dei magistrati:
Francesca Quadri – Presidente
Nicola D’Angelo – Consigliere
Giuseppe Rotondo – Consigliere
Michele Conforti – Consigliere, Estensore
Emanuela Loria – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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