La crisi dell’azienda del conduttore è un motivo legittimo per il recesso anticipato

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 28 febbraio 2019, n. 5803.

La massima estrapolata:

La crisi dell’azienda del conduttore è un motivo legittimo per il recesso anticipato dal contratto di locazione ad uso non abitativo.
In tema di recesso del conduttore dal contratto di locazione, i gravi motivi di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 27, comma 8, devono essere determinati da fatti estranei alla volontà del medesimo, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto e tali da rendergli oltremodo gravosa la sua prosecuzione.

A tale stregua, il comportamento deve essere conseguenziale a fattori obiettivi, ma ciò non comporta che se il conduttore sia un imprenditore commerciale non possa operare una scelta di adeguamento strutturale dell’azienda, ampliandola o riducendola per renderla rispondente alle sopravvenute esigenze di economicità e produttività

Sentenza del 28 febbraio 2019, n. 5803
Udienza del 19 aprile 2018

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10452/2016 proposto da:

SOCIETA’ WURTH SRL (già VITERIE VENETE SRL in LIQUIDAZIONE), in persona del legale rappresentante pro tempore P.N., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI BENINI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SIT SPA, in persona del suo Amministratore Delegato Presidente e legale rappresentante, D.S.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA GRAZIOLI 20, presso lo studio dell’avvocato LORENZO ALBANESE GINAMMI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARCO GIUSEPPE CONSONNI, PAOLO AURELIO EMILIO CANAL giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2277/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 21/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/04/2018 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del motivo 2, assorbito il 3;

udito l’Avvocato CARLO ALBINI per delega;

udito l’Avvocato LORENZO ALBANESE GINAMMI.

Svolgimento del processo

La società Viterie Venete s.r.l. convenne in giudizio la proprietaria locatrice società Sit La Precisa S.p.A., per opporsi al decreto emesso dal Tribunale di Padova in favore della medesima, che le aveva ingiunto il pagamento di somma a titolo di canoni (relativi alle mensilità da gennaio a settembre del 2010) di locazione, giusta contratto avente ad oggetto l’immobile – adibito ad ufficio – sito in (OMISSIS) tra di esse intercorrente.

Oltre alla revoca del decreto ingiuntivo opposto domandò, in via riconvenzionale, l’accertamento della legittimità del recesso anticipato dal contratto di locazione, comunicato con raccomandata AR del 9/6/2009, stante la ricorrenza dei gravi motivi L. n. 392 del 1978, ex art. 27.

Il Tribunale di Padova rigettò l’opposizione, ritenendo il recesso illegittimo ed inefficace.

Successivamente, nel dare atto dell’esistenza di altra causa pendente tra le stesse parti relativa al capannone industriale vicino all’ufficio, decisa dai giudici di merito nel senso della sussistenza dei gravi motivi per l’esercizio del recesso, con sentenza n. 2277 del 21/10/2016 la Corte d’Appello di Venezia ha rigettato il gravame interposto dalla società Viterie Venete s.r.l..

Ha al riguardo in particolare osservato che, avendo le parti già prima del 2008 rinegoziato le condizioni economiche del contratto di locazione, all’atto dell’ulteriore rinegoziazione nel 2008 la predetta non potesse essere all’oscuro dell’avversa congiuntura economica, e ciononostante, anzichè sciogliersi dal vincolo contrattuale esercitando il diritto di recesso ad nutum (previsto a partire dal 1 maggio 2008), preferì modificare i termini contrattuali, ottenendo un’ulteriore riduzione del canone. E che a tale stregua pertanto non fosse pertanto dalla medesima invocabile la sussistenza dei gravi motivi legittimanti il recesso anticipato dal contratto di locazione de quo.

Avverso quest’ultima sentenza la società Wurth s.r.l. (Viterie Venete s.r.l.) propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso la società Sit S.p.A. (già Sit La Precisa S.p.A.), che ha presentato anche memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4). Lamenta che la corte di merito ha omesso di esporre un’adeguata motivazione in ordine all’assenza dei gravi motivi per il legittimo esercizio del diritto di recesso anticipato dal contratto di locazione.

1.2 Il motivo è infondato.

Nell’impugnata sentenza la corte di merito dà atto di aver preso in considerazione le negoziazioni intervenute tra le parti prima del 2008, pervenendo alla conclusione che sin dalla stipulazione del contratto del 2008 la società Viterie Venete S.p.A. fosse a conoscenza della situazione economica di crisi in cui versava l’azienda, e, anzichè recedere dal contratto secondo le previsioni contrattuali, preferì rinegoziare il canone di locazione.

Siffatta motivazione soddisfa, invero, i requisiti motivazionali ritenuti sufficienti dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053. E, conformemente, Cass., 5/7/2017, n. 16501; Cass., 12/10/2017, n. 23940).

2. Con il secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della norma di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c..

Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha negato la ricorrenza nella specie dei gravi motivi per l’esercizio del recesso anticipato.

Si duole che la corte di merito abbia al riguardo disatteso l’orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità in base al quale i comportamenti determinati da fatti estranei alla volontà dell’impresa, imprevedibili alla costituzione del rapporto e sopravvenuti ad esso, pur essendo volontari in quanto volti a perseguire un adeguamento strutturale dell’azienda, possono integrare i gravi motivi posti a base del recesso anticipato.

Lamenta la sussistenza di un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, deponente per una motivazione perplessa o apparente, sia nella parte in cui, pur dando atto delle non contestate circostanze addotte da Viterie a supporto della dichiarazione di recesso (contrazione del fatturato, perdite consistenti, esuberi di personale, contratti di solidarietà), ha poi concluso per l’illegittimità del recesso, sia nella parte in cui ha attribuito rilevanza all’essere la Viterie Venete parte di un complesso industriale molto ampio e molto solido, disconoscendo l’evidente autonomia patrimoniale e finanziaria dell’impresa.

2.1 Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare in tema di recesso del conduttore dal contratto di locazione, i gravi motivi di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 27, comma 8, devono essere determinati da fatti estranei alla volontà del medesimo, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto e tali da rendergli oltremodo gravosa la sua prosecuzione (cfr. Cass., 3, n. 17042 del 12/11/2003).

A tale stregua, il comportamento deve essere conseguenziale a fattori obiettivi, ma ciò non comporta che se il conduttore sia un imprenditore commerciale non possa operare una scelta di adeguamento strutturale dell’azienda, ampliandola o riducendola per renderla rispondente alle sopravvenute esigenze di economicità e produttività (v. Cass., 13/12/2011, n. 26711; Cass., 21/4/2010, n. 9443; Cass., 8/3/2007, n. 5328; Cass., 19/7/2005, n. 15215).

Nella specie, dopo aver diffusamente esaminato la sussistenza di elementi oggettivi di crisi aziendale, estranei alla volontà dell’imprenditore ed aventi caratteristiche obiettive, nell’impugnata sentenza la corte di merito è pervenuta ad affermare l’illegittimità del recesso dal contratto di locazione in argomento nel caso esercitato dall’odierna ricorrente.

Orbene, dopo aver dato atto della sussistenza dello stato di crisi aziendale, della riduzione delle commesse, della riduzione di alcune unità di personale impiegatizio nel corso dell’anno 2009, siffatta raggiunta conclusione si appalesa intrinsecamente illogica e contraddittoria.

Intrinseca illogicità contraddittorietà del dictum della sentenza rispetto agli indicati presupposti argomentativi che, da un lato rendono apparente la motivazione, dall’altro danno luogo alla violazione della norma indicata in epigrafe.

Del pari contrastante con la ratio della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., è la statuizione secondo la quale la decisione dell’impresa di trasferire il centro direzionale in altro luogo, che avesse costi più contenuti, sia ascritto “a soggettive scelte imprenditoriali, in cui possono entrare in gioco le più disparate valutazioni non di per sè imposte dalla necessità di “salvaguardare” la realtà aziendale”.

Va ulteriormente posto in rilievo come l’osservazione secondo la quale, ai fini della valutazione dello stato di crisi aziendale, deve aversi riguardo non già alla sola autonomia patrimoniale e gestionale di Viterie Venete bensì alla valutazione e valorizzazione della complessiva situazione e potenzialità economico-finanziarie del gruppo Wurth Italia s.r.l., che ne detiene il 100% del capitale sociale, si pone invero in contrasto con l’orientamento di questa Corte secondo cui in tema di recesso del conduttore di immobili ad uso non abitativo, ove il locatario svolga la propria attività in diversi rami di azienda, per i quali utilizzi distinti immobili, i gravi motivi, giustificativi del recesso anticipato, di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 27, u.c., devono essere accertati in relazione all’attività svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso, senza possibilità per il locatore di negare rilevanza alle difficoltà riscontrate per tale attività in considerazione dei risultati positivi registrati in altri rami aziendali (v. Cass. n. 7217 del 2014; Cass. n. 6820 del 2015).

Non può, in definitiva, negarsi che, dall’analitica descrizione degli elementi costitutivi della crisi economica operata nell’impugnata sentenza, e che appare preludere ad una decisione di riconoscimento della sussistenza dei gravi motivi legittimanti L. n. 392 del 1978, ex art. 27, l’esercizio del recesso, non viene dalla corte di merito tratto siffatto corollario, ma si perviene invero all’opposta soluzione.

Emerge evidente, a tale stregua, l’intrinseco salto logico che affetta la motivazione, al punto da renderla meramente apparente, e al di sotto del c.d. “minimo costituzionale” (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053).

3. Con il terzo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2002, artt. 2 e 5, attuativo della Direttiva 2000/35/CE relativa alle misure di contrasto contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

Deduce che la corte di merito ha errato nel ritenere applicabile ai contratti di locazione nel caso di mancato o ritardato pagamento da parte del conduttore dei canoni di locazione, gli interessi moratori al saggio previsto dall’art. 5 di tale decreto.

3.1 Il motivo è infondato.

Il D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, ha introdotto, per il caso di mancato rispetto dei termini di pagamento delle fatture nelle transazioni commerciali, una particolare forma di interessi, i c.d. “interessi moratori”.

Si tratta di una disciplina che prevede un termine di pagamento più breve ed un interesse più elevato del saggio di interesse legale in modo che sia satisfattivo per il creditore.

Ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 2, comma 1, per “transazioni commerciali” si intendono i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni comportanti – in via esclusiva o prevalente- la consegna di merci o la prestazioni di servizi, verso il pagamento di un prezzo.

La detta nozione di “transazione commerciale”, di ispirazione comunitaria, in assenza di limitazioni deve essere intesa in senso lato, come ricomprendente tutte le prestazioni di servizio, e pertanto anche i contratti di utilizzazione di beni collegati o connessi ad un rapporto commerciale, ivi ricompresi i contratti di locazione (e di affitto).

Orbene, trattandosi di contratto di locazione ad “uso ufficio” stipulato tra due imprese, correttamente la corte di merito (che al riguardo richiama il precedente costituito da Cons. Stato, 11/2/2014, n. 657) ha in tal senso inteso la suindicata norma, pervenendo a conseguentemente applicare il tasso di interesse al saggio previsto al D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 5.

4. L’accoglimento – nei suesposti termini – del secondo motivo di ricorso comporta, rigettati gli altri motivi, la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettati gli altri. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2019.

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