La consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio

Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 13 gennaio 2020, n. 326.

La massima estrapolata:

La consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario e potendo la motivazione dell’eventuale diniego del giudice di ammissione del mezzo essere anche implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato.

Ordinanza 13 gennaio 2020, n. 326

Data udienza 22 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 8860-2018 proposto da:
(OMISSIS) COOP. A R.L. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in persona del Liquidatore pro-tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), con procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), con procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 995/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/10/2019 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO CAIAZZO.

RILEVATO

CHE:

La ” (OMISSIS)”, coop. a r.l., in l.c.a., convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Cassino il liquidatore (OMISSIS), chiedendone la condanna al risarcimento dei danni derivanti da un procedura di vendita immobiliare realizzata senza la prescritta autorizzazione ministeriale.
In particolare, la societa’ attrice, sottoposta a l.c.a. con Decreto Ministeriale 15 settembre 1998, assumeva che: con provvedimento emesso in data 12.12.02, il Ministero delle Attivita’ produttive, quale Autorita’ di vigilanza, su istanza del liquidatore (OMISSIS), a seguito di precedente infruttuoso esito di tentativo d’asta esperito il 7.2.01, autorizzo’ quest’ultimo ad indire un altro tentativo di vendita con incanto in unico lotto di un compendio aziendale in (OMISSIS), al prezzo-base d’asta ribassato a Euro 540.000,00 oltre iva; a seguito dell’infruttuoso esito dell’asta presso il notaio delegato, il (OMISSIS), senza richiedere un’ulteriore autorizzazione dell’Autorita’ di vigilanza, fisso’ altri quattro esperimenti di vendita forzosa del suddetto compendio aziendale, nel corso del 2004, con ribassi del 20% sul prezzo-base per ciascuna gara; nell’ultima vendita del 3.9.04, il bene oggetto della procedura, fu provvisoriamente aggiudicato alla ” (OMISSIS)” s.p.a. al prezzo di Euro 223.512,00, cui segui’ la stipula dell’atto notarile di cessione il 3.11.04, con versamento del prezzo.
Con sentenza emessa il 16.2.2011, il Tribunale di Cassino rigetto’ la domanda, non ravvisando alcuna ipotesi di responsabilita’ a carico del convenuto.
Avverso tale sentenza, la ” (OMISSIS)”, coop. a r.l., propose appello, mentre resisteva il (OMISSIS).
Con sentenza emessa il 14.2.17, la Corte d’appello di Roma respinse il gravame, rilevando che il liquidatore aveva rispettato l’articolo 210 L.Fall., in quanto: il (OMISSIS) aveva venduto il compendio immobiliare con l’autorizzazione dell’Autorita’ di vigilanza del 12.12.02, emessa dopo un precedente esperimento d’asta infruttuoso presso il Tribunale di Cassino; il convenuto aveva successivamente, il 3.9.04, proceduto alla vendita all’asta, dopo altri tentativi, al prezzo ulteriormente ribassato del 20% non munito dell’autorizzazione prescritta, ma avendo comunicato alla stessa Autorita’ di vigilanza la data di esperimento di tale ultima asta; tale Autorita’ non contesto’ i precedenti tentativi di vendita esperiti nel 2004, sicche’ il (OMISSIS) si ritenne legittimato a procedere alla vendita in questione che, comunque, era stata preventivamente comunicata; pur intendendo considerare superficiale la condotta del convenuto, non era stata comunque raggiunta la prova dei danni lamentati, seppure secondo un calcolo probabilistico, poiche’ le numerose vendite tenutesi ed andate deserte dovevano far ritenere che non vi era la concreta possibilita’ di alienare il compendio immobiliare ad un prezzo superiore.
La ” (OMISSIS)”, coop. a r.l.- in l.c.a.- ricorre in cassazione con due motivi.
Resiste (OMISSIS) con controricorso.

RITENUTO

CHE:
Con il primo motivo e’ denunziata violazione e falsa applicazione della L.Fall., articoli 199 e 210, avendo la Corte d’appello erroneamente ritenuto che il (OMISSIS) avesse rispettato le suddette norme, nonostante che quest’ultimo avesse proceduto all’esperimento di vendita all’incanto dei beni immobili senza la prescritta autorizzazione dell’Autorita’ di vigilanza, a nulla rilevando l’autorizzazione emessa per un precedente tentativo di vendita.
Con il secondo motivo e’ dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, poiche’ la Corte d’appello non si era pronunciata sull’istanza di consulenza tecnica d’ufficio richiesta nell’atto d’appello, e sulla domanda subordinata di liquidazione dei danni a norma dell’articolo 1226 c.c.
In particolare, la ricorrente lamenta che il commissario avesse proceduto alla vendita all’asta con ribasso, senza chiedere la prescritta autorizzazione, sulla base della precedente autorizzazione del 12.12.2002 relativa alla prima vendita, causando cosi’ un danno alla procedura, da ravvisare nella differenza tra la somma ottenuta attraverso la suddetta vendita forzosa al prezzo ribassato (senza autorizzazione), e quella che si sarebbe potuta conseguire esperendo l’asta al prezzo non ribassato, secondo i criteri indicati nella nota dell’autorita’ di vigilanza del 12.12.2002.
I due motivi di ricorso – esaminabili congiuntamente poiche’ tra loro connessi – sono infondati.
La Corte d’appello di Roma ha escluso la responsabilita’ del commissario liquidatore convenuto per aver proceduto alla vendita all’incanto del 3.9.04, pur senza l’autorizzazione dell’Autorita’ di vigilanza, rilevando che le numerose vendite tenutesi ed andate deserte dovevano indurre a ritenere che non vi era concreta possibilita’ di alienare l’immobile ad un prezzo superiore.
La Corte territoriale, pertanto, ha ritenuto che la violazione della L. Fall., articoli 199 e 210, per aver il liquidatore tenuto la vendita all’asta senza l’autorizzazione del Ministero, non configurasse una responsabilita’ risarcitoria dello stesso convenuto, in mancanza della prova dei danni concreti che la vendita forzosa avrebbe determinato.
Invero, la parte ricorrente ha omesso di indicare quali fatti decisivi specifici avrebbe allegato nella domanda introduttiva del giudizio che il giudice di merito non avrebbe esaminato. E, del resto, la Corte d’appello non ha valutato la congruita’ del prezzo ricavato dall’asta, bensi’ ha osservato che l’assenza di offerte nei precedenti esperimenti d’asta andati deserti costituisse un valido elemento per presumere che non fosse ricavabile un prezzo superiore. Tale argomentazione esclude, pertanto, il danno prospettato dalla ricorrente in termini di minor ricavo della vendita forzosa ed elide ogni plausibilita’ della critica della ricorrente circa l’automatica genesi della responsabilita’ risarcitoria del liquidatore dalla violazione formale delle norme richiamate in tema di autorizzazione al’esperimento dell’asta.
Cio’ priva di fondatezza anche la doglianza afferente all’omessa pronuncia sulla domanda subordinata di liquidazione dei danni in via equitativa, e alla mancata ammissione della c.t.u. che la Corte territoriale ha implicitamente considerato irrilevante.
Al riguardo, viene in rilievo il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui la consulenza tecnica d’ufficio e’ mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilita’ delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione dell’eventuale diniego puo’ anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice (Cass., n., 15219/07; n. 9461/2010; n. 4660/06).
Nella fattispecie, come osservato, la Corte d’appello, sebbene non abbia esplicitamente vagliato la richiesta di c.t.u., ha implicitamente negato la sua ammissione perche’ irrilevante come desumibile dalla motivazione adottata, che ha escluso, in maniera esauriente e non censurabile in questa sede, la sussistenza dei danni lamentati attraverso argomenti presuntivi relativi all’esito infruttuoso delle numerose aste tenutesi.
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente
al pagamento, in favore del controricorrente, e per esso dell’avv. (OMISSIS), dichiaratosi antistatario; delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 5.300,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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