L’ordine di demolizione non richiede una specifica motivazione

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 10 febbraio 2020, n. 1027.

La massima estrapolata:

In ragione della sua natura di atto vincolato, ancorato esclusivamente alla sussistenza di opere abusive che ne rendono doverosa l’adozione da parte dell’amministrazione, l’ordine di demolizione non richiede una specifica motivazione sulla ricorrenza del concreto interesse pubblico alla loro rimozione, essendo la relativa ponderazione tra l’interesse pubblico e quello privato già compiuta, a monte, dal legislatore, né la preventiva comunicazione di avvio del procedimento, e ciò in base ad un principio che non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ordine di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso.

Sentenza 10 febbraio 2020, n. 1027

Data udienza 5 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 37 del 2014, proposto da
Ro. Do. De Ni. e An. Ma. Ci., rappresentati e difesi dall’avvocato Vi. Ma., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ga. Pa. in Roma, viale (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Ca., con domicilio eletto presso lo studio Pa. Bo. in Roma, via (…);
Area Tecnica del Comune di (omissis) non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata Sezione Prima n. 00233/2013, resa tra le parti, che ha pronunciato sui ricorsi nn. 400/2009 e 201/2010 R.G. proposti per l’annullamento dei seguenti atti del Responsabile dell’Area tecnica del Comune di (omissis), concernenti l’immobile di proprietà di Ro. Do. De Ni. e An. Ma. Ci., situato a (omissis), in via (omissis) angolo Via (omissis):
(ricorso n. 400/2009)
a) della nota del 4 giugno 2009, nella parte in cui specifica che, in seguito ad apposito sopralluogo effettuato, gran parte dell’edificio è stata demolita ad eccezione delle due pareti a ridosso del terrapieno;
b) dell’ordinanza 8 giugno 2009 n. 43, che dispone la sospensione dei lavori, ritenuti difformi da quelli autorizzati con il permesso di costruire rilasciato il 12 ottobre 2006, al fine di effettuare il calcolo della densità fondiaria del fabbricato ai sensi dell’art. 9, comma 9, delle Norme tecniche di attuazione – NTA del Piano regolatore generale- PRG;
c) della nota 19 giugno 2006 prot. n. 10606 che respinge l’istanza di annullamento della ordinanza 43/2009 predetta presentata il giorno 11 giugno 2006 dai proprietari;
d) dell’ordinanza 24 luglio 2009 n. 71, che dispone nuovamente la sospensione dei lavori, ordinando ai proprietari il deposito, entro 45 giorni, degli elaborati relativi alla verifica del rispetto del citato art. 9, comma 9, delle NTA, specificando che il provvedimento definitivo sarebbe stato emanato entro i 45 giorni successivi;
(ricorso n. 201/2010)
e) della nota 25 novembre 2009 prot. n. 18966, che comunica ai proprietari l’avvio del procedimento “per il calcolo d’ufficio della densità fondiaria” del predetto fabbricato, per verificare se fosse stato rispettato l’art. 9, comma 9, delle N.T.A. del vigente PRG, relativo alla Zona B di completamento ed alla Zona dotata di Piano particolareggiato “Bpp”;
f) della nota 12 aprile 2010 prot. n. 5860, che comunica l’esito del calcolo predetto;
g) del relativo calcolo, effettuato, allegato alla stessa nota;
h) dell’ordinanza 7 maggio 2010 n. 39, che ingiunge ai proprietari la demolizione del secondo piano del fabbricato.
In particolare, la sentenza ha riunito i ricorsi, ha accolto il ricorso n. 400/2009 limitatamente all’impugnazione dell’ordinanza 24 luglio 2009 n. 71, nonché ha respinto il ricorso n. 201/2010.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il Cons. Francesco De Luca e udito per le parti l’avvocato Ga. Pa. per delega dell’avv. Vi. Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Ricorrendo in giudizio dinnanzi a questo Consiglio gli odierni appellanti, De Ni. Ro. Do. e Ci. An. Ma., deducono:
-di essere proprietari di un immobile sito in (omissis) tra Via (omissis) e Via (omissis), ricadente nella Zona di completamento “B” e nella zona dotata di piano particolareggiato “BPP” del PRG, originariamente composto da un piano seminterrato, un piano terra ed una soffitta e con muri fatiscenti, solai pericolanti e soffitta crollata;
– di avere ottenuto il rilascio del permesso di costruire 12 ottobre 2006, n. 76 per la demolizione delle parti pericolanti del fabbricato, il recupero di parte delle murature di contenimento, la costruzione di nuove fondazioni, il rinforzo delle pareti murarie da recuperare e l’edificazione del nuovo fabbricato;
– che il Responsabile dell’Area Tecnica dell’Amministrazione comunale appellata con nota n. 8961 del 28.5.2009 ha chiesto al Responsabile del procedimento del Comune di (omissis) di riferire se l’art. 9, comma 9, N.T.A. del P.R.G. fosse o meno applicabile nella zona in cui ricadeva il fabbricato e, in caso affermativo, se durante l’istruttoria della pratica, si fosse tenuto conto di tale previsione nel verificare la conformità urbanistica dell’intervento edilizio;
– che il Responsabile del procedimento con nota n. 9258 del 4.6.2009 ha rappresentato che l’art. 9, comma 9, N.T.A. del P.R.G. cit. risultava applicabile a tutti i lotti ricadenti nella zona di completamento “B” e nelle zone dotate di piani particolareggiati, ma che, con riferimento al procedimento preordinato al rilascio del permesso di costruire in favore degli odierni appellanti, si era ritenuto inapplicabile l’articolo in esame, tenuto conto che l’intervento non prevedeva la demolizione totale del fabbricato; all’esito di un sopralluogo, tuttavia, risultava accertata la demolizione intera del fabbricato (ad eccezione di due pareti a ridosso del terrapieno) e la sua ricostruzione, il che avrebbe reso necessaria la verifica prevista dall’art. 9 cit.;
– che con ordinanza n. 43 del 8.6.2009 il Responsabile dell’Area Tecnica ha ritenuto che, in considerazione della difformità di realizzazione dell’intervento rispetto alle previsioni originarie di progetto, fosse necessario procedere al calcolo della densità fondiaria del fabbricato per verificare il rispetto dell’art. 9, comma 9, N.T.A. cit.; provvedendo, per l’effetto, ad ordinare nelle more la sospensione dei lavori;
– che con nota del 19.6.2006, n. 10606 il Responsabile dell’Area Tecnica ha rigettato l’istanza dell’11.6.2009, con cui gli odierni appellanti avevano chiesto l’annullamento dell’ordinanza di sospensione lavori dell’8.6.2009;
– che con ordinanza n. 71 del 24.7.2009 il Responsabile dell’Area Tecnica ha confermato la propria ordinanza dell’8.6.2009 con effetto fino all’emissione del provvedimento definitivo previsto dal D.P.R. n. 380/2001, disponendo che gli elaborati relativi alla verifica del rispetto dell’art. 9 N.T.A. cit. venissero consegnati dal titolare del permesso di costruire entro quarantacinque giorni dalla notifica della relativa ordinanza, con l’avviso che l’adozione del provvedimento definitivo sarebbe avvenuta nei quarantacinque giorni successivi alla scadenza del termine per la consegna degli elaborati di verifica;
– che gli attuali appellanti hanno proposto ricorso dinnanzi al Tar Basilicata (rubricato al n. r.g. 400 del 2009), censurando la nota del 4.6.2009, n. 9258; l’Ordinanza n. 43 dell’8.6.2009; la nota prot. n. 10606 del 19.6.2006; l’Ordinanza n. 71 del 24.7.2009;
– che, a fondamento del ricorso, sono stati dedotti plurimi motivi di impugnazione, riguardanti 1) la violazione e falsa applicazione dell’art. 27 D.P.R. n. 380/01, la falsa ed erronea rappresentazione dei fatti, l’inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto; 2) la violazione e falsa applicazione dell’art. dell’art. 27 D.P.R. n. 380/01, la carenza di istruttoria e l’eccesso di potere; 3) l’eccesso di potere per violazione e falsa applicazione dell’art. 27 D.P.R. n. 380/01 e per mancanza dei presupposti; 4) la violazione e falsa applicazione dell’art. 27 D.P.R. n. 380/01, l’eccesso di potere per emissione di nuova ordinanza cautelare in luogo del provvedimento definitivo nei termini di legge;
– che il Tar adito ha accolto l’istanza di sospensione dei provvedimenti impugnati;
– che con atto del 3.9.2009 l’ing. Vi. De Ni. ha attestato l’ultimazione dei lavori in data 10.7.2009 e la conformità degli stessi al progetto presentato ed approvato;
– che con atto del 21.9.2009 il Collaudatore delle opere ha certificato il positivo collaudo statico delle stesse;
– che l’Amministrazione comunale ha provveduto, previa comunicazione di avvio del procedimento (recata dalla nota n. 18966 del 25.11.2009), alla verifica d’ufficio della densità fondiaria ai sensi dell’art. 9, comma 9, N.T.A. del P.R.G., pervenendo alla conclusione che la densità fondiaria media dei fabbricati viciniori sarebbe di 10,80 mc/mq, che la densità fondiaria del progetto sarebbe di 10,65 mc/mq, nonché che la volumetria consentita sarebbe di 7,56 mc/mq, pari al 70% della densità fondiaria media di 10,80 mc/mq, con la conseguenza che la volumetria realizzata dagli attuali appellanti sarebbe superiore a quella ammessa per 3,09 mc/mq; il che è stato comunicato a De Ni. Ro. Do. e Ci. An. Ma. con nota comunale n. 5680 del 12.4.2010, attraverso cui gli odierni appellanti sono stati invitati a presentare una variante volta a rideterminare i volumi e le destinazioni, con intimazione di non alterazione dello stato dei luoghi;
– che il Responsabile dell’Area Tecnica con ordinanza n. 39 del 7.5.2010 ha ordinato la demolizione del secondo piano del fabbricato, tenuto conto che: a) il progetto, presentato dagli appellanti ed assentito il 12.10.2006, prevedeva “la demolizione delle parti pericolanti del fabbricato, il recupero di parte delle murature di contenimento, la costruzione di nuove fondazioni, il rinforzo delle parti murarie da recuperare e quindi l’edificazione del nuovo fabbricato”, “in conformità delle norme di Piano”; b) i Sigg. De Ni. e Ci., difformemente rispetto alle previsioni originarie di progetto, avevano interamente demolito il fabbricato in esame, ad eccezione di due pareti a ridosso del terrapieno (“eliminando comunque completamente il volume preesistente”), provvedendo alla sua ricostruzione; c) l’art. 9, comma 9, delle N.T.A. del PRG, relative alla Zona B di completamento ed alla Zona dotata di Piano Particolareggiato “Bpp”, statuiva che, “in caso di trasformazione di un singolo edificio mediante demolizione e ricostruzione”, era “ammessa una densità fondiaria pari al 70% di quella media del tratto di strada (compreso fra i due incroci) a cui l’edificio stesso appartiene”; d) la densità fondiaria del fabbricato in esame era di 10,65 mc./mq., superiore di 3,09 mc./mq. a quella (ex art. 9, comma 9, N.T.A. citato) media del tratto di strada, compreso fra i due incroci, di 7,56 mc./mq.; conseguentemente, doveva essere eliminata la volumetria, eccedente a quella prevista dal predetto art. 9, comma 9, delle N.T.A. del PRG;
– che gli attuali appellanti hanno proposto un secondo ricorso dinnanzi al Tar Basilicata (rubricato al n. r.g. 201/2010), censurando: la nota prot. n. 18966 del 25.11.2009, con la quale il Responsabile dell’Area Tecnica, ai sensi dell’art. 7 L. n. 241/1990, aveva comunicato ai Sigg. Ro. Do. De Ni. e An. Ma. Ci. l’avvio del procedimento “per il calcolo d’ufficio della densità fondiaria” del fabbricato de quo, per verificare se fosse stato rispettato l’art. 9, comma 9, delle N.T.A. del vigente PRG, relativo alla Zona B di completamento ed alla Zona dotata di Piano Particolareggiato “Bpp”; la nota prot. n. 5860 del 12.4.2010, con la quale il Responsabile dell’Area Tecnica aveva comunicato l’esito del calcolo della densità fondiaria del fabbricato, effettuato dal Tecnico comunale Geom. Br. Ro., allegato alla stessa nota prot. n. 5860 del 12.4.2010; l’Ordinanza n. 39 del 7.5.2010, con la quale il Responsabile dell’Area Tecnica aveva ingiunto ai Sigg. Ro. Do. De Ni. e An. Ma. Ci. la demolizione del secondo piano del fabbricato in esame;
– che, a fondamento del ricorso, sono stati dedotti plurimi motivi di impugnazione, riguardanti 1) la violazione dei principi costituzionali di legalità sostanziale e di legalità procedimentale di cui agli artt. 23 e 97 della Costituzione, nonché l’eccesso di potere per violazione del giusto procedimento; 2) la violazione dell’art. 7 L. n. 241/90, stante l’emissione dell’ordine di demolizione senza la previa comunicazione dell’avvio del procedimento – violazione del giusto procedimento; 3) l’eccesso di potere – la violazione dell’art. 3 L. n. 241/90 per difetto di motivazione, la violazione degli artt. 3 e 10 del D.P.R. n. 380 del 2001, l’erronea nuova qualificazione dell’intervento edilizio realizzato; 4) la violazione dell’art. 3 L. n. 241/90 per difetto di motivazione e degli artt. 31 e 38 del D.P.R. n. 380/01, in quanto l’amministrazione avrebbe emesso l’atto impugnato senza motivare circa la possibilità di adottare soluzioni alternative rispetto all’ingiunta demolizione; 5) l’eccesso di potere, la violazione degli artt. 1 del P.R.G. e 1 del co. A e co. B della deliberazione del Consiglio comunale n. 38 del 5 febbraio 1979; 6) la carenza di istruttoria, l’eccesso di potere per travisamento dei dati posti a fondamento dell’accertamento della verifica fondiaria dai quali sarebbe scaturita l’ordinanza di demolizione; 7) l’eccesso di potere, la violazione dell’art. 21 nonies L. n. 241 del 1990, difetto di motivazione, inesistenza di concrete ragioni di pubblico interesse, omessa valutazione della posizione del privato, comportamento irrazionale e contraddittorio, sviamento.
2. A definizione dei giudizi di primo grado il Tar, disposta la riunione dei ricorsi, ha accolto in parte il Ric. n. 400/2009 e, per l’effetto, ha annullato la sola Ordinanza del Responsabile dell’Area Tecnica n. 71 del 24.7.2009; nonché ha respinto integralmente il Ric. n. 201/2010.
In particolare, alla stregua di quanto statuito dal Tar, con il primo ed il secondo motivo del Ric. n. 400/2009 i ricorrenti deducevano la violazione dell’art. 27 DPR n. 380/2001 e l’eccesso di potere per falsa e/o erronea rappresentazione dei fatti e carenza di istruttoria, in quanto sarebbe risultato errato il presupposto secondo cui l’edificio in questione era stato interamente demolito: il Tar ha rigettato le censure, ritenendo che -alla luce della documentazione in atti- nella specie la demolizione dovesse qualificarsi come totale, risultando interamente demolito il fabbricato preesistente (ad eccezione di due pareti a ridosso del terrapieno sottostante Via (omissis) e Via (omissis)), con completa eliminazione del volume preesistente.
Con il terzo motivo del Ric. n. 400/2009 i ricorrenti deducevano l’eccesso di potere per mancanza dei presupposti, in quanto non era stata ancora accertata la violazione dell’art. 9, comma 9, delle N.T.A. del PRG: anche tale motivo è stato rigettato, tenuto conto che l’omesso accertamento della violazione contestata risultava coerente con la finalità cautelare del provvedimento di sospensione del permesso di costruire ex art. 27 DPR n. 380/2001, di verificare la conformità dei lavori eseguiti a quelli autorizzati, oltre che il rispetto della normativa urbanistica.
Con il quarto motivo del Ric. n. 400/2009 i ricorrenti deducevano la violazione dell’art. 27 DPR n. 380/2001, in quanto il termine di 45 giorni di sospensione dei lavori edili, stabilito dal comma 3 di tale norma, non poteva essere prorogato: la censura è stata accolta, non potendosi disporre la rinnovazione dell’ordinanza cautelare di sospensione lavori, una volta scaduto il termine di 45 giorni entro cui la P.A. avrebbe dovuto adottare il provvedimento finale.
Con il primo, il quarto ed il settimo motivo del Ric. n. 201/2010 i ricorrenti deducevano la violazione delle disposizioni in tema di autotutela decisoria e di adeguatezza motivazionale, tenuto conto che l’Amministrazione avrebbe disposto la demolizione, senza aver annullato il permesso di costruire rilasciato, oppure, nel caso in cui l’impugnata Ordinanza n. 39 del 7.5.2010 fosse stata intesa come implicito annullamento del permesso di costruire, sarebbe risultata tale decisione sul punto priva di adeguata motivazione. I motivi sono stati rigettati dal Tar, secondo cui il Comune resistente non aveva annullato il permesso di costruire, rilasciato il 12.10.2006, ma aveva soltanto riscontrato la difformità tra i lavori eseguiti e quelli autorizzati; in particolare, difformemente rispetto alle previsioni originarie di progetto, il Tar ha ritenuto che il preesistente fabbricato fosse stato interamente demolito – ad eccezione di due pareti a ridosso del terrapieno sottostante Via (omissis) e Via (omissis) – con eliminazione completa del volume preesistente.
Con il secondo motivo del Ric. n. 201/1010 i ricorrenti deducevano la violazione delle disposizioni in tema di comunicazione di avvio del procedimento, in ragione dell’omessa comunicazione di avvio del procedimento di demolizione: anche tale motivo è stato rigettato, tenuto conto che dall’esame delle note inviate dall’Amministrazione (prot. n. 18966 del 25.11.2009 e prot. n. 5860 del 12.4.2010) risultava comunque essere stata consentita ai ricorrenti la partecipazione al procedimento amministrativo.
Con il terzo motivo veniva dedotta la violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990 e degli artt. 3 e 10 DPR n. 380/2001, ritenendo che la fattispecie in esame dovesse qualificarsi in termini di ristrutturazione edilizia, sottratta all’applicazione dell’art. 9, comma 9, delle N.T.A. del PRG: il Tar ha rigettato la doglianza, ritenendo che la norma urbanistica cit. comprendesse nel suo ambito oggettivo sia gli interventi di ristrutturazione edilizia ex art. 3, comma 2, lett. d), DPR n. 380/2001, consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma dell’immobile preesistente, sia gli interventi di nuova costruzione ex art. 3, comma 2, lett. e.1), DPR n. 380/2001, consistenti nella demolizione e ricostruzione con ampliamento della sagoma esistente.
Con il quinto motivo i ricorrenti deducevano la violazione dell’art. 11 delle N.T.A. del PRG e dell’art. 1, lett. A e B, della Del. C.C. n. 38 del 5.2.1979 di approvazione del Piano Particolareggiato della “Zona Bpp”, ritenendo che tali norme urbanistiche derogassero all’art. 9, comma 9, delle N.T.A. del PRG: il Tar ha ritenuto che l’art. 11 delle N.T.A. al PRG, oltre a richiamare al primo comma il predetto Piano Particolareggiato della “Zona Bpp”, al secondo comma prevedesse espressamente che i fabbricati, ricadenti nella “Zona Bpp”, dovevano rispettare sia le disposizioni contenute nel Piano Particolareggiato, approvato con la citata Del. C.C. n. 38 del 5.2.1979, sia gli artt. 8 e 9 delle N.T.A. del vigente PRG e perciò anche il suddetto art. 9, comma 9, delle stesse N.T.A.
Con il sesto motivo del Ric. n. 201/1010 il ricorrente deduceva l’eccesso di potere per carenza di istruttoria e travisamento dei dati posti a fondamento dell’accertamento-verifica della densità fondiaria, sostenendo l’erroneità del calcolo della densità fondiaria pari al 70% di quella media del tratto di strada compreso fra i due incroci, tenuto conto che non avrebbe dovuto essere computata la volumetria del cinema adiacente al fabbricato e del piano seminterrato del fabbricato di cui è causa.
Il Tar ha ritenuto, invece, che: a) la volumetria di 461,40 mc. del piano seminterrato del fabbricato di cui è causa dovesse essere computata, in quanto la destinazione “a locale di sgombero” di tale piano interrato non poteva essere qualificata come volume tecnico; b) dovesse parimenti essere computata la volumetria del Cinema, dovendosi tenere conto non soltanto degli edifici frontistanti Via (omissis), ma anche degli immobili ubicati immediatamente alle spalle di quelli prospicienti su Via (omissis), in quanto appartenenti allo stesso comparto edilizio e comunque accessibili tramite una scalinata ed un vicolo chiuso con accesso da Via (omissis) (nel caso del cinema) oppure da Via (omissis) e, quindi, da una Via non compresa tra i due incroci.
3. I Sig.ri De Ni. Ro. Do. e Ci. An. Ma. hanno proposto appello avverso la sentenza di primo grado, deducendo quattro motivi di impugnazione.
Con il primo motivo di appello è censurata l’erroneità della sentenza del TAR in relazione alla violazione degli artt. 23 e 97 Cost., dell’art. 3 L. n. 241/90 e dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, nonché con riferimento all’eccesso di potere, alla violazione dei principi di legalità sostanziale e di legalità procedimentale e, quindi, del giusto procedimento, all’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e per comportamento irrazionale e contraddittorio.
Con il secondo motivo di appello viene censurata l’erroneità della sentenza di primo grado in relazione alla violazione dell’art. 7 L. n. 241/1990 e, quindi, del giusto procedimento, tenuto conto che l’ordine di demolizione sarebbe stato emesso senza la previa comunicazione dell’avvio del procedimento.
Con il terzo motivo di appello viene censurata l’erroneità della sentenza di primo grado in relazione alla violazione degli artt. 3 e 10 D.P.R. n. 380/2001, dell’art. 3 L. n. 241/1990, nonché con riferimento all’erronea qualificazione dell’intervento edilizio realizzato e all’eccesso di potere.
Con il quarto ed ultimo motivo di appello viene denunciata l’erroneità della sentenza in relazione all’insufficiente istruttoria, al travisamento dei fatti e dei dati posti a base del calcolo della densità fondiaria che hanno dato luogo all’ordinanza impugnata; all’eccesso di potere; alla violazione dell’art. 9, comma 9, e dell’art. 40, comma 10, N.T.A. del P.R.G. del Comune di (omissis).
In via istruttoria, gli appellanti hanno chiesto “occorrendo, ammissione della prova testimoniale e della CTU chieste in primo grado”.
4. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis), eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello.
In particolare, in punto di rito, l’appellata ha eccepito:
– la violazione del divieto dei nova in appello, con riferimento sia alla individuazione del numero di pareti abbattute e conservate rispetto al manufatto originario, sia alla censura incentrata sulla necessità di svolgere la verifica della densità fondiaria prima dell’approvazione del progetto;
– l’inammissibilità dell’appello, per effetto dell’avvenuta formazione del giudicato sul ricorso n. 400/09 (proposto contro i provvedimenti di sospensione lavori e il diniego di autotutela sulla sospensione lavori), accolto soltanto con riguardo al quarto motivo (non potendo reiterarsi una seconda sospensione dopo la prima, divenuta inefficace per decorrenza del termine di quarantacinque giorni), con conseguente passaggio in giudicato della decisione sui primi tre motivi di ricorso, riguardante il prospettato abbattimento di una sola parete e la dichiarata conservazione di tre pareti preesistenti;
– l’inammissibilità dell’appello, per intervenuta inoppugnabilità del diniego di autotutela di cui alla nota n. 10606 del 19.6.2009, con riferimento alla qualificazione dell’intervento come demolizione, all’applicabilità dell’art. 9, comma 9, N.T.A. al P.R.G., all’inidoneità della deliberazione del C.C. n. 38 a derogare all’art. 9, comma 9, N.T.A. al P.R.G.;
– l’inammissibilità dell’appello, per omessa censura di autonome rationes decidendi sottese alla sentenza di prime cure, riguardanti a) la statuizione sulla conservazione di sole due pareti non demolite a ridosso del terrapieno sottostante Via (omissis) e Via (omissis) che, in caso di rimozione, avrebbero potuto provocare il cedimento delle relative strade; b) la demolizione integrale del fabbricato preesistente con eliminazione completa del volume preesistente; c) la riconducibilità all’art. 9, comma 9, N.T.A cit. anche delle ristrutturazioni edilizie consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma dell’immobile preesistente; d) la violazione dell’art. 11 N.T.A. del PRG e dell’art. 1, lett. A e B, Delibera C.C. n. 38 del 5.2.1979; e) la necessità di applicare l’art. 9, comma 9, cit. anche agli edifici non aventi destinazione abitativa; f) la necessità di computare nella determinazione dell’indice fondiario anche la volumetria di 461,40 mc del piano seminterrato del fabbricato per cui è causa, non qualificabile come volume tecnico; g) l’impossibilità di operare una media tra distinti indici di densità fondiaria; h) la ricostruzione dei luoghi di causa, con particolare riferimento all’ubicazione del Cinema;
– l’inammissibilità del ricorso in forza di eccezioni opposte in prime cure e riproposte nella presente sede, riguardanti la tardiva impugnazione della nota del 25.11.2019 (di verifica d’ufficio della densità fondiaria) e l’ammissione del superamento dell’indice di densità fondiaria di cui all’art. 9, comma 9, NTA (desumibile nella consulenza di parte del 2011).
Nel merito, l’Amministrazione comunale ha controdedotto rispetto ai singoli motivi di appello proposti dai Sig.ri De Ni. e Ci., nonché si è opposta all’ammissione dei mezzi istruttori richiesti dall’appellante, chiedendo, in subordine, l’ammissione a prova contraria.
L’Amministrazione appellata ha insistito nelle proprie conclusioni con memoria del 28.1.2019.
5. Con ordinanza n. 1432/2019 la Sezione ha disposto una verificazione tendente a descrivere dettagliatamente le opere realizzate dall’appellante e ad accertare se le stesse risultassero o meno conformi a quelle assentite, evidenziando le eventuali difformità riscontrate; in particolare, il verificatore nominato è stato incaricato di accertare: lo stato del fabbricato realizzato e la conformità o difformità fra lo stesso e quanto assentito con il progetto di cui al permesso di costruire datato 12/10/2006; se il fabbricato preesistente sia stato demolito interamente o parzialmente; la densità fondiaria media degli edifici che si affacciano sulla strada che parte dall’incrocio di via (omissis), passa per via (omissis) e via (omissis) ed arriva all’incrocio di via (omissis) nel Comune di (omissis).
Con istanza del 29.7.2019 il verificatore nominato ha chiesto l’autorizzazione all’ausilio di un collaboratore tecnico specializzato in possesso di strumentazione idonea ad effettuare misurazioni di dettaglio di superfici ed altezze di fabbricati, anche ai fini del calcolo della densità fondiaria media della zona di riferimento. La Sezione con ordinanza n. 5997 del 30.8.2019 ha accolto l’istanza.
Il verificatore ha depositato in data 30.9.2019 la relazione di verificazione e la documentazione ad essa allegata, nonché con istanza dell’1.10.2019 ha chiesto la liquidazione del compenso professionale nella misura di Euro 16.835,00, di cui Euro 16.600,00 a titolo di compenso ed Euro 235,00 per spese, oltre Euro 1.903,20, accessori compresi, a titolo di compenso professionale per il collaboratore tecnico, ing. Gi. Al..
6. Con memoria del 25.10.2019 l’appellante si è riportato ai propri scritti difensivi, precisando che il permesso di costruire rilevante nel presente giudizio è il n. 76 del 12.10.2006, ragion per cui il richiamo al provvedimento n. 76 del 12.10.2009 doveva intendersi frutto di errore materiale.
7. Con nota del 29.10.2019, in ottemperanza a quanto richiesto dalla Sezione con ordinanza n. 7311 del 28.10.2019, il verificatore ha specificato i parametri applicati per la liquidazione dell’importo dell’onorario, facendo riferimento al D.M. n. 55/2014 per i procedimenti dinnanzi al Consiglio di Stato, medi tariffari e scaglione compreso tra Euro 260.000,00 ed Euro 520.000,00.
8. Con memoria del 4.11.2019 la parte appellata ha ulteriormente argomentato in ordine all’infondatezza dell’appello, avendo riguardo alle risultanze della verificazione giudiziale acquisita al processo.
9. Con ordinanza del 25.11.2019, n. 7895 la Sezione, pronunciando sui chiarimenti forniti dal verificatore con nota del 29.10.2019, ha rilevato che la quantificazione operata dall’organo ausiliario si riferiva ai parametri per la determinazione dell’onorario di avvocato, quando nella specie avrebbero dovuto applicarsi i parametri per la determinazione del compenso ai consulenti tecnici di cui agli artt. 49-57 del T.U. 30 maggio 2002, n. 115 e del D.M. 30 maggio 2002, n. 182, invitando, per l’effetto, il verificatore ad integrare la propria istanza con il calcolo secondo i parametri corretti.
Il verificatore, quindi, con istanza del 26.11.2019, ha provveduto a quanto richiesto, determinando l’onorario in Euro 7.381,33 con aumento fino al 100%, per un importo complessivo di Euro 14.762,66, oltre Euro 235,32 a titolo di rimborso spese; rinviando alla propria istanza dell’1.10.2019 quanto alla quantificazione in Euro 1.903,20 del compenso spettante al proprio collaboratore autorizzato.
10. All’udienza del 5.12.2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Pregiudizialmente, occorre statuire sulle eccezioni di inammissibilità opposte dall’Amministrazione resistente.
Le eccezioni risultano infondate.
1.1 In primo luogo, l’Amministrazione comunale ritiene integrata la violazione dell’art. 104 c.p.a. in ragione delle nuove argomentazioni svolte nell’atto di appello, con riguardo alla individuazione del numero di pareti abbattute e conservate rispetto al manufatto originario, nonché alla necessità di svolgere la verifica della densità fondiaria prima dell’approvazione del progetto.
Al fine di perimetrare la portata applicativa dell’art. 104 c.p.a. in tema di divieto dei nova in appello, occorre distinguere l’ipotesi in cui l’appellante si limiti a svolgere una nuova argomentazione a fondamento di un motivo di ricorso già articolato in primo grado dall’ipotesi in cui deduca una nuova censura per la prima volta in appello.
Il divieto dei nova in appello preclude, infatti, alla parte processuale di introdurre nuove domande processuali, connotate da un nuovo (o mutato) petitum ovvero da una nuova (o mutata) causa petendi e, quindi, di domande caratterizzate da una nuova (o mutata) richiesta giudiziale ovvero da nuovi (o mutati) fatti costitutivi della pretesa azionata; l’art. 104, comma 1, c.p.a. non impedisce, invece, di svolgere nuove argomentazioni in sede impugnatoria, tendenti ad evidenziare l’erroneità della sentenza gravata e a illustrare ulteriormente un motivo di censura già articolato in primo grado.
In subiecta materia, in particolare, è possibile richiamare la distinzione tra motivo e argomentazione elaborata dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio in tema di revocazione (ma utilizzabile anche per delimitare la portata applicativa dell’art. 104, comma 1, c.p.a.) secondo cui “Il motivo di ricorso, infatti, delimita e identifica la domanda spiegata nei confronti del giudice, e in relazione al motivo si pone l’obbligo di corrispondere, in positivo o in negativo, tra chiesto e pronunciato, nel senso che il giudice deve pronunciarsi su ciascuno dei motivi e non soltanto su alcuni di essi.
A sostegno del motivo – che identifica la domanda prospettata di fronte al giudice – la parte può addurre, poi, un complesso di argomentazioni, volta a illustrare le diverse censure, ma che non sono idonee, di per se stesse, ad ampliare o restringere la censura, e con essa la domanda.” (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 27 luglio 2016, n. 21).
Pertanto, l’art. 104, comma 1, c.p.a., precludendo la sola proposizione in appello di nuove domande o eccezioni non rilevabili d’ufficio, non impedisce la deduzione in sede impugnatoria di nuove argomentazioni, volte a contrastare il percorso motivazionale sotteso alla decisione di primo grado, senza ampliare il novero di censure indirizzate contro gli atti o i provvedimenti impugnati dinnanzi al Tar.
Alla stregua di tali osservazioni, i riferimenti operati dall’appellante al numero di pareti abbattute nel corso dei lavori ovvero alla necessità di svolgere la verifica della densità fondiaria prima dell’approvazione del progetto non integrano nuove censure fondanti una domanda di annullamento diversa da quella proposta in prime cure, rappresentando una mera argomentazione a sostegno di motivi di ricorso riferiti alla descrizione e qualificazione dell’intervento edilizio in concreto realizzato; ritenuto dall’appellante coerente con le opere assentite, con conseguente necessità per l’Amministrazione di verificare il rispetto della densità fondiaria ammissibile prima dell’autorizzazione dei lavori.
Le deduzioni articolate in appello, quindi, non introducono un nuovo tema di indagine, estraneo al giudizio di primo grado, non potendo per l’effetto qualificarsi come nuove censure articolate in sede impugnatoria in violazione dell’art. 104, comma 1, c.p.a.
Del resto, la circostanza per cui i temi riguardanti la descrizione e qualificazione dell’intervento edilizio in concreto realizzato afferissero al giudizio di prime cure emerge dalla sentenza appellata, in cui si dà espressamente atto che “Con il primo, il quarto ed il settimo motivo del Ric. n. 201/2010 i ricorrenti hanno dedotto la violazione dei principi di legalità sostanziale e di legalità procedimentale di cui agli artt. 23 e 97 della Costituzione, degli artt. 3 e 21 nonies L. n. 241/1990, degli artt. 31 e 38 DPR n. 380/2001, nonché l’eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, comportamento irrazionale e/o contraddittorio e sviamento, in quanto era stata disposta la demolizione, senza aver annullato il permesso di costruire rilasciato, oppure, nel caso in cui l’impugnata Ordinanza n. 39 del 7.5.2010 dovesse contenere implicitamente l’annullamento del permesso di costruire, risultava sul punto priva di adeguata motivazione, anche perché non era stata valutata la possibilità di soluzioni alternative rispetto all’ingiunta demolizione. Tali censure non colgono nel segno, attesocchè risulta non pertinente il richiamo dei ricorrenti all’art. 38 DPR n. 380/2001 ed anche all’art. 21 nonies L. n. 241/1990, in quanto, nella specie, il Comune resistente non ha annullato il permesso di costruire, rilasciato il 12.10.2006, ma ha soltanto riscontrato la difformità tra il progetto autorizzato con il citato permesso di costruire, che prevedeva soltanto “la demolizione delle parti pericolanti del fabbricato, il recupero di parte delle murature di contenimento, la costruzione di nuove fondazioni, il rinforzo delle parti murarie da recuperare e quindi l’edificazione del nuovo fabbricato”, “in conformità delle norme di Piano”, ed i lavori edilizi, eseguiti dai ricorrenti, che, difformemente rispetto alle previsioni originarie di progetto, avevano interamente demolito il preesistente fabbricato, ad eccezione di due pareti a ridosso del terrapieno sottostante Via (omissis) e Via (omissis), eliminando completamente il volume preesistente”.
Si conferma, dunque, che l’appellante, riferendosi in sede impugnatoria al numero di pareti abbattute e alla necessità di comunicare l’avvio del procedimento di verifica della densità fondiaria prima dell’inizio dei lavori, argomenta ulteriormente le censure articolate in prime cure e riproposte in appello sulla base dell’assunto per cui nella specie non si farebbe questione di intervento difforme dalle indicazioni progettuali; il che ha costituito oggetto di specifici motivi di censura su cui ha statuito il Tar Basilicata.
1.2 Parimenti, risulta infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello, per effetto dell’avvenuta formazione del giudicato sul ricorso n. 400/09.
Le statuizioni non appellate nel presente giudizio riguardavano provvedimenti di sospensione lavori e il diniego di autotutela relativo alla sospensione lavori e, pertanto, afferivano a provvedimenti aventi funzione cautelare (o comunque, quanto al diniego di autotutela, atti di riesame su provvedimenti cautelari), destinati a regolare temporaneamente il rapporto controverso.
Ne deriva che, una volta ottenuto l’annullamento della seconda ordinanza di sospensione lavori n. 71 del 24.7.2009, attesa la decorrenza del termine di efficacia della prima ordinanza, non sussisteva alcun interesse del ricorrente ad impugnare capi di sentenza riguardanti atti ormai divenuti inefficaci e non più lesivi.
I ricorrenti hanno, invece, appellato le statuizioni di primo grado aventi ad oggetto questioni giuridiche rilevanti (anche) in relazione ai successivi provvedimenti impugnati con ricorso n. 201/2010, proponendo specifici motivi di censura.
In particolare, diversamente da quanto eccepito dall’Amministrazione comunale, l’appellante ha censurato: a) la ricostruzione dei fatti operata dal Tar – in termini di demolizione totale in difformità rispetto al progetto autorizzato (motivo di appello n. 1) -; b) la qualificazione dell’intervento sottesa alla decisione di prime cure e, conseguentemente, l’applicabilità nella specie dell’art. 9, comma 9, NTA (motivo di appello n. 3); nonché c)il coefficiente di densità fondiaria determinato dal Comune e confermato in primo grado (motivo di appello n. 4); tutte rationes decidendi sottese alla pronuncia di primo grado e oggetto di specifica censura in sede di appello.
1.3 Non comporta l’inammissibilità dell’appello neanche l’omessa specifica contestazione delle statuizioni riguardanti: l’inidoneità della deliberazione del C.C. n. 38 del 5.2.1979 a derogare all’art. 9, comma 9, N.T.A. al P.R.G, la necessarietà delle due pareti non demolite al fine di sostenere il terrapieno sottostante Via (omissis) e Via (omissis) (la cui rimozione avrebbe potuto provocare il cedimento delle relative strade); la necessità di computare nella determinazione dell’indice fondiario anche la volumetria di 461,40 mc del piano seminterrato del fabbricato per cui è causa, non qualificabile come volume tecnico; l’impossibilità di operare una medie tra distinti indici di densità fondiaria.
Tali argomenti, pure valorizzati dal Tar a fondamento della decisione, sebbene non possano più essere messi in discussione nel presente grado di giudizio, in quanto non investiti da uno specifico motivo di appello, non risultavano autonomamente idonei a sorreggere la decisione; ragion per cui la loro omessa contestazione determina una preclusione processuale, ma non una inammissibilità dell’impugnazione per difetto di interesse.
Difatti:
– l’inidoneità della deliberazione del C.C. n. 38 del 5.2.1979 a derogare all’art. 9, comma 9, N.T.A. al P.R.G non è sufficiente a determinare il consolidamento della decisione di prime cure in ordine all’applicazione al caso di specie dell’art. 9, comma 9, cit., tenuto conto che l’appellante ha contestato che nella specie si fosse in presenza di una demolizione totale del manufatto originario, presupposto per l’operatività della disposizione in esame;
– la funzione di sostegno svolta dalle due pareti non demolite con riferimento al terrapieno sottostante Via (omissis) e Via (omissis), parimenti, non risolve la questione riguardante l’esatta individuazione dei lavori realizzati, il cui esame è necessario per verificare se si sia in presenza di una demolizione totale ovvero parziale, come ritenuto dall’appellante;
– l’impossibilità di operare una media tra distinti indici di densità fondiaria e la necessità di computare nella determinazione della densità fondiaria anche la volumetria di 461,40 mc del piano seminterrato del fabbricato per cui è causa non consentono di ritenere superato il problema della verifica della densità fondiaria, tenuto conto che l’appellante ha comunque contestato l’erroneità della sentenza di prime cure nella parte in cui, rigettando il ricorso, ha ritenuto di dovere computare il cinema tra i fabbricati da prendere in esame ai fini del calcolo della densità fondiaria.
1.4 Risultano infondate, infine, le eccezioni di inammissibilità del ricorso in primo grado: a) per la tardiva impugnazione della nota del 25.11.2019 di verifica d’ufficio della densità fondiaria, tenuto conto che non si è in presenza di atto immediatamente lesivo, da impugnare entro il termine di decadenza decorrente dalla sua comunicazione; b) per l’ammesso superamento della densità fondiaria di cui all’art. 9, comma 9, NTA (desumibile dalla consulenza di parte del 2011), tenuto conto che la condotta processuale della parte risulta valutabile ai fini probatori (ex art. 64, comma 4, c.p.a.), ma non determina l’inammissibilità o l’improcedibilità del ricorso, salvi la rinuncia o altri comportamenti idonei a manifestare la sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione proposta, elementi nella specie tuttavia mancanti.
2. Procedendo all’esame del merito dell’appello, occorre, preliminarmente, ricostruire i fatti di causa alla stregua delle risultanze della verificazione disposta in appello, cui il Collegio intende aderire -anche ai fini della controdeduzione alle osservazioni svolte dalle parti – in quanto immune da vizi logico giuridici, coerente con la documentazione in atti e svolta nell’osservanza delle pertinenti norme tecniche all’uopo applicabili.
In particolare, la verificazione, condotta con accesso diretto ai luoghi ed esame della pertinente documentazione tecnica ivi richiamata, ha riscontrato che:
– il fabbricato di nuova realizzazione di proprietà degli appellanti, all’atto del sopralluogo, si presentava come un organismo edilizio isolato a pianta trapezioidale con struttura portante in calcestruzzo armato e solai laterocementizi, composto da un piano seminterrato e un piano terra di superficie lorda pari a mq 149,47; un primo ed un secondo piano di superficie lorda pari a mq 144,83, con copertura a terrazzo;
– la relazione tecnica allegata all’istanza di permesso di costruire, rilasciato per lavori di “ristrutturazione ed ampliamento di un fabbricato sito in Via (omissis)” (doc. 6 deposito 4.5.2012 primo grado), prevedeva la demolizione delle parti pericolanti del fabbricato, il recupero di parte delle murature di contenimento, la costruzione delle nuove fondazioni e il rinforzo delle parti murarie da recuperare, con l’edificazione del nuovo fabbricato;
– dalla documentazione fotografica prodotta da entrambe le parti (cfr. rappresentazioni fotografiche delle opere di fondazione in corso di costruzione), emerge che “il Fabbricato in questione è stato completamente demolito ad eccezione delle due pareti a ridosso del terrapieno e sottostanti Via (omissis) e Via (omissis). Stando così le cose, sono state, quindi, oggetto di demolizione anche ulteriori pareti, in aggiunta a quelle già previste in progetto. A tale conclusione si giunge attraverso un confronto tra: 1) gli elaborati dello stato di fatto della preesistente costruzione e 2) gli elaborati di progetto della nuova costruzione” (pagg. 18-19 relazione di verificazione);
– in particolare, il verificatore, dall’esame degli elaborati grafici di progetto – peraltro, talvolta non suscettibili di mostrare, in modo chiaro, le soluzioni adottate, arrestandosi ad una scala di dettaglio non sempre di livello esecutivo – ha rilevato che: a) la parete che si affaccia sull’area privata – lato cinema, sarebbe stata oggetto di demolizione e di ricostruzione per l’intera lunghezza, ciò per effetto del nuovo telaio strutturale che avrebbe sostituito la precedente muratura portante (come confermato dalla non coincidenza del filo del muro originario con quello di nuova costruzione); b) la parete (lato corto in pianta del trapezio) di ml 2.51, sarebbe stata presumibilmente o verosimilmente oggetto di demolizione e di ricostruzione, dovendo consentirsi in fase esecutiva l’alloggiamento dei due pilastri ivi previsti; c) le pareti interne (ortogonali alla parete a ridosso del terrapieno di Via (omissis)) sarebbero state anch’esse verosimilmente demolite e ricostruite, per consentire l’alloggiamento del vano scala presente nelle “piante di progetto modificate”; d) la parete interna (di separazione tra i due originari edifici) sarebbe stata in parte mantenuta;
– alla stregua di tali rilievi, il verificatore ha, quindi, ritenuto che in sede di esecuzione, tutte le pareti di cui sopra siano state demolite, ad eccezione delle pareti che costeggiano Via (omissis) e Via (omissis). In definitiva, secondo il confronto e l’analisi dei grafici di progetto e delle citate relazioni agli atti del procedimento, il fabbricato realizzato è risultato conforme a quanto assentito con il progetto di cui al permesso di costruire datato 12/10/2006, ad eccezione della parete di divisione tra i due immobili nei pressi del nuovo vano scala, la quale è stata completamente demolita nel corso dell’esecuzione dei lavori; ciò sotto il profilo architettonico, restando valide le considerazioni supra svolte sotto quello strutturale, citate nella descrizione riportata nella 2° parte da pag.14 e seguenti della relazione di verificazione;
– con riferimento alle uniche due pareti non demolite, a ridosso del terrapieno e sottostanti Via (omissis) e Via (omissis), il verificatore ha precisato che in asse a dette pareti sono stati realizzati nuovi telai strutturali in cemento armato, di pari altezza del fabbricato, composti da fondazione, pilastri e travi, calcolati per sopportare i soli carichi permanenti e variabili del fabbricato, in condizioni statiche e dinamiche, nel rispetto della normativa sismica all’epoca vigente, e ciò indipendentemente dalla struttura in muratura preesistente, alla quale nel calcolo strutturale, quindi, non è stata affidata alcuna capacità portante;
– ove queste pareti fossero rimosse (o lo fossero state in precedenza), non risulterebbe garantita la stabilità dei due tratti di strada di Via (omissis) e Via (omissis) in corrispondenza del fabbricato;
– dal confronto tra lo schema strutturale della fondazione riportata negli elaborati di progetto, di cui al Permesso di Costruire, e quello realizzato in corso di esecuzione come emergente dalle foto scattate in sede di esecuzione, risulta che le travi di collegamento dei plinti di fondazione sottostanti via (omissis) e Via (omissis), sono state traslate all’interno del fabbricato, così come è stata realizzata ex novo una trave di collegamento tra la struttura portante del vano scala e la citata trave di collegamento sottostante via (omissis); con conferma che al netto delle due pareti sovra menzionate, tutto il fabbricato originario è stato interamente demolito e ricostruito;
– in applicazione delle pertinenti disposizioni tecniche (cfr. artt. 9, 37 e 40 NTA al PRG), prendendo in considerazione solo gli edifici che si affacciano sulla strada, disposti sullo stesso fronte dell’edificio in questione, il verificatore ha rilevato che la densità fondiaria media (mc/mq) della zona di riferimento è pari a 11.94 mc/mq; la densità fondiaria (mc/mq) del fabbricato De Ni. ricostruito è pari a 12.01, pressoché equivalente; il 70% di 11.94 (mc/mq) corrisponde a 8.35 mc/mq, con la conseguenza che risulta violata nella specie la disciplina di cui all’art. 9, comma 9, NTA del PRG, in quanto il fabbricato degli appellanti presenta una differenza di 3.66 mc/mq superiore al limite massimo di densità fondiaria media della zona di riferimento (12.01 mc/mq – 8.35 mc/mq).
Il verificatore ha, inoltre, specificatamente controdedotto alle osservazioni critiche della parte appellante, da intendersi recepite nella presente pronuncia.
In particolare, l’organo ausiliario, tra l’altro, ha correttamente rilevato che:
– il richiamo all’art. 3 L.R. n. 25/09 non è conferente, trattandosi di disposizione sopravvenuta rispetto all’adozione del permesso di costruire e comunque non risultando provati i presupposti di sua applicazione; peraltro, si osserva che alcun motivo di ricorso è stato formulato avuto riguardo a tale previsione normativa, ragion per cui, come eccepito pure dall’Amministrazione nella memoria del 4.11.2019, non possono trovare ingresso in sede di appello nuovi profili di censura non articolati tempestivamente in primo grado;
– non risultano computabili tra le pareti non demolite muri che erano e restano fuori della sagoma del fabbricato oggetto di permesso a costruire; inoltre, con argomentazioni tecniche supportate dalla documentazione in atti, il verificatore ha evidenziato la difformità tra l’intervento realizzato e quello assentito, tenuto conto che alcuni setti portanti interni al fabbricato, contrariamente a quanto riportato negli elaborati di cui al permesso di costruire, non sono stati oggetto di recupero;
– nel calcolo della densità fondiaria, occorre applicare l’art. 9, comma 9, NTA del PRG e, quindi, è necessario avere riguardo alla densità fondiaria media degli edifici che si affacciano sulla strada che parte dall’incrocio di Via (omissis), passa per via (omissis) e via (omissis) ed arriva all’incrocio di via (omissis); anche sotto tale profilo, si osserva come non possano trovare ingresso in sede di appello censure non articolate neanche in sede impugnatoria (cfr. osservazioni sull’asserita inutilità del calcolo della densità fondiaria, contestazione non dedotta in appello, avendo il ricorrente soltanto contestato le modalità di calcolo di detto indice); peraltro, risulta in atti che lo stesso consulente tecnico della parte appellante aveva ammesso che “il tratto di strada a cui l’edificio appartiene è compreso fra due incroci di Via (omissis) a monte e via (omissis) a valle” (pag. 3 relazione ing. Co. sub doc. 25 deposito del 4.5.2012 in primo grado), il che costituisce ulteriore elemento istruttorio valorizzabile a sostengo della valutazione del verificatore.
3. Prima di esaminare i singoli motivi di impugnazione, il Collegio ritiene che le istanze istruttorie riproposte dall’appellante nel presente grado di giudizio debbano essere dichiarate inammissibili e comunque irrilevanti ai fini del decidere.
In particolare, si osserva che le esigenze istruttorie rappresentate dall’appellante attraverso la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio sono state soddisfatte mediante la verificazione disposta in sede di appello, mentre le istanze di prova testimoniale non sono ritenute meritevoli di accoglimento, avendo ad oggetto valutazioni o comunque afferendo a fatti da provarsi in via documentale.
Il Collegio ritiene, comunque, il quadro istruttorio completo all’esito della verificazione acquista al giudizio, potendo pervenirsi alla soluzione della controversia sulla base degli elementi istruttori già in atti.
4. Le risultanze istruttorie conducono al rigetto dei motivi di appello.
5. In particolare, con il primo motivo di appello (rubricato “Error in judicando. Violazione degli artt. 23 e 97 Cost., dell’art. 3 della Legge 241/90 e dell’art. 31 del D.P.R. 380/2001, per eccesso di potere, per violazione dei principi di legalità sostanziale e di legalità procedimentale e, quindi, per violazione del giusto procedimento e per eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e per comportamento irrazionale e contraddittorio”), gli appellanti impugnano le statuizioni di prime cure con cui il Tar ha rigettato il primo, il quarto ed il settimo motivo del Ric. n. 201/2010, riscontrando una difformità tra il fabbricato realizzato e il fabbricato assentito con il rilascio del permesso di costruire.
Secondo la prospettazione dei Sig.ri De Ni. e Ci., come emergente dalla relazione tecnica e dal progetto dell’Ing. Vi. De Ni. prestanti al Comune per il rilascio del premesso di costruire e acquisiti al giudizio in primo grado, il fabbricato per cui è causa risultava composto da un piano seminterrato, un piano terra ed una soffitta, versando in stato di abbandono e di pericolo; i lavori autorizzati prevedevano la demolizione delle parti pericolanti del fabbricato, il recupero di parte delle murature di contenimento (da individuare in quelle a ridosso di Via (omissis) e Via (omissis)), la costruzione di nuove fondazioni, il rinforzo delle pareti murarie da recuperare e la costruzione di un piano seminterrato, di un piano terra, di un primo piano e di un secondo piano.
Per l’effetto, le opere da recuperare erano costituite da una parte delle murature di contenimento, mentre il fabbricato da edificare era costituito dal piano terra, dal primo piano e dal secondo piano; il che sarebbe avvenuto nella specie, tenuto conto che, come emergente dagli atti impugnati e dalle fotografie presentate nel corso del giudizio di prime cure, le opere recuperate risultavano essere le murature di contenimento, mentre le opere realizzare fuori terra erano il piano terra, il primo piano e il secondo piano.
La sentenza impugnata dovrebbe, quindi, considerarsi erronea per aver ritenuto integrata nella specie una difformità tra progetto presentato ed approvato e opere recuperate ed eseguite; circostanza smentita altresì dalla relazione dell’ing. De Ni. acquisita al giudizio, attestante, la realizzazione di interventi nel rispetto del progetto assentito.
Ne deriva che l’Amministrazione, ove avesse ravvisato l’illegittimità del provvedimento abilitante la realizzazione dell’opera, non avrebbe potuto emettere un’ordinanza di demolizione una volta ultimati i lavori di costruzione del fabbricato, bensì avrebbe dovuto agire tempestivamente in autotutela, revocando, anche parzialmente, il permesso di costruire rilasciato prima dell’inizio dei relativi lavori.
L’assunto dell’appellante, incentrato sulla conformità tra lavori realizzati e lavori assentiti in sede di rilascio del permesso di costruire, risulta contrastante con le risultanze istruttorie della verificazione disposta nel presente grado di giudizio, da cui emerge che:
– l’intervento realizzato non è stato interamente conforme alle indicazioni di progetto, essendo state demolite anche ulteriori pareti, in aggiunta a quelle già previste in progetto; come desumibile da un confronto tra gli elaborati dello stato di fatto della preesistente costruzione e gli elaborati di progetto della nuova costruzione;
– il Fabbricato in questione è stato completamente demolito ad eccezione delle due pareti a ridosso del terrapieno e sottostanti Via (omissis) e Via (omissis);
– in asse a dette pareti sono stati realizzati nuovi telai strutturali in cemento armato, di pari altezza del fabbricato, composti da fondazione, pilastri e travi, calcolati per sopportare i soli carichi permanenti e variabili del fabbricato, in condizioni statiche e dinamiche, nel rispetto della normativa sismica all’epoca vigente, e ciò indipendentemente dalla struttura in muratura preesistente, alla quale nel calcolo strutturale, quindi, non è stata affidata alcuna capacità portante;
– ove queste pareti fossero state rimosse, non sarebbe stata garantita la stabilità dei due tratti di strada di Via (omissis) e Via (omissis) in corrispondenza del fabbricato;
– le travi di collegamento dei plinti di fondazione sottostanti via (omissis) e Via (omissis), sono state traslate all’interno del fabbricato, così come è stata realizzata ex novo una trave di collegamento tra la struttura portante del vano scala e la citata trave di collegamento sottostante via (omissis); con conferma che al netto delle due pareti sovra menzionate, tutto il fabbricato originario è stato interamente demolito e ricostruito.
In subiecta materia, il Collegio intende dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la demolizione deve ritenersi giuridicamente totale anche nelle ipotesi in cui, all’esito dell’intervento edilizio, sopravvivano muri di divisione con gli edifici contigui, non rimuovibili integralmente senza causare la rovina delle altrui proprietà (Consiglio di Stato, sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 8072).
Nel caso di specie le parti appellanti risultano aver demolito anche ulteriori pareti, in aggiunta a quelle già previste in progetto, con la conseguenza che il fabbricato in questione è stato completamente demolito, ad eccezione delle due pareti a ridosso del terrapieno e sottostanti Via (omissis) e Via (omissis), le quali non avrebbero potuto essere rimosse senza compromettere la stabilità dei due tratti di strada (di Via (omissis) e Via (omissis)) in corrispondenza del fabbricato.
Ne deriva che in una fattispecie come quella di causa (alla stregua di quanto precisato da questo Consiglio con sentenza n. 8072/04), la demolizione deve qualificarsi come totale: per l’effetto, posto che il permesso di costruire rilasciato in favore degli odierni appellanti prevedeva soltanto lavori di ristrutturazione e ampliamento, l’avvenuta demolizione totale del manufatto preesistente con nuova edificazione ha determinato, da un lato, la realizzazione di lavori difformi dal progetto assentito dall’Amministrazione, dall’altro, l’integrazione del presupposto di applicabilità di cui all’art. 9, comma 9, NTA del PRG.
Ai sensi di tale previsione, in particolare, in caso di trasformazione di un singolo edificio mediante demolizione e ricostruzione, è ammessa una densità fondiaria pari al 70% di quella media del tratto di strada (compreso fra i due incroci) a cui l’edificio stesso appartiene.
Come correttamente rilevato dal Tar, tale previsione risulta applicabile per ogni ipotesi di demolizione totale di un manufatto preesistente, sia qualora l’intervento edilizio sia qualificabile come ristrutturazione edilizia ex art. 3, comma 1, lett. d), DPR n. 380/2001, consistendo nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma dell’immobile preesistente, sia qualora si sia in presenza di nuova costruzione ai sensi dell’art 3, comma 1, lett. e.1), DPR n. 380/2001, sub specie di demolizione e ricostruzione con ampliamento della sagoma esistente.
Ne deriva, dunque, che l’Amministrazione comunale non doveva avviare alcun procedimento di autotutela, finalizzato al riesame del permesso di costruire rilasciato nel 2006, non facendosi questione di illegittimità – per contrasto con l’art. 9, comma 9, NTA del PRG – del provvedimento autorizzatorio adottato dall’ente locale, bensì di realizzazione di opere difformi rispetto a quelle assentite.
Pertanto, tenuto conto che il progetto approvato con l’emissione del permesso di costruire non prevedeva la demolizione totale del manufatto di proprietà dell’appellante, bensì soltanto una sua ristrutturazione con ampliamento, l’Amministrazione procedente ha correttamente omesso, in sede progettuale, la verifica della densità fondiaria di cui all’art. 9, comma 9, NTA del PRG.
Quando, invece, durante l’esecuzione dei lavori, all’esito dell’accertamento dell’avvenuta demolizione totale del manufatto preesistente con una nuova edificazione, si sono realizzati i presupposti di applicazione dell’art. 9, comma 9, cit., il Comune ha correttamente avviato il procedimento (di primo grado) teso alla verifica della densità fondiaria.
Trattandosi di verifica condotta su opere eseguite in difformità rispetto al titolo edilizio, il relativo procedimento -conclusosi con l’emissione dell’ordinanza di demolizione impugnata in primo grado- non poteva, quindi, essere avviato prima dell’inizio dei lavori, come preteso dal ricorrente.
Né potrebbe sostenersi l’esistenza di termini finali entro cui l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto svolgere l’intervento repressivo.
In subiecta materia la giurisprudenza ha, infatti, ripetutamente precisato che “in ragione della sua natura di atto vincolato, ancorato esclusivamente alla sussistenza di opere abusive che ne rendono doverosa l’adozione da parte dell’amministrazione, l’ordine di demolizione non richiede una specifica motivazione sulla ricorrenza del concreto interesse pubblico alla loro rimozione, essendo la relativa ponderazione tra l’interesse pubblico e quello privato già compiuta, a monte, dal legislatore, né la preventiva comunicazione di avvio del procedimento (ex multis, C.d.S., sez. IV, 27 maggio 2019, n. 3432; sez. II, 20 maggio 2019, n. 3208), e ciò in base ad un principio che non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ordine di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso (C.d.S., Ad. Plen., 17 ottobre 2017, n. 9).” (Consiglio di Stato, sez. II, 21 ottobre 2019, n. 7103).
Pertanto, alla stregua di tale indirizzo giurisprudenziale, da confermare anche nel presente giudizio, non poteva ritenersi sussistente alcun termine finale entro cui esercitare l’azione repressiva – tradottasi, nella specie, con l’emissione dell’ordinanza di demolizione – di competenza dell’Amministrazione comunale.
Alla luce delle considerazioni svolte, il primo motivo di appello è infondato, tenuto conto che l’Amministrazione, una volta riscontrato che l’intervento edilizio era stato eseguito in difformità rispetto al titolo edilizio, nonché che i lavori svolti si erano tradotti in una demolizione totale del manufatto preesistente con nuova edificazione, verificata la violazione dell’art. 9, comma 9, NTA del PRG, ha legittimamente emesso l’ordinanza di demolizione impugnata in primo grado.
6. Con il secondo motivo di appello (rubricato “error in judicando. Violazione dell’art. 7 della legge 241/1990 e, quindi, violazione del giusto procedimento, in quanto l’ordine di demolizione è stato emesso senza la previa comunicazione dell’avvio del procedimento”), gli appellanti sostengono la diversità tra il procedimento per il calcolo della densità fondiaria, da avviare e completare prima che l’opera sia autorizzata o iniziata, e il procedimento per l’accertamento della difformità prospettica o volumetrica tra quanto approvato e quanto realizzato (funzionale all’emissione dell’ordinanza di demolizione), suscettibile di essere avviato e completato sia durante, sia dopo la realizzazione dell’opera.
Per l’effetto, in ragione della diversità dei due procedimenti in punto di presupposti ed effetti, l’Amministrazione avrebbe dovuto determinare la densità fondiaria prima dell’approvazione del progetto o, al più, prima della realizzazione del secondo piano.
Nella specie, la determinazione della densità fondiaria è avvenuta successivamente alla realizzazione dell’opera, con violazione -secondo la prospettazione degli appellanti- del giusto procedimento e, quindi, dell’art. 7 L. n. 241/90, per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento diretto all’emissione dell’ordine di demolizione e/o del provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale del secondo piano del fabbricato; né tale comunicazione potrebbe desumersi dalla nota n. 5860 del 2010, con cui l’Amministrazione comunicava l’esito del calcolo d’ufficio della densità fondiaria ed invitava gli appellanti a presentare una variante per la rideterminazione dei volumi e delle destinazioni.
Alla stregua delle osservazioni svolte in relazione al primo motivo di appello, anche il secondo motivo di impugnazione risulta infondato.
In particolare, avuto riguardo al momento di svolgimento della verifica della densità fondiaria, come osservato, nella specie non si era in presenza di un adempimento (verifica della densità fondiaria) da espletare in sede di rilascio del permesso di costruire, non prevedendo il progetto presentato dagli attuali appellanti la demolizione totale del manufatto di proprietà con nuova edificazione (presupposto di applicabilità dell’art. 9, comma 9, NTA del PRG cit.).
Nel caso in esame, invece, si era di fronte a lavori eseguiti in difformità rispetto a quelli assentiti dall’Amministrazione comunale, integranti gli estremi della demolizione totale di un manufatto preesistente seguita da nuova edificazione e, pertanto, idonei a realizzare il presupposto di applicazione dell’art. 9, comma 9, NTA del PRG cit.
Di conseguenza, l’Amministrazione ha legittimamente svolto la verifica della densità fondiaria una volta integrato il relativo presupposto fattuale, all’esito della demolizione totale del manufatto di proprietà degli appellanti con successiva edificazione.
Con riferimento alla doglianza riguardante la violazione dell’art. 7 L. n. 241/90, si osserva che la censura è parimenti infondata, tenuto conto che il provvedimento direttamente lesivo della sfera giuridica dell’appellante è rappresentato dall’ordine di demolizione (del secondo piano dell’immobile di proprietà degli appellanti), in relazione al quale l’omessa comunicazione di avvio del procedimento non costituisce motivo di annullamento.
La giurisprudenza di questo Consiglio ha, al riguardo, precisato che “la natura obbligata dell’ingiunzione a demolire, in conseguenza dell’accertata violazione, non ne impone né una particolare motivazione, essendo l’interesse pubblico alla sua adozione sotteso in re ipsa, né il preventivo inoltro della comunicazione di avvio del procedimento, stante che la partecipazione della parte non potrebbe in alcun modo incidere sui contenuti dello stesso (cfr. Cons. Stato, A.P. 17 ottobre 2017, n. 9, nonché Cons. Stato, Sez. VI, 25 febbraio 2019, n. 1281; Sez. II, 29 luglio 2019, n. 5317).” (Consiglio di Stato, sez. VI, 29 agosto 2019, n. 5943); nonché che “Per giurisprudenza ormai del tutto consolidata, l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce infatti attività vincolata della pubblica amministrazione e, pertanto, i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l”invio di comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto, trattandosi di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistico-edilizie, secondo un procedimento tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato, che si ricollega ad un preciso presupposto di fatto, ossia l’abuso (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 10 agosto 2011, n. 4764 e 20 luglio 2011, n. 4403; Sez. III, 14 maggio 2015, n. 2411; Sez. VI, 24 settembre 2010, n. 7129).” (Consiglio di Stato, sez. II, 5 agosto 2019, n. 5518).
Il Comune, dunque, non era tenuto, a pena di illegittimità delle determinazioni da assumere, a comunicare l’avvio del procedimento concluso con l’ordinanza di demolizione.
In ogni caso, nella specie gli appellanti erano già a conoscenza della pendenza di un procedimento suscettibile di concludersi con misure repressive di abusi edilizi per violazione dell’art. 9, comma 9, NTA del PRG, in ragione dell’avvenuta notificazione delle ordinanze di sospensione dei lavori.
Tali provvedimenti, ponendo il destinatario in condizione di conoscere la pendenza di un procedimento di accertamento di illeciti edilizi (oggetto, nelle more, di sospensione cautelare), suscettibile di concludersi anche con la misura demolitoria, sono di per sé idonei a soddisfare le esigenze di tutela sottese alla disciplina di cui all’art. 7 L. n. 241/90 (rappresentate dalla comunicazione della pendenza di un dato procedimento, al fine di permettere agli interessati di esercitare le relative facoltà procedimentali).
Peraltro, come correttamente ritenuto dal Tar, i ricorrenti erano a conoscenza della pendenza di un procedimento, avente ad oggetto il calcolo della densità fondiaria – suscettibile di concludersi con la demolizione della volumetria eccedente a quella prevista dal predetto art. 9, comma 9, NTA PRG – anche per effetto: a) della nota prot. n. 18966 del 25.11.2009 (doc. 17 deposito ricorrente primo grado del 4.5.2012), con cui il Comune aveva comunicato ai ricorrenti l’avvio del procedimento per il calcolo d’ufficio della densità fondiaria del predetto fabbricato, indicando il Geom. Rocco Breglia l’incaricato al calcolo nell’assegnato termine di 30 giorni; nonché b) della nota prot. n. 5860 del 12.4.2010 (doc. 20 deposito ricorrente primo grado del 4.5.2012), con cui il Comune aveva comunicato ai ricorrenti l’esito del calcolo della densità fondiaria del fabbricato di cui è causa di 10,65 mc./mq., superiore di 3,09 mc./mq. a quella (ex art. 9, comma 9, N.T.A. citato) media del tratto di strada, compreso fra i due incroci, di 7,56 mc./mq., nonché aveva invitato i ricorrenti a presentare, entro 10 giorni, una variante che prevedesse la rideterminazione dei volumi e delle destinazioni, al fine di rendere l’intervento edilizio in commento conforme al predetto e vigente art. 9, comma 9, N.T.A. del PRG.
Anche per effetto di tali ulteriori atti di provenienza comunale, i ricorrenti erano in condizione di conoscere la pendenza del procedimento di accertamento degli illeciti edilizi, potendo, quindi, esercitare le facoltà di partecipazione procedimentale; con conseguente soddisfacimento delle esigenze di tutela sottese all’art. 7 L. n. 241/90.
Ne deriva l’infondatezza del secondo motivo di impugnazione anche sotto il profilo della violazione dell’art. 7 L. n. 241/90.
7. Con il terzo motivo di appello (rubricato “Error in iudicando. Violazione degli artt. 3 e 10 D.P.R. 380/2001, violazione dell’art. 3 Legge 241/1990; erronea qualificazione dell’intervento edilizio realizzato; eccesso di potere”), gli appellanti sostengono che, diversamente da quanto ritenuto dal Tar, nella specie non si farebbe questione di demolizione totale del manufatto, atteso che “il fabbricato preesistente è stato demolito per circa la metà ed è stato preservato per circa la metà ” (pag. 17 appello): difatti, il fabbricato preesistente risultava di base quasi triangolare ed era composto da un piano seminterrato, da un piano terra e da una soffitta; tale fabbricato sarebbe stato demolito quanto alla soffitta e al primo piano, le cui pareti risultavano costituite da muri fatiscenti e pericolanti, mentre era stato preservato quanto al piano seminterrato, le cui pareti erano costituite da muri di contenimento dei terrapieni sottostanti Via (omissis) e Via (omissis); il fabbricato realizzato avrebbe conservato la stessa superficie e sagoma, con aumento di volumetria autorizzata ai sensi delle norme generali di attuazione del Piano Particolareggiato del Comune resistente approvate con deliberazione C.C. n. 5 del 5.2.1979.
Sulla base di tali dati, gli appellanti ritengono, quindi, che non si faccia questione di demolizione totale, bensì soltanto parziale, con conseguente necessità di qualificare l’intervento come ristrutturazione ed ampliamento ex art. 3, comma 2, lett. d), D.P.R. n. 380/2001, per propria natura sottratto all’applicazione dell’art. 9, comma 9, N.T.A. del P.R.G. posta a base dei provvedimenti impugnati in primo grado.
Anche tale motivo di appello è infondato, tenuto conto che, alla stregua delle argomentazioni svolte nello statuire sul primo motivo di impugnazione, nella specie si fa questione di demolizione totale, con conseguente applicazione al caso in esame del disposto di cui all’art. 9, comma 9, N.T.A. del P.R.G., la cui operatività, peraltro, non è esclusa dalla deliberazione C.C. n. 5 del 1979, come pure ritenuto dal Tar con statuizione non specificatamente contestata in sede di appello (“l’art. 1 della Del. C.C. n. 38 del 5.2.1979, di approvazione del Piano Particolareggiato della “Zona Bpp”, alla lett. A) consente le costruzioni con altezza non superiore al “rapporto 1,5 con la larghezza della sede viaria misurata da fabbricato a fabbricato, con il limite massimo di n. 1 piano terra più n. 2 piani”, ed alla lett. B) prevede che i fabbricati, lungo le strade di completamento, possano essere costruiti “con le limitazioni di cui al punto A)”, “seguendo l’allineamento degli edifici esistenti, senza l’obbligo di arretramento anche in deroga alla distanza minima del PRG”. Ma l’art. 11 delle N.T.A. al PRG, oltre a richiamare al primo comma il predetto Piano Particolareggiato della “Zona Bpp”, al secondo comma statuisce espressamente che i fabbricati, ricadenti nella “Zona Bpp”, devono rispettare sia le disposizioni, contenute nel Piano Particolareggiato, approvato con la citata Del. C.C. n. 38 del 5.2.1979, sia gli artt. 8 e 9 delle N.T.A. del vigente PRG e perciò anche il suddetto art. 9, comma 9, delle stesse N.T.A.”.).
8. Con il quarto ed ultimo motivo di appello (rubricato “Error in iudicando. Insufficiente istruttoria, travisamento dei fatti e dei dati posti a base del calcolo della densità fondiaria che ha dato luogo all’ordinanza impugnata; eccesso di potere; violazione dell’art. 9, comma 9 e dell’art. 40 comma 10 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di (omissis)”) gli appellanti deducono che, ai fini del calcolo della densità fondiaria di cui all’art. 9, comma 9, N.T.A. del P.R.G. dell’Amministrazione comunale, occorrerebbe computare -anziché gli edifici della zona, come erroneamente ritenuto dal Comune – esclusivamente gli edifici del tratto di strada compreso tra due incroci sul quale si affaccia il fabbricato oggetto di giudizio, come confermato dalla consulenza tecnica dell’ing. Pi. Gi. Co. (redattore delle NTA del PRG in esame) acquisita al giudizio di primo grado.
Per l’effetto, l’Amministrazione non avrebbe potuto comprendere nel calcolo della densità fondiaria il cinema, che non si affaccia su Via (omissis) e comunque non farebbe parte dello stesso comparto edilizio del fabbricato per cui è causa, risultando direttamente e normalmente accessibile soltanto da Via (omissis) e non da Via (omissis) e da Via (omissis) alla stregua di quanto emergente dalla planimetria in atti.
Premesso che, come dedotto dall’appellata nella memoria di costituzione, le doglianze dell’appellante si riferiscono esclusivamente all’impossibilità di computare il cinema tra gli edifici da prendere in esame ai fini del calcolo della densità fondiaria – con acquiescenza, pertanto, in relazione al capo di sentenza con cui il Tar ha ritenuto necessario computare anche la volumetria di 461,40 mc. del piano seminterrato del fabbricato – il motivo di impugnazione non può essere accolto alla stregua delle risultanze della verificazione espletata in grado di appello.
In corretta applicazione delle pertinenti disposizioni tecniche (cfr. artt. 9, 37 e 40 NTA al PRG), anche prendendo in considerazione soltanto gli edifici che si affacciano sulla strada, disposti sullo stesso fronte dell’edificio in questione, risulterebbe comunque violato l’art. 9, comma 9, NTA, tenuto conto che la densità fondiaria media (mc/mq) della zona di riferimento è pari a 11.94 mc/mq, la densità fondiaria (mc/mq) del fabbricato De Ni. ricostruito è pari a 12.01, pressoché equivalente, con la conseguenza che, risultando il limite da rispettare in concreto pari al 70% di 11.94 (mc/mq) e, quindi, a 8.35 mc/mq, il fabbricato degli appellanti presenta una differenza di 3.66 mc/mq superiore al limite massimo di densità fondiaria media della zona di riferimento (12.01 mc/mq – 8.35 mc/mq).
Ne deriva che, pure non computando il fabbricato cinema nel calcolo della densità fondiaria secondo la prospettazione dell’appellante (cfr. pagg. 41-43 verificazione, in cui si individuano gli edifici presi in esame dal verificatore nello svolgimento del calcolo ex art. 9, comma 9, NTA del PRG cit., tra cui non è compreso il fabbricato cinema), risulterebbe comunque violato il disposto di cui all’art. 9, comma 9, cit. (la cui inosservanza, peraltro, era ammessa, seppure sulla base di calcoli differenti, anche dalla relazione prodotta in prime cure dall’odierno appellante sub doc. 25 deposito del 4.5.2012, pag. 4, in cui si fa riferimento al superamento del limite di densità fondiaria ammesso dall’art. 9 cit.).
Anche sotto tale profilo, dunque, la sentenza appellata merita conferma, in ragione dell’accertata violazione dell’art. 9, comma 9, N.T.A. del P.R.G., posta a base dei provvedimenti impugnati in primo grado.
9. Relativamente alla liquidazione delle spese per la verificazione giudiziale, si ritiene di accogliere in parte l’istanza avanzata dal verificatore nominato.
In particolare, con istanza del 26.11.2019, il verificatore ha chiesto il pagamento di Euro 7.381,33 con aumento fino al 100%, per un importo complessivo di Euro 14.762,66, a titolo di onorario, oltre Euro 235,32 a titolo di rimborso spese ed Euro 1.903,20, accessori compresi, a titolo di compenso professionale per il collaboratore tecnico, ing. Gi. Al..
Al riguardo, tenuto conto delle previsioni e dei criteri di cui agli artt. 50 e 51 D.P.R. 30/05/2002 n. 115 e al D.M. 30 maggio 2002, costituente parametro assumibile nel presente caso a fondamento della liquidazione, il Collegio ritiene che la complessità delle questioni oggetto di verificazione e la completezza della prestazione eseguita possano consentire una maggiorazione del compenso medio di Euro 7.381,33 richiesto dal verificatore ex art. 11 DM n. 182/02, rispettando i limiti di cui all’art. 52 D.P.R. n. 115/02 e quantificando, per l’effetto, il compenso complessivamente spettante a titolo di onorario nella misura di Euro 10.000,00, oltre accessori di legge ove dovuti; nell’importo di Euro 10.000,00 devono, in particolare, ritenersi compresi altresì l’acconto già riconosciuto con ordinanza n. 1432/2019 e il compenso del collaboratore del verificatore. Parimenti, deve essere riconosciuto l’importo richiesto di Euro 235,32 a titolo di rimborso spese, coerente con l’attività espletata.
Tenuto conto del principio di soccombenza, applicabile anche alla regolazione delle spese di verificazione, gli importi di Euro 235,32 a titolo di rimborso spese ed Euro 10.000,00 a titolo di onorario, oltre accessori di legge ove dovuti, sono posti a carico delle parti appellanti.
10. Le spese di lite seguono, parimenti, la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.
Condanna le parti appellanti, De Ni. Ro. Do. e Ci. An. Ma., al pagamento delle spese di verificazione, liquidate nella misura di Euro 235,32 (duecentotrentacinque/32) a titolo di rimborso spese ed Euro 10.000,00 (diecimila/00), oltre accessori di legge ove dovuti, a titolo di onorario, comprendendo nell’importo di Euro 10.000,00 (diecimila/00) sia l’acconto già riconosciuto con ordinanza n. 1432/2019 sia il compenso del collaboratore del verificatore.
Condanna le parti appellanti, De Ni. Ro. Do. e Ci. An. Ma., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore del Comune appellato, che si liquidano complessivamente in Euro 2.000,00 (duemila/00) oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Paolo Carpentieri – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco De Luca – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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