La circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|14 gennaio 2021| n. 1509.

In tema di furto, la circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, mero strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato non idoneo a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa, mentre solo una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. proc. pen.

Sentenza|14 gennaio 2021| n. 1509

Data udienza 26 ottobre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Furto – Assoluzione – Tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p. – Merce esposta su scaffali supermercato – Autogrill – Merce dotata di dispositivo antitaccheggio – Sistema di videosorveglianza – Aggravante dell’esposizione alla pubblica fede ex art. 625 co 1 n. 7 c.p. – Non è esclusa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CATENA Rossella – Presidente

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere

Dott. SESSA Renata – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 30/10/2019 della CORTE APPELLO di MESSINA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. RENATA SESSA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. MIGNOLO OLGA, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore l’Avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Messina, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale della stessa citta’, che aveva assolto (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) dal reato di furto aggravato ai sensi dell’articolo 131 bis c.p. per particolare tenuita’ del fatto, ha dichiarato i predetti imputati colpevoli e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti, li ha condannati ciascuno alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 300 di multa.
In particolare, i quattro sono imputati del reato previsto e punito dagli articoli 110 e 624 c.p. e articolo 625 c.p., n. 5 e 7, perche’, in concorso tra loro, al fine di trarne profitto, si impossessavano di un barattolo di nutella del peso di cinque kg, due salami, una confezione di vino ed altra merce che non si e’ riusciti ad inventariare, esposti per la vendita negli scaffali all’interno dell’autogrill di (OMISSIS) sito sulla tangenziale autostrada (OMISSIS) direzione PA/ME, con l’aggravante di aver commesso il fatto su cose esposte per necessita’ o consuetudine alla pubblica fede e dall’essere il fatto commesso da quattro persone riunite.
2. Relativamente alle posizioni di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), e’ interposto ricorso per cassazione con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), articolato in un solo motivo.
Con esso si deduce inosservanza od erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 7, in relazione alla ritenuta sussistenza dei presupposti della circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede.
La Corte di appello, nel sovvertire la pronuncia di assoluzione del giudice di primo grado, che aveva invece escluso la sussistenza della circostanza di cui trattasi, richiama a conforto una decisione giurisprudenziale concernente il caso ben diverso in cui la merce, esposta in supermercati su appositi banconi, era soggetta alla vigilanza fisica del personale di servizio e non anche da un complesso sistema di videosorveglianza installato precipuamente allo scopo di evitare il fenomeno del “taccheggio”, ossia il furto di merce esposta nei servizi commerciali.
Il significato dell’aggravante disciplinata dall’articolo 625 c.p., comma 1, n. 7), con cui si sanziona con maggiore severita’ il furto avente ad oggetto “cose esposte per necessita’ o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede”, richiede che la pubblica fede si identifichi con “il senso di affidamento verso la proprieta’ altrui nel quale confida colui che debba lasciare un bene incustodito”.
In relazione al particolare caso in cui il bene esposto alla pubblica fede coincida con la merce posta in vendita sui banconi dei supermercati, si segnala un precedente non piu’ recente della Cassazione secondo cui la presenza della placca antitaccheggio non sarebbe sufficiente ad escludere l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, trattandosi di un dispositivo non idoneo ad assicurare un controllo costante e diretto sul bene.
Per quanto non condivisibile ad avviso della difesa, questo orientamento di legittimita’ consente di cogliere il punto focale per cui l’esclusione dell’aggravante e’ consentita se l’impianto di rilevazione e’ in grado di tracciare, all’interno del locale, ogni singolo spostamento della merce, come abitualmente avviene con idoneo impianto di videosorveglianza (impianto nel caso di specie particolarmente efficace tant’e’ che a distanza di ore attraverso di esso era possibile individuare i colpevoli).
3. Relativamente alla posizione di (OMISSIS), e’ interposto ricorso per Cassazione con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), articolato in due motivi.
3.1. Con il primo motivo si eccepisce inosservanza ed erronea applicazione dell’articolo 131-bis c.p..
Premesso che l’imputato sarebbe stato erroneamente ritenuto colpevole (unicamente sulla scorta di un riscontro fotografico e di un profilo facebook riferibile ad un anonimo), si ritiene la motivazione del giudice d’appello, relativa alla ritenuta configurazione del reato “aggravato” ex articolo 625 c.p., n. 5 e 7, errata e priva di fondamento giuridico.
Ai sensi, infatti, dell’articolo 131-bis c.p., comma 4, “ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel comma 1 non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale”.
Nel caso in esame, quindi, l’ammontare della pena edittale massima prevista per il reato di furto (semplice), unitamente alla considerazione circa l’esiguo valore della merce sottratta e la non abitualita’ del comportamento dei prevenuti, consente di ritenere applicabile la causa di non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto.
3.2. Con il secondo motivo si lamenta inosservanza od erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 7, in relazione alla ritenuta sussistenza dei presupposti della circostanza aggravante, con argomentazioni del tutto sovrapponibili a quelle gia’ svolte nell’altro ricorso, e sopra riportate, alle quali si rimanda per evitarsi inutili ripetizioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili. I motivi posti a sostegno del ricorso sono manifestamente infondati.
1.Il motivo, comune ai due ricorsi, che attinge la sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 7, sub specie della esposizione alla pubblica fede, e’ manifestamente infondato.
Se da un lato e’ vero, infatti, come assumono i ricorrenti, che integra il reato di furto aggravato dall’esposizione della cosa alla pubblica fede la sottrazione, all’interno di un esercizio commerciale, di prodotti dotati di placca antitaccheggio, in quanto tale dispositivo, se non disperso prima del passaggio alle casse, consente la mera rilevazione acustica della merce occultata al varco, ma non assicura la possibilita’ di controllo a distanza che esclude l’esposizione della merce alla pubblica fede. (Sez. 5, n. 17 del 21/11/2019 – dep. 02/01/2020, BEVILACQUA ISABELLA, Rv. 27838301), e’ anche vero, pero’, che non e’ sufficiente ai fini della esclusione dell’aggravante in parola qualunque tipo di controllo a distanza.
Come e’ stato, in maniera nettamente prevalente, da questa Corte affermato, nel furto, la circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non e’ esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videoregistrazione, che non puo’ considerarsi equivalente alla presenza di una diretta e continua custodia da parte del proprietario o di altra persona addetta alla vigilanza (cfr. ex multis, Sez. 5, n. 45172 del 15/05/2015 – dep. 11/11/2015, Cacopardo e altri, Rv. 26568101).
E, sia pure sotto parziale diverso angolo visuale, e’ stato affermato che la circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non e’ esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, che non garantisce l’interruzione immediata dell’azione criminosa, mentre soltanto una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante di cui all’articolo 625 c.p.p., comma 1, n. 7, (Sez. 2, n. 2724 del 26/11/2015 – dep. 21/01/2016, Scalambrieri, Rv. 26580801).
Secondo questo Collegio, cio’ che rileva e’ che il sistema di videosorveglianza non e’ idoneo ad escludere la esposizione della pubblica fede del bene perche’ non assicurando un controllo costante e diretti non fa venir meno la situazione di affidamento alla pubblica fede che gli avventori e clienti devono riporre rispetto al bene medesimo, che rimaner pertanto, in una siffatta evenienza, comunque affidato all’altrui senso di rispetto; e cio’ perche’, in altri termini, solo un controllo costante e diretto e’ incompatibile con la situazione di affidamento alla pubblica fede di avventori e clienti.
Il sistema di videosorveglianza rappresenta, rectius si risolve, piuttosto, come evidenziato dagli stessi ricorrenti sia pure ad altro fine – in un mero ausilio a posteriori per l’individuazione degli autori dell’impossessamento del bene altrui.
1.2. Il residuo motivo articolato nell’interesse del (OMISSIS) e’ generico ed in ogni caso non si confronta con quanto congruamente motivato nella pronuncia di merito in punto di ricostruzione del fatto e di riconducibilita’ dello stesso anche all’imputato (cfr. pagine 4 e 5 della sentenza impugnata).
Nel resto esso introduce il tema delle aggravanti, poi sviluppato unicamente in relazione a quella dell’esposizione alla pubblica fede con il secondo motivo, rispetto al quale valgono, come gia’ evidenziato in premessa, le considerazioni e i principi sopra esposti.
2. Alla pronunzia di inammissibilita’ consegue ex articolo 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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