Corte di Cassazione, penale, Sentenza|21 settembre 2021| n. 34912.
Il delitto di circonvenzione d’incapace si consuma all’atto dell’apprensione, eventualmente successivo all’induzione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che il reato si fosse consumato al momento della stipula di un atto pubblico per il trasferimento di un terreno oggetto di una compravendita di cui a precedente scrittura privata, rilevando come l’atto pubblico fosse necessario per conseguire, attraverso la trascrizione, gli effetti giuridici delle vendita, in modo da rendere il trasferimento di proprietà opponibile a chiunque).
Sentenza|21 settembre 2021| n. 34912. La circonvenzione d’incapace si consuma all’atto dell’apprensione
Data udienza 7 settembre 2021
Integrale
Tag – parola: Circonvenzione di persone incapaci – Reato a condotta plurima – Momento consumativo – Prescrizione – Termini – individuazione – La circonvenzione d’incapace si consuma all’atto dell’apprensione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GALLO Domenico – Presidente
Dott. MANTOVANO Alfredo – rel. Consigliere
Dott. PARDO Ignazio – Consigliere
Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere
Dott. MONACO Marco Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/05/2020 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. MANTOVANO ALFREDO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. CUOMO LUIGI, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore Avv. (OMISSIS), per l’imputato, il quale si riporta ai motivi del ricorso.
La circonvenzione d’incapace si consuma all’atto dell’apprensione
RITENUTO IN FATTO
1. La CORTE di APPELLO di PALERMO, con sentenza in data 6/05/2020- dep. 15/05/2020, riformava la sentenza con la quale il TRIBUNALE di TERMINI IMERESE in data 13/02/2019 aveva condannato (OMISSIS) a pena di giustizia per i seguenti reati, unificati per continuazione:
– capo a) circonvenzione di incapace aggravata ai sensi dell’articolo 61 c.p., n. 11 in danno di (OMISSIS), persona anziana e incapace di provvedere alle proprie necessita’, che egli aveva indotto a cedere propri immobili in loc. (OMISSIS), incamerando il corrispettivo, commesso a (OMISSIS);
– capo b) estorsione aggravata ai sensi dell’articolo 61 c.p., n. 11 in danno di (OMISSIS), badante di (OMISSIS) a partire da luglio 2011, che aveva costretto con violenza e minaccia a versargli la somma di 5.000 Euro, pari alla meta’ dei contributi a lei spettanti, commesso a (OMISSIS);
– capo c) violenza sessuale continuata e aggravata ai sensi dell’articolo 61 c.p., n. 5 e n. 11 in danno di (OMISSIS), commessa a CASTELBUONO il 4/07/2017.
Disponeva altresi’ la condanna al risarcimento dei danni nei confronti di (OMISSIS), rappresentata dal curatore speciale, e di (OMISSIS), costituite parti civili.
La CORTE territoriale rideterminava la pena, riducendola, e confermava per il resto gli esiti del giudizio di primo grado.
2. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, e deduce i seguenti motivi:
come primo, con riferimento al delitto sub a), la violazione dell’articolo 157 c.p. Sostiene che, mentre la circonvenzione di incapace e’ stata contestata facendo riferimento quanto alla consumazione alla data del (OMISSIS), in realta’ avrebbe dovuto retrodatarsi al 5/03/2011, allorche’ era stata concordata la âEuroËœscrittura privata di vendita’, impropriamente in sentenza qualificata âEuroËœcontratto preliminare’, anche perche’ il pagamento era avvenuto contestualmente, a mezzo di assegni circolari emessi il 28/02/2011 e incassati il 10/04/2011. Poiche’ tale scrittura presentava tutti i requisiti formali idonei a determinare la vendita dell’immobile, con l’indicazione delle particelle catastali, del prezzo, e con la precisazione che il possesso dell’immobile sarebbe stato trasferito a richiesta dell’acquirente, considerare la cessione come avvenuta 3 anni e 8 mesi prima rispetto alla contestazione intanto rinvierebbe a una piena consapevolezza e volonta’ dell’atto da parte di (OMISSIS), che versava allora in migliori condizioni di salute, e poi farebbe ritenere il reato (qualora sussistente) estinto per prescrizione. La successiva stipulazione in forma di atto pubblico del contratto di vendita, che era stato inizialmente definito dalle parti mediante scrittura privata, avrebbe assolto a una funzione meramente riproduttiva degli estremi del negozio, al fine di adempiere al sistema di pubblicita’ previsto dalla legge, senza aggiungere alcunche’ di sostanziale;
– come secondo, sempre quanto al reato sub a), la motivazione illogica in relazione al danno cagionato dalla vendita del terreno, che in realta’ non vi sarebbe stato, anche perche’ nel 2011 (OMISSIS) era certamente in possesso delle proprie facolta’, a differenza di quanto sarebbe accaduto negli anni successivi. Riferita la consumazione del reato al 2011, cio’ farebbe emergere incongruenze nella ricostruzione del fatto, poiche’ al momento della redazione della scrittura privata (OMISSIS) non aveva ancora preso servizio dall’anziana donna, si’ che le sue dichiarazioni appaiono ininfluenti, mentre la documentazione medica che ipotizza la progressiva perdita di capacita’ di (OMISSIS) risalirebbe a epoca successiva. In ogni caso, risulterebbe non accertato che l’anziana donna fosse circonvenibile al compimento dei singoli atti dispositivi che si assumono per lei pregiudizievoli;
– come terzo, con riferimento al delitto sub b), l’omessa valutazione di due file, risalenti uno al (OMISSIS). Sostiene che (OMISSIS) avesse gia’ concordato con chi in precedenza si occupava dell’assistenza a (OMISSIS), cioe’ con padre (OMISSIS), di versare lei stessa una parte dei contributi previdenziali, a fronte di una retribuzione mensile di 750 Euro – da cui veniva trattenuto l’importo di 40 Euro per contributi gravanti sulla badante, e quindi 710 Euro -, cui si erano sommati 290 Euro a titolo di vitto, importo quest’ultimo non dovuto perche’ (OMISSIS) viveva nella medesima casa dell’assistita, e quindi li’ aveva consumato i pasti. Se pertanto vi fosse stata la ferma determinazione del ricorrente a rivedere la remunerazione in origine stabilita, sarebbe stato piu’ semplice e legittimo negarle l’extra, piuttosto che pretendere la restituzione dei contributi;
– come quarto, con riferimento al delitto sub c), la violazione degli articolo 266 c.p.p. e ss., poiche’ la prova della violenza sessuale e’ stata desunta da videoregistrazioni che (OMISSIS) ha effettuato senza essere personalmente presente per l’intera durata della ripresa.
Richiama in proposito precedenti giurisprudenziali, che ammettono fonoregistrazioni effettuate da privati, purche’ pero’ costoro presenzino a esse. Conclude per l’inutilizzabilita’ delle videoriprese provenienti dalla telecamera collocata da (OMISSIS), acquisite agli atti del fascicolo processuale, trattandosi peraltro di un flusso comunicativo che necessitava dell’autorizzazione dell’autorita’ giudiziaria.
Con conclusioni scritte il PROCURATORE GENERALE di questa S.C. chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Il difensore fa pervenire una memoria scritta di replica.
La circonvenzione d’incapace si consuma all’atto dell’apprensione
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va rigettato.
1. Infondato e’ il primo motivo, poiche’ – premesso che, ai fini del riconoscimento della prescrizione, sollecita una rivisitazione del fatto incompatibile col giudizio di legittimita’, in presenza di una motivazione che ha ricostruito il fatto medesimo in modo completo e coerente – esso omette di confrontarsi con la chiara risposta fornita dalla CORTE territoriale a identico motivo prospettato in sede di appello. Ai fg. 20 ss. della sentenza e’ correttamente illustrato come la stipula dell’atto pubblico, avvenuta nel 2014, per il trasferimento del terreno oggetto della cessione di cui alla scrittura privata del 2011″ era necessaria per conseguire gli effetti giuridici della vendita, poiche’ la trascrizione la rendeva opponibile a chiunque; ha aggiunto che qualora le parti avessero inteso anticipare tali effetti alla data della scrittura privata, avrebbero dovuto provvedere alla sua trascrizione, che invece non e’ avvenuta. Ha aggiunto che non vi era solo un problema di certezza della data del contratto, bensi’ pure di tutela da eventi successivi alla cessione, incluso l’eventuale decesso della contraente, poiche’ gli eredi avrebbero potuto trascrivere una disposizione testamentaria relativa al medesimo immobile.
Nell’articolazione argomentativa del Collegio di appello, il perfezionamento delta vendita con la stipula dell’atto pubblico ha permesso peraltro di cogliere il peggioramento nel tempo delle condizioni di salute di (OMISSIS). Come ha rilevato il P.G. nelle conclusioni scritte, rileva per la consumazione del reato la pluralita’ degli atti e la commissione di condotte a effetto prolungato: l’iniziale induzione perde rilievo autonomo allorche’ il reato si protragga fino alla commissione di successivi atti, ripetuti nel tempo, i quali non costituiscono mero “post factum” non punibile, ma integrano la complessiva fattispecie delineata dalla norma incriminatrice.
La circonvenzione d’incapace si consuma all’atto dell’apprensione
2. In quest’ottica Sez. 2, Sentenza n. 45786 del 16/10/2012, Rv. 254352, ha sancito che “la natura istantanea e di pericolo del delitto di circonvenzione di incapaci farebbe maturare la consumazione nel luogo e nel tempo di compimento del primo atto pregiudizievole per la persona offesa e non in quelli in cui si e’ verificata l’effettiva diminuzione patrimoniale”; e tuttavia “si tratta (…) di una costruzione giuridica infondata atteso che nei reati a condotta plurima (…) si verte nel caso di una condotta unica nel cui ambito l’eventuale successiva apprensione costituisce il conseguimento del profitto ingiusto che circostanzia il pericolo insito nell’induzione che la norma voleva evitare”.
Sempre questa Sez. 2, con sentenza n. 31425 del 14/09/2020 dep. 10/11/2020 Rv. 280030, ha ribadito che “in tema di circonvenzione di persone incapaci, nell’ipotesi in cui ad un unico atto di induzione conseguano plurime condotte appropriative, il momento di consumazione del delitto va individuato nell’ultima apprensione in ordine cronologico, diversamente, nell’ipotesi in cui la pluralita’ di condotte appropriative derivi da plurimi atti di induzione, ciascuno dei quali con un obiettivo di approfittamento, ancorche’ originati dalla stessa circonvenibilita’ della vittima, il reato deve ritenersi reiterato e consumato al momento del conseguimento di ciascun singolo profitto”. La logica di entrambe le decisioni, che attengono a fattispecie di plurime apprensioni a seguito di successive induzioni, e’ nel senso che la verifica del momento consumativo vada operata in concreto, allorche’ l’atto derivante dalla circonvenzione sia in grado di dispiegare per intero i suoi effetti: trattando di una dinamica analoga – nel caso in esame non vi sono state successive apprensioni di beni della vittima, bensi’ un passaggio formale che ha completato la condotta iniziata con la scrittura privata, e ha conferito a essa piena validita’ – con motivazione congrua e logica la CORTE di PALERMO lo ha identificato nella redazione dell’atto pubblico.
3. Manifestamente infondato e’ il secondo motivo, poiche’ sollecita una differente ricostruzione del fatto, incompatibile col giudizio di legittimita’. Il condivisibile orientamento di questa S.C. (cf. per tutte Sez. 2, Sentenza n. 7986 del 18/11/2016 dep. 20/02/2017 Rv. 269217 – 01 imputati La Gumina e altro), ha sancito che “con riguardo ai limiti del sindacato di legittimita’ sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, delineati dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), come vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 46 del 2006, che (…) la predetta novella non ha comportato la possibilita’, per il giudice della legittimita’, di effettuare un’indagine sul discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la propria valutazione a quella gia’ effettuata dai giudici di merito, dovendo il giudice della legittimita’ limitarsi a verificare l’adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si e’ avvalso per giustificare il suo convincimento”.
La circonvenzione d’incapace si consuma all’atto dell’apprensione
La sentenza della CORTE territoriale, con motivazione congrua e in coerenza col capo di imputazione, ha illustrato il quadro probatorio che sostiene la condanna, identificandolo:
– nell’eta’ e nelle condizioni fisiche di (OMISSIS), nonche’ nella documentazione clinica da cui era emersa la diagnosi di Alzheimer, attestata dal 2012, ma gia’ accertata in precedenza, il che in se’ basta a escludere la piena capacita’ intellettiva della donna nelle fasi salienti della vicenda che l’ha interessata, con una progressione nella malattia;
– in quanto dichiarato da (OMISSIS), la badante che aveva assistito (OMISSIS) a partire da luglio 2011, avendo la prima confermato che la seconda non era in grado di muoversi dal letto, aveva necessita’ del supporto dell’ossigeno, e non era nemmeno in condizione di parlare;
– in quanto riferito dalle testimoni (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno ricordato i ricoveri ospedalieri e il regime di alimentazione per via artificiale cui (OMISSIS) era sottoposta;
– nella documentazione sui medesimi ricoveri ospedalieri, nel corso dei quali era stata elaborata la diagnosi di malattie invalidanti e degenerative;
– nel richiamo di piu’ testimoni all’intento perseguito dal ricorrente di acquisire il patrimonio di (OMISSIS), e per essere egli a tale scopo entrato nella sua vita privata.
4. Altrettanto manifestamente infondato e’ il terzo motivo di ricorso, riguardante l’estorsione, pur esso volto a una nuova ricostruzione del fatto, in presenza di una motivazione su di essa congrua e logica da parte dl Collegio di appello. Il punto sul quale il ricorso fa maggiormente leva per escludere la responsabilita’, o quanto meno l’elemento psicologico dl reato, e’ che se effettivamente (OMISSIS) avesse inteso recuperare una parte della retribuzione, ritenendola eccessiva, ben avrebbe potuto negare a (OMISSIS) il di piu’ riconosciutole âEuroËœfuori busta’ di 290 Euro mensili, che aveva di fatto portato lo stipendio netto da 710 Euro a 1.000 Euro mensili.
Il dato obiettivo della pretesa della restituzione dei contributi, che emerge dalla doppia conforme e motivata ricostruzione in fatto della vicenda, e’ stato invece desunto:
– dalla deposizione della badante, che in giudizio ha riferito delle minacce di licenziamento, e anche delle violenze, ricevute dall’imputato, a seguito delle quali la donna si era vista costretta a restituire l’importo che in precedenza era stato versato in suo favore per i contributi previdenziali, che pero’ per legge erano a suo carico solo in minima parte;
– da quanto riferito dalle testimoni (OMISSIS) e (OMISSIS), le quali hanno parlato non soltanto de relato, riproponendo quanto loro confidato da (OMISSIS), ma pure vale per (OMISSIS) – per conoscenza diretta, avendo costei assistito in una occasione alla formulazione di questo tipo di minacce alla badante da parte del ricorrente, e alla indicazione delle ragioni di esse, cioe’ alla pretesa di restituzione degli importi corrisposti a titolo di contributi;
– dalle riprese audiovisive, che hanno attestato il contesto di intimidazione nel quale (OMISSIS) prestava la propria opera, causato da (OMISSIS).
5. E’ infine infondato il quarto motivo di ricorso, che reclama l’inutilizzabilita’ delle videoriprese provenienti dalla telecamera collocata da (OMISSIS) nella stanza nella quale si trovava (OMISSIS), le quali hanno documentato i ripetuti atti di violenza sessuale da parte dell’imputato, poiche’ secondo costui per un verso quelle riprese avrebbero avuto la necessita’ dell’autorizzazione dell’autorita’ giudiziaria, per altro verso sarebbero dovute avvenire in presenza continuativa della stessa (OMISSIS).
La CORTE territoriale ha ampiamente argomentato, riprendendo sul punto la giurisprudenza di questa S.C., che si e’ trattato della documentazione di circostanze di fatto ritratte col mezzo audiovisivo, che aveva ripreso quel che e’ accaduto tra l’imputato e (OMISSIS) in casa di costei, cui (OMISSIS) aveva liberta’ di accesso. Come ricordato dal P.G., tali captazioni non hanno avuto nello specifico modalita’ tali da renderle illecite o inutilizzabili, poiche’ – come questa S.C. ha sancito in modo consolidato e condiviso – “non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata (articolo 615-bis c.p.) la condotta di colui che, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva, in un’abitazione in cui sia lecitamente presente, filma scene di vita privata, in quanto l’interferenza illecita normativamente prevista e’ quella realizzata dal terzo estraneo al domicilio che ne violi l’intimita’, mentre il disvalore penale non e’ ricollegato alla mera assenza del consenso da parte di chi viene ripreso” (Sez. 5, Sentenza n. 27160 del 02/05/2018, Rv. 273554).
L’interferenza illecita sanzionata dalla disposizione evocata e’ quella che proviene dal terzo estraneo alla vita privata di una persona, non gia’ quella del soggetto che invece sia ammesso a farne parte, mentre e’ irrilevante l’oggetto della ripresa, poiche’ che la nozione di “vita privata” si riferisce a qualsiasi atto o vicenda della persona che si svolga in un luogo riservato. Come spiegato dalla CORTE di PALERMO, le videoriprese di atti non aventi contenuto comunicativo, effettuate nel corso del procedimento penale, all’interno del domicilio dell’autore delle stesse, costituiscono una prova atipica ai sensi dell’articolo 189 c.p.p., e quindi non hanno bisogno, ai fini dell’utilizzabilita’, di autorizzazione del giudice (Sez. 3, Sentenza n. 37197 del 07/07/2010, Rv. 248563). Le videoregistrazioni effettuate dai privati sono pertanto prove documentali, acquisibili sulla base dell’articolo 234 c.p.p., e sono processualmente utilizzabili, perche’ la sanzione dell’inutilizzabilita’ ai sensi dell’articolo 191 c.p.p. riguarda soltanto le prove illegittimamente acquisite (Sez. 2, Sentenza n. 6515 del 04/02/2015, Rv. 263432).
Ancora piu’ infondata, e non sostenuta da supporto ermeneutico di questa S.C. a differenza di quanto asserito nel ricorso – e’ la tesi che videoriprese quali quelle in discorso sarebbero utilizzabili sono se chi le effettua resta sul luogo: non e’ invero messo in discussione che quelle riprese vi fossero state, che corrispondessero al vero, e che fossero state registrate in modo nascosto per iniziativa di (OMISSIS), la cui assenza per un verso era funzionale a comprendere il trattamento che l’imputato riservava all’anziana donna, per altro verso non ha inficiato la genuinita’ delle immagini e delle voci captate.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply