La causa estintiva del reato per condotte riparatorie

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|4 giugno 2021| n. 22098.

La causa estintiva del reato per condotte riparatorie, prevista dall’art. 162-ter cod. pen., è applicabile anche nei procedimenti cumulativi in cui sono contestati reati aventi differente regime di procedibilità, ancorché produca effetto limitatamente ai reati procedibili a querela di parte soggetta a remissione, posto che, in mancanza di espresse disposizioni contrarie, deve valorizzarsi la finalità del nuovo istituto tesa a favorire il risarcimento del danno da reato.

Sentenza|4 giugno 2021| n. 22098. La causa estintiva del reato per condotte riparatorie

Data udienza 28 aprile 2021

Integrale

Tag – parola: REATI CONTRO LA FAMIGLIA – DELITTI CONTRO L’ASSISTENZA FAMILIARE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOGINI Stefano – Presidente

Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere

Dott. VILLONI O. – rel. Consigliere

Dott. ROSATI Martino – Consigliere

Dott. PATERNO’ RADDUSA Benedett – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 235/20 della Corte di appello di Milano del 26/11/2019;
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere Dott. Orlando Villoni;
letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Locatelli Giuseppe, che ha concluso per l’inammissibilita’;
lette le conclusioni scritte del difensore della parte civile, avv. (OMISSIS), che ha chiesto di dichiarare inammissibile o rigettare il ricorso, depositando nota spese di rappresentanza e difesa.

La causa estintiva del reato per condotte riparatorie

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Milano ha confermato la pronuncia di primo grado, che aveva ritenuto (OMISSIS) responsabile dei reati di cui all’articolo 570 c.p., comma 1 e comma 2, n. 2 (capo A), articolo 612 c.p., comma 2, (capo B) e articolo 392 c.p. (capo C), ribadendone la condanna alla pena di sei mesi di reclusione ed Euro 300,00 di multa, oltre alle statuizioni in favore della parte civile costituita (OMISSIS).
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che formula i seguenti motivi di censura.
2.1. Violazione dell’articolo 162-ter c.p. e della L. n. 103 del 2017, articolo 1, commi 2, 3 e 4; annullamento dell’ordinanza del 20 settembre 2017 emessa dal giudice di primo grado per mancata concessione di un termine per consentire l’estinzione dei reati ai sensi dell’articolo 163-ter c.p. anche in relazione al Decreto Legislativo n. 36 del 2018, articolo 1, comma 1, lettera a).
All’udienza del 20 settembre 2018 (recte: 2017), prima utile dopo l’entrata in vigore della L. n. 103 del 2017, l’imputato chiedeva al giudice di primo grado la concessione di un rinvio con fissazione di un termine entro il quale provvedere al risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 1, commi 2, 3 e 4 della stessa L. n. 103 del 2017 che aveva introdotto l’articolo 162-ter c.p..
La richiesta veniva, pero’, rigettata, rilevando il giudice che uno dei reati indicati nei capi d’imputazione e in particolare quello di cui all’articolo 612 cpv. c.p. era una fattispecie procedibile d’ufficio, mentre le condotte riparatorie sono consentite solo per reati procedibili a querela.
La richiesta e’ stata riproposta al giudice di appello, che l’ha respinta con lo stesso argomento, senza tuttavia considerare che l’articolo 612 c.p., comma 2 e’ stato modificato dal Decreto Legislativo n. 36 del 2018, articolo 1, comma 1, lettera a) che ha soppresso le parole “e si procede d’ufficio”, rendendolo reato perseguibile a querela di parte.
La Corte territoriale avrebbe, pertanto, dovuto concedere il termine di cui alla L. n. 103 del 2017, articolo 1, comma 3 che attribuisce all’imputato la facolta’ di chiedere, alla prima udienza, fatta eccezione per quella del giudizio di legittimita’, successiva alla data di entrata in vigore della legge, la fissazione di un termine, non superiore a sessanta giorni, per provvedere alle restituzioni e alle altre condotte riparatorie.
2.2. Violazione dell’articolo 507 c.p.p. e annullamento dell’ordinanza del 20 settembre 2017 di rigetto della richiesta difensiva di assumere alcune testimonianze ritenute assolutamente necessarie.
In primo grado il giudice aveva rigettato la richiesta della difesa dell’imputato di escutere cinque testimoni indicati dalla persona offesa, ritenendo le testimonianze non assolutamente necessarie ai fini del decidere in difetto di adeguata motivazione.
2.3. Violazione dell’articolo 192 c.p.p. ed illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione in ordine alla mancata considerazione di alcuni elementi di fatto fondamentali, quali l’intervenuta separazione dei coniugi, l’assenza di minacce rivolte alla persona offesa, l’insufficiente capacita’ economica dell’imputato, le superiori disponibilita’ economiche della persona offesa, l’insussistenza di un suo stato di bisogno.
2.4. Violazione dell’articolo 612 c.p. per inesistenza degli elementi costitutivi del reato in relazione all’articolo 192 c.p.p. per erronea valutazione delle prove e vizi congiunti di motivazione sul punto.
Sono state mal valutate le stesse dichiarazioni rese dalla persona offesa dal reato che ha escluso di avere subito minacce di sorta dall’imputato.
2.5. Violazione dell’articolo 392 c.p. per inesistenza degli elementi costitutivi del reato in relazione all’articolo 192 c.p.p. per erronea valutazione delle prove e vizi congiunti di motivazione sul punto.
La condanna per tale reato e’ avvenuta unicamente in base alle dichiarazioni della persona offesa, ma in assenza di concreti elementi di riscontro.

 

La causa estintiva del reato per condotte riparatorie

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato e va accolto con le conseguenze oltre precisate.
2. Nel corso del dibattimento di primo grado, a fronte della presentazione da parte dell’imputato di istanza ai sensi della L. n. 103 del 2017, articolo 1, comma 3, di volere procedere ad una delle condotte riparatorie previste dal neo introdotto articolo 162-ter c.p., il Tribunale di Busto Arsizio rigettava la richiesta osservando che tra i reati contestati ve n’era uno (la minaccia aggravata contestata al capo B dell’editto di accusa) allora procedibile d’ufficio.
E’ utile anche ricordare che secondo la norme di diritto transitorio di cui alla L. n. 103 del 2017, articolo 1, commi 2 e 4 le relative disposizioni trovavano applicazione anche ai processi in corso alla data della sua entrata in vigore e che quella del 20 settembre 2017 era la prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della novella; il comma 3 dell’articolo 1 stabiliva, infatti, che in caso di accoglimento della richiesta, il giudice era tenuto a ordinare la sospensione del processo.
Il tema posto dal ricorso riguarda, tuttavia, non soltanto l’applicazione intertemporale del nuovo istituto disciplinato dall’articolo 162-ter c.p. (v. infra), ma in primo luogo la sua applicabilita’ ai processi cumulativi, quelli che, cioe’, contemplano reati sottoposti a diversi regimi di perseguibilita’.
La soluzione adottata dal Tribunale di Busto Arsizio e confermata dalla Corte di appello di Milano (pag. 6 sent.) e’ stata di escludere l’operativita’ dell’istituto in ragione del fatto che il processo contemplava all’epoca di presentazione della richiesta un reato procedibile d’ufficio, laddove e’ pacifico che le condotte riparatorie previste dall’articolo 162-ter c.p. siano state dal legislatore limitate ai reati procedibili a querela soggetta a remissione.
La soluzione accolta non appare, pero’, in linea con il dettato normativo e con un inquadramento sistematico del meccanismo processuale estintivo introdotto nel codice penale con la L. n. 103 del 2017.
Non puo’ essere, infatti, revocato in dubbio il dato che la verifica da parte del giudice dell’esito positivo delle condotte riparatorie possa riguardare anche un singolo reato, che conseguentemente deve essere dichiarato estinto in seguito alla riparazione integrale del danno cagionato (comma 3 dell’articolo 162-ter), atteso che favorire il ristoro del danno costituisce lo scopo ultimo e dunque la ratio del nuovo istituto.
Cio’ premesso, mentre per un altro istituto operante nel processo in maniera analoga a quello in esame e cioe’ la messa alla prova (articolo 168-bis c.p.), costituisce argomento discutibile se esso possa trovare applicazione anche nei processi cumulativi (l’articolo 168-bis esordisce con le parole: “Nei procedimenti per reati puniti…”), per le condotte riparatorie risalta, invece, chiaro l’intento del legislatore di renderlo applicabile ad ogni reato che sia procedibile a querela soggetta a remissione.
Non e’ dato, infatti, ravvisare ragioni di ordine ne’ letterale ne’ sistematico per non ritenere applicabile l’istituto a ciascun reato procedibile a querela soggetta a remissione anche quando con esso concorrano reati soggetti a diverso regime di procedibilita’ (d’ufficio o procedibili a querela irrevocabile, ad es. articolo 609-septies c.p.).
La stessa sospensione del processo che il giudice deve disporre in caso di presentazione dell’istanza da parte dell’imputato (articolo 162-ter c.p., comma 2) non e’ di per se’ incompatibile con un processo cumulativo, dal momento che l’obiettivo perseguito dal legislatore e’, come anzidetto, quello di favorire il risarcimento del danno e ove possibile eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato.
Ne’ possono trarsi spunti argomentativi di segno contrario dall’esame dello analogo istituto previsto dal Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 35, poiche’ e’ proprio alla sua struttura che si ispira l’articolo 162-ter c.p. e del resto la competenza del Giudice di Pace riguarda sia reati procedibili a querela a parte (articolo 4, comma 1, lettera a) che delitti e contravvenzioni procedibili d’ufficio (articolo 4, comma 1, lettera b) e comma 2), potendo, pertanto, anche dinanzi a tale giudice avere luogo processi cumulativi per reati soggetti a diversi regimi di procedibilita’.
Va per completezza dato conto che un passaggio della motivazione di una pronuncia di questa Corte di legittimita’ (Sez. 6, n. 26285 del 04/05/2018, Comite, Rv. 273489) sembra accennare alla necessita’ che tutti i reati del procedimento siano procedibili a querela, ma il Collegio lo reputa un obiter dictum non particolarmente significativo, atteso che il tema specifico di quella decisione riguardava l’applicabilita’ dell’istituto delle condotte riparatorie in sede di legittimita’ per fatti commessi prima dell’entrata in vigore della legge.
Vi e’ stata, pertanto, una non corretta applicazione in primo grado della disciplina introdotta dall’articolo 162-ter c.p. da parte del Tribunale, il quale avrebbe dovuto sospendere il processo in relazione ai reati perseguibili a querela soggetta a remissione (quelli di cui ai capi A e C) e attendere l’esito delle condotte riparatorie nel termine stabilito per la relativa attuazione.
Appare, inoltre, fondata anche la doglianza concernente il giudizio di secondo grado.
Oltre a censurare l’operato del primo giudice nel senso suindicato e in relazione ai predetti reati, la Corte territoriale non avrebbe dovuto ignorare che per effetto del Decreto Legislativo 10 aprile 2018, n. 36, entrato in vigore poco dopo la pronuncia della sentenza appellata, anche il reato di minaccia aggravata di cui all’articolo 612 c.p., comma 2, era divenuto perseguibile a querela soggetta a remissione, avendo la novella eliminato l’inciso “e si procede d’ufficio”.
Poiche’ rispetto a tale reato quella celebratasi dinanzi alla Corte milanese costituiva la prima udienza utile, successiva alla data di entrata in vigore della L. n. 103 del 2017, per poter presentare l’istanza di fissazione di un termine onde attuare le condotte riparatorie, non avervi proceduto ed anzi avere respinto la richiesta difensiva in tal senso, integra una chiara violazione della norma transitoria di cui all’articolo 1, commi 2 e, 3 e 4 della novella del 2017, che escludeva la possibilita’ di applicare il nuovo istituto solo nei giudizi di legittimita’.
La fondatezza del primo motivo di ricorso, che per sua natura assorbe tutti gli altri, comporta rilevanti ricadute di natura sia processuale che sostanziale.
Dal punto di vista processuale, essa implica che in relazione ai reati sub A e C il giudice di primo grado non avrebbe potuto pronunciare sentenza se non dopo la verifica della (eventuale) attuazione delle condotte riparatorie; lo stesso e’ a dirsi della sentenza di appello in relazione al reato sub B, come anzidetto divenuto perseguibile a querela in corso di giudizio.
Dal punto di vista sostanziale, deve oggi prendersi atto della intervenuta maturazione del termine di prescrizione massima dei reati di cui ai capi B e C.
Il termine di prescrizione massima del reato di minaccia aggravata (capo B), commesso il 1 febbraio 2012, e’, infatti, scaduto il 1 agosto 2019; quello del reato di cui all’articolo 392 c.p. (capo C), consumato il 12 febbraio 2012, e’ scaduto il 12 agosto 2019.
Il discorso si atteggia in maniera ovviamente diversa rispetto al reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 1 e comma 2, n. 2 commesso dall’imputato in danno della moglie (parte civile) e contestato in permanenza con contestazione cd. aperta, il cui termine di prescrizione decorre, pertanto, dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (12 marzo 2018), secondo il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di cassazione secondo cui il termine finale di consumazione del reato, in mancanza di una specifica contestazione, coincide con quello della pronuncia della sentenza di primo grado, che cristallizza l’accertamento processuale (per tutte v. Sez. 5, n. 17350 del 20/01/2020, C., Rv. 279401), a meno che non sia possibile desumere quella data sulla base dei dati probatori raccolti nel giudizio di merito (per tutte v. Sez. 3, n. 4412 del 12/12/2019, dep. 2020, Morelli, Rv. 278394), il che non risulta nella fattispecie in esame.
3. In applicazione dei suddetti principi vanno, dunque, annullate tanto la sentenza di appello impugnata, quanto quella di primo grado emessa dal Tribunale di Busto Arsizio, senza rinvio in relazione ai delitti di cui ai capi B e C, poiche’ ormai estinti per prescrizione e con rinvio al Tribunale di Busto Arsizio limitatamente al delitto di cui al capo A, affinche’ proceda a nuovo giudizio di merito, tenuto conto della piena applicabilita’ dell’articolo 162-ter c.p..

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado limitatamente ai delitti di cui ai capi B e C perche’ estinti per prescrizione. Annulla le medesime sentenze in relazione al delitto di cui al capo A e rinvia al Tribunale di Busto Arsizio per il giudizio.

 

La causa estintiva del reato per condotte riparatorie

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