Istituto dell’espropriazione per pubblica utilità

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 13 agosto 2019, n. 5698.

La massima estrapolata:

Nella complessiva disciplina dell’istituto dell’espropriazione per pubblica utilità, la decadenza dei vincoli per il trascorrere del tempo e, più in generale, la mancata realizzazione dell’opera pubblica pur dopo l’apposizione dei vincoli medesimi è un’ipotesi fisiologica che non comporta alcun profilo di illiceità, rientrando il conseguente sacrificio (temporaneo) del privato nei generali doveri di solidarietà imposti dall’art. 2 Cost.

Sentenza 13 agosto 2019, n. 5698

Data udienza 9 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5927 del 2016, proposto da Us. Gr. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Br. Sa., Ma. Di Pi. e Gi. Co., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Co. in Roma, via (…);
contro
La R.F. – Re. Fe. It. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Lu. Ra. Pe., con domicilio eletto presso lo studio Bo. Er. in Roma, via (…);
la Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pi. Pu. ed An. Sa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Al. Ma. in Roma, via (…);
il C.I.P.E. – Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica ed altri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Il Comune di (omissis), in persona del sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sede di Milano, Sez. III, n. 1043 del 23 maggio 2016, resa tra le parti, concernente una domanda di risarcimento dei danni subiti a causa del “prolungamento e/o reiterazione” di vincolo preordinato all’esproprio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delLa R.F. – Re. Fe. It. s.p.a. ed altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 maggio 2019 il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Br. Sa., Ra. Ca. su delega dell’avvocato Lu. Ra. Pe., An. Sa. e l’avvocato dello Stato Pa. Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La società Us. Gr. s.r.l., proprietaria di alcune aree nel territorio del Comune di (omissis) ove, in base ad un piano di recupero approvato nel 2002 e convenzionato nel 2003, ha realizzato ventuno ville e sei palazzine residenziali, ha a suo tempo impugnato avanti il T.a.r. per la Lombardia, con due distinti ricorsi:
– la delibera della Giunta regionale lombarda prot. n. 18262 del 19 luglio 2004, recante parere favorevole condizionato all’approvazione del progetto preliminare relativo al potenziamento della ferrovia Seregno – Bergamo;
– la delibera del C.I.P.E. – Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica n. 105 del 2 dicembre 2005 pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 31 maggio 2006, recante l’approvazione del menzionato progetto preliminare.
2. Con sentenza n. 1669 del 25 maggio 2010, il T.a.r. per la Lombardia, previa riunione, ha dichiarato inammissibile il primo ricorso, ravvisando la natura meramente endo-procedimentale dell’atto impugnato, ed irricevibile il secondo, rilevando la tardività della sua notificazione rispetto alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della delibera gravata.
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello interposto dalla Us. Gr. s.r.l. con la sentenza della VI Sezione n. 394 del 23 gennaio 2013.
3. La società Us. Gr. s.r.l. ha, allora, radicato avanti il T.a.r. per la Lombardia un nuovo ricorso, con cui ha chiesto il risarcimento dei danni conseguiti al “prolungamento e/o reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio”.
La società, in particolare, ha lamentato, quali elementi costitutivi della fattispecie generatrice del proprio assunto diritto al risarcimento:
– l’estensione dell’efficacia del vincolo di altri due anni (ossia dal 31 maggio 2011 al 31 maggio 2013) ai sensi dell’art. 165, comma 7-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, in tesi operato senza alcuna motivazione circa l’effettiva necessità dell’opera così come progettata e tanto più lesivo per la ricorrente alla luce del fatto che tale progetto non è, poi, “stato seguito né dall’approvazione del progetto definitivo, né dalla dichiarazione di pubblica utilità, né dal decreto di esproprio”;
– la condotta tenuta dalle Amministrazioni “tra l’emanazione del vincolo preordinato all’esproprio e la data di proposizione del presente giudizio”: in particolare, il riferimento è alla nota di R.F. prot. n. 539 dell’11 giugno 2012 ed alla nota della Regione prot. n. 36812 del 10 luglio 2012, poi seguita da altra, di ana tenore, in data 5 settembre 2013.
La società ha, inoltre, riproposto le istanze risarcitorie già formulate nell’ambito dei due ricorsi in precedenza avanzati, in tesi “rimaste impregiudicate” dalle citate sentenze del T.a.r. n. 1669 del 2010 e del Consiglio di Stato n. 394 del 2013.
4. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r. per la Lombardia ha ritenuto il ricorso inammissibile.
Il Tribunale, premesso che “nei giudizi di annullamento proposti sia in primo che in secondo grado era contenuta un’espressa domanda risarcitoria”, ha escluso la sussistenza di un’omissione di pronuncia, giacché il decisum di rito (inammissibilità e irricevibilità ) all’epoca adottato e confermato in sede di appello comporterebbe l’implicita reiezione dell’istanza risarcitoria che, pertanto, sarebbe coperta da giudicato.
5. La società Us. Gr. s.r.l. ha interposto appello, riproponendo criticamente le doglianze di prime cure e sostenendo, in particolare, che le pronunce in rito si riferirebbero, in quanto tali, solo all’azione di annullamento, non anche a quella risarcitoria, e che, comunque, nel presente giudizio sarebbero chieste voci di danno diverse ed ulteriori rispetto a quelle contenute nel precedente giudizio.
Si sono costituiti R.F. s.p.a. ed altri.
In vista della discussione del ricorso le parti hanno versato in atti difese scritte.
Il ricorso è stato trattato alla pubblica udienza del 9 maggio 2019 e, all’esito, è stato trattenuto in decisione.
6. Il ricorso deve essere respinto: in disparte il profilo della condivisibilità della soluzione in rito adottata dal T.a.r., il Collegio rileva che le doglianze articolate dalla ricorrente non sono fondate nel merito.
7. In primo luogo, le domande risarcitorie svolte nei ricorsi antecedentemente radicati (e, come supra visto, decisi con pronunce di rito) non sono positivamente scrutinabili ai sensi dell’art. 1227 c.c.: la società Us. Gr. s.r.l., invero, non ha titolo per lamentare pregiudizi che avrebbe potuto in radice evitare coltivando, nelle tempistiche stabilite dalla legge, le proprie domande di annullamento.
Del resto, la società deduce che i danni de quibus derivino in via immediata e diretta dalla carente istruttoria (cfr. pag. 23 ricorso in appello), ossia da un tipico vizio dell’agere amministrativo che ben poteva e doveva essere fatto valere a suo tempo con l’apposito strumento dell’azione impugnatoria.
Peraltro, il carattere speciale e derogatorio della disciplina recata dal d.lgs. n. 190 del 2002 in punto di decorrenza del termine decadenziale per l’impugnazione di atti relativi alla realizzazione di opere di preminente interesse nazionale era “immediatamente percepibile da un operatore di media diligenza grazie alla inequivoca formulazione delle disposizioni normative rilevanti” (così la sentenza di questo Consiglio n. 394 del 2013).
8. Quanto alle ulteriori domande risarcitorie svolte in questo giudizio, il Collegio osserva che, in sostanza, la società Us. Gr. s.r.l. si duole del fatto che il vincolo preordinato all’esproprio sia stato dapprima prorogato e, quindi, lasciato decadere, sì che essa non ha fruito dell’indennità di esproprio, ma, al contempo, ha visto notevolmente ridotta l’appetibilità commerciale degli immobili realizzati.
Sul punto, va osservato che:
– nella complessiva disciplina dell’istituto dell’espropriazione per pubblica utilità, la decadenza dei vincoli per il trascorrere del tempo e, più in generale, la mancata realizzazione dell’opera pubblica pur dopo l’apposizione dei vincoli medesimi è un’ipotesi fisiologica che non comporta alcun profilo di illiceità (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 27 aprile 2017, n. 1941), rientrando il conseguente sacrificio (temporaneo) del privato nei generali doveri di solidarietà imposti dall’art. 2 Cost.;
– tale considerazione trova un espresso supporto normativo nell’art. 39, comma 1, del testo unico sugli espropri approvato con il d.P.R. n. 327 del 2001 (per il quale “nel caso di reiterazione di un vincolo preordinato all’esproprio o di un vincolo sostanzialmente espropriativo è dovuta al proprietario una indennità, commisurata all’entità del danno effettivamente prodotto”), da cui si desumono due principi fondamentali: a) di per sé l’imposizione di un vincolo preordinato all’esproprio non comporta la spettanza di un indennizzo (in ragione della sua efficacia temporanea) e comunque di alcun importo, tanto meno a titolo risarcitorio; b) un importo a titolo di indennità spetta solo nei casi espressamente previsti dalla legge (nel rispetto dei principi affermati dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, con la sentenza n. 7 del 2007);
– la generale ed indistinta estensione a sette anni dell’efficacia dei vincoli preordinati all’esproprio apposti al fine di realizzare infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale è stata disposta da un provvedimento normativo con forza di legge, entrato peraltro in vigore in un momento antecedente allo spirare dell’originario termine quinquennale, previsto in data 31 maggio 2011: il comma 7-bis, infatti, è stato introdotto nel corpo dell’art. 165 del d.lgs. n. 163 del 2001 dall’art. 4, comma 2, lett. r), d.l. n. 70 del 2011, entrato in vigore in data 14 maggio 2011; inoltre, il successivo comma 9 del medesimo articolo 4 ha espressamente stabilito che l’estensione a sette anni dell’efficacia dei vincoli espropriativi riguarda anche “i progetti preliminari già approvati dal CIPE alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge”;
– il principio sulla necessità della motivazione, cui fa riferimento parte ricorrente, si riferisce alla ben diversa ipotesi, non ravvisabile nella specie, del provvedimento amministrativo che disponga, a seguito dell’inutile decorso del cennato termine settennale, la reiterazione di uno specifico vincolo su un determinato bene;
– gli atti indicati da parte ricorrente come specifico e puntuale elemento di protrazione ed amplificazione del danno (ossia la nota di R.F. prot. n. 539 dell’11 giugno 2012 e le note della Regione prot. n. 36812 del 10 luglio 2012 e prot. n. 43730 del 5 settembre 2013) non sono state, illo tempore, impugnate;
– peraltro, da un lato le note regionali si limitano a rilevare il generale dovere comunale, sancito dalla legislazione regionale lombarda, di salvaguardare (s’intende, con idonee previsioni urbanistiche) i tracciati delle opere strategiche previste nella programmazione nazionale anche in assenza di un vincolo preordinato all’esproprio, dall’altro la nota di R.F. ha un mero carattere informativo circa possibili evenienze future: in essa, infatti, si segnala, tra gli altri, al Comune che “la successiva elaborazione del progetto potrà comunque comportare lievi modifiche, laddove possibili, all’interno della fascia… di 150 m a cavallo del tracciato approvato”;
– difettano, infine, specifici elementi da cui si possa rilevare l’integrazione del necessario elemento soggettivo del prospettato illecito civile in capo alle Amministrazioni.
9. Per le esposte ragioni, pertanto, l’appello deve essere respinto; le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 5927 del 2016, come in epigrafe proposto, lo rigetta ai sensi di cui in motivazione.
Condanna Us. Gr. s.r.l. a rifondere a R.F. – Re. Fe. It. s.p.a. le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 5.000,00 (euro cinquemila/00), oltre accessori come per legge.
Condanna Us. Gr. s.r.l. a rifondere a Regione Lombardia, C.I.P.E. – Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in solido fra loro, le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 5.000,00 (euro cinquemila/00), oltre accessori come per legge, ove e nei limiti in cui dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2019, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere, Estensore
Daniela Di Carlo – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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