Istituto della rimessione in termini applicabile al termine perentorio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 maggio 2022| n. 17146.

Istituto della rimessione in termini applicabile al termine perentorio.

L’istituto della rimessione in termini, applicabile al termine perentorio per proporre l’impugnazione, presuppone la sussistenza in concreto di una causa non imputabile, riferibile ad un evento che presenti il carattere dell’assolutezza, e non già un’impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà (Nel caso di specie, la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale la corte territoriale aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta dai ricorrenti essendo stata la notificazione dell’atto eseguita dopo la scadenza del termine: nella fattispecie concreta, infatti, osserva la decisione, l’impossibilità assoluta doveva ritenersi esclusa proprio dalla circostanza, rimarcata dallo stesso giudice del gravame, per cui il difensore degli appellanti, reso edotto, due giorni prima della scadenza del termine, del problema che determinava l’assenza della connessione internet, mancò di attivarsi per procedere alla notifica, servendosi di altra linea o di una forma di notificazione diversa da quelle telematica, a nulla rilevando al riguardo che il gestore, contattato dal professionista, aveva assicurato che il disservizio sarebbe stato eliminato “…nel più breve tempo possibile…”, in quanto, al contrario, proprio l’assenza di precise indicazioni quanto ai giorni necessari per l’eliminazione dell’inconveniente doveva indurre la parte, e per essa il suo difensore, ad attivarsi sollecitamente, nell’imminenza della scadenza del termine perentorio, nel senso sopra indicato, ovvero impiegando un diverso canale di comunicazione o una differente forma notificatoria). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, sentenza 23 novembre 2018, n. 30512; Cassazione, sezione civile I, ordinanza 3 dicembre 2020, n. 27726; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 4 dicembre 2020, n. 27773).

Ordinanza|26 maggio 2022| n. 17146. Istituto della rimessione in termini applicabile al termine perentorio

Data udienza 10 marzo 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Procedimento civile – Istituto della rimessione in termini – Applicabilità al termine perentorio per proporre l’impugnazione – Sussistenza in concreto di una causa non imputabile – Riferibilità ad un evento che presenti il carattere dell’assolutezza – Art. 153 comma 2 cpc

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 5012-2021 proposto da:
(OMISSIS) SRL, (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1747/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 09/07/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 10/03/2022 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO FALABELLA.

FATTI DI CAUSA

1. – La Corte di appello di Milano, nel giudicare dell’impugnazione proposta da (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS), e (OMISSIS) avverso la pronuncia del Tribunale meneghino del 28 febbraio 2019, ha dichiarato la stessa inammissibile. Ha osservato che il termine per l’impugnazione scadeva il 30 settembre 2019 e che l’appello era stato proposto con atto di citazione notificato il 1 ottobre di quell’anno; ha escluso che nella fattispecie potesse essere accordata alcuna rimessione in termini posto che: l’utilizzo della posta elettronica certificata non costituiva unica modalita’ di notificazione e l’appellante non aveva dedotto alcunche’ in ordine all’impossibilita’ di avvalersi di altra modalita’ notificatoria; il disservizio della rete telefonica aveva riguardato un’utenza domestica, e non l’utenza del domicilio professionale del difensore risultante dall’albo; al disservizio lamentato poteva porsi rimedio con l’utilizzo della rete cellulare in sostituzione della comune linea via cavo; la societa’ appellante aveva avuto a disposizione sei mesi per notificare la sua impugnazione e, in ogni caso, una volta accertato, 1128 settembre 2019, che la linea telefonica non era utilizzabile, essa ben avrebbe potuto rimediare all’imprevisto nei due giorni successivi avvalendosi di altri strumenti notificatori.
2. – La pronuncia della Corte lombarda, pubblicata il 9 luglio 2020, e’ impugnata per cassazione dagli appellanti soccombenti con un ricorso articolato in due motivi. L’intimata (OMISSIS) s.r.l., rappresentata da (OMISSIS) s.p.a., resiste con controricorso. Sono state depositate memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo oppone il difetto di titolarita’ attiva della parte intervenuta nel giudizio di appello. Si deduce che (OMISSIS) era intervenuta nel giudizio di gravame, assumendo la qualita’ di cessionaria del credito fatto valere nei confronti degli appellanti, senza documentare l’avvenuto trasferimento, in suo favore, del diritto azionato. E’ osservato che la mancata produzione del contratto di cessione del credito puo’ comportare il rilievo, anche d’ufficio, del difetto di legittimazione attiva in capo al presunto cessionario, il quale e’ onerato della prova dell’acquisita titolarita’ del credito. In particolare, Leviticus si era limitata a documentare la procura conferitale da (OMISSIS) e un mero avviso di cessione di crediti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, dal quale non si rivelava, pero’, il trasferimento del credito per cui e’ causa dalla nominata banca alla societa’ che era intervenuta in appello.
Il motivo e’ inammissibile.
Si legge nella sentenza impugnata che (OMISSIS) s.p.a., quale procuratrice speciale di (OMISSIS) aveva allegato che la stessa era cessionaria del credito vantato dalla (OMISSIS) nei confronti degli appellati.
La pronuncia non reca traccia di contestazioni, sollevate dalle appellanti, quanto all’effettivo trasferimento della posizione creditoria, ne’ i ricorrenti deducono che esse furono formulate.
Se e’ vero che il difetto di legittimazione della parte e’ rilevabile d’ufficio, e’ altrettanto vero che ove una societa’ si costituisca in giudizio in sostituzione di altra, della quale assuma essere di essere successore a titolo universale o particolare, e’ tenuta a dimostrare la propria legittimazione, ma sempre che una delle parti costituite l’abbia contestata (con riferimento al giudizio di appello: Cass. 19 maggio 2020, n. 9137; con riferimento al giudizio di legittimita’: Cass. Sez. U. 18 maggio 2006, n. 11650; Cass. 2 marzo 2016, n. 4116; Cass. 11 aprile 2017, n. 9250; Cass. 15 maggio 2020, n. 8975).
In tal senso, la censura denota, con riferimento alla contestazione che avrebbe dovuto essere sollevata dagli appellanti quanto alla allegata cessione del credito (contestazione necessaria all’insorgenza dell’onere probatorio, come si e’ visto), una carenza di specificita’ che la rende non concludente.
2. – Il secondo mezzo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 153 c.p.c., comma 2, e articolo 294 c.p.c., comma 2, nonche’ la motivazione illegittima e carente di logica, la violazione del diritto di difesa e l’abuso del diritto. Assumono i ricorrenti che, pur essendo pacifico che il proprio difensore avesse notificato l’atto di appello con ritardo, la Corte di merito non aveva tenuto in nessun conto, o aveva comunque sottovalutato, “la circostanza “provata” che la connessione internet fosse instabile”. Dopo aver confutato i rilievi svolti dal giudice distrettuale quanto al mezzo di notificazione impiegato e alla connessione internet attraverso cui avrebbe potuto essere avviata la notificazione telematica, gli istanti deducono che il gestore (OMISSIS) aveva assicurato che il disservizio sarebbe stato risolto nel piu’ breve tempo possibile, senza specificare il numero dei giorni che sarebbero stati necessari a tal fine: onde il professionista aveva riposto affidamento in una sollecita definizione dell’inconveniente tecnico. Osserva come la Corte di merito fosse tenuta a formulare un giudizio di mera verosimiglianza quanto ai fatti allegati, secondo quanto prescrive l’articolo 294 c.p.c..
Il motivo e’ infondato.
Occorre premettere che il richiamo all’articolo 294 c.p.c., risulta essere non pertinente; tale norma si riferisce, infatti, alle facolta’ concesse al contumace nell’ipotesi in cui la nullita’ della citazione o della sua notificazione gli hanno impedito di avere conoscenza del processo o che la costituzione e’ stata impedita da causa a lui non imputabile. Nella fattispecie si tratta invece di giudicare della richiesta di rimessione in termini di cui all’articolo 153 c.p.c., comma 2, che e’ stata respinta dalla Corte di appello, o meglio – visto che la notificazione e’ stata comunque effettuata, dopo che il termine era scaduto -, di accertare se la decadenza dal potere di proporre l’impugnazione potesse trovar rimedio nel prolungamento del termine semestrale: cio’ che impone comunque di verificare se il ritardo nell’espletamento dell’incombente sia stato dovuto a causa non imputabile agli appellanti, secondo la prescrizione dettata dall’articolo sopra citato.
Ora, l’istituto della rimessione in termini, applicabile al termine perentorio per proporre l’impugnazione, presuppone la sussistenza in concreto di una causa non imputabile, riferibile ad un evento che presenti il carattere dell’assolutezza, e non gia’ un’impossibilita’ relativa, ne’ tantomeno una mera difficolta’ (Cass. Sez. U. 4 dicembre 2020, n. 27773; cfr. pure: Cass. 3 dicembre 2020, n. 27726; Cass. 23 novembre 2018, n. 30512).
Nel caso in esame detta impossibilita’ assoluta e’ esclusa proprio dalla circostanza – rimarcata dalla Corte di appello – per cui il difensore degli appellanti, reso edotto, due giorni prima della scadenza del termine, del problema che determinava l’assenza della connessione internet, manco’ di attivarsi per procedere alla notifica, servendosi di altra linea o di una forma di notificazione diversa da quelle telematica. Non vale opporre, al riguardo, che il gestore, contattato dal professionista, avesse assicurato che il disservizio sarebbe stato eliminato “nel piu’ breve tempo possibile”: anche a voler prescindere dal rilievo per cui i ricorrenti non trascrivono, nel rispetto del principio di autosufficienza, l’integrita’ del messaggio che avrebbe inviato a tale proposito TIM (e che sarebbe stato prodotto al momento del deposito dell’istanza di rimessione in termini), proprio l’assenza di precise indicazioni quanto ai giorni necessari per l’eliminazione dell’inconveniente doveva indurre la parte (e per essa il suo difensore) ad attivarsi sollecitamente, nell’imminenza della scadenza del termine perentorio, nel senso sopra indicato (impiegando, cioe’, un diverso canale di comunicazione o una differente forma notificatoria). I ricorrenti paiono sostenere che la notifica dell’atto di appello sarebbe stata avviata tempestivamente e che, solo per le richiamate disfunzioni, l’accettazione di consegna sarebbe intervenuta dopo la scadenza del termine: il rilievo si fonda, pero’, su di un dato (quanto al ritardo nel perfezionamento del procedimento notificatorio) che la ricorrente non spiega come abbia documentato nel corso del giudizio di merito e che, in ogni caso, non vale a superare le considerazioni teste’ svolte quanto all’esigibilita’ di condotte alternative, che prescindessero dall’uso di una linea che si sapeva presentare inconvenienti.
3. – Il ricorso e’ dunque respinto.
4. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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