L’istituto della rimessione in termini

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 24 gennaio 2020, n. 2909

Massima estrapolata:

L’istituto della rimessione in termini disciplinato dall’art. 175 c.p.p. prevede la restituzione nel termine stabilito a pena di decadenza a condizione che il richiedente provi di non averlo potuto osservare per motivi di forza maggiore o per caso fortuito, laddove per forza maggiore si intende una situazione caratterizzata da “irresistibilità”, mentre invece per caso fortuito si intende una situazione caratterizzata da imprevedibilità. Nel caso di specie, i giudici della Cassazione hanno escluso che l’astensione di categoria dalle udienze, alla quale il difensore aveva aderito, possa essere caratterizzata da imprevedibilità, essendo proclamata per legge con dovuto anticipo, né che potesse ascriversi ad un impedimento “irresistibile” dato che l’adesione è rimessa alla libera scelta del difensore.

Sentenza 24 gennaio 2020, n. 2909

Data udienza 28 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VERGA Giovanna – Presidente

Dott. ALMA Marco Mar – rel. Consigliere

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere

Dott. SARACO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 07/04/2017 della Corte di Appello di Messina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Marco Maria Alma;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aniello Roberto che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso riportandosi al contenuto del ricorso del quale ha chiesto l’accoglimento e, comunque, chiedendo la declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di cui al capo B.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 7 aprile 2017 la Corte di Appello di Messina ha confermato la sentenza in data 8 giugno 2015 del Tribunale di Patti con la quale (OMISSIS) era stato dichiarato colpevole dei reati di concorso (con (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
2. Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputato, deducendo:
2.1. Violazioni di legge e vizio di motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), in relazione agli articoli 585, 175 e 177 c.p.p. e articolo 24 Cost..
Rappresenta la difesa del ricorrente che in data 22 marzo 2017 era stata depositata nella Cancelleria della Corte di appello di Messina una dichiarazione con la quale il predetto difensore manifestava la propria adesione alla astensione dalle udienze e da ogni altra attivita’ nel settore penale dal 20 al 24 marzo 2017 chiedendo che l’udienza fissata per il 7 aprile 2017 fosse rinviata, cosi’ dando tempo al difensore stesso di redigere e di depositare motivi nuovi o aggiunti e memorie.
La Corte di appello avrebbe, pero’, illegittimamente rigettato tale istanza (reiterata anche in sede di udienza) rilevando che tale astensione era stata deliberata con congruo anticipo, che non trattavasi di un impedimento improvviso e che, pertanto, non vi era alcuna ragione per rimettere in termine il difensore per il deposito dei predetti atti, termine che, peraltro – osserva il ricorrente – e’ previsto a pena di decadenza e che prevede un diritto esercitabile fino all’ultimo giorno indicato dalla legge.
2.2. Violazioni di legge e vizio di motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), in relazione all’articolo 429 c.p.p., comma 2.
Rileva la difesa del ricorrente che con il primo motivo di appello aveva impugnato l’ordinanza reiettiva dell’eccezione preliminare di nullita’ del decreto con il quale era stato disposto il giudizio con la quale si era sostenuta la insufficiente enunciazione del fatto, essendo stato il (OMISSIS) indicato nell’imputazione come “basista di zona” in quanto titolare di una sala giochi posta nei pressi della banca rapinata, atteso che non erano emerse le modalita’ con le quali il coimputato Cina’ si era messo in contatto con l’odierno ricorrente, doglianza respinta dal Tribunale che aveva rilevato che il fatto ascritto all’imputato era stato formulato in forma chiara e precisa e che ogni altra questione era attinente agli sviluppi dell’istruttoria.
Trattandosi di affermazioni apodittiche la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto infondato il predetto motivo di gravame.
2.3. Violazioni di legge e vizio di motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), in relazione all’articolo 468 c.p.p., comma 4, ed al principio di terzieta’ del Giudice.
Rileva la difesa del ricorrente che con un secondo motivo di appello aveva impugnato l’ordinanza con la quale il Tribunale in data 17 ottobre 2012 aveva ammesso il Pubblico Ministero alla prova contraria (cosi’ recuperando tutti i propri testi contenuti nella lista di cui all’articolo 468 c.p.p.) nonostante avesse dichiarato l’inammissibilita’ per tardivita’ della lista testimoniale depositata dallo stesso Pubblico Ministero.
La Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto infondata la relativa doglianza difensiva travisando la prova nel momento in cui ha ritenuto che il Giudice non abbia nell’occasione suggerito al Pubblico Ministero su come comportarsi chiedendo l’ammissione dei propri testi “a prova contraria”.
Ne puo’ condividersi – afferma ancora la difesa del ricorrente – l’assunto della Corte di merito secondo la quale la prova della penale responsabilita’ dell’imputato era comunque desumibile da altri elementi acquisti agli atti del dibattimento ed in particolare dai verbali di arresto in flagranza di reato e di perquisizione e sequestro, nonche’ dalla scoperta di uno sgabuzzino nel quale erano stati reperiti documenti relativi alla rapina e dove i rapinatori avevano potuto cambiarsi d’abito.
2.4. Violazioni di legge e vizio di motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), in relazione all’articolo 195 c.p.p., comma 4 e articolo 507 c.p.p. in ordine alla testimonianza di (OMISSIS).
Rileva la difesa del ricorrente di avere con il terzo motivo di appello impugnato l’ordinanza ex articolo 507 c.p.p. ammissiva del predetto teste (gia’ coimputato e condannato con sentenza irrevocabile) non essendo state esplicitate quali fossero le circostanze utili e rilevanti per l’emissione della predetta ordinanza.
Sul punto il teste di polizia giudiziaria (OMISSIS) aveva riferito le dichiarazioni rilasciate dall’ (OMISSIS) in presenza del proprio difensore ma tale testimonianza era inutilizzabile in parte qua e quindi non avrebbe potuto costituire il presupposto per l’emissione di un’ordinanza ex articolo 507 c.p.p. finalizzata all’audizione del teste (OMISSIS).
Per tali ragioni chiede la difesa del ricorrente di dichiarare l’inutilizzabilita’ delle dichiarazioni del teste (OMISSIS) e la revoca dell’ammissione del teste (OMISSIS).
2.5. Violazioni di legge e vizio di motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), in relazione all’articolo 192 c.p.p..
Rileva la difesa del ricorrente, richiamando le dichiarazioni dei testi (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
2.6. Violazione di legge ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) in relazione all’intervenuta condanna dell’imputato per i reati allo stesso contestati in violazione della regola dell’affermazione di responsabilita’ “al di la’ di ogni ragionevole dubbio”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
Correttamente la Corte di appello ha rigettato l’istanza in data 22 marzo 2017 (riproposta all’udienza del 7 aprile 2017) di rimessione nel termine del difensore dell’imputato per presentare motivi nuovi o aggiunti ovvero memorie nei termini di legge in quanto il difensore aveva manifestato la propria decisione di aderire alla astensione dalle udienze e da ogni altra attivita’ nel settore penale dal 20 al 24 marzo 2017.
Come e’ noto l’istituto della restituzione nel termine stabilito a pena di decadenza di cui all’articolo 175 c.p.p. e’ ricollegato alla prova fornita dalle parti private e dai difensori di non averlo potuto osservare “per caso fortuito o per forza maggiore”, situazione questa certamente non ricorrente nel caso in esame.
Questa Corte di legittimita’ ha, infatti chiarito (cfr. Sez. U, n. 14991 del 11/04/2006, De Pascalis, Rv. 233419, in motivazione) che per “caso fortuito” deve intendersi una situazione caratterizzata da “imprevedibilita’” e per “forza maggiore” una situazione caratterizzata da “irresistibilita’”.
Orbene non v’e’ chi non veda come l’astensione di categoria dalle udienze non e’ certo caratterizzata da imprevedibilita’ essendo proclamata per legge con dovuto anticipo e che non ci si trova neppure in presenza di un impedimento “irresistibile” atteso che l’adesione e’ rimessa alla libera scelta del difensore interessato.
Del resto, il difensore non potrebbe mai eccepire ex articolo 182 c.p.p. una eventuale nullita’ cui ha dato causa e, qualora lo avesse ritenuto doveroso, conscio della propria intenzione di aderire all’astensione di categoria, ben avrebbe potuto organizzarsi per tempo nel presentare motivi nuovi od aggiunti ovvero memorie nell’arco temporale di oltre otto mesi trascorso tra la presentazione dell’appello ed il termine di legge per presentare gli ulteriori atti.
2. Anche il secondo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
I Giudici di merito hanno adeguatamente risposto alla eccezione difensiva con la quale si contestava una sostanziale “imprecisione” del capo di imputazione correttamente evidenziando che le questioni poste dalla difesa del ricorrente attenevano agli accertamenti che ne sarebbero seguiti in seguito al giudizio dibattimentale.
Rileva l’odierno Collegio che dalla mera lettura del capo di imputazione relativo al reato di rapina non si rileva alcuna genericita’ od indeterminatezza dello stesso, essendo il fatto puntualmente descritto, essendo indicate le norme di legge violate ed il tempus commissi delicti, i soggetti che hanno concorso alla consumazione dell’azione delittuosa con i rispettivi ruoli, ivi compreso quello nel dettaglio rivestito dal (OMISSIS).
D’altro canto, il motivo di ricorso sul punto e’ anche caratterizzato da assoluta genericita’ non avendo il ricorrente indicato quale pregiudizio avrebbe avuto l’esercizio del diritto di difesa in presenza di un capo di imputazione cosi’ formulato.
3. Manifestamente infondato e’ altresi’ il terzo motivo di ricorso.
La Corte di appello, anche in questo caso, ha adeguatamente risposto alla doglianza difensiva dopo avere comunque precisato che la decisione di affermazione della penale responsabilita’ dell’imputato e’ sostanzialmente caratterizzata da una c.d. “prova di resistenza” che puo’ anche prescindere dalla questione relativa all’ammissione del Pubblico Ministero a sentire i testi “a prova contraria” essendo stata la propria lista testimoniale dichiarata inammissibile per il mancato rispetto del termine di cui all’articolo 468 c.p.p., comma 1.
Sul punto e’ appena il caso di ricordare che questa Corte di legittimita’, con un assunto condiviso anche dall’odierno Collegio, ha gia’ avuto modo di chiarire con riferimento alla posizione del difensore ma in una situazione che in un procedimento caratterizzato dalla “parita’ di armi” tra le parti puo’ bene estendersi anche al Pubblico Ministero – che “La parte che abbia omesso di depositare la lista dei testimoni nel termine di legge ha la facolta’ di chiedere la citazione a prova contraria dei testimoni, periti e consulenti tecnici, considerato che il termine perentorio per il deposito della lista dei testimoni e’ stabilito, a pena di inammissibilita’, dall’articolo 468, comma 1, soltanto per la prova diretta e non anche per quella contraria, e che l’opposta soluzione vanificherebbe il diritto alla controprova, il quale costituisce espressione fondamentale del diritto di difesa” (Sez. 5, n. 41662 del 14/04/2016, Noronha, Rv. 267863) e che, comunque, ben si sarebbe potuto procedere alla assunzione di detti testimoni anche d’ufficio atteso che sempre questa Corte ha chiarito che “Il potere del giudice di assumere d’ufficio nuovi mezzi di prova a norma dell’articolo 507 c.p.p. puo’ essere esercitato anche con riferimento a quelle prove per la cui ammissione si sia verificata la decadenza delle parti per omesso tempestivo deposito della lista testimoniale, ai sensi dell’articolo 468 c.p.p., comma 1, poiche’ il requisito della “novita’” non e’ limitato ai soli mezzi di prova che non avrebbero potuto essere richiesti dalle parti al momento del deposito delle liste testimoniali” (Sez. 5, n. 32017 del 16/03/2018, Parnolfo, Rv. 273643).
Quanto, poi, al fatto che il Giudice avrebbe suggerito al Pubblico Ministero quale strategia dibattimentale adottare per effetto della inammissibilita’ per tardivita’ del deposito della lista testi di quest’ultimo, detta situazione avrebbe potuto al piu’ determinare una causa di ricusazione del Giudice (peraltro non proposta) ma non e’ certo deducibile come motivo di nullita’ della decisione in sede di gravame.
4. La valutazione di manifesta infondatezza investe, poi, anche il quarto motivo di ricorso relativo alla raccolta delle dichiarazioni testimoniali del teste (OMISSIS) (gia’ coimputato e condannato con sentenza irrevocabile).
Se infatti e’ vero – come ha correttamente osservato la Corte di appello – che non possono essere utilizzate le dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria (OMISSIS) nella parte in cui ha riferito il contenuto delle dichiarazioni rilasciate dall’ (OMISSIS) in presenza del proprio difensore, e’ pero’ assolutamente corretto quanto affermato dagli stessi Giudici distrettuali che poiche’ era emerso in sede dibattimentale il fatto oggettivo che l’ (OMISSIS) aveva reso delle dichiarazioni sui fatti che avrebbero potuto essere potenzialmente utili ai fini del decidere, il Giudice ha correttamente operato disponendo ex articolo 507 c.p.p. di raccogliere direttamente le dichiarazioni di detto soggetto.
Quanto poi alle condizioni per assumere la testimonianza dell’ (OMISSIS) ex articolo 507 c.p.p. ed al contenuto della relativa ordinanza e’ sufficiente ricordare che questa Corte di legittimita’, con un assunto condiviso anche dall’odierno Collegio, ha gia’ avuto modo di chiarire che “In tema di testimonianza indiretta, il giudice puo’ sempre disporre d’ufficio, ex articolo 195 c.p.p., l’esame delle persone alle quali il testimone si e’ riferito per la conoscenza dei fatti, anche quando l’adempimento istruttorio non sia assolutamente necessario o non sia ancora conclusa l’acquisizione delle prove” (In motivazione, la Corte ha osservato che la citata disposizione, in quanto riferita alla testimonianza “de relato”, detta una disciplina speciale rispetto alla regolamentazione generale dei poteri istruttori ufficiosi, di cui all’articolo 507 c.p.p.) (Sez. 3, n. 43306 del 15/07/2014, Civa, Rv. 260983) e cio’ comunque a corollario del piu’ generale principio secondo il quale “L’esercizio del potere del giudice di assunzione di nuove prove a norma dell’articolo 507 c.p.p. sorretto da motivazione insufficiente non determina inutilizzabilita’ o invalidita’, in quanto l’ordinamento processuale non prevede specifiche sanzioni” (Sez. 3, n. 16673 del 30/10/2017, dep. 2018, Carta, Rv. 272817).
5. Manifestamente infondati sono, infine, il quinto ed il sesto motivo di ricorso che appaiono meritevoli di trattazione congiunta.
Va detto subito che la sentenza impugnata – in uno con quella conforme del Tribunale – risulta congruamente motivata sotto i profili che hanno portato all’affermazione della penale responsabilita’ dell’odierno ricorrente e costituisce adeguata risposta alle doglianze difensive. Inoltre, detta motivazione, non e’ certo apparente, ne’ “manifestamente” illogica e tantomeno contraddittoria.
E’ giurisprudenza consolidata di questa Corte che, nella motivazione della sentenza, il giudice di merito non e’ tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata. (in questo senso v. Sez. 6, n. 20092 del 04/05/2011, Schowick, Rv. 250105; Sez. 4, n. 1149 del 24.10.2005, dep. 2006, Mirabilia, Rv 233187).
Per contro deve osservarsi che parte ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell’asseritamente connessa violazione di legge nella valutazione del materiale probatorio, tenta in realta’ di sottoporre a questa Corte di legittimita’ un nuovo giudizio di merito.
Al Giudice di legittimita’ e’ infatti preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perche’ ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa. Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto, mentre questa Corte Suprema, anche nel quadro della nuova disciplina introdotta dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, e’ – e resta – giudice della motivazione.
In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita’, dalla sua contraddittorieta’ (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasivita’, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita’, la stessa illogicita’ quando non manifesta, cosi’ come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilita’, della credibilita’, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965).
Non vi sono quindi elementi per ritenere violata la regola dell’affermazione della penale responsabilita’ “al di la’ di ogni ragionevole dubbio”.
6. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonche’, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
7. L’inammissibilita’ del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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