L’istanza di accesso ai documenti amministrativi

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 17 luglio 2019, n. 5015.

La massima estrapolata:

L’istanza di accesso ai documenti amministrativi non può essere veicolo per introdurre un controllo generalizzato sull’attività dell’Amministrazione, né, tanto meno, essere utilizzata per effettuare una sorta di indistinta ispezione “a tappeto” circa la posizione di terzi soggetti.

Sentenza 17 luglio 2019, n. 5015

Data udienza 16 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9817 del 2018, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Cr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
-OMISSIS-, -OMISSIS- in liquidazione, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sede di Roma, Sez. II-ter, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente silenzio serbato a fronte di istanza di accesso agli atti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2019 il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti l’avvocato Fr. Cr. e l’avvocato dello Stato An. Ve.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso al T.a.r. per il Lazio – Sede di Roma il sig. -OMISSIS- ha censurato il non integrale “riscontro”, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dell’istanza di accesso da lui formulata con atto inviato a mezzo p.e.c. in data 23 gennaio 2018 e tesa a verificare “se e quali rapporti (titolari e/i amministratori e/o dipendenti e/o collaboratori) hanno intrattenuto, dal 2009 al 2015, i Signori -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, con le società -OMISSIS- prima e -OMISSIS- successivamente”.
In particolare, nel ricorso il sig. -OMISSIS- ha premesso che, con tale istanza, aveva rappresentato all’Agenzia che:
– sarebbe stato fatto oggetto, nel periodo compreso tra l’11 aprile 2013 ed il 18 aprile 2013, di accertamenti investigativi da parte della -OMISSIS-;
– gli esiti di tale attività investigativa sarebbero stati posti a fondamento del provvedimento di licenziamento disciplinare assunto ai suoi danni dalla società datrice di lavoro nel maggio 2013;
– tale licenziamento sarebbe stato tempestivamente impugnato innanzi alla competente Autorità giudiziaria;
– il titolare della licenza investigativa della -OMISSIS- sarebbe il sig. -OMISSIS-, in precedenza titolare anche della licenza della -OMISSIS-, allo stato in liquidazione.
Ciò premesso, il sig. -OMISSIS- ha lamentato che “l’Amministrazione ha riscontrato solo parzialmente l’istanza di accesso agli atti e, in particolare, unicamente per ciò che concerne la posizione dei Signori -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e della -OMISSIS-“.
Il sig. -OMISSIS- ha, quindi, chiesto al T.a.r.:
– l’annullamento del silenzio-rigetto formatosi, per quanto concerne la posizione del sig. -OMISSIS- e della -OMISSIS- in liquidazione, sulla riferita istanza di accesso agli atti;
– l’accertamento del proprio diritto all’accesso agli atti;
– la condanna dell’Agenzia delle Entrate all’esibizione e al rilascio di copia degli atti stessi.
Costituitasi l’Agenzia delle Entrate, il T.a.r. ha, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettato il ricorso.
Il T.a.r. ha, in particolare, osservato che l’interesse del sig. -OMISSIS- sarebbe privo dei requisiti richiesti dall’art. 22 l. n. 241 del 1990, in specie dei caratteri di concretezza, attualità ed inerenza rispetto agli atti cui si riferisce il ricorso, afferenti al rapporto tra il sig. -OMISSIS- ed una società, la -OMISSIS- in liquidazione, diversa da quella che ha materialmente effettuato l’attività investigativa.
Oltretutto, ha proseguito il T.a.r., la licenza investigativa della -OMISSIS- sarebbe stata tramessa nel dicembre 2009 alla -OMISSIS-, per cui non vi sarebbe alcun nesso fra l’interesse azionato e gli atti cui si riferisce l’istanza di accesso, relativi ad eventi risalenti ad oltre tre anni prima rispetto ai fatti di causa.
Il sig. -OMISSIS- ha interposto appello, formulando, altresì, istanza di ammissione al gratuito patrocinio.
Con decreto dell’apposita commissione n. 219 del 19 dicembre 2018 il ricorrente è stato ammesso, “in via anticipata e provvisoria”, al patrocinio a spese dello Stato.
Si è, quindi, costituita con atto di forma l’Agenzia delle Entrate.
Il ricorso è stato trattato alla camera di consiglio del 16 maggio 2019, in vista della quale il difensore del ricorrente ha depositato nota spese: esaurita la discussione, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è manifestamente infondato nel merito: è, pertanto, superfluo approfondire la questione dell’effettiva comunicazione, a suo tempo, dell’istanza ostensiva ai contro-interessati.
Il Collegio osserva, anzitutto, che l’istanza formulata dal sig. -OMISSIS- era volta ad accedere alla “documentazione fiscale e contabile (tra cui, a mero titolo esemplificativo, fatture, ricevute, modelli 770, certificazioni uniche/CUD, modelli 730)” relativa ai rapporti tra i signori -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, da un lato, e le società -OMISSIS- e -OMISSIS- in liquidazione, dall’altro.
L’istanza, più in particolare, si riferiva specificamente alla documentazione atta a comprovare:
– l’esistenza di rapporti formali (sub specie di collaborazione, dipendenza, titolarità, gerenza) tra tali soggetti e le menzionate società negli anni dal 2009 al 2015;
– la corresponsione di somme alla -OMISSIS- in relazione all’incarico investigativo de quo.
Il Collegio rileva, inoltre, che l’Agenzia delle Entrate ha, con atto espresso, respinto l’istanza con riguardo a tutti i collaboratori della -OMISSIS- (ossia i signori -OMISSIS-, -OMISSIS- e-OMISSIS-), nonché con riguardo alla stessa -OMISSIS-, in quanto:
– da un lato “la domanda di accesso deve riferirsi a specifici documenti che abbiano forma di documento amministrativo (salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono) e non si può ammettere la richiesta diretta ad acquisire documenti o dati ed informazioni ottenibili soltanto a seguito di una specifica indagine dell’Amministrazione (come fatture e documenti contabili)”;
– dall’altro “il diritto di accesso non va garantito a chiunque, a qualunque atto e a prescindere da qualsivoglia accertamento in ordine alla necessità del richiedente di tutelare un proprio interesse; non può ammettersi che chiunque possa avere accesso a informazioni altrui, sol perché in possesso dell’Amministrazione, sulla semplice generica allegazione di essere intenzionato a tutelare un proprio interesse”.
Alla luce della formulazione del tutto analoga dell’istanza ostensiva in relazione alla posizione del sig. -OMISSIS- e della -OMISSIS- in liquidazione – su cui, in base a quanto agli atti, l’Agenzia delle Entrate non si è espressa – il ricorso deve essere rigettato.
Il Collegio, infatti, osserva che l’istanza di accesso deve essere specifica, puntuale e circostanziata e deve tendere alla visione ed estrazione di copia di documenti chiaramente individuati.
L’istanza, di contro, non può né essere veicolo per introdurre un controllo generalizzato sull’attività dell’Amministrazione, né, tanto meno, essere utilizzata per effettuare una sorta di indistinta ispezione “a tappeto” circa la posizione di terzi soggetti.
In tal modo, per vero, si porrebbe a carico dell’Amministrazione un dovere di ricerca, valutazione, collazione e catalogazione di dati e documenti del tutto estraneo all’istituto de quo, oltre ad impingere in maniera inammissibilmente invasiva nella sfera giuridica del contro-interessato.
Il ricorso, dunque, deve essere rigettato e, specularmente, deve essere confermato il decisum di prime cure, sia pure con la diversa motivazione enucleata supra.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo anche alla luce dell’assenza di difese scritte da parte dell’Agenzia, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 136, comma 2, d.p.r. n. 115 del 2002, infine, deve essere revocata l’ammissione del sig. -OMISSIS- al patrocinio a spese dello Stato, alla luce della manifesta infondatezza del gravame.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il sig. -OMISSIS- a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 1.000,00 (euro mille/00).
Revoca l’ammissione del sig. -OMISSIS- al gratuito patrocinio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone citate nel presente provvedimento.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere, Estensore
Nicola D’Angelo – Consigliere
Roberto Caponigro – Consigliere

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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