Interessi moratori e contratto d’appalto

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 27 febbraio 2019, n. 5734.

La massima estrapolata:

La disciplina dettata in attuazione della direttiva 2000/35/CE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e contenuta Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 31, ove stabilisce l’automatica decorrenza degli interessi moratori, senza la necessita’ della costituzione in mora del debitore, alla scadenza del termine legale, variamente individuato, illustra, dunque, una evoluzione tendenziale della legislazione che mira a incentivare (attraverso sanzioni automatiche, di natura monetaria) il pagamento delle somme dovute nell’ambito dei contratti tra imprese o tra imprese e pubbliche amministrazioni, relative a cessioni o consegne di merci ovvero a prestazioni di servizi, nel cui novero va incluso anche l’appalto (arg. da Cass. Sez. 1, 29/07/2004, n. 14465). La definizione adottata del Decreto Legislativo n. 231 del 2002, articolo 2, comprensiva dei contratti, comunque denominati, tra imprese che comportano, in via esclusiva o prevalente, la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo, e’, invero, compatibile con la definizione dell’appalto specificata dall’articolo 1655 c.c., dovendosi intendere l’espressione prestazione di servizi come riferibile a tutte le prestazioni di fare (e, quindi, anche di non fare) che trovano il loro corrispettivo in un pagamento in denaro.

Il corrispettivo dell’appalto deve essere pagato alle scadenze contrattuali ovvero, in difetto di pattuizione, quando l’opera sia accettata dal committente, sicche’ e’ da tale momento che decorrono per l’appaltatore gli interessi sulle somme dovutegli. Peraltro, il corrispettivo diviene inesigibile se vengono riscontrati nell’opera difetti legittimanti l’exceptio inadimpleti contractus: tale inesigibilita’ si protrae finche’ i vizi non vengano eliminati, ovvero il committente non opti per la riduzione del corrispettivo

Sentenza 27 febbraio 2019, n. 5734

Data udienza 26 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 29683/2016 proposto da:
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 976/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 12/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/10/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

La (OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso articolato in quattordici motivi avverso la sentenza n. 976/2016 della Corte d’Appello di Lecce, depositata il 12 ottobre 2016.
Resiste con controricorso la (OMISSIS) s.r.l..
La ricorrente (OMISSIS) s.r.l. e la controricorrente (OMISSIS) s.r.l. hanno presentato memorie ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
La Corte d’Appello di Lecce, in parziale accoglimento delle impugnazioni avanzate contro la pronuncia resa in primo grado il 15 maggio 2013 dal Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana, ha rideterminato in Euro 2.000.00 l’importo dovuto a titolo risarcitorio alla (OMISSIS) s.r.l. ed in Euro 37.302,97 l’importo dovuto alla (OMISSIS) s.r.l. a titolo di saldo del corrispettivo d’appalto, oltre interessi ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2002 dal 16 novembre 2004.
Il rapporto dedotto in lite in due distinti giudizi, poi riuniti, inerenti a domande di nullita’, risarcimento danni ed opposizione a decreto ingiuntivo, derivava da un contratto d’appalto ((OMISSIS)) tra la committente (OMISSIS) s.r.l. e l’appaltatrice (OMISSIS), finalizzato alla fornitura ed alla installazione di un impianto per far defluire il cioccolato da un primo ad un secondo serbatoio mescolatore (tank) nello stabilimento di (OMISSIS). La Corte d’Appello ha escluso la nullita’ del contratto (OMISSIS), perche’ sottoscritto soltanto da (OMISSIS), marito della rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., contratto cui la committente stessa imputava di aver illegittimamente mutato l’originario accordo verbale su un appalto a corpo per il prezzo di Euro 12.000,00 in un appalto a misura sulla base di prezzi unitari. La Corte di Lecce ha ritenuto dimostrato che l’acconto di Euro 4.800,00 fosse stato versato in relazione proprio alla “offerta contratto n. (OMISSIS)”, richiamata nella richiesta di pagamento rivolta dalla (OMISSIS) il (OMISSIS), nonche’ nella fattura emessa il (OMISSIS). I giudici di appello hanno peraltro negato che le testimonianze di (OMISSIS) e (OMISSIS), e le dichiarazioni rese da (OMISSIS), rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., comprovassero l’avvenuta conclusione tra le parti di un precedente accordo per la realizzazione dell’impianto al prezzo di Euro 12.000,00 stimato a corpo. La sentenza impugnata ha, ancora, respinto, la domanda di “nullita’” della “offerta contratto n. (OMISSIS)” per dolo o errore, illustrando come la proposta fosse stata formulata in modo chiaro, con la dicitura “Annulla e sostituisce precedente”, indicando per le voci “D” ed “E” dei lavori (Tubistica) prezzi a misura, mentre le prime tre voci di lavori da espletare, con prezzi a corpo, ammontavano gia’ esse sole ad un importo di Euro 11.000,00 oltre IVA. La Corte d’Appello, in ordine alla denuncia della committente per la mancata coibentazione del tubo di scarico del cioccolato nel serbatoio principale, ha osservato come la stessa potesse rilevare quale difformita’ dell’opera appaltata, e non quale omesso completamento, essendo stato per di piu’ l’impianto preso in consegna e messo in funzione dalla committente (OMISSIS), come risultava dalle lettere del 20 e del 23 novembre 2004, seppure il difetto realizzativo comportasse la solidificazione del cioccolato e quindi il blocco delle attivita’. Circa i vizi dell’opera appaltata e i danni risarcibili, la sentenza impugnata ha fatto riferimento alle risultanze della CTU effettuata nel processo d’appello, confermando la pronuncia di primo grado la’ dove essa aveva escluso la sussistenza di vizi inerenti al serbatoio dell’acqua calda ed alla lunghezza delle tubazioni, ed invece riformando la decisione nel Tribunale nel senso di riconoscere il difetto della coibentazione del tubo di scarico del cioccolato, con correlata riduzione del prezzo. La Corte di Lecce ha altresi’ negato, in accoglimento dell’appello della (OMISSIS) s.r.l., l’esistenza di un cattivo funzionamento della pompa del cioccolato imputabile all’appaltatrice, essendo lo stesso piuttosto riferibile ad una cattiva utilizzazione da parte della committente (OMISSIS) s.r.l..

RAGIONI DELLA DECISIONE

Insieme alla memoria ex articolo 378 c.p.c., la controricorrente (OMISSIS) s.r.l. ha prodotto anche gli atti relativi al procedimento incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata ex articolo 373 c.p.c., svoltosi dinanzi alla Corte d’Appello di Lecce e culminato nell’ordinanza del 21 luglio 2017. Si tratta di atti che possono essere prodotti ai sensi dell’articolo 372 c.p.c., non potendo essere allegati anteriormente alla proposizione del ricorso, il quale costituisce il presupposto logico-temporale del suddetto procedimento, e dovendo, del resto, la Corte di cassazione, in caso di rigetto del ricorso, provvedere altresi’ sul rimborso delle spese corrispondenti ai sensi dell’articolo 385 c.p.c. (cfr. Cass. Sez. 3, 30/09/2015, n. 19544; Cass. Sez. 3, 25/03/2009, n. 7248).
I. Il primo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 115, 116, 101 e 132 c.p.c., nonche’ degli articoli 74 e 87 disp. att. c.p.c., per aver la Corte di Lecce escluso l’esistenza di un contratto a corpo e non avere “annullato l’offerta contratto”. Si richiama la tesi difensiva della vigenza fra le parti dell’originario contratto stipulato verbalmente a corpo per il prezzo di Euro 12.000,00 e della nullita’ dell’offerta contratto n. (OMISSIS) perche’ non sottoscritta dal legale rappresentante della societa’ committente. Si assume altresi’ che la missiva del (OMISSIS), menzionata nella motivazione della sentenza impugnata, non risultava ritualmente prodotta in giudizio, in quanto inserita nel fascicolo di parte della (OMISSIS) s.r.l., seppur non contemplata nell’indice dello stesso ne’ menzionata in alcuna difesa avversa. Viene altresi’ criticata la qualificazione operata dalla Corte d’Appello in ordine al contratto d’appalto come non “a corpo”, ma “a misura”, qualificazione, del resto, smentita, secondo la ricorrente, dalla stessa constatazione operata in sentenza dell’assenza di un progetto delle opere da realizzare. Vengono quindi trascritte le deposizioni di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il secondo motivo del ricorso denuncia la violazione degli articoli 1362, 1326, 1398. 1399, 2730, 2733, 2734, 2475 bis c.c., quanto alla ratifica ravvisata dalla Corte di Lecce, all’interpretazione del contratto di appalto in ordine alla determinazione del relativo corrispettivo ed alla valutazione delle ammissioni rese in giudizio dal rappresentante legale della (OMISSIS) s.r.l..
Il terzo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 115, 116 e 132 c.p.c., in merito all’esistenza di artifici e raggiri posti in essere dalla (OMISSIS) s.r.l. per rappresentare falsamente il contenuto del contratto d’appalto, quanto in particolare alla lunghezza delle tubazioni. La ricorrente sostiene che l’offerta-contratto n. (OMISSIS) fosse tutt’altro che chiara.
Il quarto motivo del ricorso denuncia la violazione degli articoli 1337, 1375, 1427, 1428, 1429 c.c., per il mancato annullamento del contratto per dolo e/o errore quanto alla ratifica ravvisata dalla Corte di Lecce.
I.1. I primi quattro motivi, che vanno esaminati congiuntamente perche’ connessi, si rivelano infondati. Pur denunciando il vizio di violazione di legge, i primi quattro motivi di ricorso non deducono effettivamente un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, delle fattispecie astratte recate dalle norme richiamate, ma suppongono un’erronea ricognizione della fattispecie negoziale concreta a mezzo delle risultanze probatorie di causa. Ci si duole dell’interpretazione di atti negoziali, prospettando una generica critica della ricostruzione della volonta’ dei contraenti operata dalla Corte d’Appello, in sostanza adducendo censure di inadeguatezza della motivazione o anche di omesso approfondimento di determinati temi di indagine, oppure prendendo in considerazione emergenze istruttorie asseritamente suscettibili di diversa valutazione e traendone conclusioni difformi da quelle alle quali sono pervenuti i giudici di secondo grado.
La Corte di Lecce ha ritenuto che il rapporto intercorso fra la committente alla (OMISSIS) s.r.l. e l’appaltatrice (OMISSIS) fosse stato regolato unicamente dal contratto d’appalto documentato dall’offerta (OMISSIS), non avendo rivenuto adeguata prova (sia pure sulla scorta delle dichiarazioni dei testimoni e del rappresentante della (OMISSIS) s.r.l.) di un precedente accordo verbale raggiunto su di un prezzo di Euro 12.000,00 determinato a corpo. La “nullita’” del contratto (OMISSIS), perche’ sottoscritto soltanto da (OMISSIS), marito della rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., e’ stata negata nella sentenza impugnata giacche’ l’acconto di Euro 4.800,00 doveva intendersi versato in relazione proprio a tale contratto, come emergente dalla richiesta di pagamento rivolta dalla (OMISSIS) il (OMISSIS), nonche’ nella fattura emessa il (OMISSIS). Parimenti e’ stata esclusa dai giudici d’appello la “nullita’” della offerta contratto n. (OMISSIS) per dolo o errore, risultando la proposta formulata in modo chiaro, con la dicitura “Annulla e sostituisce precedente”, e le indicazioni per le voci “D” ed “E” dei lavori (Tubistica) di prezzi unitari a misura, restando la committente in grado cosi’ di calcolare l’importo finale del prezzo alla luce della presumibile lunghezza delle tubazioni da realizzare e del posizionamento dei serbatoi.
Ora, nel contratto di appalto stipulato tra privati, accertare se le parti abbiano stabilito il modo di determinazione del corrispettivo, ex articolo 1657 c.c., a corpo (o “a forfait”) – e cioe’ avendo riguardo ad una somma fissa e invariabile – oppure a misura – e cioe’ applicando i prezzi unitari alle quantita’ delle opere che risulteranno effettivamente eseguite e contabilizzate – consiste in un apprezzamento di fatto implicante una valutazione della volonta’ contrattuale, incensurabile in sede di legittimita’ se non nei limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Tale accertamento, nella specie deponente per alcune opere come retribuite mediante corrispettivo a corpo e per altre retribuite mediante corrispettivo a misura, e’ stato congruamente effettuato ed argomentato dalla Corte d’Appello di Lecce.
Non rivela alcuna decisivita’ la circostanza, acclarata dai giudici di secondo grado, della mancata previsione di un “progetto complessivo a cui fare riferimento nella realizzazione delle opere”, atteso che, nel contratto di appalto privato di un’opera, la legge non dispone a carico di quale parte gravi l’obbligo della redazione del progetto, ne’ rende indispensabile lo stesso (arg. da Cass. Sez. 2, 16/12/1986, n. 7556).
Quanto poi al fatto che il contratto n. (OMISSIS) non venne sottoscritto dal legale rappresentante della societa’ committente, e’ noto come il negozio concluso dal falsus procurator non e’ nullo e neppure annullabile, ma (temporaneamente) inefficace nei confronti del dominus fino alla ratifica di quest’ultimo (cfr. Cass. Sez. U, 03/06/2015, n. 11377). La ratifica relativa ad un contratto, per il quale non sia richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem, concluso da un falso rappresentante (pur ove si tratti di soggetto che abbia agito in qualita’ di rappresentante di una societa’ di capitali senza averne i poteri, come nel caso in esame), puo’, inoltre, essere anche tacita e consistere percio’ in qualsiasi atto o comportamento da cui risulti in maniera chiara ed univoca la volonta’ del dominus di fare proprio il negozio concluso in suo nome e conto dal falsus procurator (nella specie, il pagamento dell’acconto di Euro 4.800,00 eseguito con riferimento al contratto n. (OMISSIS)). Anche l’accertamento in ordine alla configurabilita’ di una ratifica tacita (accertamento che la Corte di Lecce ha compiuto con motivazione esente da vizi logici e giuridici) spetta al giudice di merito ed e’ incensurabile in sede di legittimita’ per violazione di norme di diritto (Cass. Sez. 3, 12/01/2006, n. 408).
Circa il preteso annullamento per errore e dolo, occorre ribadire, a conferma della correttezza dell’iter argomentativo adottato nella sentenza impugnata, che un vizio del consenso, per essere causa invalidante del contratto, deve incidere necessariamente sul momento di formazione del medesimo. Ed allora, l’errore del committente di un contratto d’appalto sull’importo finale del corrispettivo, da determinare alla stregua del computo metrico delle opere proporzionato ai prezzi unitari stabiliti dalle parti, non puo’ costituire errore essenziale ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1429 c.c., quale che sia la sproporzione tra le aspettative della parte e la somma finale risultante, e non e’, quindi, causa di annullamento del contratto. D’altro canto, per il dolo, ai sensi dell’articolo 1439 c.c., occorre che il raggiro o l’inganno abbia agito come fattore decisivo e determinante della volonta’ negoziale. L’errore provocato dall’altrui azione ingannatrice costituisce, quindi, causa di annullamento del contratto solo in quanto abbia inciso sul processo formativo del consenso, dando origine ad una falsa o distorta rappresentazione della realta’, a causa della quale il contraente si sia determinato a stipulare. Pertanto, l’effetto invalidante dell’errore frutto di dolo e’ subordinato alla circostanza (della cui prova e’ onerata la parte che deduce il vizio di consenso) che la volonta’ negoziale sia stata manifestata in presenza – o in costanza – di questa falsa rappresentazione, spontanea o provocata; con l’ulteriore conseguenza che la domanda di annullamento non puo’ essere accolta allorche’, in relazione al concreto ed inequivoco contenuto delle clausole negoziali, o per effetto di qualsiasi altra circostanza, debba escludersi che l’attore versasse in errore al momento della prestazione del consenso (Cass. Sez. 2, 19/04/1988, n. 3065). In tale prospettiva, e’ fondamentale l’accertamento compiuto dalla Corte di Lecce, secondo il quale la stipulazione a misura non puo’ dirsi determinata da dolo dell’appaltatrice, atteso che l’errore sulla presumibile lunghezza delle tubazioni, e percio’ sull’esatto importo del prezzo finale, non era conseguenza di alcun raggiro posto in essere dalla della (OMISSIS) s.r.l.. Il dolo che vizia la volonta’ e causa l’annullamento del contratto implica ex necesse la conoscenza da parte dell’agente delle false rappresentazioni che si producono nella vittima ed il convincimento che sia possibile determinare con artifici, menzogne e raggiri la volonta’ altrui, inducendola specificamente in inganno (Cass. Sez. L, 12/02/2003, n. 2104); e l’accertamento se la fattispecie concreta, sulla base delle risultanze probatorie emergenti, dia luogo ad una ipotesi di dolo determinante (articolo 1439 c.c.), costituisce esso stesso valutazione di merito, non sindacabile in sede di legittimita’ se non nei limiti dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. Sez. 2, 05/02/2007, n. 2479). La ricorrente prospetta inammissibilmente in questa sede circostanze di fatto, ritraibili da documentazione prodotta nelle fasi di merito, ma accompagnate da nuovi assunti circa il loro significato.
Il primo motivo di ricorso censura altresi’ l’utilizzazione a fini probatori che la Corte di Lecce ha fatto della missiva del (OMISSIS), sottoscritta da (OMISSIS) per accettazione dell’offerta contratto n. (OMISSIS), recante il riferimento agli “accordi odierni”, a conferma che, nella costituzione progressiva del rapporto di appalto intercorso fra le parti, la fonte esclusiva dei diritti e delle obbligazioni dovesse comunque individuarsi nella medesima convenzione n. 60/A, restando ogni eventuale accordo precedente comunque superato dalla nuova manifestazione di volonta’. Per la ricorrente la missiva del (OMISSIS) sarebbe stata, tuttavia, irritualmente inserita nel fascicolo di parte della (OMISSIS) s.r.l. “alla fine del processo di 2 grado”, non risultando neppure menzionata nell’indice. Questa denuncia e’ infondata, essendo consolidata l’interpretazione di questa Corte secondo cui l’irrituale produzione di un documento, in violazione degli articoli 74 e 87 disp. att. c.p.c., deve essere eccepita dalla parte interessata nell’udienza immediatamente successiva, dovendosi altrimenti presumere ritualmente prodotti i documenti di causa che il giudice di merito abbia preso in esame e posto a fondamento della sua decisione, con la conseguenza che, in caso di mancata tempestiva opposizione, il compimento dell’attivita’ irregolare non puo’ essere dedotto per la prima volta in cassazione, come invece fa la ricorrente (OMISSIS) s.r.l. (cfr. Cass. Sez. 3, 22/04/2010, n. 9545; Cass. Sez. 3, 09/03/2010, n. 5671; Cass. Sez. 3, 20/01/2004, n. 771; Cass. Sez. 2, 11/05/1979, n. 2697; Cass. Sez. 3, 14/05/2013, n. 11548; Cass. Sez. 2, 30/01/1987, n. 896; Cass. Sez. 2, 13/11/1984, n. 5722).
Da ultimo, per le considerazioni svolte sulla dichiarazioni rese nell’interrogatorio di (OMISSIS) e nelle deposizioni testimoniali di (OMISSIS) e (OMISSIS), che la ricorrente riporta in ricorso al dichiarato scopo di “consentire alla Suprema Corte di apprezzare la valenza”, basta ribadire come spetti in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonche’ la facolta’ di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia puo’ essere decisa senza necessita’ di ulteriori acquisizioni (tra le tante, cosi’ Cass. Sez. 1, 23/05/2014, n. 11511).
II. Il quinto motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 329 c.p.c., comma 2 e articolo 112 c.p.c.. Si assume che la Corte di appello di Lecce, dopo che il Tribunale aveva ravvisato l’esistenza tra le parti di un contratto di appalto, aveva qualificato il rapporto consacrato nell’offerta contratto n. (OMISSIS) come una non meglio precisata “fornitura di opere…, macchinari (…) e tubazioni (…)”.
Il sesto motivo allega la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1326 e 1655 c.c. e segg., con riguardo all’oggetto del contratto, ed in particolare all’obbligo assunto dalla (OMISSIS) s.r.l. di redigere il progetto dell’opera e di eseguire i lavori.
II.1. Il quinto ed il sesto motivo di ricorso, tra loro connessi e percio’ da esaminare congiuntamente, sono del tutto infondati. Innanzitutto, perche’ e’ consentito al giudice d’appello qualificare il contratto oggetto del giudizio in modo diverso rispetto a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, essendo tale attivita’ vietata soltanto se, per pervenire alla nuova qualificazione, quegli debba prendere in esame fatti nuovi e non dedotti dalle parti, ne’ rilevati dal giudice di primo grado, il che non e’ evidentemente accaduto nel caso in esame (arg. da Cass. Sez. 3, 26/06/2012, n. 10617). D’altro canto, non e’ neppure ravvisabile alcuna diversita’ in senso giuridico tra il contratto di appalto, il quale e’ caratterizzato da una prestazione di fare consistente nella produzione di un’opera (si veda, da ultimo, Cass. Sez. 2, 12/03/2018, n. 5935), e la “fornitura” di opere, macchinari ed impianti, di cui discute la Corte di Lecce, senza peraltro specificare la prevalenza della materia rispetto al lavoro. In sostanza, nella stessa qualificazione del contratto operata a pagina 11 e 12 della sentenza impugnata, pur sottolineandosi come alla prestazione di un facere (isolamento termico del serbatoio mescolatore) si accompagnassero prestazioni di dare (serbatoio e tubazioni), non si faceva alcun riferimento al fatto che la somministrazione dei materiali costituisse un semplice mezzo per la produzione dell’opera, ne’ al fatto che il lavoro, al contrario, fosse il mezzo per la trasformazione della materia ed il conseguimento di una res.
III. Il settimo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. denuncia la nullita’ della sentenza per mancanza di motivazione con riguardo alle risultanze della CTU, la quale aveva riconosciuto l’esistenza dei vizi dell’opera lamentati dalla committente (si fa riferimento al sistema di blocco del serbatoio, alla valvola di scarico di sicurezza, alla tubazione di ritorno del cioccolato, alla coibentazione del tank, al serbatoio dell’acqua calda).
L’ottavo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. denuncia poi la nullita’ della sentenza per mancanza di motivazione con riguardo alle deposizioni testimoniali ed alla collocazione dei serbatoi.
Il nono motivo di ricorso espone la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., per aver disatteso quanto risultava provato dalle CTU espletate in primo ed in secondo grado.
III.1. Settimo, ottavo e nono motivo di ricorso, esaminabili congiuntamente, sono infondati.
La Corte d’Appello di Lecce, nelle pagine da 9 a 12 della pronuncia impugnata, ha illustrato le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione adottata, avendo operato una comparazione critica tra la relazione peritale svolta in primo grado e i risultati della nuova consulenza tecnica d’ufficio espletata in appello, anche alla luce delle risposte fornite dall’ausiliare alla osservazioni critiche dei consulenti di parte. D’altro canto, l’accoglimento della tesi del secondo consulente non postula un’esplicita esposizione delle deduzioni dell’uno o dell’altro, con analitica confutazione delle argomentazioni poste a base delle conclusioni del primo dei due ausiliari (Cass. Sez. L, 25/10/2016, n. 21528).
La ricorrente, nelle sue censure, finisce per dedurre che la Corte di Lecce abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, ovvero che, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, ed abbia mancato di esaminare le risultanze delle CTU, il che integra un vizio della sentenza che puo’ essere fatto valere nel giudizio di cassazione soltanto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione, qui applicabile, conseguente alla novella di cui al Decreto Legge n. 83 del 2012 (Cass. Sez. 3, 31/05/2018, n. 13770). Non puo’ invece richiedersi alla Corte di cassazione, come ancora una volta propone la ricorrente nel settimo, ottavo e nono motivo di ricorso, di sostituirsi ai giudici del merito per procedere ad un nuovo esame degli apprezzamenti di fatto a quelli spettanti. Vertendosi, del resto, in giudizio relativo a difformita’ e vizi delle opere appaltate, i mezzi di prova esperibili per accertare se l’appaltatore abbia assolto al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica, relativi al particolare lavoro affidatogli, costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica, che vengono di regola compiuti mediante apposita consulenza d’ufficio con funzione “percipiente”, in quanto soltanto un esperto e’ in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, se l’opera sia stata eseguita a regola d’arte (cfr. Cass. Sez. 2, 20/01/2017, n. 1606; Cass. Sez. 2, 04/03/1981, n. 1245).
Settimo, ottavo e nono motivo di ricorso, nel denunciare vizi di inadeguatezza o insufficienza della motivazione della sentenza della Corte d’Appello, rivolgono critiche diffuse alle risultanze ed al procedimento tecnico seguito dal c.t.u. (OMISSIS), e si risolvono, cosi’, nel far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della ricorrente, proponendosi un preteso migliore e piu’ appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, ovvero una nuova pronuncia sulle vicende di lite volta a sovvertire aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalita’ di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, che attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento.
IV. Il decimo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. denuncia la nullita’ della sentenza per mancanza di motivazione con riguardo all’eccezione di inammissibilita’ dell’appello incidentale formulato dalla (OMISSIS) s.r.l., non avendo il gravame ottemperato al precetto dell’articolo 342 c.p.c..
L’undicesimo motivo di ricorso deduce la violazione dell’articolo 342 e dell’articolo 329 c.p.c., comma 2, per non aver rilevato, in conseguenza dell’inammissibilita’ dell’appello incidentale, il giudicato formatosi sul vizio relativo alla pompa del cioccolato.
IV.1. Decimo ed undicesimo motivo di ricorso, che possono esaminarsi unitariamente per la loro connessione, sono infondati. La Corte d’Appello di Lecce ha deciso di accogliere l’appello incidentale della (OMISSIS) s.r.l. “nella parte in cui ha censurato la sentenza impugnata per aver attribuito a responsabilita’ di (OMISSIS) s.r.l. il malfunzionamento della pompa di trasferimento del cioccolato”. Stando all’insegnamento contenuto in Cass. Sez. U, 16/11/2017, n. 27199, l’articolo 342 c.p.c., nel testo formulato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, va interpretato nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilita’, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che, tuttavia, occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversita’ rispetto alle impugnazioni a critica vincolata. In tal senso, non ricorre alcun vizio di mancanza della motivazione nella sentenza impugnata, ne’ di violazione delle norme dettate dagli articoli 329 e 342 c.p.c., in tema di effetto devolutivo dell’impugnazione di merito ed in tema di acquiescenza, in quanto la decisione resa sull’appello incidentale – avendo valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame, e cosi’ inteso il malfunzionamento della pompa incluso nel quantum devolutum in appello – ha comportato una statuizione implicita di rigetto dell’eccezione di inammissibilita’ dell’appello (cfr. Cass. Sez. 5, 06/12/2017, n. 29191; Cass. Sez. 1, 08/03/2007, n. 5351).
V. Il dodicesimo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. deduce la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., per non aver la Corte rilevato l’esistenza del vizio alla pompa del cioccolato. Il tredicesimo motivo di ricorso allega l’omesso esame circa un fatto decisivo, sempre in relazione alla pompa del cioccolato.
V.1. Dodicesimo e tredicesimo motivo di ricorso, che possono esaminarsi unitariamente per la loro connessione, sono infondati.
Le dedotte violazioni degli articoli 115 e 116 c.p.c., sono prive di consistenza, in quanto la violazione dell’articolo 115 c.p.c., puo’ essere ipotizzata come vizio di legittimita’ solo denunciando che il giudice ha deciso la causa sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre; mentre la violazione dell’articolo 116 c.p.c., e’ idonea ad integrare il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 4, denunciabile per cassazione, solo quando il giudice di merito abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, e non per lamentare che lo stesso abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova (Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11892).
Quanto all’invocazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, esso, come riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Il “fatto” storico, e cioe’ il dato materiale, l’episodio fenomenico, del quale si lamenti l’omesso esame, deve, peraltro, essere specificato nel rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4. Ne consegue che l’omesso esame di elementi istruttori (nella specie, i verbali delle operazioni peritali, le fatture emesse da (OMISSIS) s.r.l. e da (OMISSIS) s.r.l.) non integrano, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico rilevante in causa (nella specie, la rottura della pompa, che la Corte d’Appello ha ricondotto alla solidificazione del cioccolato, imputabile alla cattiva utilizzazione dell’impianto da parte della committente: pagina 13 di sentenza), sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. Dodicesimo e tredicesimo motivo di ricorso, essendo volti ad affermare la sussistenza dei vizi della pompa di trasferimento del cioccolato, negata invece dalla Corte d’Appello, si riducono a prospettare una spiegazione dei fatti della controversia e delle emergenze istruttorie sulla base di una logica alternativa, il che esula dai limiti del giudizio di legittimita’.
VI. Il quattordicesimo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. deduce la violazione degli articoli 1460, 1665, 1282 e 1284 c.c. e del Decreto Legislativo n. 231 del 2002, articolo 5, con riguardo all’accoglimento incidentale in punto di interessi in transazioni commerciali (riconosciuti con decorrenza dal 16 novembre 2004, data della missiva con cui venne richiesto il saldo), interessi che la Corte di Lecce ha ritenuto applicabili altresi’ ai contratti di appalto d’opera, ed anche quando il pagamento a titolo di corrispettivo debba essere effettuato in importo inferiore a quello inizialmente richiesto dal creditore.
VI.1. Il quattordicesimo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. e’ fondato nei limiti di seguito indicati.
La disciplina contenuta nel Decreto Legislativo n. 9 ottobre 2002, n. 231, di attuazione della direttiva 2000/35/CE (nella formulazione originaria, qui operante ratione temporis), trova applicazione per ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale (articolo 1), per tale intendendosi “i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo” (articolo 2), ed e’ volta a contrastare i “ritardi di pagamento”, ovvero “l’inosservanza dei termini di pagamento contrattuali o legali” (articolo 2). Il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori, nella misura stabilita dal Decreto Legislativo n. 231 del 2002, salvo che il debitore dimostri che il ritardo nel pagamento del prezzo e’ stato determinato dall’impossibilita’ della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (articolo 3). Gli interessi decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento, ovvero, se il termine per il pagamento non e’ stabilito nel contratto, senza che sia necessaria la costituzione in mora, alla scadenza, tra l’altro, del termine di trenta giorni dalla data di ricevimento della fattura da parte del debitore o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente (articolo 4).
La disciplina dettata in attuazione della direttiva 2000/35/CE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e contenuta Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 31, ove stabilisce l’automatica decorrenza degli interessi moratori, senza la necessita’ della costituzione in mora del debitore, alla scadenza del termine legale, variamente individuato, illustra, dunque, una evoluzione tendenziale della legislazione che mira a incentivare (attraverso sanzioni automatiche, di natura monetaria) il pagamento delle somme dovute nell’ambito dei contratti tra imprese o tra imprese e pubbliche amministrazioni, relative a cessioni o consegne di merci ovvero a prestazioni di servizi, nel cui novero va incluso anche l’appalto (arg. da Cass. Sez. 1, 29/07/2004, n. 14465). La definizione adottata del Decreto Legislativo n. 231 del 2002, articolo 2, comprensiva dei contratti, comunque denominati, tra imprese che comportano, in via esclusiva o prevalente, la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo, e’, invero, compatibile con la definizione dell’appalto specificata dall’articolo 1655 c.c., dovendosi intendere l’espressione prestazione di servizi come riferibile a tutte le prestazioni di fare (e, quindi, anche di non fare) che trovano il loro corrispettivo in un pagamento in denaro.
La Corte d’Appello ha, peraltro, ridotto di Euro 693,00 l’importo del corrispettivo dovuto a saldo dalla committente (OMISSIS) s.r.l., per il vizio della mancata coibentazione del tubo di carico del cioccolato, nonche’ rideterminato in Euro 2.000.00 la somma riconosciuta alla medesima (OMISSIS) s.r.l. a titolo di risarcimento dei danni. Sul corrispettivo liquidato di Euro 37.302,97 la Corte d’Appello ha, infine, accordato interessi ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2002, con decorrenza dal 16 novembre 2004, allorche’ l’appaltatrice richiese il saldo. Cosi’ decidendo, la sentenza impugnata non ha considerato come il corrispettivo dell’appalto deve essere pagato alle scadenze contrattuali ovvero, in difetto di pattuizione, quando l’opera sia accettata dal committente, sicche’ e’ da tale momento che decorrono per l’appaltatore gli interessi sulle somme dovutegli. Peraltro, il corrispettivo diviene inesigibile se vengono riscontrati nell’opera difetti legittimanti l’exceptio inadimpleti contractus: tale inesigibilita’ si protrae finche’ i vizi non vengano eliminati, ovvero il committente non opti per la riduzione del corrispettivo (Cass. Sez. 3, 09/11/1973, n. 2948).
In particolare, giacche’ la committente (OMISSIS) s.r.l., rilevata l’esistenza di vizi nell’opera, aveva altresi’ preteso l’eliminazione diretta degli stessi da parte della appaltatrice (OMISSIS) s.r.l., e non soltanto richiesto il risarcimento del danno per l’inesatto adempimento, il mancato adempimento del credito dell’impresa esecutrice dei lavori per il corrispettivo non puo’ ritenersi causa di debenza degli interessi, neppure ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2002, articolo 4, se non dal momento della sentenza con cui detto credito diviene liquido ed esigibile (cfr. Cass. Sez. 2, 22/06/2004, n. 11594; Cass. Sez. 2, 23/01/1999, n. 644; Cass. Sez. 2, 17/04/2012, n. 6009).
VII. Conseguono l’accoglimento, nei limiti indicati, del quattordicesimo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l., il rigetto dei primi tredici motivi di ricorso e la cassazione della sentenza impugnata soltanto in ordine alla questione della decorrenza degli interessi, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Lecce, che decidera’ uniformandosi all’enunciato principio e provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il quattordicesimo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l., rigetta i primi tredici motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata limitatamente alla censura accolta e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Lecce, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

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