Integra il reato di falso per soppressione l’occultamento dell’appendice ad una polizza assicurativa

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|17 febbraio 2021| n. 6206.

Integra il reato di falso per soppressione l’occultamento dell’appendice ad una polizza assicurativa prodotta agli atti di gara da un soggetto concorrente ad un appalto pubblico, in quanto documento funzionale alla verifica da parte della pubblica amministrazione dei requisiti di partecipazione.

Sentenza|17 febbraio 2021| n. 6206

Data udienza 17 novembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Turbata libertà degli incanti, falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità materiale commessa dal privato e soppressione, distruzione e occultamento di atti veri – Insussistenza del vizio di travisamento della prova testimoniale – Doglianze finalizzate ad una rivalutazione delle prove acquisite in dibattimento – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. MICCOLI Grazia – rel. Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

Dott. SESSA Renata – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 01/06/2018 della CORTE APPELLO di MESSINA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Miccoli Grazia;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. Tassone Kate, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso;
letta la memoria a firma dell’avvocato (OMISSIS), difensore della parte civile Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, che ha concluso chiedendo anche la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese sostenute
letta la memoria a firma dell’avvocato (OMISSIS), difensore dell’imputato, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 1 giugno 2018 la Corte di Appello di Messina ha, per quanto di interesse in questa sede, in riforma della pronunzia di primo grado, dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS), in relazione ai reati di cui agli articoli 490-482, 476 e 353 c.p., perche’ estinti per prescrizione.
Ha confermato le statuizioni civili, condannando l’imputato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili.
2. Avverso la suindicata sentenza di appello propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, articolandolo nei tre motivi qui di seguito sintetizzati.
2.1. Con il primo di denunziano vizi motivazionali derivanti da travisamento della prova testimoniale.
In particolare, nella sentenza impugnata si sarebbe erroneamente affermato che la teste (OMISSIS) aveva riferito “che l’imputato, davanti ai suoi occhi, si impossessava del suddetto documento, occultandolo all’interno della sua borsa” (pag. 3 della sentenza).
Sostiene il ricorrente che dalla deposizione della teste, resa all’udienza del 9 giugno 2015 (pagg. 10 e ss. del verbale allegato al ricorso), la predetta ha riferito di non aver mai visto il foglio in questione e di aver solo supposto che si trattasse della documentazione relativa alla gara.
2.2. Con il secondo motivo si denunzia l’omessa motivazione su specifici doglianze difensive e atti del processo.
La Corte territoriale ha ignorato quanto segnalato nell’atto di appello in relazione al contenuto delle deposizioni testimoniali di (OMISSIS) e (OMISSIS), dipendenti del comune di Barcellona, i quali avevano riferito che, durante la consultazione del fascicolo, i cui fogli erano spillati, non avevano mai perso di vista il fascicolo, escludendo categoricamente che qualcuno abbia potuto sottrarre un qualsiasi atto.
Altro dato ignorato e’ quello relativo alla conversazione video ambientale intercettata in data 18 maggio 2011, che sarebbe decisiva perche’ l’imputato, a fronte delle contestazioni della (OMISSIS), aveva negato di aver sottratto il documento; la (OMISSIS) non aveva contestato all’imputato quanto presuntivamente appreso dalla (OMISSIS).
2.3. Con il terzo ed ultimo motivo si deduce violazione di legge in relazione all’articolo 490 c.p. nella parte in cui la Corte ha qualificato l’atto presuntivamente sottratto come atto pubblico.
I giudici di merito avevano ritenuto erroneamente che un documento -che all’origine aveva certamente la natura di scrittura privata- nel momento in cui viene custodito agli atti di una P.A. e viene valutato nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica e considerato come presupposto di un successivo atto pubblico, debba ritenersi atto pubblico.
Peraltro nel caso di specie si trattava di una copia del documento e non dell’originale e per cio’ stesso – sostiene il ricorrente- non puo’ ipotizzarsi il reato di cui all’articolo 490 c.p., in quanto la tutela della norma e’ limitata agli atti originali e alle copie autentiche che tengono conto degli originali mancanti. Nella previsione normativa non rientrano invece altre copie autentiche ne’ i semplici attestati del contenuto di atti pubblici dal momento che la disposizione in esame, in relazione agli atti pubblici richiama esclusivamente gli articoli 476 e 477 c.p.; rispetto a questi documenti la distruzione, la soppressione o l’occultamento potra’ configurare altro titolo di reato perche’ le copie e gli attestati non hanno valore autonomo di prova, essendo possibile il rilascio di altre copie ed altri attestati.
3. E’ stata acquisita la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. Kate Tassone, che ha concluso chiedendo la declaratoria di ‘ del ricorso.
E’ stata ‘ acquisita la memoria a firma dell’avvocato (OMISSIS), difensore della parte civile Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, che ha concluso chiedendo anche la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese sostenute.
L’avvocato (OMISSIS), difensore dell’imputato, ha inviato memoria concludendo per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
Come si e’ detto, i reati ascritti al (OMISSIS) sono stati dichiarati estinti per intervenuta prescrizione. Il ricorrente ha dichiarato di avere interesse ad una sentenza assolutoria, tenuto conto anche della conferma delle statuizioni civili.
Tale interesse e’ indubbiamente sussistente, perche’ il ricorso in esame mira a conseguire effetti penali piu’ vantaggiosi, ma anche perche’ tende ad evitare conseguenze pregiudizievoli in sede civile (si veda, tra le tante, Sez. 5, Sentenza n. 24300 del 19/03/2015, Rv. 263907).
2. Il primo motivo e’ inammissibile perche’ finalizzato a una rivalutazione delle prove.
2.1. Sostiene il ricorrente che sarebbe frutto di una errata percezione delle dichiarazioni della teste (OMISSIS) l’assunto che costei avesse riferito “che l’imputato, davanti ai suoi occhi, si impossessava del suddetto documento, occultandolo all’interno della sua borsa” (pag. 3 della sentenza).
Assume, altresi’, il ricorrente che si evincerebbe dalla deposizione della teste, resa all’udienza del 9 giugno 2015 (pagg. 10 e ss. del verbale allegato al ricorso), che la predetta ha riferito di non aver mai visto il foglio in questione e di aver solo supposto che si trattasse della documentazione relativa alla gara.
2.2. Il ricorrente ha allegato il verbale delle dichiarazioni rese in dibattimento dalla suddetta teste e, a pagina dieci di tale verbale, si legge che il (OMISSIS) aveva “estratto un foglio” dalla pratica che stavano entrambi visionando e lo aveva “infilato” nella borsa della (OMISSIS) (si vedano anche pagg. 11 e 12). E’ pur vero che la teste ha poi riferito di non aver visto il documento infilato nella sua borsa e di averlo consegnato piegato al (OMISSIS) (pag. 22 e pag. 27 del verbale), ma e’ anche vero che lo stesso imputato le aveva riferito che la sottrazione di quel documento era finalizzato a perseguire interessi non leciti (si vedano in particolare pagg. 23 e 24 del verbale); comunque, in seguito alle contestazioni del Pubblico Ministero, la teste ha ammesso di aver capito poi di quale documento si trattasse ovvero di una “postilla di una fidejussione”.
Insomma, il ricorrente, nell’articolare le sue deduzioni di travisamento della prova, ha fatto riferimento solo parziale alle dichiarazioni verbalizzate della teste (OMISSIS).
2.3. Non si ravvisano dunque i dedotti vizi di travisamento, dovendo in merito ribadirsi che la disposizione di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) fa riferimento alla contraddittorieta’ della motivazione che risulti non dal testo del provvedimento impugnato, ma “da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”.
Quest’ultima condizione, direttamente prescrittiva dell’onere di specifica indicazione degli atti dei quali si deduce il travisamento, non si riduce tuttavia a tale aspetto procedurale, ma presuppone altresi’ che la contraddittorieta’ intercorra fra le conclusioni del provvedimento e gli atti indicati. Ne segue logicamente che l’errore deducibile in questa prospettiva, in quanto apprezzabile attraverso l’indicazione di atti singoli e determinati, deve cadere sul dato significante, costituito dalla circostanza di fatto riportata quale contenuto dell’elemento di prova, per la cui rilevabilita’ in questa sede e’ necessaria la specifica indicazione dell’atto da cui l’elemento risulta, e non sul significato attribuibile allo stesso (Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168).
L’errore deducibile ricorre solo nei casi in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su un determinato elemento che si riveli insussistente o, per come esposto nel provvedimento impugnato, incontestabilmente diverso da quello reale, ovvero abbia trascurato un elemento esistente e decisivo, in modo da sollecitare un intervento del giudice di legittimita’ nel senso non di una reinterpretazione degli elementi valutati dal giudice di merito, ma della verifica sulla sussistenza e sul contenuto di detti elementi (Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099; Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215).
Pertanto, ove le censure consistano -come nel caso in esame- solo nell’esposizione di valutazioni sul significato probatorio degli elementi di prova considerati, la situazione denunciata non puo’ essere ricondotta nel vizio di travisamento lamentato (Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, Maggio, Rv. 255087; Sez. 3, n. 46451 del 07/10/2009, Carella, Rv. 245611).
3. Versato in fatto e finalizzato a una rivalutazione delle prove e’ anche il secondo motivo di ricorso.
3.1. Irrilevante e’ la circostanza che la Corte territoriale abbia ignorato quanto segnalato nell’atto di appello in relazione al contenuto delle deposizioni testimoniali di (OMISSIS) e (OMISSIS), dipendenti del comune di Barcellona, i quali avrebbero riferito che, durante la consultazione del fascicolo, i cui fogli erano spillati, non avevano mai perso di vista lo stesso fascicolo, escludendo categoricamente che qualcuno avesse potuto sottrarre un qualsiasi atto. In primo luogo tale circostanza di fatto e’ smentita dalla deposizione testimoniale della (OMISSIS), che – come si e’ detto- e’ stata allegata dallo stesso ricorrente al suo verbale (si veda anche pagg. 6 e 7 della sentenza di primo grado).
Peraltro essa non appare affatto decisiva alla stregua della ricostruzione della vicenda, come puntualmente operata nella sentenza di primo grado.
3.2. Quanto alle risultanze della conversazione video – ambientale intercettata in data 18 maggio 2011, che – secondo la difesa- sarebbe decisiva perche’ l’imputato, a fronte delle contestazioni della (OMISSIS), aveva negato di aver sottratto il documento, ancora una volta si pretende che questa Corte valuti diversamente una prova, giacche’ dalla lettura della sentenza di primo grado si evince che il contenuto di quella conversazione ha consentito “una significativa conferma di quanto riferito dalla (OMISSIS) a proposito del precedente colloquio avvenuto con il (OMISSIS), nel quale si faceva esplicito riferimento alla sottrazione del documento…” (ag. 11 della sentenza di primo grado).
4. Manifestamente infondato e’ il terzo ed ultimo motivo.
4.1. Correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che il documento sottratto dal (OMISSIS) – che di per se’ ha certamente natura di scrittura privata – in ragione del fatto che era custodito in un fascicolo detenuto da una Pubblica Amministrazione ed era stato valutato nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica, dovesse ritenersi atto pubblico (pag. 4 della sentenza di appello e pagg. 13 e 14 della sentenza di primo grado).
E’ bene precisare in punto di fatto che nella specie il documento sottratto dal (OMISSIS) e’ una “appendice della polizza assicurativa” prodotta, insieme a tutta l’altra documentazione richiesta dal bando, dall’ATI di imprese partecipanti a una gara di appalto indetta da una Pubblica amministrazione.
Si tratta dunque certamente di una scrittura privata, ma inserita dalla suddetta ATI tra i documenti utili per concorrere alla procedura di aggiudicazione dell’appalto.
E’ allora evidente che il suddetto atto era destinato ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza e di valutazione sulla sussistenza dei requisiti per la partecipazione alla gara di appalto, collocandosi nel contesto di un complesso “iter” e ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi.
Questa Sezione ha gia’ avuto modo di affermare che integra il reato di falso per soppressione, ex articolo 490 c.p., la distruzione degli elaborati delle prove scritte e dei “curricula” dei partecipanti ad una procedura per la selezione del personale di un ente pubblico, custoditi nell’archivio corrente dell’ente, da intendersi quale complesso dei documenti relativi alla trattazione degli affari in corso (Sez. 5, Sentenza n. 35095 del 29/04/2019, Rv. 277585).
In effetti e’ l’acquisizione del documento di natura privata in un fascicolo detenuto dalla Pubblica Amministrazione, per l’espletamento di una procedura finalizzata all’adozione di un provvedimento amministrativo, ad attribuire all’atto i requisiti oggettivi previsti dalla norma penale per la rilevanza delle condotte di soppressione, distruzione o occultamento cui fa riferimento l’articolo 490 c.p..
Insomma, la natura di atto pubblico deriva dall’aspetto funzionale che il documento acquisisce nella procedura amministrativa.
Cosi’, in maniera del tutto condivisibile, e’ stato ritenuto da questa Corte che l’elaborato scritto redatto in occasione di una prova di esame universitario ha natura di atto pubblico, perche’ e’ funzionale ad individuare i candidati da ammettere alla prova orale e ad orientare l’esaminatore nell’attribuzione del voto definitivo (Sez. 5, n. 32789 del 25/06/2013, Carella e altro, Rv. 25660301).
Allora, nel caso in esame va affermato che il documento contenente l’appendice della polizza assicurativa ha assunto la natura di atto pubblico con la sua produzione da parte del soggetto concorrente alla gara di appalto, in quanto funzionale nel correlato procedimento a consentire alla Pubblica Amministrazione la verifica dei requisiti di partecipazione alla stessa gara.
D’altronde, e’ pacifico nella specie che la condotta illecita del (OMISSIS) fosse finalizzata a sottrarre proprio uno dei documenti ritenuti requisito necessario per l’aggiudicazione dell’appalto, cosi’ come si evince dalla ricostruzione dei fatti puntualmente fatta nella sentenza di primo grado, che ha fatto riferimento al contenzioso amministrativo instaurato tra l’ATI vincitrice della gara e quella per la quale lavorava l’imputato.
Allora e’ opportuno ribadire che integra l’elemento soggettivo del delitto di cui all’articolo 490 c.p. la consapevolezza che la condotta impedisce all’atto di adempiere alla funzione di prova con la specifica intenzione, nel caso in cui l’atto sia una scrittura privata, di procurare a se’ o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, che puo’ consistere in un vantaggio qualsiasi, di natura economica o anche soltanto morale e persino legittimo e giuridicamente lecito, sicche’ non e’ affatto necessaria a tal fine la prova di un profitto ingiusto (Sez. 5, n. 45351 del 13/09/2019, Rv. 277647; Sez. 5, n. 31061 del 03/04/2008, Spedicato, Rv. 24116401).
4.2. Le ulteriori censure difensive, afferenti la circostanza che nel caso di specie si trattava di una copia del documento, sono nuove perche’ non risultano dedotte con l’atto di appello.
Peraltro esse risultano generiche, giacche’ la difesa si limita ad affermare che il documento sottratto era solo una “copia”, senza precisare se si trattasse di una copia autentica o meno.
Ne’ tale circostanza di fatto e’ desumibile dalla puntuale ricostruzione fatta dal giudice di primo grado.
Di contro, emerge dalle sentenze di merito che il documento sottratto dal (OMISSIS) faceva parte della produzione richiesta dal bando di gara ed allegata ai verbali dopo l’allegazione da parte dell’aggiudicataria.
5. Alla pronuncia di inammissibilita’ consegue ex articolo 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione del tenore delle questioni dedotte, appare equo determinare in Euro 3000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Comune Barcellona Pozzo di Gotto che liquida in complessivi Euro 3.600,00, oltre accessori di legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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