Integra il delitto di violenza privata

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|10 febbraio 2021| n. 5211.

Integra il delitto di violenza privata la condotta di chi, alla guida del proprio veicolo, compie deliberatamente manovre tali da interferire significativamente nella guida di altro utente della strada, costringendolo ad una condotta diversa da quella programmata. (Nella specie l’imputato, al fine di compiere atti di esibizionismo sessuale, aveva affiancato con il proprio veicolo quello della vittima, costringendola a modificare la traiettoria di guida per evitare collisioni).

Sentenza|10 febbraio 2021| n. 5211

Data udienza 11 dicembre 2020

Integrale
Tag – parola chiave: Atti osceni in luogo pubblico – Dichiarazioni della p.o. – Credibilità e attendibilità – Ricostruzione del fatto – Costrizione della vittima a un “pati” e a un “facere” – Impugnazione inammissibile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/11/2019 della Corte di Appello di L’Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere RICCARDI GIUSEPPE;
lette le richieste scritte ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale LOCATELLI Giuseppe, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 15/11/2019 la Corte di Appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di L’Aquila del 11/04/2018 che aveva assolto (OMISSIS) dal reato di atti osceni in luogo pubblico, per essersi esibito mentre si masturbava, mentre era alla guida della propria auto lungo l’autostrada, affiancando l’autovettura di (OMISSIS), ed aveva affermato la responsabilita’ dell’imputato in relazione al reato di violenza privata, perche’, con violenza consistita nell’affiancare l’auto della (OMISSIS), nello sbandare e impedirle di proseguire a normale andatura, costringeva la persona offesa a condurre la propria auto in condizioni di pericolo; in parziale riforma, ha rideterminato la pena inflitta.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che, dopo una diffusa premessa sull’intero svolgimento del processo e sulle sentenze di primo grado e di appello (da p. 1 a p. 11), ha dedotto i seguenti motivi, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Vizio di motivazione in relazione al giudizio di attendibilita’ della persona offesa, ritenuta intrinsecamente attendibile nonostante le indicazioni approssimative sulla velocita’ dell’auto, sulla durata del fatto e sulla descrizione dell’uomo, in assenza di una motivazione sull’attendibilita’ intrinseca del racconto e sulla credibilita’ soggettiva della (OMISSIS), costituita parte civile.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla tipicita’ del reato di violenza privata: la condotta sarebbe consistita solo nell’affiancare l’auto della persona offesa, senza che vi sia stato l’effetto di costringere taluno a porre in essere una condotta determinata, sicche’ la violenza o la minaccia sarebbero il solo evento che la persona offesa e’ stata costretta a sopportare, e non puo’ integrare il delitto di cui all’articolo 610 c.p., ma una mera guida pericolosa, non essendo stata la vittima costretta a tenere alcuna condotta determinata.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla configurabilita’ del delitto tentato di violenza privata, avendo la Corte territoriale omesso di motivare affermando la consumazione in maniera assertiva.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione della individuazione del (OMISSIS) quale autore del reato: l’unico indizio sarebbe la disponibilita’ del furgone a bordo del quale e’ stato commesso il fatto, ma si tratta di un mero indizio, non di una prova; in assenza di ulteriori indizi gravi, precisi e concordanti, tale elemento non sarebbe sufficiente per l’individuazione dell’imputato quale responsabile del fatto.
2.5. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla liquidazione del danno nella misura di 4000 Euro, in assenza di prova del danno.
2.6. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche.
2.7. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego della sospensione condizionale della pena, basato sulle condanne per reati depenalizzati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ nel suo complesso infondato.
2. Il primo e il quarto motivo, che meritano una valutazione congiunta, concernendo i profili della ricostruzione del fatto, sono inammissibili, perche’ propongono doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano, in realta’, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimita’, sulla base di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944); infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione e della violazione di legge, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., sono in realta’ dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica – unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata in merito alla attendibilita’ delle dichiarazioni della persona offesa ed alla individuazione dell’imputato quale autore del fatto.
Il controllo di legittimita’, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non gia’ il rapporto tra prova e decisione; sicche’ il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non gia’ nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, e’ estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione.
Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione e’ giudice della motivazione, non gia’ della decisione, ed esclusa l’ammissibilita’ di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicita’ (tantomeno manifeste) e di contraddittorieta’.
Invero, i giudici di merito hanno formulato, con un apprezzamento di fatto immune da censure di illogicita’, e dunque insindacabile in sede di legittimita’, una valutazione di attendibilita’ delle dichiarazioni della persona offesa, che non conosceva l’odierno ricorrente, non aveva alcun motivo di inimicizia, ne’ tanto meno intenti calunniatori (neppure dedotti dal ricorrente), ritenendo il narrato credibile: la donna era stata affiancata da un furgone sull’autostrada A24, e, senza completare il sorpasso, aveva persistito nell’affiancamento della sua autovettura, condizionando la sua condotta di guida, addirittura stringendola l’auto e facendola sbandare, al solo fine di esibirsi nell’atto masturbatorio; l’indicazione della velocita’ (160 km/h) e’ stata ritenuta approssimativa, e non idonea ad essere scalfita dall’obiezione concernente la potenza del furgone.
In ogni caso, ne rammentare che e’ inammissibile, per difetto di specificita’ dei motivi, l’appello che contesti parti della testimonianza non rilevanti, sia rispetto al nucleo fondamentale dell’accusa, sia con riguardo alla valutazione dell’attendibilita’ intrinseca del dichiarante, ovvero alla sua capacita’ di reagire in modo coerente alle sollecitazioni dell’esame giudiziale (Sez. 2, n. 19534 del 25/02/2020, Carrino, Rv. 279416), va rilevato che il nucleo essenziale del fatto contestato non risulta oggetto di specifiche doglianze.
Quanto alla identificazione dell’autore del fatto, la motivazione della Corte di Appello e’ immune da censure, avendo depurato il ragionamento inferenziale dai numerosi precedenti penali per atti osceni in luogo pubblico, e fondato l’individuazione sulla circostanza che la persona offesa aveva immediatamente annotato il numero di targa del furgone, di cui l’odierno ricorrente aveva la disponibilita’ esclusiva – in assenza di deduzioni contrarie in merito ad un uso promiscuo del mezzo o ad una dismissione – quale titolare di un leasing.
Dunque, si tratta di due, e non uno (come dedotto dal ricorrente), elementi indiziari gravi, precisi e concordanti: la targa del furgone a bordo del quale l’agente ha posto in essere la condotta, e la disponibilita’ esclusiva del veicolo.
3. Il secondo e il terzo motivo sono infondati.
3.1. Il ricorso invoca il principio, affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui non e’ configurabile il delitto di violenza privata allorquando gli atti di violenza non siano diretti a costringere la vittima ad un “pati”, ma siano essi stessi produttivi dell’effetto lesivo, senza alcuna fase intermedia di coartazione della liberta’ di determinazione della persona offesa (Sez. 5, n. 10132 del 05/02/2018, Ippolito, Rv. 272796); l’elemento oggettivo del reato di cui all’articolo 610 c.p., e’ costituito da una violenza o da una minaccia che abbiano l’effetto di costringere taluno a fare, tollerare, od omettere una determinata cosa; la condotta violenta o minacciosa deve atteggiarsi alla stregua di mezzo destinato a realizzare un evento ulteriore: vale a dire la costrizione della vittima a fare, tollerare od omettere qualche cosa; deve dunque trattarsi di “qualcosa” di diverso dal “fatto” in cui si esprime la violenza, sicche’ la coincidenza tra violenza e l’evento di “costrizione a tollerare” rende tecnicamente impossibile la configurabilita’ del delitto di cui all’articolo 610 c.p. (Sez. U, n. 2437 del 18/12/2008, dep. 2009, Giulini, in motivazione); ne deriva che il delitto di cui all’articolo 610 c.p., non e’ configurabile qualora gli atti di violenza e di natura intimidatoria integrino, essi stessi, l’evento naturalistico del reato, vale a dire il pati cui la persona offesa sia costretta: l’evento del reato, nell’ipotesi di ricorso alla violenza, non puo’ coincidere con il mero attentato all’integrita’ fisica della vittima o anche solo con la compressione della sua liberta’ di movimento conseguente e connaturata all’aggressione fisica subita (Sez. 5, n. 47575 del 07/10/2016, Altoe’, Rv. 268405; Sez. 5, n. 1215 del 06/11/2014, dep. 2015, Calignano, Rv. 261743; Sez. 5, n. 2480 del 18/04/2000, Ciardo, Rv. 216545).
I principi richiamati non sono tuttavia pertinenti alla fattispecie in esame, in quanto la condotta posta in essere dall’imputato e’ stata diretta a costringere la vittima ad un “pati” – subire l’esibizionismo sessuale del conducente del furgone – e ad un “facere” – modificare la traiettoria del proprio veicolo, per evitare collisioni-; pertanto, la condotta violenta o minacciosa posta in essere e’ stata un mezzo per realizzare un evento ulteriore, un “qualcosa” di diverso dal “fatto” in cui si esprime la violenza.
In tal senso si e’, del resto, pronunciata la giurisprudenza di questa Corte a proposito di una fattispecie analoga, affermando che integra il delitto di violenza privata la condotta di chi alla guida del proprio veicolo, compie deliberatamente manovre tali da interferire significativamente nella guida di altro utente della strada, costringendolo ad una condotta diversa da quella programmata (Sez. 5, n. 33253 del 09/03/2015, Caltabiano, Rv. 264549, che ha ritenuto sussistente il reato in una fattispecie in cui l’imputato, con il proprio veicolo, aveva superato quello della persona offesa, per poi sbarrarle la strada ed impedirle di andare nella direzione desiderata).
3.2. La doglianza concernente il tentativo e’ manifestamente infondata, in quanto la condotta dell’imputato non si e’ fermata allo stadio degli “atti” idonei ed inequivoci, quale mera frazione dell’azione criminosa, ma ha raggiunto lo stadio della consumazione, in quanto ha costretto la persona offesa ad un pati – subire l’esibizionismo sessuale del conducente del furgone – e ad un “facere” – modificare la traiettoria del proprio veicolo, per evitare collisioni.
4. Il quinto motivo, concernente la liquidazione del danno, e’ manifestamente infondato.
Ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni, non e’ necessaria la prova della concreta esistenza di danni risarcibili, essendo sufficiente l’accertamento della potenziale capacita’ lesiva del fatto dannoso e dell’esistenza di un nesso di causalita’ tra questo e il pregiudizio lamentato, desumibile anche presuntivamente (Sez. 6, n. 28216 del 25/09/2020, Ionata, Rv. 279625); ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile non e’ necessario che il danneggiato provi la effettiva sussistenza dei danni ed il nesso di causalita’ tra questi e l’azione dell’autore dell’illecito, essendo sufficiente l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose: la suddetta pronuncia infatti costituisce una mera “declaratoria juris” da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale e’ rimesso al giudice della liquidazione (Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016, dep. 2017, Bordogna, Rv. 270386); in tema di risarcimento del danno derivante da reato, ai fini della liquidazione della provvisionale non e’ necessaria la prova dell’ammontare del danno stesso, ma e’ sufficiente la certezza della sua sussistenza sino all’ammontare della somma liquidata (Sez. 6, n. 39542 del 22/03/2016, Fronti, Rv. 268110).
Quanto alla liquidazione, va rammentato che, in tema di risarcimento del danno, la liquidazione dei danni morali, attesa la loro natura, non puo’ che avvenire in via equitativa, dovendosi ritenere assolto l’obbligo motivazionale mediante l’indicazione dei fatti materiali tenuti in considerazione e del percorso logico posto a base della decisione, senza che sia necessario indicare analiticamente in base a quali calcoli e’ stato determinato l’ammontare del risarcimento (Sez. 6, n. 48086 del 12/09/2018, B, Rv. 274229).
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha confermato l’importo liquidato dal giudice di primo grado, sulla base dello spavento cagionato alla persona offesa per il rischio di perdere il controllo del veicolo in autostrada.
5. Il sesto motivo e’ inammissibile.
Premesso che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e’ insindacabile in sede di legittimita’, purche’ sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va ribadito che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche puo’ essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’articolo 62-bis, disposta con il Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella L. 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non e’ piu’ sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986).
Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha evidenziato l’assenza di elementi favorevoli valutabili ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche, la gravita’ della condotta dell’imputato, che ha determinato un pericolo per l’incolumita’ della persona offesa e degli altri utenti della strada, ed i motivi a delinquere (mostrarsi alla persona offesa mentre si masturbava).
Sicche’ la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e’ giustificata da motivazione esente da manifesta illogicita’, che, pertanto, e’ insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non e’ necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e’ sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244).
6. Il settimo motivo e’ manifestamente infondato.
Ai fini del giudizio circa la concedibilita’ o meno della sospensione condizionale della pena, la presenza di precedenti condanne per reati poi depenalizzati puo’ legittimamente essere valutata dal giudice come elemento ostativo alla presunzione che il colpevole si asterra’, per il futuro, da commettere ulteriori reati (Sez. 5, n. 34682 del 11/02/2005, Marisca, Rv. 232312, in una fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto legittimo il diniego del beneficio deciso dal giudice di merito sulla base della valutazione di precedenti condanne dell’imputato per emissione di assegni senza copertura, significative ai fini del giudizio prognostico; Sez. 4, n. 41291 del 11/09/2019, Pagani, Rv. 277355, a proposito di precedenti condanne per reati poi estinti ai sensi dell’articolo 460 c.p.p., comma 5).
Nel caso in esame, la Corte territoriale, pur evidenziando l’assenza di precedenti penali ostativi, essendo state le condanne per il reato di cui all’articolo 527 c.p., revocate per l’intervenuta depenalizzazione, ha formulato una prognosi negativa in ordine alla futura astensione dalla commissione di ulteriori reati, sulla base di un apprezzamento di fatto immune da censure di illogicita’, e dunque insindacabile in sede di legittimita’, ritenendo che la condotta di violenza privata e’ stata posta in essere al fine di consumare l’illecito amministrativo di atti osceni in luogo pubblico, e che l’imputato era stato ritenuto responsabile di ben sei fatti di atti osceni nell’arco di tempo tra il 1990 ed il 2010; sulla base di tali elementi ha dunque ritenuto che non potesse essere formulata una prognosi favorevole in ordine alla futura astensione dalla commissione di ulteriori reati.7. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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