L’indicazione compiuta dalla parte di un indirizzo di posta elettronica certificata

Corte di Cassazione, sezione sesta (seconda) civile, Ordinanza 1 giugno 2020, n. 10355.

La massima estrapolata:

L’indicazione compiuta dalla parte, che pure abbia eletto domicilio ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, di un indirizzo di posta elettronica certificata, senza che ne sia circoscritta la portata alle sole comunicazioni, implica l’obbligo di procedere alle successive notificazioni nei confronti della stessa parte esclusivamente in via telematica; ne consegue che, a fronte di siffatta indicazione, la notifica della sentenza d’appello presso il domiciliatario, anziché presso l’indirizzo di posta elettronica, è inidonea a far decorrere il termine breve di impugnazione per la proposizione del ricorso per cassazione. (Nella specie, la S.C. ha rigettato l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, per non essere stata la sentenza di appello notificata all’indirizzo PEC indicato nell’atto di citazione in appello, ove la parte aveva peraltro precisato di voler ricevere “le comunicazioni e notificazioni nel corso del giudizio”).

Ordinanza 1 giugno 2020, n. 10355

Data udienza 12 novembre 2019

Tag – parola chiave: Impugnazioni civili – Impugnazioni in generale – Termini – Termini brevi indicazione dell’indirizzo pec – Mancata limitazione alle sole comunicazioni – Conseguenze – Notificazione della sentenza presso il domicilio eletto – Inidoneità a far decorrere il termine breve di impugnazione – Sussistenza – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE SECONDA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 35717-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrenti –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 910/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 08/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TEDESCO GIUSEPPE.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Nella controversia derivante dalla duplice successione di (OMISSIS) e (OMISSIS), iniziata dal figlio dei due defunti (OMISSIS) contro i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) e la figlia di quest’ultima (OMISSIS), l’attore deduceva, fra l’altro, la simulazione della vendita per notar (OMISSIS) del 19 aprile 2002, rep. n. 43662, intercorsa fra il defunto (OMISSIS) e (OMISSIS), sostenendo che il negozio dissimilava una donazione nulla per difetto di forma. L’attore deduceva altresi’ la simulazione di un ulteriore atto con il quale i genitori avevano trasferito, ma in effetti donato, alla figlia (OMISSIS) l’usufrutto di un appartamento in Palermo.
Il tribunale, con sentenza non definitiva, rigettava tali domande; disponeva lo scioglimento della comunione relativa ai beni ereditari di (OMISSIS); disponeva la prosecuzione del giudizio per la divisione dell’asse ereditario di (OMISSIS).
Il tribunale metteva in luce la differenza, dal punto di vista teorico, fra domanda di divisione e domanda di riduzione per lesione di legittima, per concludere che l’attore non aveva proposto altra domanda se non quella di divisione. In ogni caso, secondo il tribunale, pur a volere ritenere che l’attore avesse dedotto la qualita’ di legittimario, egli non aveva denunciato la eccedenza della supposta donazione rispetto alla quota di riserva, ne’ aveva chiesto la riduzione delle disposizioni lesive, ma aveva agito solo per il recupero alla massa dei beni donati, senza neanche avere dimostrato di avere accettato l’eredita’ con beneficio di inventario, nonostante la pretesa fosse stata proposta nei confronti di un estraneo.
La sentenza non definitiva e’ stata oggetto di appello immediato dinanzi alla Corte d’appello di Palermo, che l’ha confermata, richiamando, in aggiunta agli argomenti gia’ spesi dal primo giudice, i principi di giurisprudenza di legittimita’ sugli oneri di deduzione imposti al legittimario che intenda proporre l’azione di riduzione. Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso sulla base di cinque motivi.
2. Con il primo motivo si censura l’interpretazione della domanda da parte dei giudici di merito, che era univocamente intesa a far valere il proprio diritto di legittimario e conseguire la quota di riserva; con il secondo motivo si censura la decisione in base al rilievo che i giudici di merito avevno applicato la medesima disciplina ai due negozi impugnati di simulazione, nonostante, con riferimento alla donazione effettuata in favore di (OMISSIS), fosse stata eccepita la nullita’ del negozio dissimulato per difetto di forma; con il terzo motivo si denuncia ancora la mancata considerazione, da parte della corte d’appello, della nullita’ che affliggeva una delle due donazioni; con il quarto motivo si denuncia la mancata considerazione degli elementi indiziari dedotti ai fini della prova della simulazione; con il quinto, infine, la mancata considerazione di ulteriori cause di nullita’ che inficiavano la donazione elargita in favore di (OMISSIS).
(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso. (OMISSIS) e’ rimasto intimato.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere accolto per manifesta fondatezza, con la conseguente possibilita’ di definizione nelle forme di cui all’articolo 380-bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
I controricorrenti hanno depositato memoria.
3. I controricorrenti hanno eccepito l’inammissibilita’ del ricorso in quanto proposto oltre il termine di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza, eseguita presso il domiciliatario.
L’eccezione e’ infondata.
L’attuale ricorrente aveva indicato nella citazione in appello l’indirizzo PEC, accompagnato dalla precisazione di volere ricevere presso il medesimo “le comunicazioni e notificazione nel corso del procedimento”.
Emerge chiaramente dalla giurisprudenza della Corte che l’indicazione della PEC, pure se eseguita senza ulteriori specificazioni, e’ idonea a far scattare l’obbligo del notificante di utilizzare in via esclusiva la notificazione telematica, mentre non puo’ affermarsi altrettanto nell’ipotesi in cui l’indirizzo di posta elettronica sia stato indicato in ricorso per le sole comunicazioni di cancelleria (Cass. n. 25215/2014; n. 23412/2016).
Il controricorrente sostiene che l’indicazione della Pec vale a mettere fuori gioco la sola notificazione mediante deposito in cancelleria al difensore che non abbia eletto domicilio ai sensi indicato ai sensi del Regio Decreto n. 37 del 1934, articolo 82. Al contrario discende dei principi sopra indicati che, in presenza di un indirizzo PEC ufficiale indicato dal difensore, non esplicitamente circoscritto alle sole comunicazioni, la circostanza che il difensore, come nella specie, abbia eventualmente eletto domicilio ai sensi del citato Regio Decreto n. 37 del 1934, articolo 82 non puo’ elidere il principio, di valenza costituzionale inerente il diritto di difesa, del rispetto della scelta legittimamente effettuata dalla parte (Cass. n. 2942/2019).
Consegue che la notificazione della sentenza presso il domiciliatario deve ritenersi inidonea a far decorrere il termine breve di impugnazione.
4. I primi tre motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati.
Si deve chiarire che, nonostante la questione della simulazione fosse stata introdotta dall’attore con riferimento a due diversi atti di disposizione, i motivi di ricorso censurano la sentenza relativamente alla decisione assunta dalla Corte d’appello sulla sola domanda di simulazione proposta contro l’atto dispositivo intercorso fra il defunto (OMISSIS) e la nipote (OMISSIS). I riferimenti contenuti al diverso atto originariamente impugnato hanno solo carattere illustrativo, ma non esprimono alcuna censura contro la decisione.
I giudici di merito non hanno dato seguito alla domanda volta a fare accertare la simulazione dell’atto, rimproverando all’attore di avere proposto solo una domanda di divisione e non anche una domanda di riduzione per lesione di legittima.
Il rilievo riecheggia il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “l’erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita fatta dal de cuius, diretta a dissimulare, in realta’, una donazione, agisce per la tutela di un proprio diritto ed e’ terzo rispetto alle parti contraenti, sicche’ la prova testimoniale e per presunzioni e’ ammissibile senza limiti quando, sulla premessa che l’atto simulato comporti una diminuzione della sua quota di riserva, proponga contestualmente all’azione di simulazione una domanda di riduzione della donazione dissimulata, diretta a far dichiarare che il bene fa parte dell’asse ereditario e che la quota a lui spettante va calcolata tenendo conto del bene stesso” (Cass. n. 19912/2014; n. 6632/2006).
In altre pronunce il principio e’ formulato in termini piu’ ampi, in modo da ricomprendere l’ipotesi del legittimario che impugni il negozio di simulazione assoluta oppure il negozio dissimulato sia nullo per difetto di forma: “L’erede legittimario che agisca per l’accertamento della simulazione di una vendita compiuta dal “de cuius”, siccome dissimulante una donazione affetta da nullita’ per difetto di forma, assume, rispetto ai contraenti, la qualita’ di terzo con conseguente ammissibilita’ della prova testimoniale o presuntiva senza limiti o restrizioni – quando abbia proposto la domanda sulla premessa dell’avvenuta lesione della propria quota di legittima. In tale situazione, infatti, detta lesione assurge a causa petendi accanto al fatto della simulazione ed il legittimario, benche’ successore del defunto, non puo’, pertanto, essere assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall’articolo 1417 c.c., non rilevando la circostanza che egli, quale erede legittimo, benefici non solo dell’effetto di reintegrazione della summenzionata quota, ma pure del recupero del bene al patrimonio ereditario per intero, poiche’ il regime probatorio non puo’ subire differenziazioni a seconda del risultato finale cui conduca l’accoglimento della domanda” (Cass. n. 15510/2918; n. 24134/2009).
Costituisce principio altrettanto pacifico che l’onere ex articolo 564 c.c. – il legittimario che voglia far ridurre donazioni o legati fatti in favore di persone non chiamate come coeredi ha l’onere di accettare l’eredita’ con beneficio di inventario – non viene in considerazione qualora sia fatta valere la simulazione assoluta o la nullita’ del negozio dissimulato. In questo caso il legittimario quale potra’ proporre la domanda di simulazione pur se ha accettato l’eredita’ senza beneficio di inventario (Cass. n. 20971/2018). In effetti una tale domanda, essendo diretta ad accertare che i beni non sono mai usciti dal patrimonio del de cuius, non e’ preordinata, nemmeno in via eventuale, all’esercizio dell’azione di riduzione. Nei casi ora considerati, infatti, il legittimario integra la legittima sul bene oggetto della vendita assolutamente simulata mediante la petitio hereditatis contro il simulato acquirente, non con l’azione di riduzione, che si dirige per definizione contro liberalita’ valide (Cass. n. 12317/2009).
Si ricorda inoltre che quando la pretesa donazione simulata sia stata fatta a un estraneo non e’ configurabile alcuna pretesa del legittimario a titolo di collazione, che opera esclusivamente nei rapporti fra coniuge e discendenti del defunto (articolo 737 c.c.).
La corte d’appello non si e’ attenuta a tali principi, essendo stata guidata nella valutazione della fattispecie dall’unico criterio volto a verificare se le deduzioni dell’attore consentissero di ravvisare un esercizio dell’azione di riduzione, laddove nella specie, in relazione al negozio intercorso fra il de cuius e (OMISSIS), la verifica della posizione assunta dal legittimario, al fine di riconoscere o negare le agevolazioni probatorie, andava fatta in base a criteri diversi, tenuto conto che il legittimario aveva dedotto la nullita’ del negozio dissimulato.
Assorbiti gli altri motivi.
La sentenza va pertanto cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo, perche’ provveda a nuovo esame dell’impugnazione attenendosi al principio di cui sopra.
Il giudice di rinvio provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie i primi tre motivi; dichiara assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo anche per le spese.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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