Indennità di asservimento

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 19 giugno 2019, n. 16495.

La massima estrapolata:

L’indennità di asservimento, prevista dall’art. 44 del d.P.R. n. 327 del 2001, deve essere determinata riducendo proporzionalmente l’indennità corrispondente al valore venale del bene, in ragione della minore compressione del diritto reale determinata dall’asservimento rispetto all’espropriazione; ne consegue l’inapplicabilità dell’art. 1038, comma 1, c.c. che, in riferimento alla diversa fattispecie delle servitù di acquedotto e scarico coattivo, commisura l’indennità dovuta al proprietario del fondo servente all’intero valore venale del terreno occupato, in quanto, da un lato, la sua applicabilità in materia di opere pubbliche è preclusa dall’operatività della disciplina speciale dettata in materia di espropriazione e, dall’altro, essa presuppone che il proprietario del fondo servente perda la disponibilità della parte di terreno da occupare per la costruzione dell’acquedotto.

Ordinanza 19 giugno 2019, n. 16495

Data udienza 20 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8982/2014 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.S. e (OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), rappresentate e difese dagli Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
f
contro
COMUNE DI ASTI, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 1978/13, depositata il 3 ottobre 2013.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 20 febbraio 2019 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

FATTI DI CAUSA

1. La (OMISSIS) S.s. e la (OMISSIS) S.p.a. convennero separatamente in giudizio il Comune di Asti, assumendo di essere proprietarie di un fondo con sovrastante fabbricato sito in (OMISSIS) e riportato in Catasto al foglio (OMISSIS), particella (OMISSIS), e proponendo opposizione alla stima dell’indennita’ dovuta per l’asservimento dell’immobile, disposto per la realizzazione di una fognatura, e di quella dovuta per l’occupazione legittima.
Si costitui’ il Comune, riportandosi alla stima effettuata in via amministrativa ed alla liquidazione compiuta dal collegio arbitrale nominato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, articolo 21 e chiedendo, in via riconvenzionale, l’esclusione della rivalutazione monetaria, non dovuta, trattandosi di debito di valuta ed essendo state le somme regolarmente depositate presso la Cassa Depositi e Prestiti.
1.1. Riunite le cause, la Corte d’appello di Torino, con sentenza del 3 ottobre 2013, ha accolto parzialmente la domanda, determinando l’indennita’ di asservimento in Euro 113.788,29, quella per il deprezzamento subito dal fondo in Euro 33.000,00, e quella di occupazione in Euro 110.445,50, oltre interessi legali sull’importo di Euro 105.381,03 dalla data del decreto di asservimento, ed ordinandone il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti, detratto l’importo gia’ versato.
A fondamento della decisione, la Corte ha ritenuto che legittimata alla opposizione fosse soltanto la (OMISSIS), proprietaria del fondo alla data di emissione del decreto di asservimento, dichiarando quindi assorbita la domanda proposta dalla (OMISSIS), incorporata dall’altra opponente in epoca anteriore all’asservimento ed indicata come proprietaria dal collegio arbitrale.
Premesso inoltre che il c.t.u. nominato nel corso del giudizio aveva determinato in mq. 1589 la superficie asservita ed in mq. 2802 quella temporaneamente occupata, e rilevato che non erano stati prodotti il decreto di occupazione ed il verbale d’immissione in possesso, la Corte ha ritenuto indimostrato l’assunto delle attrici, secondo cui l’area effettivamente occupata era pari a mq. 5949. Precisato che, analogamente a quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 32, comma 1 e articolo 50, per l’espropriazione, le indennita’ dovevano essere liquidate in base al valore del fondo alla data di emissione del decreto di asservimento (28 maggio 2009), la Corte ha rilevato che il c.t.u. aveva escluso la possibilita’ di nuove costruzioni o ampliamenti del fabbricato, determinando il predetto valore in Euro 344.813,00 e riducendolo del 50% in considerazione della natura dell’opera. Escluso che l’indennita’ di asservimento potesse coincidere con quella di espropriazione, avuto riguardo alla conservazione del diritto da parte del proprietario, costretto a sopportare soltanto l’imposizione di un peso, ha ritenuto inapplicabile anche l’articolo 1038 c.c., riguardante la realizzazione di un acquedotto a cielo aperto, osservando che l’imposizione di una servitu’ di fognatura interrata comporta un pregiudizio piu’ lieve per l’utilizzabilita’ del fondo; considerato inoltre che quest’ultimo nella specie risultava destinato a parcheggio
o al transito di veicoli anche pesanti, non condizionati dall’esistenza della fognatura, ha ritenuto equa la determinazione dell’indennita’ in misura pari al 30% del valore dell’area occupata.
Ai fini della determinazione dell’indennita’ di occupazione, la Corte ha ritenuto applicabile il Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 50, escludendo la riduzione prevista per l’indennita’ di asservimento, in quanto l’occupazione temporanea incide sul possesso del fondo. Ha ritenuto dovuta, ma solo sull’indennita’ di asservimento, anche la maggiorazione del 10/0 prevista dal cit. Decreto del Presidente della Repubblica n. 327, articolo 37, dando atto della differenza tra la somma liquidata e quella offerta. Ha ritenuto eccessivo il deprezzamento dell’area residua stimato dal c.t.u., pari al 3% del valore del fondo, osservando che l’inutilizzabilita’ a fini edificatori risultava gia’ compensata dall’indennita’ di asservimento, il transito dei veicoli non era destinato a subire alcun pregiudizio, e la minore appetibilita’ dell’immobile costituiva un’ipotesi piuttosto remota; tenuto conto, comunque, del peso imposto al fondo, ha ritenuto che tale deprezzamento potesse essere determinato in misura non superiore allo 0,50% del valore dell’immobile.
La Corte ha infine escluso che sulle somme gia’ depositate fossero dovuti gl’interessi legali, riconoscendoli soltanto sul maggior importo liquidato, con decorrenza dalla data del decreto di asservimento; ha ritenuto altresi’ non dovuta la rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valuta, ed ha escluso anche la possibilita’ di riconoscere il maggior danno per il ritardo nell’adempimento, non dedotto ne’ provato.
3. Avverso la predetta sentenza la (OMISSIS) e la (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. Il Comune ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli articoli 61, 191 e 195 c.p.c. e degli articoli 1038 e 1039 c.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha immotivatamente determinato l’indennita’ di asservimento in misura pari al 30% del valore del fondo. Premesso che, in caso d’imposizione di una servitu’ di acquedotto, l’indennizzo deve risultare pari al 50% del valore se la stessa e’ temporanea, mentre dev’essere pari all’intero valore se, come nella specie, la servitu’ e’ perpetua, osservano che la Corte di merito non ha spiegato le ragioni per cui ha ritenuto di doversi discostare dalla percentuale indicata dal c.t.u., ne’ quelle per cui ha ritenuto di dover operare la riduzione. Nell’escludere la possibilita’ di ulteriore sfruttamento del fondo a fini edificatori, essa non ha considerato che il piano regolatore generale consentiva l’ampliamento degli edifici per esigenze funzionali, gia’ realizzato, ma suscettibile di rimozione e trasferimento in altra parte del fondo.
1.1. Il motivo e’ in parte infondato, in parte inammissibile.
Ai fini della liquidazione dell’indennita’ di asservimento, la sentenza impugnata ha richiamato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 44, rilevando che lo stesso, nel riconoscere il diritto all’indennita’ in favore del proprietario del fondo che per effetto dell’esecuzione dell’opera pubblica sia gravato da una servitu’, non stabilisce alcun criterio per la sua determinazione, ma escludendo che tale indennita’ possa coincidere con l’intero valore venale del bene, come previsto dall’articolo 37 per l’indennita’ di espropriazione, dal momento che il proprietario non subisce la completa privazione del diritto di proprieta’, ma deve sopportare soltanto l’imposizione di un peso sul fondo. Tale affermazione trova conforto nel consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’ relativo all’analoga disposizione dettata dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, articolo 46, il quale, nel distinguere la fattispecie dello asservimento del fondo determinato da un decreto ablatorio, ricorrente nel caso in esame, da quella in cui l’esecuzione dell’opera pubblica cagioni un danno permanente ai proprietari di suoli contigui, rimasti estranei al procedimento espropriativo, ha riconosciuto che nella prima ipotesi l’indennita’ opera all’interno della categoria dell’espropriazione e nell’ambito di applicazione dell’articolo 42 Cost., precisando che essa dev’essere determinata riducendo proporzionalmente l’indennita’ corrispondente al valore venale del bene, calcolata ai sensi della L. n. 2359 del 1865, articoli 39 e 40, in ragione della minore compressione del diritto reale determinata dall’asservimento rispetto all’espropriazione (cfr. Cass., Sez. I, 23/11/2015, n. 23865; 16/09/2009, n. 19972; 15/10/2012, n. 17644).
Correttamente, pertanto, la sentenza impugnata ha ritenuto non condivisibile il richiamo delle attrici al criterio stabilito dall’articolo 1038 c.c.comma 1, che in riferimento all’imposizione delle servitu’ di acquedotto e scarico coattivo commisura l’indennita’ dovuta al proprietario del fondo servente all’intero valore venale del terreno occupato: tale disposizione, la cui applicabilita’ in materia di opere pubbliche e’ esclusa dall’operativita’ della disciplina speciale dettata in passato dalla L. n. 2359 del 1865 ed oggi dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, nella specie non e’ invocabile neppure in via analogica, riguardando una fattispecie diversa da quella sottoposta all’esame della Corte distrettuale. In riferimento alla servitu’ coattiva di acquedotto e di scarico, questa Corte ha avuto infatti modo di affermare che la determinazione dell’indennita’ dovuta per l’imposizione della servitu’ puo’ aver luogo in base al criterio dettato dall’articolo 1038 c.c., soltanto nel caso in cui il proprietario del fondo servente perda la disponibilita’ della parte di terreno da occupare per la costruzione dell’acquedotto. Qualora invece, come nel caso in esame, la condotta consista in una tubazione interrata, la predetta disposizione non puo’ trovare applicazione, dal momento che l’installazione di una conduttura nel sottosuolo non comporta l’impossibilita’ o una notevole riduzione delle possibilita’ di sfruttamento della superficie soprastante, che rimane nella disponibilita’ del proprietario del fondo servente e puo’ essere utilizzata liberamente, con le sole limitazioni derivanti dalla presenza della condotta interrata. In tal caso, l’adozione del predetto criterio si porrebbe in contrasto con la stessa ratio della norma in esame, consistente nel far coincidere la misura dell’indennita’ con il valore economico del pregiudizio effettivamente subito dal fondo servente (cfr. Cass., Sez. II, 26/05/1998, n. 5223).
Non merita pertanto censura la sentenza impugnata, nella parte in cui, ritenuto inapplicabile l’articolo 1038 c.c. e rilevato che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 44, non fissa in astratto la percentuale di riduzione dell’indennizzo rispetto al valore di mercato dell’area asservita, ha equitativamente determinato l’importo dovuto in misura pari al 30% del predetto valore, dando ampiamente conto delle ragioni di tale apprezzamento mediante la sottolineatura della limitata incidenza del peso imposto al fondo delle attrici, in considerazione della natura dell’opera pubblica, consistente in una conduttura, dell’installazione della stessa nel sottosuolo, anziche’ a cielo aperto, e delle residue possibilita’ di sfruttamento della superficie soprastante, destinata a parcheggio ed al transito di veicoli e non utilizzabile a fini edilizi.
Nel contestare la predetta valutazione, le ricorrenti non sono in grado d’indicare le lacune argomentative o le incongruenze logiche del ragionamento seguito dalla Corte di merito, ma si limitano ad insistere sulla vocazione edificatoria dell’area asservita, gia’ presa in esame dalla sentenza impugnata, in tal modo dimostrando di voler sollecitare, attraverso l’apparente deduzione della violazione di legge e del vizio di motivazione, un nuovo apprezzamento dei fatti, non consentito a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di verificare la correttezza giuridica delle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, nonche’ la coerenza logico-formale delle stesse, nei limiti in cui risultano censurabili ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo sostituito dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54,. convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (cfr. Cass., Sez. VI, 7/12/2017, n. 29404; Cass., Sez. V, 4/08/2017, n. 19547).
2. Con il secondo motivo, le ricorrenti deducono la violazione e la falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articoli 22-bis e 50, nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che nella determinazione dell’indennita’ di occupazione la sentenza impugnata non ha tenuto conto del periodo compreso tra la data di ultimazione dei lavori e quella di emissione del decreto di asservimento ne’ del valore del fondo a quest’ultima data, ed ha omesso di valutare la documentazione prodotta, da cui risultava l’effettiva occupazione di una superficie di mq. 5949; aggiungono che nella valutazione del deprezzamento subito dall’area residua, ha ritenuto invece congrua la somma stimata dal consulente del Comune, senza spiegarne le ragioni.
2.1. Il motivo e’ inammissibile, per ragioni analoghe a quelle illustrate in precedenza, mirando sostanzialmente a sollecitare un riesame della valutazione compiuta dalla Corte di merito.
Le questioni sollevate dalle ricorrenti risultano infatti espressamente affrontate nella sentenza impugnata, la quale, nel determinare l’indennita’ di occupazione, ha fatto riferimento alle date d’inizio ed ultimazione dei lavori indicate dal c.t.u. ed alla superficie risultante dalla relazione del collegio arbitrale nominato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 21, rilevando in ordine alla prima questione che non erano stati prodotti in giudizio ne’ il decreto di occupazione ne’ il verbale d’immissione in possesso, e disattendendo relativamente alla seconda sia le indicazioni emergenti dalla relazione del c.t.u., in quanto fondate sul decreto di asservimento, sia quelle fornite dal c.t. delle attrici, in quanto non confortate da sufficienti elementi.
Contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, poi, il valore del fondo tenuto presente ai fini della liquidazione dell’indennita’ di occupazione e’ quello accertato con riferimento alla data del decreto di asservimento, mentre, per quanto riguarda la stima del deprezzamento subito dalla superficie residua, lo scostamento dalle conclusioni del c.t.u. e’ stato giustificato in virtu’ della considerazione che, essendo l’area destinata a parcheggio di un supermercato, la presenza della conduttura interrata non recava alcun pregiudizio all’utilizzazione dell’immobile ed incideva in misura piuttosto esigua anche sulla sua appetibilita’.
In quanto attinenti all’accertamento dei fatti, le predette valutazioni non sono censurabili per violazione di legge, ma solo per vizio di motivazione, per la cui configurabilita’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo modificato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, e’ peraltro necessaria la deduzione dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e sia idoneo a determinare un esito diverso della controversia, non risultando sufficiente la prospettazione della mancata o inadeguata valutazione di elementi istruttori o deduzioni difensive, la cui denuncia e’ priva di effetto, ove il fatto storico sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass., Sez. II, 29/10/2018, n. 27415; Cass., Sez. I, 18/10/2018, n. 26305; Cass., Sez. lav., 9/07/2015, n. 14324).
3. Con il terzo motivo, le ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1224 c.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto non dovuti gl’interessi legali sull’importo gia’ depositato, senza considerare che, risultando tale importo inferiore alla meta’ della somma complessivamente liquidata, gl’interessi rappresentavano il ristoro per il ritardo nell’adempimento.
3.1. Il motivo e’ infondato.
Il riconoscimento degl’interessi sulla sola somma dovuta a titolo di differenza tra l’importo liquidato e quello gia’ depositato presso la Cassa Depositi e Prestiti trova infatti giustificazione nella natura compensativa dei predetti interessi, aventi la funzione di riequilibrare la situazione d’ingiusto vantaggio determinata dall’emanazione del decreto di espropriazione, in virtu’ del quale l’espropriante acquisisce la piena disponibilita’ del bene espropriato, continuando tuttavia, per effetto della mancata numerazione dell’equivalente monetario, a fruire di un capitale che dovrebbe gia’ far parte del patrimonio del creditore; poiche’, relativamente alla somma provvisoriamente liquidata in via amministrativa, l’espropriante si libera dalla propria obbligazione mediante il deposito della stessa presso la Cassa Depositi e Prestiti, a seguito del quale maturano sulla somma depositata gl’interessi al tasso previsto dall’ordinamento della Cassa, in caso di accoglimento dell’opposizione alla stima gl’interessi compensativi sono dovuti esclusivamente sul maggior importo riconosciuto all’esito del giudizio, e fino alla data del relativo deposito, per il solo fatto che la somma e’ rimasta a disposizione dell’ente espropriante, ed indipendentemente da ogni indagine sulla colposa responsabilita’ per il ritardo nel pagamento (cfr. Cass. Sez. I, 18/08/2017, n. 20178; 20/06/ 2011, n. 13456; 28/01/2005, n. 1823; 27/01/2005, n. 1701).
4. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, articolo 13, comma 1-quater.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *