Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 25 giugno 2020, n. 19216.
Massima estrapolata:
In tema di valutazione della prova, la negazione o il mancato chiarimento, da parte dell’imputato, di circostanze valutabili a suo carico, può fornire al giudice elementi di prova di carattere residuale e complementare solo in presenza di univoci elementi probatori d’accusa, in quanto la valutazione del comportamento processuale dell’imputato non può risolversi nell’inversione dell’onere della prova né sostanzialmente condizionare l’esercizio del diritto di difesa.
Sentenza 25 giugno 2020, n. 19216
Data udienza 6 novembre 2019
Tag – parola chiave: Reati in materia di stupefacenti – Associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti – Principio di immutabilità del giudice ex art. 525, comma 2, c.p.p. – Competenza territoriale – Utilizzabilità degli atti di indagine svolti all’estero
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente
Dott. TORNESI Daniela Rit – rel. Consigliere
Dott. BELLINI Ugo – Consigliere
Dott. TANGA Antonio Leonardo – Consigliere
Dott. DAWAN Daniela – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/01/2018 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa TORNESI DANIELA RITA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PINELLI MARIO MARIA STEFANO che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di PALMI in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS) che insiste per l’accoglimento dei ricorsi. Si rilascia attestazione di presenza in udienza. Deposita decreto di ammissione al gratuito patrocinio.
E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di REGGIO CALABRIA in difesa di (OMISSIS) in sostituzione dell’avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA, come da nomina a sostituto processuale ex articolo 102 c.p.p. depositata in udienza, che si riporta ai motivi del ricorso con richiesta di applicazione estensiva ex articolo 587 c.p.p., comma 1 del motivo di ricorso dedotto dall’avvocato (OMISSIS) per la posizione di (OMISSIS) in ordine alla violazione dell’articolo 525 c.p.p..
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 22 gennaio 2015 il Tribunale di Palmi dichiarava, tra gli altri:
– (OMISSIS) responsabile del reato di cui al capo a) – Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 1, 2 e 3, esclusa l’aggravante di cui al comma 4 e ritenuta l’aggravante di cui all’articolo 61 c.p., n. 6 – nonche’ dei reati di cui ai capi b), l) e m) – articoli 110 e 81 cpv. c.p., articolo 73 del medesimo Decreto del Presidente della Repubblica -, ritenuta, solo in relazione al reato di cui al capo l), la contestata aggravante di cui all’articolo 80, comma 2, e, riconosciuta la recidiva e il vincolo della continuazione, lo condannava alla pena di anni ventisette e mesi dieci di reclusione. Il predetto imputato veniva assolto dal reato di cui al capo g) – L. n. 895 del 1967, articoli 1, 2, e 4, come sostituito dalla L. n. 497 del 1974, articoli 697 e 81 cpv. c.p. – per non avere commesso il fatto e dai reati di cui ai capi f) e r) – articoli 110 e 81 cpv. c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73 e 80 – perche’ il fatto non sussiste;
– (OMISSIS) responsabile del reato di cui al capo a) – Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 2 e 3, esclusa l’aggravante di cui al comma 4, nonche’ dei reati di cui ai capi l) ed m) – articoli 110 e 81 cpv. c.p., articolo 73 del medesimo Decreto del Presidente della Repubblica – ritenuta, solo in relazione al reato di cui al capo l), la contestata aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2, e, riconosciuta la recidiva e il vincolo della continuazione, lo condannava alla pena di anni quindici e mesi otto di reclusione ed Euro 100.000 di multa. Il (OMISSIS) veniva assolto dai reati di cui ai capi h) – articoli 110 e 81 cpv. c.p., articolo 73 e articolo 80, comma 2, del medesimo Decreto del Presidente della Repubblica – e v) – articoli 81 cpv., 378 c.p. aggravato dal Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 conv. dalla L. n. 203 del 1991 – perche’ il fatto non sussiste;
– (OMISSIS) responsabile del reato di cui al capo a) – Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 2 e 3, esclusa l’aggravante di cui al comma 4, nonche’ dei reati di cui ai capi n) o) e p) – articoli 110, e 81 cpv. c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 -, ritenuta l’aggravante di cui all’articolo 80, comma 2, solo in relazione al reato di cui al capo o) e, riconosciuta la recidiva e il vincolo della continuazione, lo condannava alla pena di anni trenta di reclusione. Il predetto veniva assolto dal reato di cui al capo q) – articoli 110, 81 cpv., 56 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, – perche’ il fatto non sussiste.
1.1. I giudici di primo grado assolvevano (OMISSIS) dal reato di cui al capo a) – Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 2 e 3, – per non avere commesso il fatto e dai reati di cui ai capi q) – articoli 110, 81 cpv., 56 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 – e v) – articoli 81 cpv., 378 c.p. aggravato dal Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 conv. dalla L. n. 203 del 1991 – perche’ il fatto non sussiste.
1.2. Dalla ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale di Palmi emerge che il presente procedimento penale trae origine da una complessa indagine svolta da personale appartenente al G.O.A. della Guardia di Finanza di Catanzaro, in collaborazione con inquirenti stranieri, che ha disvelato l’esistenza di una associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti pienamente operativa nel periodo tra il marzo 2004 e il giugno 2006 e saldamente radicata sia sul territorio nazionale (con basi strategiche in Calabria e in Lombardia), che in alcune nazioni del Nord Europa, tra cui l’Olanda, la Germania e il Belgio.
Il sodalizio criminoso aveva acquisito una sempre maggiore potenzialita’ nella gestione delle attivita’ illecite e nella commissione dei reati – fine di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 grazie al contributo di alcuni associati che si trovavano in Olanda e in Germania e alla stretta rete di collegamento instaurata con esponenti dei narcos sudamericani, il che consentiva l’importazione, anche in Italia, di notevoli quantitativi di sostanze stupefacenti.
Gli intensi e continuativi contatti tra i sodali, comprovati dalle risultanze delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonostante l’adozione di una serie di cautele finalizzate ad impedire sia l’identificazione degli interlocutori che la comprensione del reale tenore delle conversazioni, trovavano ampi riscontri nei servizi di pedinamento espletati dalle Forze di Polizia straniere, a seguito delle rogatorie trasmesse dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria e, in due occasioni, anche con l’ausilio di militari appartenenti al G.O.A. di Catanzaro che si recavano personalmente all’estero. Tali approfondimenti investigativi consentivano, tra l’altro, di individuare le dimore in cui (OMISSIS), ritenuto uno dei capi dell’organizzazione, aveva soggiornato in Olanda e da dove era riuscito a coordinare le attivita’ illecite, dopo essersi sottratto all’esecuzione di una ordinanza custodiale emessa nei suoi confronti nei primi giorni di marzo 2004, nell’ambito della c.d. operazione Nasca, sino al momento del suo arresto avvenuto in data 27 aprile 2006, avvalendosi, tra gli altri, del fondamentale ausilio del figlio (OMISSIS). Il compendio probatorio era arricchito dalle dichiarazioni rese da (OMISSIS), detto (OMISSIS) (dipendente della impresa di autotrasporti di cui era titolare (OMISSIS), residente in Lombardia, e in stretto contatto sia con (OMISSIS) che con (OMISSIS)), il quale ammetteva di avere svolto il ruolo di corriere, nelle nevralgiche fasi dell’importazione della droga in Italia, fornendo significative informazioni sulle modalita’ operative del sodalizio criminoso. In occasione dell’arresto del predetto (OMISSIS), avvenuto il 17 settembre 2005, si procedeva al sequestro di kg. 1.205,9 di cocaina, occultati nell’intercapedine tra il sedile lato conducente ed il pannello isolante del veicolo Iveco su cui viaggiava. Lo sviluppo delle indagini conduceva altresi’, in data 14 marzo 2006, al sequestro di ben kg. 22 di cocaina.
Dall’attivita’ investigativa emergeva che un’articolazione dell’associazione si era radicata in Germania ove (OMISSIS), ufficialmente dedito al mestiere di ristoratore, smerciava, avvalendosi del sodalizio criminoso, notevoli quantitativi di sostanze stupefacenti grazie anche alla stretta collaborazione di (OMISSIS), cittadino rumeno il quale, a sua volta, intratteneva intense relazioni con i produttori residenti in Venezuela.
2. Con sentenza emessa in data 15 gennaio 2018 la Corte distrettuale, in accoglimento dell’appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, ha cosi’ statuito:
– ha dichiarato (OMISSIS) responsabile anche del reato di cui al capo r) – articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 – con esclusione dell’aggravante di cui all’articolo 80, comma 2 -, e, per l’effetto, ha rideterminato la pena in anni ventotto e quattro mesi di reclusione; il gravame proposto da quest’ultimo veniva, invece, rigettato.
– ha dichiarato (OMISSIS) responsabile del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 2 e 3, e, concesse le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla citata aggravante, lo ha condannato alla pena di anni sette di reclusione.
Inoltre, in parziale accoglimento dei gravami di (OMISSIS) e di (OMISSIS), ha escluso, per il (OMISSIS), la recidiva rideterminando la pena in anni tredici e mesi sei di reclusione ed Euro 50.000 di multa ed ha rideterminato la pena inflitta a (OMISSIS) in anni ventotto di reclusione.
3. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) a mezzo dei loro rispettivi difensori di fiducia, ricorrono per cassazione, avverso la predetta sentenza.
Il motivo comune di ricorso formulato da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
4. (OMISSIS) e (OMISSIS) (con il primo motivo), e (OMISSIS) (con il secondo motivo), denunciano l’inosservanza e/o erronea applicazione di legge con riferimento all’articolo 525 c.p.p., comma 2, articolo 511 c.p.p., articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera a) e articolo 179 c.p.p., comma 2.
I predetti ricorrenti, dopo avere riportato nel dettaglio l’iter cronologico delle udienze dibattimentali celebrate dal Tribunale di Palmi nelle quali vi era stato un frequente avvicendamento di collegi giudicanti in diversa composizione, eccepiscono la nullita’ della sentenza di primo grado ravvisando la violazione del principio di immutabilita’ del giudice sotto i seguenti profili:
– all’udienza del 9 ottobre 2014 il collegio risultava composto dai Dott.ri (OMISSIS) (Pres.), (OMISSIS) e (OMISSIS) (giudici a latere) e pertanto, in considerazione del subingresso della Dott.ssa (OMISSIS) (OMISSIS), al posto della Dott.ssa (OMISSIS) (OMISSIS), si sarebbe dovuto disporre la rinnovazione del dibattimento delle udienze dell’8 aprile 2014, del 20 maggio 2014, del 5 giugno 2004, del 1 luglio 2014 e del 18 settembre 2014;
– inoltre, sempre nel corso della predetta udienza del 9 ottobre 2014, si procedeva ad escutere il perito fonico (OMISSIS) e il collegio giudicante accoglieva la sua richiesta di essere supportato nell’attivita’ di apertura dei file delle intercettazioni telefoniche da un esperto informatico che quest’ultimo indicava nel Dott. (OMISSIS), comunicando altresi’ la data di inizio delle nuove operazioni;
– alla successiva udienza del 16 ottobre 2014 il collegio, diversamente composto dai Dott.ri (OMISSIS) (OMISSIS) (Pres.), (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) (giudici a latere), ometteva sia di rinnovare la precedente attivita’ istruttoria che di confermare la ordinanza ammissiva delle prove, procedendo direttamente, tra l’altro, all’escussione del Dott. (OMISSIS);
– infine, all’udienza del 22 gennaio 2015 il collegio, composto dal Pres. (OMISSIS) (OMISSIS) e dai giudici a latere (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS), dichiarava chiuso il dibattimento e procedeva alla deliberazione senza emettere provvedimenti di rinnovazione dell’attivita’ istruttoria svolta in precedenza dinanzi a collegi in diversa composizione ne’ procedeva alla lettura degli atti ai sensi dell’articolo 511 c.p.p. e nemmeno indicava, ai sensi del comma 5 di tale disposizione, gli atti utilizzabili ai fini della decisione.
Sostengono che, pertanto, in assenza dell’adozione di alcun provvedimento formale da parte del collegio giudicante, la rinnovazione del dibattimento non risulta validamente effettuata ne’ tantomeno puo’ ritenersi acquisito alcun consenso delle parti processuali a derogare al principio del contraddittorio.
Gli altri motivi formulati da (OMISSIS).
5. Con il secondo motivo (OMISSIS) denuncia l’inosservanza e/o erronea applicazione di legge in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73, 74 e articolo 80, comma 2, e il vizio motivazionale lamentando che non sono state adeguatamente vagliate le doglianze difensive contenute nell’atto di appello.
5.1. In particolare, dopo avere premesso che il presente procedimento consiste nella duplicazione di quello promosso a suo carico dall’autorita’ giudiziaria catanese (c.d. Ramazza) nell’ambito del quale gli erano contestate condotte di cessione illecite di sostanze stupefacenti poste in essere sino al mese di febbraio 2004 da cui veniva assolto, sostiene che la Corte distrettuale avrebbe dovuto accogliere l’eccezione di improcedibilita’ per precedente giudicato, quantomeno in relazione al reato di cui al capo b). Afferma al riguardo che, a fronte dell’imputazione nella quale gli erano addebitate, quanto al predetto reato – fine, condotte relative ai mesi di marzo ed aprile del 2004, le captazioni telefoniche in cui risulta un diretto interlocutore sono cessate in data 5 marzo 2004 mentre quelle successive riguardano i coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS); esse, peraltro, alludono ad una nuova fornitura di sostanze stupefacenti richiesta da quest’ultimo alla fine del mese di marzo cui, tuttavia, non veniva dato riscontro da parte di (OMISSIS), il quale nutriva dubbi sulla affidabilita’ contrattuale del nuovo acquirente, e rispetto alla quale era, all’evidenza, del tutto estraneo.
5.2. In relazione al reato – fine di cui al capo I), lamenta che sono state disattese le argomentazioni difensive circa la mancanza di riscontri probatori individualizzanti a suo carico in relazione agli episodi di cessioni illecite di sostanza stupefacente a lui contestati, in concorso con il coimputato (OMISSIS), e cio’ in quanto la versione dei fatti resa da quest’ultimo era inverosimile.
5.3. Contesta altresi’ la statuizione inerente alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2, per tale reato – fine che e’ stata apoditticamente riconosciuta sulla base della mera supposizione che la tipologia della sostanza stupefacente fosse qualitativamente la medesima di quella contestata al reato di cui al capo m) ed oggetto di sequestro in occasione dell’arresto di (OMISSIS) avvenuto il 17 settembre 2005. Soggiunge, a comprova della sua estraneita’ ai fatti, che le captazioni telefoniche successive a tale evento evidenziano esclusivamente un interessamento di (OMISSIS) e di (OMISSIS) a rintracciare (OMISSIS) e a pagargli un difensore mentre (OMISSIS) risulta disinteressato alla vicenda.
5.4. Censura altresi’ l’attribuito ruolo apicale nell’ambito dell’associazione di cui sostiene di non fare parte. Afferma che non sussistono elementi probatori a suo carico posto che dalle intercettazioni acquisite agli atti poste a fondamento della sussistenza dei reati di cui ai capi b), l) e m) non e’ dato evincere in alcun modo ne’ che gli altri associati lo dovessero informare in via preventiva sulle dinamiche operative dei traffici illeciti di droga gestiti dal sodalizio criminoso ne’ che abbia mai personalmente impartito direttive nei confronti degli altri associati. Sottolinea che i giudici di merito hanno trascurato la circostanza che la polizia giudiziaria, sia italiana che tedesca, escussa nel dibattimento, aveva escluso il suo coinvolgimento nell’associazione di cui al capo a) e, a maggior ragione, l’esercizio, da parte sua, di un ruolo primario direttivo all’interno del sodalizio criminoso.
5.5. Contesta il provvedimento di confisca dei beni rappresentando che risulta comprovato che l’immobile oggetto di sequestro era stato da lui acquistato nell’anno 1997 (dunque, in epoca anteriore a quella di commissione dei reati indicata nell’imputazione) e che esso era stato terminato ancor prima dell’inizio delle indagini. Sottolinea che pertanto risulta incomprensibile la sentenza impugnata laddove fa riferimento alla titolarita’ di due immobili, uno non ancora completato al 2011, e l’altro, una villa con due piani, di cui non veniva precisata la data di completamento e, comunque, riferibile ad un periodo anteriore al 2004 in quanto successivamente si trovava all’estero mentre dal 2006 era stato ininterrottamente detenuto.
Gli altri motivi formulati da (OMISSIS).
6. Con il primo motivo (OMISSIS), nel reiterare l’analoga doglianza formulata nell’atto di appello, denuncia l’inosservanza e/o erronea applicazione di legge e il vizio motivazionale in relazione agli articoli 8, 9 e 16 c.p.p. rappresentando che i giudici di merito, nello statuire sulla sollevata eccezione di incompetenza territoriale, hanno attribuito rilievo determinante, in mancanza di elementi oggettivi certi (posto che il sodalizio criminoso era operativo in molte zone dell’Italia e dell’Europa), al reato di cui al capo e) – articoli 110, 81 cpv. c.p. e articolo 73 c.p.p., articolo 80 c.p.p., comma 2, – “ovvero a quello che, raffrontato a tutti gli altri illeciti di pari gravita’, e’ il piu’ risalente nel tempo, di cui risulta certa la localita’ di commissione ((OMISSIS))” senza pero’ considerare che tale imputazione non veniva elevata nei suoi confronti e che, peraltro, gli imputati chiamati a risponderne ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) erano stati assolti per non avere commesso il fatto. Sottolinea che, anche in applicazione dei principi di diritto statuiti dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza n. 40537 del 16 luglio 2009, i principi in tema di connessione dei reati non possono prevalere, nella fattispecie in esame, sulla regola generale in tema di competenza stabilita dall’articolo 8 c.p.p., comma 1, dovendo darsi priorita’ al principio del giudice precostituito per legge.
Sostiene, pertanto, che, in relazione agli addebitati reati di cui ai capi a), l) e m) della rubrica, la competenza a decidere e’ del Tribunale di Milano, posto che nelle sentenze di merito e’ stato riconosciuto, quale reato piu’ grave, quello di cui al capo l).
6.1. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge e il vizio motivazionale in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73 e 74 per difetto di prova sulla sussistenza degli elementi costitutivi dei predetti reati in considerazione del contenuto ambiguo delle intercettazioni che sono state erroneamente interpretate in chiave accusatoria con l’attribuzione, a suo carico, di un ruolo di diretto interlocutore del leader (OMISSIS). Lamenta che la Corte territoriale ha trascurato i motivi di appello dando rilievo, a tal fine, a tre presunti trasporti di cocaina avvenuti nei mesi di giugno, luglio e settembre 2005 che erano semmai da intendersi come indice di una mera estemporaneita’ occasionale dell’attivita’ illecita. Contesta la valenza probatoria accordata alle dichiarazioni rese dal coimputato (OMISSIS) il quale riferiva che, in occasione di uno dei viaggi effettuati ad Amsterdam per rifornirsi di droga, su indicazione di (OMISSIS) e per conto di (OMISSIS), aveva anche provveduto a consegnare a quest’ultimo dei viveri, sigarette e beni personali da parte di (OMISSIS).
6.2. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge e il vizio motivazionale in relazione alla ritenuta circostanza aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2, in relazione al reato di cui al capo l) ravvisando profili di contraddittorieta’ con la statuizione che, al contempo, ha escluso la medesima aggravante con riguardo ai reati di cui ai capi a) e m).
Lamenta altresi’ la violazione dell’articolo 62 bis c.p. in quanto gli stessi elementi di fatto indicati nell’articolo 133 c.p. hanno ricevuto una duplice considerazione sia in punto di commisurazione della pena che ai fini del diniego delle attenuanti generiche, il che costituisce un evidente errore di diritto.
6.3. Con il quinto motivo denuncia la violazione di legge in relazione al Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies convertito dalla L. n. 356 del 1992 (trasfuso nell’articolo 240 – bis c.p.) sostenendo che la Corte distrettuale ha confermato la confisca dei beni intestati alla figlia (OMISSIS) e alla moglie (OMISSIS) (tra cui un appartamento vincolato da un mutuo ipotecario), pur avendo constatato che le predette erano titolari di redditi propri di provenienza lecita, cosi’ come comprovato dalla documentazione prodotta.
I motivi proposti da (OMISSIS).
7. Con il primo motivo rappresenta che la sentenza impugnata si fonda sulle risultanze di un’attivita’ di captazione svolta all’estero (Germania, Olanda e Belgio) in assenza dei decreti autorizzativi e, dunque, in violazione degli articoli 267, 268 c.p.p.. In particolare lamenta il difetto motivazionale dei decreti emessi per decisione del Tribunale di Duisburg per l’assenza di specifica e formale documentazione autorizzativa, il che ne comporta l’inutilizzabilita’ ex articolo 271 c.p.p..
Deduce altresi’ la violazione degli articoli 696 e 729 c.p.p. in quanto, in virtu’ del principio di sovranita’, e’ fatto divieto di compiere atti esplicanti il potere giurisdizionale nel territorio di un altro Stato, in mancanza di accordi con lo Stato interessato.
Contesta gli esiti della indagine svolta dal Bundeskriminalamt (BKA) in relazione, in particolare, alle intestazioni delle sim card costituenti attivita’ valutativa e non attivita’ irripetibile di carattere documentale, come invece erroneamente ritenuto dalla Corte distrettuale.
7.1. Con il secondo motivo denuncia l’inosservanza e/o erronea applicazione di legge in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 sostenendo che i giudici di secondo grado non hanno motivato affatto sull’addebito associativo, omettendo di rispondere alle censure difensive contenute nel gravame. Afferma che, a suo carico, sono tutt’al piu’ configurabili solo cessioni estemporanee di droga ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, cosi’ come acclarato dagli esiti decisionali relativi al reato di cui capo n) dal quale peraltro il coimputato (OMISSIS) era stato assolto, a dimostrazione del fatto che si trattava esclusivamente di attivita’ illecite occasionali.
7.2. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge in relazione all’articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 affermando l’insussistenza di prova in relazione ai reati di cui ai capi n), o) e p) in quanto i testi, M.llo (OMISSIS), della Guardia di Finanza, (OMISSIS) e l’agente (OMISSIS) del BKA tedesco non hanno fornito elementi probatori diretti circa la sua identificazione. Lamenta il travisamento di prova decisiva in relazione all’attribuzione alla sua persona delle utenze impiegate in via fonica e tramite sms nella commissione degli illeciti di cui alle predette imputazioni rappresentando che peraltro le indagini sono state svolte dalla polizia giudiziaria tedesca e non verificate nel contraddittorio.
Gli altri motivi proposti da (OMISSIS).
8. Con il secondo motivo deduce l’inosservanza e/erronea applicazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3, e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e) e articolo 192 c.p.p., commi 3 e 4, con specifico riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74.
Premette che il Tribunale Palmi lo ha assolto sia dal reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 2, che dai reati – fine contestati ai capi q) e v) dando una corretta lettura interpretativa delle intercettazioni ambientali eseguite sull’autovettura Daewoo Lacetti da cui risultava lo sfogo confidenziale che (OMISSIS) gli esternava circa il comportamento asseritamente fraudolento che altri soggetti implicati nell’attivita’ di spaccio di stupefacenti avevano riservato alla sua persona. Soggiunge che, a fronte della valutazione liberatoria del giudice di primo grado, la Corte di appello, a seguito dell’impugnazione del P.M. in relazione alla statuizione assolutoria dal reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, pur affermando di condividere sostanzialmente le considerazioni poste a fondamento della decisione, e’ pervenuta al convincimento della sua responsabilita’ sull’assunto che le conversazioni intercettate assumono precipua rilevanza perche’ dimostrative del mendacio dal medesimo nel corso del suo esame dibattimentale e nelle dichiarazioni spontanee rese nel giudizio di primo grado.
Nel contestare la correttezza di tali conclusioni il (OMISSIS) afferma che tali affermazioni risultano disancorate dagli atti processuali in quanto dall’esame dibattimentale reso all’udienza del 19 settembre 2013 risulta la linearita’ del suo narrato e, peraltro, la pubblica accusa non gli aveva chiesto chiarimenti in relazione ai dialoghi captati e sui suoi rapporti con gli altri associati.
Lamenta altresi’ che risulta travisato il significato delle intercettazioni del 17 marzo 2006 (progressivo n. 73), del 26 marzo 2006 (progressivo n. 379) e del 31 marzo 2006 (progressivo n. 617).
Inoltre sottolinea che la Corte distrettuale ha omesso di considerare le deposizioni rese sia dal teste (OMISSIS), capo del B.K.A tedesco, che del referente gruppo G.O.A di Catanzaro, (OMISSIS), che avevano escluso qualsiasi suo coinvolgimento nell’attivita’ di spaccio e in contesti associativi. Evidenzia inoltre profili di contraddittorieta’ della statuizione di colpevolezza per il reato di cui al capo a) essendo stato, al contempo, assolto dai reati – fine, tra cui quello di cui ai capi q), ove gli veniva contestata la condotta di cui all’articolo 110 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, in concorso anche con (OMISSIS).
Sottolinea inoltre che sono state diversamente valutate le prove nei confronti degli imputati (OMISSIS) e di (OMISSIS) nei cui confronti e’ stata confermata la pronuncia assolutoria di primo grado.
Deduce la violazione del principio di motivazione rafforzata elaborato dalla giurisprudenza di legittimita’ soffermandosi diffusamente sui principi di diritto affermati al riguardo dalla Suprema Corte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nell’ordine logico vanno dapprima esaminate le questioni preliminari sollevate da alcuni ricorrenti che, per la loro portata generale, in quanto incentrate su motivi non esclusivamente personali, se accolte, avrebbero un potenziale effetto estensivo anche nei confronti dei coimputati non impugnanti.
Sull’eccezione di nullita’ della sentenza per violazione del principio di immutabilita’ del giudice contemplato dall’articolo 525 c.p.p., comma 2.
2. L’eccezione di nullita’ della sentenza per violazione del principio di immutabilita’ del giudice contemplato dall’articolo 525 c.p.p., comma 2, sollevata da (OMISSIS) e da (OMISSIS), nel primo motivo, e da (OMISSIS), nel secondo motivo, con deduzioni sovrapponibili e tali da poter essere congiuntamente trattate, e’ infondata.
3. Le doglianze formulate dai ricorrenti implicano la decisione su due problematiche, tra loro complementari, aventi ad oggetto l’esatta definizione dell’ambito operativo della predetta disposizione:
– la prima, relativa all’applicabilita’ di tale principio all’intera fase successiva alla dichiarazione di apertura del dibattimento, comprensiva, dunque, anche del momento della formulazione delle richieste delle prove e/o di quello dell’adozione della relativa ordinanza ammissiva, oppure esclusivamente alla fase dibattimentale dell’assunzione delle prove;
– la seconda, incentrata sulla individuazione dei presupposti necessari per ritenere se e in che termini, in caso di mutamento nella composizione del giudice dopo l’assunzione delle prove, rilevi il consenso delle parti – le quali non abbiano formulato la richiesta di nuove prove – alla lettura delle dichiarazioni rese dal dichiarante prima del mutamento del giudice nonche’ le eventuali modalita’ con le quali il consenso debba essere manifestato.
3.1. La Corte distrettuale, nel rigettare l’eccezione processuale de qua, risulta avere aderito, quanto alla prima questione, all’indirizzo della giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 6, n. 18615 del 16/04/2013, Rv. 254843; Sez. 5, n. 1759 del 04/10/2011 – dep. 2012 – Rv. 251727) che ha statuito che il principio di immutabilita’ mira ad assicurare l’identita’ tra il soggetto che delibera la sentenza e quello che presiede alla raccolta della prova, cosicche’ una sua corretta applicazione esige soltanto che a decidere sia lo stesso giudice che ha curato l’istruttoria dibattimentale. La seconda problematica e’ stata risolta in base all’orientamento consolidato della Suprema Corte di cassazione (Sez. 5, n. 36813 del 23/05/2016, Rv. 267911; Sez. 5, n. 44537 del 10/03/2015, Rv. 264683) secondo cui, a fronte del mutamento nella composizione del collegio, il comportamento omissivo delle parti processuali deve essere legittimamente inteso quale manifestazione di acquiescenza, anche implicita, alla validazione degli atti istruttori compiuti in precedenza dinanzi a un collegio giudicante in diversa composizione e, dunque, alla utilizzazione degli stessi ai fini della decisione.
I giudici di secondo grado hanno inoltre richiamato il disposto dell’articolo 190-bis c.p.p., comma 1, sottolineando che, comunque, in base a tale disposizione, “una eventuale richiesta di rinnovazione di uno o piu’ atti istruttori avrebbe avuto assai limitate chances di accoglimento”.
4. Osserva il Collegio che le conclusioni cui e’ giunta la Corte distrettuale, necessitano delle seguenti puntualizzazioni alla luce dei principi di diritto statuiti dalla Sezioni Unite di questa Suprema Corte con la sentenza n. 41736 del 30 maggio 2019 con la quale sono stati risolti i contrasti giurisprudenziali insorti sulle tematiche sopra indicate.
E’ opportuno, preliminarmente, rammentare che, con la sentenza n. 2 del 15 gennaio 1999 (Iannasso), le Sezioni Unite avevano affermato che:
– il principio di immutabilita’ del giudice contemplato dall’articolo 525 c.p.p., comma 2, a pena di nullita’ assoluta, impone che quando muti la persona fisica del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale il dibattimento sia integralmente rinnovato, fin dalla dichiarazione di apertura dello stesso, con la ripetizione delle richieste di prova immediatamente successive e dell’ammissione e dell’assunzione delle prove;
– i verbali delle prove acquisite avanti il diverso giudice possono essere legittimamente incluse nel fascicolo per il dibattimento essendo state assunte nel contraddittorio delle parti;
– una volta disposta la rinnovazione del dibattimento, il giudice puo’ disporre, ai sensi dell’articolo 511 c.p.p., ultimo inciso del comma 2, la lettura delle prove raccolte nel dibattimento solo in assenza di richiesta proveniente dalle parti di riassunzione delle prove precedentemente acquisite.
Nella prassi applicativa si erano creati difformi orientamenti giurisprudenziali sulla necessita’ o meno di procedere, in caso di mutamento della composizione del giudice, ad una nuova declaratoria di apertura del dibattimento e alla rinnovazione formale anche del provvedimento ammissivo delle prove reso ai sensi dell’articolo 495 c.p.p., oltre che in ordine alla possibile rilevanza del consenso prestato dalle parti alla lettura degli atti assunti dal collegio precedente e, in caso affermativo, sulle modalita’ di prestazione di detto consenso, in forma espressa oppure anche solo implicita.
L’Alto Consesso, con la pronuncia n. 41736 del 30 maggio 2019 (Bajrami), nell’affrontare il complesso e delicato tema delle regole che il giudice subentrante e’ tenuto ad osservare, ha anzitutto precisato che l’intera attivita’ dibattimentale, ad eccezione dell’adozione dei preliminari provvedimenti ordinatori, deve svolgersi, a pena di nullita’ assoluta ed insanabile, dinanzi al giudice nella medesima composizione che provvedera’ alla deliberazione conclusiva e che, pertanto, risulta del tutto irrilevante, ai fini della validazione dell’attivita’ istruttoria, l’eventuale consenso prestato dalle parti alla lettura degli atti ai sensi dell’articolo 511 c.p.p..
Cio’ implica la necessita’ della ripetizione dell’intera sequenza procedimentale costituita dalla dichiarazione di apertura del dibattimento (articolo 492 c.p.p.), dalla richiesta di ammissione delle prove (articolo 493 c.p.p.), dai provvedimenti relativi all’ammissione (articolo 495 c.p.p.), dall’assunzione delle prove ammesse ai sensi degli articolo 495 c.p.p., comma 1, articolo 190 c.p.p., comma 1, articolo 190 bis c.p.p., secondo le regole stabilite nell’articolo 496 c.p.p., e segg..
Cionondimeno, e’ stata escluso che il giudice di merito debba provvedere ad una formale rinnovazione di ciascuna delle predette attivita’ e cio’ in quanto i provvedimenti in precedenza emessi dal giudice diversamente composto conservano efficacia se non espressamente modificati o revocati.
A tale conclusione le Sezioni Unite sono pervenute tenendo conto:
– dell’articolo 525 c.p.p., comma 2, ultima parte riguardante il giudizio di assise in base al quale “se alla deliberazione devono concorrere i giudici supplenti in sostituzione dei titolari impediti, i provvedimenti gia’ emessi conservano efficacia se non sono espressamente revocati”;
– dell’articolo 42 c.p.p., comma 2, a norma del quale “il provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione dichiara se e in quale parte gli atti compiuti precedentemente dal giudice astenutosi o ricusato conservano efficacia”.
Si e’ precisato che tali disposizioni sono espressive di un principio di generale applicazione in quanto mirano a soddisfare l’esigenza di rilievo anche costituzionale, ex articolo 111 Cost., comma 2, ultima parte, di contenere, per quanto possibile, i tempi di durata del processo evitando lo svolgimento di attivita’ superflue.
La garanzia della immutabilita’ del giudice attribuisce, dunque, il diritto, non di vedere inutilmente reiterate attivita’ gia’ svolte con immotivata dilatazione dei tempi di definizione del processo cui la parte puo’, in astratto, avere di fatto interesse e che tuttavia l’ordinamento non tutela, bensi’ di poter nuovamente esercitare, a seguito del mutamento della composizione del giudice, le facolta’ previste dalle disposizioni di cui all’articolo 492 c.p.p., e segg. formalizzando la richiesta di nuove prove al giudice nella nuova composizione al quale e’, in ogni caso, attribuito il potere – dovere di valutare quelle ammissibili, ai sensi dell’articolo 495 c.p.p., comma 1, e articolo 190 c.p.p., comma 1, escludendo cosi’ quelle vietate dalla legge o manifestamente superflue ed irrilevanti.
Da cio’ consegue che l’articolo 511 c.p.p., comma 2, consente la lettura e la conseguente utilizzazione ai fini della decisione dei verbali di dichiarazioni rese dinanzi al giudice diversamente composto, anche in difetto del consenso delle parti, sul punto ininfluente, se, per qualsiasi ragione, “l’esame non abbia luogo”, in detta previsione dovendo ritenersi comprese, oltre al caso della prova divenuta medio tempore irripetibile, le altre ipotesi in cui le stesse parti non abbiano richiesto la rinnovazione dell’esame ovvero il giudice, valutando detta rinnovazione (richiesta dalla parte legittimata ex articolo 468 c.p.p.) manifestamente superflua, abbia deciso di non ammetterla.
In tal senso assume, dunque, rilievo il comportamento omissivo delle parti, fermo restando il potere officioso del giudice di disporre la ripetizione dell’esame nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 507 c.p.p..
Il consenso delle parti alla lettura degli atti e’, invece, del tutto irrilevante, tanto da incorrere nella nullita’ assoluta della sentenza, quando la ripetizione dell’esame sia stata chiesta dalla parte legittimata ex articolo 468 c.p.p. ed ammessa dal nuovo giudice ma il nuovo esame non sia stato assunto, pur essendo tuttora possibile, ed in suo luogo sia stata disposta la lettura delle dichiarazioni in precedenza rese dal dichiarante dinanzi al giudice diversamente composto.
4.1. Cio’ chiarito, in applicazione degli enunciati principi di diritto, va affermato che l’originaria ordinanza ammissiva delle prove richieste dalle parti pronunciata all’udienza del 9 ottobre 2014 ha conservato la sua efficacia anche a seguito del mutamento della composizione del collegio, non essendo stata modificata ne’ revocata, e risultando, dunque, evidentemente condivisa anche dal giudice nella composizione sopravvenuta.
Ed ancora, non occorreva che alcuna rinnovazione del dibattimento venisse formalmente disposta alle udienze in cui si sono verificati mutamenti del collegio e cio’ in quanto le parti, con l’insostituibile ausilio della difesa tecnica, sulla quale incombe il generale dovere di adempiere con diligenza il mandato professionale, erano certamente in grado, con quel minimum di diligenza che e’ legittimo richiedere, di rilevare le sopravvenute diverse composizioni dell’organo giudicante ed attivarsi con la formulazione delle eventuali richieste di ripetizione dell’attivita’ istruttoria gia’ svolta da sottoporre al vaglio decisionale del giudice.
Va altresi’ precisato, per completezza, che, secondo la giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 3, n. 45305 del 17/10/2013, Rv. 257630), la violazione dell’obbligo sancito dall’articolo 511 c.p.p. di dare lettura degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, ovvero di indicare quelli utilizzabili ai fini della decisione, non puo’ essere considerata come causa di nullita’, non essendo essa specificatamente sanzionata in tal senso ne’ essendo inquadrabile in alcuna delle cause generali di nullita’ previste dall’articolo 178 c.p.p. Tale violazione, inoltre, non puo’ dare nemmeno luogo alla inutilizzabilita’ degli atti di cui e’ stata omessa la lettura o l’indicazione non incidendo sulla legittimita’ dell’acquisizione delle prove documentate nei menzionati atti facendosi d’altra parte riferimento, sia nell’articolo 191 c.p.p. che nell’articolo 526 c.p.p., al solo concetto di acquisizione e quindi ad un’attivita’ che logicamente e cronologicamente si distingue, precedendola, da quella di lettura od indicazione degli atti inseriti nel fascicolo del dibattimento. Del resto, le Sezioni Unite, con la citata sentenza n. 41736/2019, hanno precisato che i verbali delle prove acquisite nel corso dell’istruttoria dibattimentale svolta in precedenza dinanzi al giudice poi sostituito fanno parte del fascicolo per il dibattimento dove non confluiscono ma permangono e conservano il carattere di attivita’ legittimamente compiuta.
Si rammenta, infine, per completezza, che, secondo la giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 1, n. 48710 del 14/06/2016, Rv. 268455), la disciplina dell’articolo 190 – bis c.p.p. per la quale, nei procedimenti per taluno dei delitti indicati dall’articolo 51 c.p.p., comma 3 bis, l’esame di un testimone o di un soggetto ex articolo 210 c.p.p. che abbia gia’ reso dichiarazioni in dibattimento nel contraddittorio, e’ ammesso solo se il giudice lo ritenga necessario, si applica anche nell’ipotesi in cui debba procedersi a rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per sopravvenuto mutamento della persona del giudice. La Suprema Corte (Sez. 6 n. 3609 del 03/10/2018, Rv. 275880) ha altresi’ specificato che la regola dettata da tale disposizione si applica a tutti i reati oggetto del medesimo procedimento, anche se alcuni di essi siano diversi da quelli previsti dall’articolo 51, comma 3 – bis.
4.2. Alla stregua di quanto sin qui esposto, non si ravvisa la dedotta violazione della disposizione di cui all’articolo 525 c.p.p., comma 2, e, conseguentemente, la nullita’ della sentenza impugnata.
Sull’eccezione di incompetenza territoriale proposta da (OMISSIS).
5. L’eccezione di incompetenza territoriale proposta da (OMISSIS) e’ infondata.
6. Si premette che nel procedimento penale de quo, originariamente a carico di quindici imputati (unitamente ad altri sedici imputati per i quali si era proceduto con le forme del giudizio abbreviato), venivano contestati, oltre al reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo a), numerosi reati – fine, tra cui quelli di cui all’articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, aggravati dall’articolo 80, comma 2, di cui ai capi b), e), f), h), l), m), n), o), p), r) e s).
Per come dettagliatamente evidenziato dalla difesa di (OMISSIS) nell’atto di appello, all’udienza del 27 novembre 2012 dinanzi al Tribunale di Palmi veniva eccepita l’incompetenza territoriale sostenendo la competenza del Tribunale di Milano, quale ufficio giudiziario del luogo di costituzione del sodalizio criminoso.
Il Tribunale di Palmi, con ordinanza dell’8 gennaio 2013 rigettava la predetta eccezione evidenziando che “attesa l’impossibilita’ di individuazione dell’area territoriale in cui era stata fondata l’associazione, diffusamente operativa in molte zone di Italia e di Europa, la competenza deve essere determinata in obbedienza ai criteri dettati dagli articoli 9 e 16 c.p.p. in relazione al reato di cui al capo e), ovvero quello che, raffrontato a tutti gli altri illeciti di pari gravita’, e’ il piu’ risalente nel tempo, di cui risulta certa la commissione ((OMISSIS))”.
Tale provvedimento, confermato dalla Corte distrettuale, e’ conforme a diritto alla stregua delle seguenti considerazioni.
In tema di competenza per territorio determinata da connessione, l’articolo 51 c.p.p., comma 3 – bis, prevede, limitatamente ai reati in esso contemplati, una deroga assoluta ed esclusiva agli ordinari criteri di determinazione della competenza sicche’ ove si proceda per uno qualsiasi di essi e per reati connessi, anche piu’ gravi, la competenza territoriale del primo esercita una vis attractiva anche sugli altri (Sez. 1, n. 16123 del 12/11/2018 – dep. 2019 – Rv. 276391). Tali reati individuano, per la maggior parte, fattispecie di natura associativa e, piu’ in generale, evocano condotte antigiuridiche radicate in fenomeni di criminalita’ organizzata che, alla stregua dell’esperienza vissuta e dei conseguenti rimedi ordinamentali apprestati, necessitano di essere contrastati con indagini che abbiano un coordinamento accentrato negli uffici distrettuali del pubblico ministero disciplinati dalla predetta disposizione con gli ineludibili effetti a cascata in punto di competenza territoriale.
La citata norma presuppone tuttavia che sia accertato il luogo ove si svolge la programmazione, ideazione e direzione delle attivita’ criminose facenti capo al sodalizio (Sez. 2, n. 41012 del 20/06/2018, Rv. 274083), valutazione questa che consiste in un apprezzamento di merito censurabile in sede di legittimita’ solo ove fondata su un travisamento della prova o caratterizzata da vizi logici manifesti e decisivi. Ove invece si verta in una situazione nella quale il giudice di merito non abbia ritenuto possibile determinare la competenza per territorio con riferimento al reato associativo, come nella fattispecie in esame (peraltro sul punto non vi e’ alcuna contestazione da parte del ricorrente), la competenza va determinata secondo le regole dell’articolo 16 c.p.p., comma 1, in base al luogo di consumazione del reato che, in via decrescente, si presenta come il piu’ grave tra quelli residui e, in caso di pari gravita’, a quello commesso per primo; solo se neppure per i reati connessi e’ possibile individuare il luogo di realizzazione della condotta o di parte di essa, si deve far ricorso ai criteri suppletivi indicati dall’articolo 9 c.p.p., commi 2 e 3, che, sia per la collocazione che per il tenore letterale, si riferiscono ai procedimenti caratterizzati da un reato singolo (Sez. U. n. 40537 del 16/07/2009, Rv. 244330; Sez. 2, n. 11692 del 08/03/2016 Rv. 266194; Sez. 1, n. 40825 del 27/10/2010, Rv. 248467).
Tale interpretazione ermeneutica delle disposizioni citate che privilegia il criterio della individuazione della competenza nel luogo di commissione del reato costituisce attuazione di un principio di rilevanza costituzionale giacche’ il significato della prescrizione contemplata dall’articolo 25 Cost., comma 1, non si esaurisce nella garanzia della precostituzione del giudice ma esalta il significato della naturalita’ del giudice designato come competente che assume nel processo penale un carattere del tutto particolare, in ragione della sua fisiologica allocazione nel locus commissi delicti (cfr. sent. Corte Cost. n. 168 del 2006; Sez. U. n. 40537 del 16/07/2009 Rv. 244330).
In quest’ottica, dunque, l’articolo 16 c.p.p., comma 1, assicura, per quanto possibile, il collegamento tra competenza territoriale e luogo di manifestazione di almeno uno degli episodi della vicenda processuale garantendo il principio costituzionale della naturalita’ del giudice che risulterebbe ingiustificatamente obliterato se dovesse farsi applicazione degli incerti e non oggettivi criteri suppletivi di cui all’articolo 9 c.p.p., commi 2 e 3.
Le regole sulla competenza derivante dalla connessione costituiscono un criterio originario ed autonomo di attribuzione della competenza operante nelle ipotesi tassativamente descritte dall’articolo 12 c.p.p. e tale connotato e’ finalizzato ad escludere ogni discrezionalita’ nella individuazione del giudice cui e’ demandata la cognizione e a dar attuazione al principio del giudice naturale precostituito per legge (Sez. U. n. 27343 del 28/02/2013, Rv. 255345).
Va altresi’ precisato che, in ossequio al principio della perpetuatio iurisdictionis, la competenza per connessione del giudice non risente delle successive vicende processuali ed opera per tutto il corso del processo anche nel caso in cui siano venute meno le ragioni che avevano determinato l’originario radicamento della competenza per territorio.
Si rammenta altresi’ che l’ambito operativo di tale principio, inteso come immutabilita’ della competenza ai fini di certezza ed economia processuale e di tutela della ragionevole durata del processo, non puo’ che riferirsi alla determinazione della regiudicanda risultante dal complessivo vaglio del giudice dell’udienza preliminare sull’accusa formulata dal pubblico ministero e alla conseguente individuazione del giudice naturale operata sulla base di quel controllo e di addebiti contestati nel decreto che dispone il giudizio (Sez. U. n. 48590 del 18/04/2019, Rv. 277304).
Sull’eccezione di inutilizzabilita’ degli atti di indagine svolti all’estero sollevata da (OMISSIS).
7. L’eccezione processuale formulata da (OMISSIS) con il primo motivo e’ infondata.
8. Osserva il Collegio che l’assunto del ricorrente secondo cui l’autorita’ giudiziaria italiana avrebbe eseguito, motu proprio, attivita’ di indagine in territorio estero, in particolare in Germania, al di fuori della cornice stabilita da norme e convenzioni internazionali e in assenza di raccordo con le autorita’ giudiziarie dei Paesi interessati e’ stato ampiamente confutato dalla Corte distrettuale che ha sottolineato che risulta regolarmente versata in atti la copia delle richieste di rogatorie da parte del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria alle autorita’ giudiziarie tedesche ed olandesi aventi ad oggetto l’esecuzione, sul territorio degli Stati destinatari, di attivita’ di intercettazione telefonica ed ambientale a carico, tra gli altri, di (OMISSIS).
Con le predette richieste veniva altresi’ sollecitata la trasmissione degli esiti di specifiche attivita’ poste in essere, di propria iniziativa, dagli organi di polizia olandesi e tedeschi, ivi comprese le trascrizioni, gli atti e quant’altro emesso nell’ambito di procedimenti penali promossi in via autonoma dalle autorita’ giudiziarie di quei Paesi nonche’ lo scambio diretto di informazioni.
Le intercettazioni e le ulteriori indagini sono state, dunque, disposte ed eseguite dalle autorita’ giudiziarie olandesi e tedesche in adesione a formali richieste di assistenza provenienti dall’Italia.
Quanto al connesso tema delle condizioni al cospetto delle quali un’attivita’ svolta all’estero in esecuzione di una richiesta di assistenza promanante dall’autorita’ giudiziaria italiana possa dirsi processualmente utilizzabile va ribadito il principio di diritto (Sez. 2, n. 2173 del 22/12/2016 – dep. 2017 – Rv. 269000) secondo cui, in tema di rogatoria internazionale, trovano applicazione per il principio “focus regit actum” e in conformita’ ai canoni di diritto internazionale della prevalenza della lex loci sulla lex fori, le norme dello Stato in cui l’atto viene compiuto e non quelle del codice di rito del Paese richiedente che disciplinano il processo. Il richiamo dell’articolo 191 c.p.p., comma 2 contenuto nell’articolo 729 c.p.p. non comporta una transiatio delle norme processuali interne per l’espletamento della rogatoria attiva ma dal combinato disposto degli articoli 27 e 31 preleggi, articoli 191 e 729 c.p.p. si ricavano due postulati: la prova non puo’ essere in contrasto con i principi fondamentali e inderogabili dell’ordinamento giuridico italiano e, quindi, con l’inviolabile diritto di difesa; le concrete modalita’ di assistenza difensiva sono regolate, per la prevalenza della lex loci dalla legge dello Stato in cui viene compiuto l’atto. Inoltre, l’utilizzazione degli atti trasmessi dalle autorita’ giudiziarie straniere non e’ condizionata all’accertamento, da parte del giudice italiano, della loro regolarita’ vigendo una presunzione di legittimita’ dell’attivita’ svolta e spettando al giudice straniero la verifica della correttezza della procedura e l’eventuale risoluzione di ogni questione relativa alle irregolarita’ riscontrate con i principi inderogabili dell’ordinamento interno (Sez. 5, n. 45002 del 13/07/2016 Rv. 268457; Sez. 2, n. 24776 del 18/05/2010 Rv. 247750). E poiche’ il diritto straniero e’ un fatto spetta a chi eccepisce il difetto di compatibilita’ dimostrarne il contenuto, e cio’ tanto piu’ laddove si tratti, come nel caso di specie, del diritto di un Paese membro dell’Unione Europea.
8.1. Tanto premesso, si rileva che le modalita’ con cui le autorita’ straniere hanno disposto ed acquisito le captazioni telefoniche ed ambientali non comportano alcuna violazione del diritto di difesa ne’ di altri fondamentali ed inderogabili principi dell’ordinamento italiano. Al riguardo la Corte ha precisato che dall’allegato 1 bis dell’informativa del Bundeskriminalamt (B.K.A.) risulta che le utenze telefoniche in uso agli imputati e le captazioni ambientali operate sull’automobile Fiat Punto e Daewoo Lacetti nella disponibilita’ del (OMISSIS) sono state poste sotto sorveglianza per decisione del Tribunale di Duisburg, sulla base di rituali decreti autorizzativi.
Si rammenta altresi’ che, secondo la giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 5, n. 4758 del 10/07/2015 – 2016 – Rv. 265993), l’omesso deposito degli atti concernenti le intercettazioni disposte nel procedimento a quo presso l’autorita’ competente per il procedimento ad quem non determina l’inutilizzabilita’ dei risultati intercettativi in quanto detta sanzione non e’ prevista dall’articolo 270 c.p.p. e non rientra tra quelle tassativamente indicate dal successivo articolo 271 c.p.p..
Quanto alla questione processuale concernente la pretesa violazione dell’articolo 729 c.p.p., la sentenza impugnata ha reso ampia e corretta motivazione sulla base di un indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 6, n. 9960 del 27/01/2005, Rv. 231048) secondo cui la nozione di inutilizzabilita’ sancita dall’articolo 729 c.p.p. non e’ applicabile all’acquisizione di informazioni emerse nell’ambito di un procedimento penale all’estero che spontaneamente ed autonomamente l’autorita’ giudiziaria di uno Stato ha offerto all’autorita’ giudiziaria italiana. Difatti, poiche’ le nome che disciplinano le rogatorie internazionali riguardano esclusivamente i rapporti tra gli Stati e sono destinate a salvaguardare i reciproci rapporti per evitare indebite ingerenze nella sfera della propria sovranita’ (e quindi della propria giurisdizione), ove uno Stato liberamente ritenga di fornire informazioni circa un procedimento penale pendente non e’ ravvisabile alcuna lesione del principio di sovranita’, salva la dimostrazione che le informazioni e al documentazione siano stati ottenuti in modo lecito o fraudolento cosi’ da mettere in dubbio la spontaneita’.
Alla stregua di quanto sopra esposto deve affermarsi che deve ritenersi legittimamente acquisita e ritenuta utilizzabile anche la citata informativa del Bundeskriminalamt (B.K.A.) limitatamente ai dati documentali e/o irripetibili in essa contenuti con esclusione delle parti valutative.
Sugli altri motivi di ricorso formulati dai ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
9. Esaurito l’esame delle questioni processuali, osserva il Collegio che anche gli altri motivi di ricorso formulati da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono infondati.
10. Le argomentazioni sviluppate nelle sentenze di merito posseggono infatti una stringente capacita’ persuasiva e risultano immuni da qualsiasi caduta di consequenzialita’ logica, risultando coerenti alle evidenze probatorie mentre il tentativo dei predetti ricorrenti di prospettare una diversa ricostruzione dei fatti o di deprimere il significato probatorio di tali risultanze si risolve nella prospettazione di una lettura alternativa a quella operata, in termini di asserita maggiore capacita’ esplicativa, attivita’ questa che e’ preclusa a questa Corte essendo il sindacato di legittimita’ circoscritto alla verifica dell’esistenza di una logica base argomentativa in grado di sostenere validamente i vari punti della decisione.
Ed invero, con riferimento alle sopra indicate posizioni processuali, ci si trova di fronte alle sentenze, di primo e di secondo grado, che concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni dando origine ad esiti decisionali organici con una struttura motivazionale della sentenza di appello che si salda perfettamente con quella precedente si’ da costituire un unico complessivo corpo argomentativo (Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011 – dep. 2012 – Rv. 252615). Al riguardo e’ opportuno precisare, quanto ad (OMISSIS), che le doglianze proposte in questa sede vertono sulle statuizioni relative ai reati di cui ai capi a), b), l) e m), in relazione alle quali vi e’ una doppia conforme affermazione di responsabilita’, e che la riforma operata dalla Corte distrettuale nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS) attiene esclusivamente al trattamento sanzionatorio.
Peraltro le obiezioni difensive non si confrontano con tale complessivo percorso motivazionale che risulta altresi’ pienamente conforme a diritto.
La Corte distrettuale ha infatti fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo cui, ai fini della integrazione del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, e’ necessario che: a) almeno tre persone siano tra loro vincolate da un patto associativo (sorto anche in modo informale e non contestuale) avente ad oggetto un programma criminoso nel settore degli stupefacenti, da realizzare attraverso il coordinamento degli apporti personali; b) il sodalizio abbia a disposizione, con sufficiente stabilita’, risorse umane e materiali adeguate per una credibile attuazione del programma associativo; c) ciascun associato, sia a conoscenza, quanto meno, dei tratti essenziali del sodalizio, e si metta stabilmente a disposizione di quest’ultimo (Sez. 6, n. 7387 del 03/12/2013 – dep. 2014 – Rv. 258796). L’elemento aggiuntivo e distintivo del reato associativo rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti va ravvisato nel carattere stabile dell’accordo criminoso, con permanenza del vincolo associativo tra i partecipanti, a prescindere dall’effettiva commissione dei singoli reati programmati, che assicura la propria disponibilita’ nel tempo al perseguimento del programma criminoso proprio del sodalizio (in tal senso, Sez. 5, n. 42635 del 4/10/2004, Rv. 229906).
Per la configurabilita’ della condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti non e’ richiesto un atto di investitura formale ma e’ necessario che il contributo dell’agente risulti funzionale per la sua esistenza in un determinato momento storico (Sez. 4, n. 51716 del 16/10/2013, Rv. 257905). Ed ancora, in tema di reato associativo e’ consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato mezzo rispetto ai reati fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei reati rientranti nel programma comune e dalle loro modalita’ esecutive posto che attraverso essi si manifesta in concreto l’operativita’ dell’associazione medesima (Sez. 2, n. 19435 del 31/03/2016 Rv. 266670).
Il sodalizio criminale finalizzato al narcotraffico e’ ravvisabile anche laddove ricorra un vincolo durevole che accomuni i fornitori di droga e gli spacciatori acquirenti che, in via continuativa e stabile, la ricevono per immetterla nel mercato del consumo secondo regole predeterminate relative alle modalita’ di fornitura e di pagamento laddove emerga la consapevolezza, da parte di ciascuno, di contribuire, con i ripetuti apporti, alla realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga.
In relazione alla specificita’ dei ruoli dei singoli associati, sia i fornitori che i rivenditori abituali devono considerarsi parimenti partecipi dell’associazione anche se non conoscono personalmente tutti i soggetti che ne fanno parte (Sez. 6, n. 564 del 29/10/2015 – 2016 – Rv. 265763; n. 9927 del 05/02/2014, Rv. 259114; Sez. 2, n. 6261 del 23/01/2013).
La costante disponibilita’ all’acquisto di droga agevola lo svolgimento dell’attivita’ criminosa del gruppo organizzato ed assicura la realizzazione del programma delittuoso sempre che si accerti che sia stata posta in essere, con la coscienza e volonta’ del singolo autore di farne parte e di contribuire al suo mantenimento. In tal caso il singolo atto negoziale trascende la sfera individuale per divenire un elemento della complessiva ed articolata struttura organizzativa (Sez. 5, n. 51400 del 26/11/2013, Rv. 257991; Sez. 2, n. 6261 del 23/01/2013, Rv. 254498).
Gli enunciati canoni interpretativi delineati dalla Suprema Corte risultano pienamente rispettati, stante l’immanente consapevolezza, da parte di ciascuno degli imputati sopra indicati, cosi’ come evidenziato nella sentenza impugnata, di contribuire, con i ripetuti apporti, alla vita dell’associazione dedita al narcotraffico condividendo interessi ed utilita’. Nel descritto contesto la Corte distrettuale ha correttamente valorizzato il tenore delle intercettazioni in atti e l’assiduita’ delle stesse, per inferire il dato inoppugnabile che tra i predetti soggetti vi fossero rapporti non meramente estemporanei e collegati a dati episodici, ma funzionali, in via continuativa, al commercio di droga, nell’alveo del vincolo associativo stabile, proprio di un sodalizio dedito al narcotraffico. L’analisi approfondita delle captazioni telefoniche ed ambientali mettono infatti in evidenza che le interazioni tra i soggetti monitorati erano radicate in una relazione criminale costante e duratura nel tempo. A tal proposito e’ opportuno rammentare che l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito che si sottrae al sindacato di legittimita’ se motivata in conformita’ ai criteri della logica e delle massime di esperienza (Sez. 6, n. 11794 del 12/12/2013, Rv. 254439).
La sistematicita’ e la stabilita’ dei rapporti tra i diversi soggetti, la segnalata predisposizione di strumenti operativi e di strutture logistiche funzionali allo svolgimento delle attivita’ illecite emergente dalla complessita’ delle modalita’ di importazione dall’estero del narcotico in Italia era, tra l’altro, confermata dagli intervenuti sequestri di cocaina. Il perseguimento, da parte dell’associazione, di un programma criminoso indeterminato volto alla commissione dei reati – fine di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 trovava conferma nelle modalita’ di commissione degli stessi con l’assegnazione di compiti predeterminati a partire dalle condotte di approvvigionamento, trasporto, distribuzione e la predisposizione di strutture operative e logistiche ad esse funzionali. Veniva evidenziato che i vari sodali disponevano di notevoli mezzi economici e materiali, il che consentiva di compiere viaggi e spostamenti nel territorio nazionale ed estero, sempre nel rispetto della gerarchia dei ruoli a ciascuno di essi assegnati.
Del resto i ricorrenti hanno sostenuto l’irrilevanza del loro personale contributo all’associazione criminale tentando di ridimensionare le loro personali condotte che, invece, sono state correttamente considerate nella sentenza impugnata inserite a pieno titolo nell’organizzazione e finalizzate al raggiungimento degli scopi della stessa.
Anche le doglianze relative all’omessa adeguata valutazione dei correlati reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e degli altri reati – fine sono parimenti infondate, avuto riguardo all’ampia motivazione dei giudici di merito i quali hanno dato ampia giustificazione delle decisioni assunte con valutazioni non censurabili in sede di legittimita’.
11. Cio’ premesso, si procede alla specifica disamina delle predette posizioni processuali alla luce delle censure sollevate dai predetti ricorrenti.
(OMISSIS) e (OMISSIS).
12. Le posizioni di (OMISSIS) e di (OMISSIS) vengono esaminate unitariamente essendo significativamente collegate.
13. Piu’ in particolare, quanto alla posizione processuale di (OMISSIS), la Corte distrettuale ha confermato la pronuncia di primo grado in relazione ai seguenti reati:
– capo a) Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 1, 2 e 3, e articolo 61 c.p., n. 6 (nella qualita’ di organizzatore, con ruolo apicale, delle attivita’ dell’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti);
Fatti commessi dal mese di marzo 2004 al giugno 2006;
– capo b) articoli 110 e 81 cpv. c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche’ in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), deteneva e cedeva quantitativi di sostanza stupefacente tra cinque e otto chilogrammi di cocaina.
Fatti commessi nella provincia di (OMISSIS) nei mesi di (OMISSIS);
– capo l) articoli 110, 81 cpv. c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, articolo 80, comma 2, per avere fornito ingenti quantitativi di sostanza stupefacente (kg. 20 di cocaina nel mese di giugno 2005 e kg. 16,5 di cocaina nel mese di luglio 2005 al prezzo di Euro 35.000 al chilogrammo) ad (OMISSIS) e a (OMISSIS) tramite il corriere (OMISSIS) che si occupava del ritiro della droga ad Amsterdam nonche’ del successivo occultamento, trasporto e consegna a Milano, secondo le indicazioni che venivano impartite a quest’ultimo da (OMISSIS).
Fatti commessi in (OMISSIS) nei mesi di giugno e di luglio 2005.
– capo m) articoli 110, 81 cpv. c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, per avere inviato ad (OMISSIS) e a (OMISSIS) circa kg. 1 di sostanza stupefacente del tipo cocaina tramite il corriere (OMISSIS) che veniva arrestato in flagranza di reato.
Fatto accertato a (OMISSIS).
Inoltre, in riforma della pronuncia assolutoria di primo grado, (OMISSIS) veniva ritenuto responsabile anche del reato di cui al capo r) – articoli 110, 81 cpv. c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, in relazione alla detenzione e al trasporto in Olanda e, successivamente, in Italia, nei mesi di aprile 2006, di quantitativi di sostanza stupefacente compresi tra 5 e 20 chilogrammi. In particolare (OMISSIS), con la collaborazione di (OMISSIS) e di (OMISSIS) (OMISSIS), per il tramite di (OMISSIS), consegnava lo stupefacente ad (OMISSIS) e a (OMISSIS) al prezzo di Euro 31.000 al chilogrammo.
14. (OMISSIS) veniva ritenuto responsabile del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 2 e 3, nella qualita’ di partecipe dell’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (capo a), e dei sopra indicati reati – fine di cui ai capi l) e m).
15. Quanto alla posizione di (OMISSIS), le sentenze di merito evidenziano, con argomenti logici, che il compendio probatorio comprova ampiamente la sua partecipazione al sodalizio criminale con un ruolo apicale ricoperto sin dall’epoca in cui risiedeva in Calabria, come risulta dal tenore delle intercettazioni telefoniche del 3 e del 5 marzo 2004 che, oltre ad essere evocative dei risalenti e stabili rapporti intercorrenti con gli altri correi negli affari illeciti e tali da trascendere le singole trattative di acquisto di droga, nell’ottica di un programma delittuoso indeterminato, dimostravano la reverenza mostrata da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) al quale si premurava di riferire, nel dettaglio, le dinamiche di ogni trattativa in corso, manifestando un atteggiamento a lui del tutto subalterno. Inoltre, nel periodo di latitanza trascorso in Olanda, (OMISSIS) aveva svolto una fondamentale funzione organizzativa nella gestione delle attivita’ di importazione dall’estero della droga e di garante dell’approvvigionamento della cocaina spacciata dal sodalizio apportando, cosi’, all’associazione un contributo primario e non meramente paritetico agli altri sodali (Sez. 4, n. 52137 del 17/10/2017, Rv. 271256; Sez. 4, n. 45018 del 23/10/2008, Rv. 242032).
16. La partecipazione organica di (OMISSIS) all’associazione e’ stata affermata sul rilievo che risulta ampiamente comprovato che, unitamente ad (OMISSIS) e ad altri associati, gestiva l’importazione di cospicui carichi di cocaina destinati alla successiva distribuzione in Italia. Il (OMISSIS) aveva, tra l’altro, messo a disposizione del sodalizio criminoso, oltre ai mezzi della impresa di cui era titolare, anche il suo dipendente (OMISSIS) il quale veniva addetto al trasporto della droga dall’estero all’Italia. Fallace risulta l’argomento difensivo del (OMISSIS) teso quantomeno a circoscrivere la sua condotta delittuosa alla partecipazione a singoli episodi delittuosi posto che la sua condotta, complessivamente valutata, risulta significativamente funzionale alla realizzazione degli scopi del sodalizio e denota il suo pieno inserimento nella struttura associativa.
17. Quanto ai reati – fine contestati ad (OMISSIS) e a (OMISSIS), e’ opportuno anzitutto premettere, tenuto conto delle doglianze sollevate nei ricorsi, che alla Corte di cassazione non spetta esprimere alcun giudizio sulla attendibilita’ delle fonti di prova trattandosi di una prerogativa attribuita, pieno iure, al giudice di merito, sicche’ le scelte da questo compiute, se coerenti, sul piano logico con una esauriente analisi delle risultanze probatorie acquisite, si sottraggono al sindacato di legittimita’, una volta accertato, come nel caso di specie, che il processo formativo del libero convincimento del giudice non ha subito il condizionamento di una riduttiva indagine conoscitiva o gli effetti, altrettanto negativi, di un’imprecisa ricostruzione del contenuto di una prova (Sez. U. n. 2110 del 25/11/1995 – dep. 1996 – Fachini, Rv. 203767).
17.1. Cio’ precisato, quanto al reato di cui al capo b) addebitato ad (OMISSIS), i giudici di merito hanno richiamato, a fondamento del giudizio di colpevolezza, le intercettazioni telefoniche captate dal 26 febbraio 2004 al 19 aprile 2004 ed intercorse con i coimputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) concernenti la pianificazione di numerosi appuntamenti e contraddistinti dall’impiego di intercalari allusivi e criptici, evidentemente tesi ad occultare il reale significato dei colloqui avente ad oggetto gli accordi sull’attivita’ continuativa del traffico illecito di sostanze stupefacenti.
La Corte distrettuale ha anzitutto precisato, con motivazioni ampie e logiche, la diversita’ del predetto reato, il cui ambito temporale era riferito ai mesi di marzo e aprile 2004 rispetto a quelli contestati nel procedimento penale c.d. Ramazza promosso dall’autorita’ giudiziaria catanese, la cui collocazione temporale si arrestava, invece, al febbraio 2004 e risultavano fondati su differenti elementi probatori. (OMISSIS) era infatti uno degli interlocutori delle conversazioni telefoniche del 3 e del 5 marzo 2004 risalenti ai momenti nevralgici concomitanti all’esecuzione della ordinanza restrittiva emessa nei suoi confronti nell’ambito della c.d. “operazione Nasca”, cui riusciva a sfuggire. Dal tenore delle conversazioni emergeva che (OMISSIS) lo informava degli appuntamenti con un fornitore a cui lo invitava a presenziare. In particolare, nel pomeriggio del 3 marzo 2004 (OMISSIS) telefonava a (OMISSIS) al quale aveva chiesto se fosse arrivato “il medico” e se fosse tutto disponibile. Rassicurato in tal senso preannunciava a quest’ultimo che lo avrebbe ricontattato l’indomani a mezzogiorno. Alle ore 17.54 il (OMISSIS) telefonava ad (OMISSIS) informandolo che il giorno seguente sarebbe andato a fare la visita “Perche’ arriva domani il dottore da fuori… e aspetta noi”, dopodiche’ contattava (OMISSIS) avvisandolo anche del fatto che aveva parlato con suo padre. Il richiamo al “dottore proveniente da fuori” era riferito al (OMISSIS), cosi’ come comprovato dalla successiva conversazione sempre del marzo alle ore 20.38 durante la quale quest’ultimo comunicava al (OMISSIS) di essere in procinto di partire e lo invitava ad attenderlo al binario il mattino successivo. Il 4 marzo 2004 venivano organizzati, nel dettaglio, due appuntamenti tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) nei quali veniva prospettata la possibilita’ di recarsi in ospedale l’indomani mattina. Nella successiva comunicazione delle ore 20.38 il (OMISSIS) comunicava al (OMISSIS) di essere in procinto di partire invitandolo ad attendere al binario il mattino successivo.
In tale contesto, in data 5 marzo 2004 alle ore 9.33, subito dopo che (OMISSIS) si era volontariamente sottratto alla custodia cautelare, veniva intercettato un suo colloquio con il (OMISSIS). (OMISSIS) accennava ad un imprecisato inconveniente, al quale il figlio (OMISSIS) era riuscito a scampare perche’ non era stato in casa il giorno precedente, che non gli avrebbe permesso di presenziare alla programmata visita in ospedale; a cio’ il (OMISSIS) replicava che l’indomani sarebbe andato a mangiare con il figlio e le rispettive ragazze. L’incombenza di espletare “visite in ospedale” era menzionata in due altre conversazioni telefoniche intercorse tra il (OMISSIS) ed (OMISSIS) il 5 marzo 2004.
Successivamente a tale data (OMISSIS) interrompeva i consueti canali di contatto sino ad allora utilizzati, mostrandosi evidentemente piu’ cauto nella gestione dei contatti con i sodali, ma risultava avere proseguito le attivita’ illecite contestate anche tramite il figlio (OMISSIS) che era pienamente operativo nella gestione degli affari criminosi, cosi’ come evidenziato dai giudici di merito con motivazioni congrue.
17.2. Quanto alle cessioni illecite di sostanze stupefacenti nel periodo giugno – luglio 2005 contestate al reato di cui al capo I), i giudici di secondo grado hanno evidenziato, con ampie argomentazioni, che le emergenze processuali dimostrano la stretta cointeressenza di (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) nelle attivita’ di traffico di droga dall’Olanda all’Italia che venivano materialmente eseguite dal corriere (OMISSIS).
In particolare sono state ritenute attendibili le dichiarazioni rese da quest’ultimo il quale riferiva di avere iniziato a prestare il servizio alle dipendenze dell’azienda di trasporti di (OMISSIS) dal 2004 con le mansioni di conducente di automezzi e di avere conosciuto (OMISSIS) tra il 2004 e il 2005 quando si era recato ad Amsterdam insieme al (OMISSIS) per eseguire un trasloco. (OMISSIS) affermava di avere svolto, proprio su mandato del (OMISSIS), nei mesi di giugno, luglio e settembre 2005, tre trasporti di cocaina dalla citta’ di Amsterdam sino a Milano. Tali trasferte venivano eseguite dopo essersi recato a Dusseldorf per effettuare ritiri o consegne inerenti all’attivita’ imprenditoriale di (OMISSIS). Una volta giunto in Olanda, l’ (OMISSIS) aveva contattato (OMISSIS) mediante un’utenza telefonica pubblica prelevando la sostanza stupefacente in quantita’ pari a kg. 20 nel giugno 2005 e a kg. 16 nel luglio 2005, pagata Euro 35.000 al chilogrammo, e che aveva occultato nel cassone di un furgone aziendale appartenente al (OMISSIS).
Il suo narrato, oltre che attendibile sotto il profilo intrinseco, era riscontrato dalle intercettazioni telefoniche eseguite tra il 2 e il 7 luglio 2005 ove si alludeva ad un trasporto di sostanze stupefacenti inviato ad (OMISSIS) da parte di (OMISSIS) il quale, tramite il (OMISSIS), aveva inteso accertare se il carico fosse giunto a destinazione. Ed ancora, veniva richiamata una conversazione ambientale avvenuta all’interno dell’automobile di (OMISSIS) da cui emergeva la discussione con l’ (OMISSIS) circa la spartizione di alcuni pacchi di sostanze stupefacenti contrassegnati da tacche di mezzo chilo. Al riguardo quest’ultimo aveva precisato che “i segni da mezzo chilo” erano stati tracciati proprio da lui con un pennarello sugli involucri contenenti la droga, in ossequio alle istruzioni impartite da (OMISSIS), e che era stato remunerato con la somma di Euro 2.000 per ciascuno dei tre viaggi.
17.3. Il coinvolgimento di (OMISSIS) e di (OMISSIS) nel reato di cui al capo m) e’ stato puntualmente ricostruito nelle sentenze di merito sulla base delle dettagliate dichiarazioni confessorie rese da (OMISSIS) a seguito del suo arresto in flagranza, riscontrate dalle intercettazioni e dall’avvenuto sequestro di kg. 1,205,9 di cocaina.
18. Risulta altresi’ conforme a diritto la configurazione della sussistenza dell’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2, contestata al reato di cui al capo l), tenuto conto che, in considerazione del traffico illecito di complessivi circa 36 chilogrammi di cocaina, risultano ampiamente rispettati i criteri di individuazione indicati dalla giurisprudenza di legittimita’ (Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, Rv. 253150) atteso che il dato quantitativo indicato dalla Suprema Corte (superiore a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi – valore soglia -, determinato per ogni sostanza stupefacente nella tabella allegata al Decreto Ministeriale 11 aprile 2006) era stato ragionevolmente superato; inoltre, tra gli elementi discrezionali da valutare, andava pure considerato sia il rilevantissimo arricchimento di coloro che gestivano tali traffici che le ricadute in termini di salute pubblica e, quindi, la spiccata offensivita’ dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice.
Tale circostanza puo’ ravvisarsi anche in mancanza del sequestro della sostanza purche’ vi siano elementi di prova certi che consentano di pervenire, anche per via indiretta, alla individuazione del dato ponderale (Sez. 3, n. 35042 del 01/03/2016, Rv. 267873; Sez. 3, n. 7385 del 19/11/2014, Rv. 262409); nel caso in esame cio’ e’ stato correttamente desunto dalla tipologia della droga sequestrata in data 17 settembre 2005, avendo i giudici di secondo grado constatato analogie con le modalita’ operative dell’episodio delittuoso di cui al capo m), e caratterizzato dalla identita’ dei soggetti coinvolti e dalla contiguita’ del contesto temporale di riferimento. Si rammenta altresi’ che, in presenza di quantitativi talmente elevati di droga, non occorre necessariamente un accertamento peritale per inferire il superamento dei valori – soglia (Sez. 4, n. 34255 del 15/07/2014, Rv. 260640).
Ne’ si rilevano le ulteriori discrasie argomentative segnalate dai ricorrenti atteso che l’aggravante in questione e’ stata legittimamente esclusa dalla Corte distrettuale in relazione al reato di cui al capo m), proprio in coerente applicazione dei sopra citati principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimita’, mentre essa non risulta nemmeno contestata in relazione al reato di cui al capo a) dell’imputazione.
19. La censura articolata da (OMISSIS) inerente al trattamento sanzionatorio e’ infondata atteso che le attenuanti generiche sono state negate, avuto riguardo agli elementi di cui all’articolo 133 c.p. ritenuti di rilievo decisivo, quali i precedenti penali e lo spessore criminale dimostrato nelle vicende in contestazione.
Si rammenta che la concessione delle attenuanti generiche e’ la risultante del riconoscimento di elementi circostanziali, proprio nell’ambito della previsione di tale disposizione, che, anche in relazione a fatti – reato di elevata gravita’ possono giustificare una ulteriore riduzione della pena rispetto alla misura che si dovrebbe infliggere alla stregua degli ordinari canoni di valutazione della predetta fattispecie. Trattasi di valutazione discrezionale attribuita in via esclusiva al giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimita’ quando, come nel caso in esame, risulta sorretta da motivazioni immuni da vizi logici – giuridici (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269).
20. In relazione al quarto motivo di (OMISSIS) e al quinto motivo di (OMISSIS) si osserva quanto segue.
Si premette che, secondo la giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 2, n. 43387 del 08/10/2019, Rv. 277997), nel caso di confisca Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, ex articolo 12 – sexies, (ora articolo 240-bis c.p.), dall’accertata sproporzione tra guadagni e patrimonio, che spetta alla pubblica accusa provare, scatta una presunzione “iuris tantum” d’illecita accumulazione patrimoniale, che puo’ essere superata dall’interessato, specialmente nel caso di confusione tra risorse di provenienza lecita e illecita, sulla base di specifiche e verificate allegazioni, dalle quali si possa desumere la legittima provenienza del bene confiscato attingendo al patrimonio legittimamente accumulato.
20.1. Orbene, quanto a (OMISSIS), la Corte distrettuale, ha evidenziato, con argomentazioni logiche ed esaurienti, che dalle indagini patrimoniali espletate e’ emersa la sperequazione tra redditi e disponibilita’ economiche atteso che:
– (OMISSIS) e il suo nucleo familiare, composto dalla moglie (OMISSIS) e dalle figlie (OMISSIS) e (OMISSIS), nell’arco temporale tra il 1991 e il 2007 avevano prodotto redditi di fonte lecita solo nel 2000 (per Euro 5.130,48) e nel 2001 (per Euro 3.109,06);
– (OMISSIS) in data 24 marzo 1997 aveva acquistato il 50% di un terreno al prezzo di Euro 7.904,37 (mentre l’altra meta’ era stata acquistata da tale (OMISSIS)) sul quale aveva iniziato la costruzione di due immobili, proprio in coincidenza con il periodo nel quale gestiva fiorenti traffici di droga consistenti il primo in uno stabile, ancora non completato nell’anno 2011, dell’estensione di mq. 290 con area circostante di mq. 1.500 e del valore stimato di Euro 108.500, l’altro in una villa a due piani con dependance estesa mq. 480 e con area di pertinenza di mq. 1.100 del valore stimato di Euro 406.000. Inoltre (OMISSIS) e la moglie risultavano intestatari, negli anni cui si riferisce l’imputazione, di varie autovetture (una Audi A3, una Volkswagen e una Peugeot 206).
E’ stato correttamente ritenuto inconferente il rilievo difensivo incentrato sull’assunto che il terreno era stato acquistato in epoca antecedente rispetto ai fatti oggetto di contestazione in quanto i giudici di merito constatavano che le manifestazioni piu’ eclatanti di ricchezza di (OMISSIS) erano da ricollegare proprio all’epoca di costruzione dei predetti immobili, di rilevante valore, che veniva avviata in coincidenza con il periodo nel quale il predetto non produceva redditi leciti e gestiva, invece, nel contesto associativo, fiorenti e redditizi traffici internazionali di droga.
20.2. Quanto a (OMISSIS), la Corte distrettuale e’ del pari pervenuta, con argomenti congrui, al convincimento, sulla base delle emergenze processuali, che l’acquisto, in data 13 febbraio 2008, da parte di sua figlia, di un immobile che comporto’, nella immediatezza, l’esborso una tantum di Euro 52.000 e la stipulazione, con il (OMISSIS) s.p.a. di un mutuo della durata di anni otto anni, con la pattuizione di rate mensili dell’importo di Euro 2.358,75, era del tutto sproporzionato rispetto ai redditi del nucleo familiare e, pertanto, riconducibile alla lucrosa attivita’ illecita in cui il ricorrente era coinvolto.
(OMISSIS).
21. (OMISSIS) e’ stato ritenuto responsabile del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 2 e 3, nella qualita’ di partecipe dell’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (capo a), e dei seguenti reati – fine:
– capo n) articoli 110 e 81 cpv. c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 per avere, in concorso con (OMISSIS) e, con piu’ azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, ceduto, detenuto e trasportato due chilogrammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina pagata al prezzo di Euro 35.000 al chilogrammo, spedizione avvenuta tramite corriere.
Fatti commessi a (OMISSIS);
– capo o) articoli 110 e 81 cpv. c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, articolo 80, comma 2, per avere, in concorso con (OMISSIS) e con piu’ azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, ceduto, detenuto e trasportato fino all’aeroporto di Milano Malpensa kg. 22 di sostanza stupefacente del tipo cocaina tramite il corriere (OMISSIS). Nella specie (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) inviavano la sostanza stupefacente a (OMISSIS) cl. (OMISSIS) tramite il corriere (OMISSIS) arrestato in flagranza di reato per il quale si e’ proceduto separatamente.
Fatto accertato presso l’aeroporto di (OMISSIS).
– capo p) articoli 110, 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 per avere, in concorso con altri e con piu’ azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, ceduto, detenuto e trasportato dall’estero all’Italia, per conto dell’organizzazione di cui fanno parte, ingenti quantitativi di sostanza stupefacente non meglio identificata nell’ordine di kg. 50/100 (denominate camere);
Fatti commessi nel territorio nazionale ed estero ((OMISSIS)) nei mesi di (OMISSIS).
22. Le censure proposte da (OMISSIS) si palesano infondate, non apprezzandosi nella motivazione della sentenza alcuna illogicita’ che ne vulneri la tenuta complessiva.
23. Si premette che, secondo la giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 4, n. 49161 del 19/07/2017), il travisamento della prova va ravvisato qualora il giudice di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale oppure nel caso in cui siano stati inopinatamente o ingiustamente trascurati o fraintesi altri elementi di prova; il mezzo di prova che si assume travisato od omesso deve, inoltre, avere carattere di decisivita’.
La Suprema Corte (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Rv. 256837) ha altresi’ elaborato il principio interpretativo secondo il quale, in caso di conforme affermazione di colpevolezza dell’imputato in primo grado ed in grado di appello, e’ inammissibile il ricorso per vizio della motivazione basato sul travisamento della prova salva l’ipotesi in cui il giudice di appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice. Tale ipotesi non ricorre nel caso in esame.
Ed invero, i giudici di merito hanno evidenziato, con argomenti congrui, che (OMISSIS) era stato identificato principalmente in base ai servizi di osservazione della polizia giudiziaria tedesca che aveva filmato e documentato con fotografie il susseguirsi di incontri tra il predetto con altri soggetti (tra cui (OMISSIS) e (OMISSIS)), avvenuti in una brasserie di una cittadina del Belgio il 23 aprile 2006 alle ore 14.00 e mediante la collocazione di microspie su alcune autovetture dallo stesso possedute. Su tale attivita’ riferiva esaustivamente il teste (OMISSIS), appartenente alla polizia giudiziaria tedesca, che aveva personalmente partecipato a tali attivita’ di pedinamento e controllo. La riconducibilita’ al (OMISSIS) delle utenze telefoniche dallo stesso utilizzate e’ stata ricavata dal prospetto relativo alle intestazioni delle sim card poste sotto intercettazione in Germania contenuto nell’informativa del B.K.A., ritenuta correttamente utilizzabile trattandosi di dati documentali.
Inoltre gli stessi correi (OMISSIS) e (OMISSIS) fornivano significativi contributi alla identificazione del (OMISSIS) nel corso delle spontanee dichiarazioni e nelle memorie scritte ammettendo di avere conosciuto il (OMISSIS), sia pure nel contesto di affari leciti.
24. Cio’ posto, si osserva che la Corte distrettuale ha tratto argomenti logici dal compendio probatorio per ritenere comprovata l’appartenenza di (OMISSIS) al sodalizio, dal mese di ottobre 2005 al mese di aprile 2006, in quanto aveva contribuito alla realizzazione degli scopi della associazione ricoprendo, in Germania ove viveva, un fondamentale ruolo di congiunzione tra i fornitori della droga, residenti in Venezuela, e gli acquirenti, tramite l’ausilio dei sodali, imputati nel procedimento de quo. Eloquenti, al riguardo, risultavano le informazioni sull’attivita’ svolta che lo stesso (OMISSIS) riferiva a (OMISSIS) all’interno della sua autovettura Daewoo Lacetti, con rivelazioni sulla quantita’ e qualita’ della droga trafficata, sulle modalita’ operative per introdurla in Italia dall’estero, sui relativi valori economici e i canali di finanziamento e nonche’ sulle incomprensioni insorte con i correi. Ed ancora, veniva valorizzata, tra le altre, l’intercettazione telefonica del 26 marzo 2006 nella quale il (OMISSIS) intraprendeva un’opera di persuasione nei confronti di (OMISSIS) allo scopo di coinvolgerlo nello spaccio di droga con l’assegnazione del compito di corriere, assicurandogli elevate remunerazioni.
25. Quanto ai reati – fine si osserva quanto segue.
La Corte distrettuale ha evidenziato che l’addebito di cui al capo n) si fonda su alcuni contatti telefonici avvenuti tra (OMISSIS) e (OMISSIS) dal 21 ottobre 2005 al 27 ottobre 2005 da cui si evinceva che il primo era il fornitore di droga nei confronti dell’interlocutore (OMISSIS) al quale aveva assicurato il relativo approvvigionamento tramite una terza persona. I contatti successivi comprovavano che le cessioni di sostanza stupefacente erano avvenute al prezzo di Euro 35.000 Euro al chilogrammo. E’ stato correttamente ritenuto irrilevante, ai fini del giudizio di colpevolezza a suo carico, il fatto che (OMISSIS) era stato assolto, nell’ambito del separato procedimento, all’esito del rito abbreviato, in quanto era stata messa in discussione la reale identita’ di quest’ultimo atteso che dagli accertamenti emergeva che l’utilizzatrice della sim card era sua moglie, (OMISSIS).
Quanto al reato di cui al capo o), i giudici di secondo grado hanno evidenziato il pieno coinvolgimento di (OMISSIS) nel viaggio intrapreso dal fornitore sudamericano (OMISSIS) il quale veniva fermato all’aeroporto di Milano Malpensa con un quantitativo di droga di kg. 22 in data 14 marzo 2006, e cio’ sulla base di una puntuale ricostruzione dei suoi contatti, in particolare, con (OMISSIS).
Ed infine, in relazione al reato di cui al capo p), e’ stata confermata la statuizione del Tribunale di Palmi rappresentando che il testo dei messaggi analiticamente riportati nella sentenza di primo grado, la cui riconducibilita’ a (OMISSIS) era stata accertata in base alle verifiche investigative compiute, convincevano pienamente della fondatezza della impostazione accusatoria.
(OMISSIS).
26. Si premette che le imputazioni a carico di (OMISSIS) erano le seguenti:
– capo a) Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 2 e 3, nella qualita’ di partecipe all’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti;
– capo q) articoli 110 e 81 cpv. c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 56 e 73 per avere, in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS), con piu’ azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, compiuto atti diretti in modo non equivoco alla detenzione e trasporto, dall’estero all’Italia, per conto dell’organizzazione di cui facevano parte, quantitativi imprecisati di sostanza stupefacente da occultare a bordo di autovetture; in particolare (OMISSIS) e (OMISSIS) coordinavano le operazioni di trasporto, detenzione della droga da effettuare tramite il corriere (OMISSIS).
Fatti commessi sul territorio nazionale ed estero nel mese di marzo 2006 e non verificatisi per cause indipendenti dalle loro volonta’.
– capo v) del reato di cui agli articoli 81 cpv., 378 c.p. e dal Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 conv. dalla L. n. 203 del 1991 per avere favorito (OMISSIS) a sottrarsi alle ricerche delle autorita’, in quanto colpito da provvedimenti restrittivi, fornendo supporto logistico, generi alimentari, documenti d’identita’ all’uopo falsificati, sim card e quant’altro utilizzato per agevolare la sua latitanza. Fatti commessi negli anni 2004, 2005 e 2006.
27.11 Tribunale di Palmi assolveva (OMISSIS) dalla imputazione di cui al capo a) “per non avere commesso il fatto” e da quella di cui ai capi q) e v) con la formula “perche’ il fatto non sussiste”.
27.1. Quanto al reato di cui al capo a), i giudici di primo grado affermavano che i dialoghi captati nell’abitacolo dell’autovettura Daewoo Lacetti, pur dimostrando lo stretto rapporto di fiducia che (OMISSIS) manifestava nei confronti del (OMISSIS) tanto da indurlo a rivelargli, nel dettaglio, confidenze inerenti all’andamento della sua attivita’ delinquenziale e ai suoi rapporti conflittuali con alcuni dei sodali, non risultavano adeguati a suffragare l’intraneita’ di quest’ultimo nell’associazione. Tali conversazioni erano infatti caratterizzate da dichiarazioni auto – accusatorie rese dal (OMISSIS), a fronte delle quali il (OMISSIS) si era limitato a proferire laconiche frasi di stupore, condiscendenza e comprensione da cui non era dato trarre alcuna prova certa di una sua partecipazione al sodalizio criminoso.
Il Tribunale di Palmi giungeva cosi’ alla conclusione che dalla disamina delle intercettazioni non emergevano elementi univoci e sintomatici della perpetrazione delle attivita’ illecite specificamente contestate nell’addebito di cui al capo q) ne’ di un ausilio consapevolmente prestato in favore del latitante (OMISSIS) al fine di sottrarsi alle ricerche dell’autorita’ giudiziaria, cosi’ come addebitato al capo v) della rubrica.
27.2. Il Procuratore di Reggio Calabria impugnava la statuizione assolutoria limitatamente al reato di cui al capo a), sostenendo che le confidenze esternate dal (OMISSIS) rivelavano il rapporto di solidarieta’ instaurato con il (OMISSIS), in termini coerenti con la prospettazione accusatoria circa l’inserimento anche di quest’ultimo nell’associazione, e cio’, tanto piu’, alla luce del comportamento di quest’ultimo tenuto nel corso del suo esame dibattimentale laddove negava l’evidenza, non rispondendo alle domande del P.M. che gli chiedeva spiegazioni sui rapporti con il (OMISSIS) e, quindi, sulla loro familiarita’.
27.3. La Corte di appello, nell’affermare la responsabilita’ di (OMISSIS) per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 2 e 3, ha tuttavia condiviso solo parzialmente gli argomenti contenuti nel gravame in quanto veniva precisato che l’assoluta apertura palesata dal (OMISSIS) nel discorrere con il (OMISSIS) non e’ di per se’ univocamente significativa della militanza associativa di quest’ultimo, ben potendo inscriversi nell’ambito di un rapporto personale e sganciato da cointeressenze illecite. Ne’ l’atteggiamento di incuriosita accondiscendenza serbato da quest’ultimo valeva, di per se’, a trasformarlo da amico di (OMISSIS) in suo sodale, non traducendosi le risposte, i commenti e gli ammiccamenti in un contributo, anche solo morale, tale da incidere sulla potenzialita’ criminale del gruppo.
Tali dialoghi erano valorizzati, ai fini del giudizio di colpevolezza, solo in quanto dimostrativi dell’intenzionale mendacio palesato da (OMISSIS) il quale, sia nel corso dell’esame che nelle dichiarazioni spontanee, e “nel lungo memoriale allegato al fascicolo del dibattimento di primo grado, ha insistito nel reclamare a viva voce la propria innocenza, nel sostenere di avere rivisto (OMISSIS), come lui originario di (OMISSIS), dopo oltre venti anni, di non essere mai venuto a conoscenza delle attivita’ illecite da lui poste in essere e di essersi limitato ad agevolarlo, per lo piu’ dal punto di vista logistico, durante la sua permanenza in Germania in ragione, tra l’altro, della scarsa padronanza della lingua tedesca da parte dell’amico e dei problemi di salute della moglie”.
Inoltre, in tale contesto, venivano richiamate, sia l’intercettazione telefonica del 17 marzo 2006 (progressivo n. 73) in cui il (OMISSIS) interloquiva attivamente con il (OMISSIS) riferendogli, con linguaggio criptico, di non meglio precisate attivita’ svolte per suo conto, quali la consegna di documenti, che quella n. 617 del 31 marzo 2006 nella quale (OMISSIS) contattava il (OMISSIS) per chiedergli informazioni sul prezzo da praticare per una fornitura di droga di due chilogrammi. Infine, si riportavano gli esiti delle indagini da cui emergeva che il (OMISSIS), il 15 marzo 2006, veniva visto in compagnia del (OMISSIS) in Olanda e che il 14 aprile 2006 aveva partecipato ad un incontro a (OMISSIS) (citta’ della Germania ove viveva), con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
28. Tanto premesso, si osserva che la Corte distrettuale, nel riformare la sentenza assolutoria di primo grado, non ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza di legittimita’ in subiecta materia.
28.1. A tale riguardo, si rammenta che, secondo la Suprema Corte, in tal caso incombe sul giudice di appello l’onere di offrire una motivazione “rafforzata” che si confronti con gli argomenti posti a sostegno della sentenza di assoluzione. Tale onere e’ generale e riguarda anche i casi in cui il compendio probatorio non abbia una struttura dichiarativa, ma si fondi su prove di altra natura (prova scientifica, intercettazioni, perquisizioni, sequestri etc). In particolare devono essere confutate, in via specifica, tutte le ragioni poste a sostegno della decisione assolutoria di primo grado dimostrando puntualmente l’insostenibilita’ sul piano logico e giuridico degli argomenti piu’ rilevanti ivi contenuti, avendo riguardo anche ai contributi eventualmente offerti dalla difesa nel giudizio di appello, e deve, quindi, corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, dia compiuta ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati (cfr. per tutte Sez. Un, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231674; Sez. 2, n. 5231 del 13/12/2018 – dep. 2019 -). Si tratta di un percorso ermeneutico che trova significative conferme nella giurisprudenza della Corte Edu, che, con giurisprudenza consolidata, ha ritenuto non rispettoso delle garanzie convenzionali il processo che si risolva in un ribaltamento dell’assoluzione sulla base di un compendio probatorio cartolare che si presenta “deprivato” rispetto a quello disponibile in primo grado, in quanto carente dell’audizione diretta dei testimoni “gia’” uditi, dei quali si pretende di rivalutare la attendibilita’ intrinseca e la credibilita’ dei contenuti accusatori, senza fare ricorso alla percezione diretta dell’evento dichiarativo (Manolachi v. Romania, Corte EDU, 3 sez., 5 marzo 2013; Flueras v. Romania, Corte Edu, 3 sez., 9 aprile 2013; Corte Edu, 3 Sez., sent. 4 giugno 2013; Lorefice v. Italia, Corte Edu, 1 sez., 29 giugno 2017).
Il diritto convenzionale emergente dalla consolidata giurisprudenza della Corte Edu valorizza, dunque, non tanto il diritto dell’imputato ad entrare in contatto con la fonte delle accuse (comunque esercitato nel primo grado di giudizio), quanto il suo il diritto ad una decisione basata su di un percorso valutativo affidabile, che presuppone che il giudice della condanna valuti gli “stessi elementi” a disposizione del giudice dell’assoluzione e, dunque, con specifico riguardo alle prove dichiarative, anche gli elementi di valutazione provenienti dalla comunicazione extraverbale.
Tale panorama giurisprudenziale e’ stato arricchito da alcuni decisivi arresti della Suprema Corte ma soprattutto dall’intervento legislativo concretatosi con la L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, comma 58, che, con decorrenza dal 3 agosto 2017, ha introdotto l’articolo 603 c.p.p., comma 3 bis prevedendo l’obbligo della rinnovazione dibattimentale nel caso in cui il giudizio di appello sia promosso dal pubblico ministero ed il proscioglimento deciso in primo grado sia fondato su “motivi attinenti la valutazione della prova dichiarativa”.
Le Sezioni unite hanno dunque anticipato la riforma affermando che l’onere di fornire una motivazione rafforzata implica la necessita’ di effettuare il riesame della decisione assolutoria attraverso la obbligatoria rinnovazione delle testimonianze decisive (Sez. Un. 27620 del 28/04/2016 Dasgupta, Rv. 267486) ed estendendo tale obbligo anche ai casi in cui si proceda con il rito abbreviato non condizionato (Sez. un. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269786). Ed invero e’ affetta da vizio di motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), per mancato rispetto del canone di giudizio “al di la’ di ogni ragionevole dubbio” di cui all’articolo 533 c.p.p., comma 1, la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilita’ dell’imputato, in riforma di una sentenza assolutoria, operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive delle quali non sia stata disposta la rinnovazione a norma dell’articolo 603 c.p.p., comma 3, (Sez. U. n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269785; Sez. U. n. 27620 del 28/04/2016, Rv. 267492, Dasgupta).
E’ stato altresi’ chiarito (Sez. Un., n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267488) che devono ritenersi prove dichiarative “decisive” quelle che, sulla base della sentenza di primo grado, hanno determinato o anche contribuito a determinare un esito liberatorio e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso contesto probatorio, si rivelano potenzialmente idonee a incidere sull’esito del giudizio di appello nell’alternativa “proscioglimento – condanna”. Appaiono parimenti “decisive” quelle prove dichiarative che, ritenute di scarso o nullo valore probatorio dal primo giudice, siano, nella prospettiva dell’appellante, rilevanti, da sole o insieme ad altri elementi di prova, ai fini dell’esito di condanna.
Ed ancora, la necessita’ per il giudice dell’appello di procedere, anche d’ufficio, alla rinnovazione dibattimentale della prova dichiarativa, nel caso di riforma della sentenza di assoluzione sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilita’ di una dichiarazione non consente distinzioni a seconda della qualita’ soggettiva del dichiarante, valendo anche per l’imputato che abbia reso dichiarazioni “in causa propria”, se ritenute decisive.
28.2. Osserva altresi’ il Collegio che il comportamento processuale dell’imputato, cui la Corte distrettuale ha attribuito una decisiva valenza probatoria, puo’ essere preso in esame dal giudice per trarne elementi di prova a condizione che cio’ non si risolva nell’inversione della regola sull’onere probatorio e che l’esercizio stesso del diritto di difesa non ne venga sostanzialmente condizionato, il che, invece, avviene, invece, se si afferma che il mendacio difensivo costituisce prova della verita’ del fatto dedotto dall’accusa esonerando questa dal provare positivamente il suo assunto. La negazione o il mancato chiarimento, da parte dell’imputato, di circostanze valutabili a suo carico puo’, dunque, fornire al giudice argomenti di prova solo con carattere residuale e complementare ed in presenza di univoci elementi probatori di accusa (Sez. U. del 21/10/1992 – dep. 1993 -, Marino; Sez. 1, n. 2653 del 26/10/2011, Rv. 251828).
28.3. Va altresi’ considerato che nei confronti di (OMISSIS) e’ stata affermata la sua responsabilita’ per il reato associativo mentre, al contempo, il predetto risulta assolto, con sentenza irrevocabile, dal reato – fine di cui al capo q). A tal riguardo e’ opportuno rammentare che, in linea di principio, considerata l’autonomia tra reato associativo e reato – fine, il primo prescinde dalla commissione degli illeciti oggetto del programma criminoso. Tuttavia, quando la prova della partecipazione ad un sodalizio criminoso sia desunta da condotte svolte nell’ambito di uno solo o di nessun episodio delittuoso o da comportamenti che possono prestarsi ad essere interpretati come il frutto di un aiuto occasionale, l’accertamento probatorio sul contributo causale dell’agente al sodalizio, rivelatore di un suo effettivo ruolo nell’ambito delle dinamiche operative e del rafforzamento criminale dell’associazione, deve essere particolarmente rigoroso (Sez. 6, n. 1343 del 04/11/2015, dep. 2016, Rv. 265890).
29. Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata con riferimento alla posizione di (OMISSIS) con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Reggio Calabria. Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e condanna i predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con riferimento alla posizione di (OMISSIS) con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Reggio Calabria.
Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e condanna i predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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