In tema di furto in abitazione

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 23 giugno 2020, n. 19083.

Massima estrapolata:

In tema di furto in abitazione, qualora più circostanze aggravanti ed attenuanti soggette a giudizio di comparazione concorrano con la circostanza aggravante privilegiata di cui agli artt. 624-bis, comma terzo, e 625 cod. pen., sulla pena determinata in ragione dell’aumento applicato per questa, sottratta al giudizio di comparazione, deve essere calcolata la diminuzione per le eventuali attenuanti riconosciute, ancorché queste siano state separatamente assorbite con giudizio di equivalenza nel bilanciamento con altre aggravanti non privilegiate.

Sentenza 23 giugno 2020, n. 19083

Data udienza 26 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Furto aggravato – Recidiva, specifica reiterata ed infraquinquennale – Concorso tra aggravante privilegiata ex art. 624 bis cp, recidiva specifica e attenuanti comuni – Operazione di bilanciamento – Limiti ex art.69 comma 4 cp

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo – Presidente

Dott. SCARLINI Enrico V. S. – Consigliere

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca – rel. Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/3/2019 della Corte d’appello di Trento;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Pistorelli Luca;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mignolo Olga, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Trento ha confermato la condanna di (OMISSIS) per il reato di furto in abitazione aggravato ai sensi dell’articolo 625 c.p., n. 5 e dalla recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale, quest’ultima ritenuta equivalente alla riconosciuta attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando quattro motivi.
2.1 Con il primo deduce violazione di legge e vizi della motivazione, in quanto la Corte avrebbe sostanzialmente omesso di decidere sull’eccezione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 624-bis c.p., comma 3 proposta con i motivi d’appello adducendo erroneamente la rilevanza del difetto di prospettazione della contestuale incidenza nel caso di specie anche della previsione di cui all’articolo 69, u.c. in relazione all’articolo 99 c.p., comma 4. Infatti con il gravame di merito era stata devoluta la questione dell’illegittimita’ del trattamento sanzionatorio, il che consentiva d’ufficio alla Corte di sollevare la questione di legittimita’ costituzionale tenendo conto anche dell’operativita’ della disposizione da ultima citata.
2.2 Con il secondo motivo viene eccepita l’illegittimita’ costituzionale del combinato disposto di cui all’articolo 624-bis c.p., comma 4 e articolo 69 c.p., comma 4, per violazione degli articoli 3 e 25 Cost., comma 2 e articolo 27 Cost., comma 3, nella parte in cui, in caso di contestazione della recidiva reiterata all’imputato di furto in abitazione aggravato ai sensi dell’articolo 625 c.p., impediscono al giudice di modulare la pena per effetto delle attenuanti riconosciute, vietando, contestualmente, sia il bilanciamento tra l’aggravante del furto e queste ultime, sia di dichiarare la recidiva prevalente sulle medesime. Tale doppio limite al potere discrezionale del giudicante nella modulazione del trattamento sanzionatorio e’ per il ricorrente irragionevole e fonte di sostanziali diseguaglianze con le ipotesi in cui all’imputato vengano contestate aggravanti comuni. Non di meno il meccanismo normativo censurato si porrebbe in contrasto con l’articolo 25 Cost., comma 2, nella misura in cui questo, ancorando la potesta’ punitiva al fatto commesso, imporrebbe la commisurazione del trattamento sanzionatorio all’obiettivo disvalore di quest’ultimo, piu’ che alla sua sintomaticita’ della pericolosita’ sociale del reo. Infine, le norme impugnate sarebbero incompatibili anche con il principio di proporzionalita’ della pena sancito dall’articolo 27 Cost., comma 3.
2.3 Con il terzo motivo viene denunziata l’illogicita’ della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto non irragionevole il divieto di bilanciamento posto dall’articolo 624-bis c.p., comma 4, evocando analoghi meccanismi normativi previsti dal legislatore, ma invero non comparabili attesa l’ampia latitudine del rinvio operato dalla disposizione citata a tutte le fattispecie previste dall’articolo 625 c.p.. Ed altrettanto illogico sarebbe il ragionamento articolato dalla Corte territoriale per giustificare la scelta legislativa, posto che il furto in abitazione aggravato potrebbe risultare meno grave di un furto “semplice” con contestazione delle medesime aggravanti, in questo caso pero’ non sottratte al giudizio di comparazione con le eventuali attenuanti riconosciute all’imputato.
2.4 Ulteriori vizi di motivazione vengono dedotti con il quarto ed ultimo motivo in merito al denegato riconoscimento delle attenuanti generiche in ragione della loro incapacita’ di incidere sull’esito del giudizio di bilanciamento sulla contestata recidiva alla luce del divieto di cui all’articolo 69 c.p., comma 4.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato nei limiti di seguito esposti.
2. Il primo, il terzo ed il quarto motivo sono invero inammissibili. Per il risalente e consolidato insegnamento di questa Corte, infatti, eventuali vizi della motivazione relativi alla reiezione di una eccezione di legittimita’ costituzionale non possono, di per se’, costituire motivo di impugnazione – ne’ tantomeno puo’ esserlo il fatto che il giudice a quo non abbia sollevato d’ufficio analoga eccezione – in quanto la questione medesima puo’ essere proposta o riproposta in ogni stato e grado del giudizio, nel qual caso il giudice dell’impugnazione deve esaminarla ex novo, prescindendo dalla fondatezza o meno delle argomentazioni svolte al riguardo dal giudice che emise la sentenza impugnata (Sez. 3, n. 3780 del 08/03/1985, Lencioni, Rv. 168817). Peraltro va evidenziato che la Corte territoriale ha ritenuto in ogni caso manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale sollevata con i motivi d’appello e cioe’ quella relativa all’articolo 624-bis c.p., comma 3 e cio’ a prescindere dal fatto che abbia anche sottolineato come la difesa non avesse tenuto conto del concorso della recidiva e della sua rilevanza ai fini del giudizio di bilanciamento.
Quanto invece al denegato riconoscimento delle attenuanti generiche, la Corte territoriale non si e’ limitata ad escludere l’interesse dell’imputato alla loro concessione in ragione della gia’ avvenuta neutralizzazione della recidiva attraverso il giudizio di equivalenza con l’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6, ma ha altresi’ evidenziato in via generale, nel respingere la richiesta di escludere la citata recidiva, come il cursus criminale del Raidich costituisca elemento da cui non possa prescindersi nella valutazione dell’adeguatezza della pena irrogata in prime cure. In tal modo la sentenza ha quindi rivelato l’ulteriore ratio che informa la sua decisione sul punto e con il cui sviluppo argomentativo il ricorrente sostanzialmente non si e’ confrontato.
3. Colgono parzialmente nel segno invece le deduzioni svolte a sostegno della questione di legittimita’ costituzionale proposta con il secondo motivo, senza che peraltro cio’ comporti la necessita’ di impugnare dinanzi al giudice delle leggi le norme attenzionate dal ricorrente.
3.1 Anzitutto va pero’ osservato come risulti improprio l’accostamento tra le previsioni normative impugnate denunziate, le quali operano in maniera autonoma e non gia’ in combinato disposto, come invece prospettato. La circostanza per cui entrambe abbiano influito in concreto sulla determinazione del trattamento sanzionatorio nel caso di specie e’ infatti conseguenza dell’integrazione dei rispettivi ed autonomi presupposti fattuali, come in qualsiasi altro caso in cui concorrano piu’ aggravanti.
3.2 Non e’ dunque la occasionale convergenza delle due discipline normative a configurare potenziali tensioni con il principio di uguaglianza o con quello di proporzionalita’ della pena, laddove questa consegue all’integrazione da parte dell’imputato dei relativi presupposti di operativita’. Ne’ le due disposizioni singolarmente considerate rivelano profili di effettiva incompatibilita’ con i suddetti principi.
3.2.1 Come condivisibilmente osservato dalla stessa Corte territoriale, infatti, la configurazione di quella di cui all’articolo 624-bis c.p., comma 3, come aggravante “privilegiata” – con la conseguente sua sostanziale sottrazione al giudizio di bilanciamento, rimanendo impedita la possibilita’ di ritenere eventuali attenuanti prevalenti od equivalenti alla medesima – trova giustificazione nella non manifesta irragionevolezza o arbitrarieta’ della valutazione operata dal legislatore in ordine al particolare allarme sociale destato dal furto aggravato ai sensi dell’articolo 625 c.p., quando consumato a seguito della penetrazione nei luoghi dove si svolge la vita privata dei consociati. In tali casi, infatti, l’illecito assume significati – sia per la vittima, che per la collettivita’ – che trascendono la mera lesione del profilo patrimoniale che lo caratterizza. Ed in tal senso va richiamato l’insegnamento del giudice delle leggi, il quale ha ripetutamente ricordato come, nel verificare la legittimita’ costituzionale delle scelte legislative inerenti alla configurazione delle fattispecie incriminatrici o alla qualita’ e quantita’ delle pene, non si puo’ non tenere nel debito conto che le stesse dipendono non solo dal bene o dai beni giuridici tutelati, astrattamente valutati, ma anche dalle finalita’ che, nel contesto storico in cui le opzioni in parola vengono operate, il legislatore persegue; ne’ puo’ disconoscersi il rilievo che occorre ascrivere agli effetti indiretti che i fatti incriminati vanno a produrre nell’ambiente sociale in cui si realizzano. Necessita’ di prevenzione generale e di riduzione dell’allarme sociale cagionato dai reati convergono, dunque, insieme alle ragioni innanzi indicate, a motivare le opzioni legislative nella determinazione delle ipotesi criminose tipiche e delle pene ritenute congrue al fatto incriminato (Corte Cost. n. 62 del 1986; Corte Cost. n. 233 del 2018).
3.2.2 Quanto invece ai limiti posti al bilanciamento tra recidiva ed attenuanti ad effetto comune, questa Corte ha gia’ avuto ripetutamente modo di ritenere manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale, per violazione degli articoli 3, 25 e 27 Cost., dell’articolo 69 c.p., comma 4, in quanto tale deroga alla ordinaria disciplina non incide in maniera manifestamente sproporzionata od irragionevole sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, ma si limita a valorizzare, in misura contenuta, la componente soggettiva del reato, qualificata dalla plurima ricaduta del reo in condotte trasgressive di precetti penalmente sanzionati (Sez. 6, n. 16487 del 23/03/2017, Giordano, Rv. 269522; Sez. 1, n. 24710 del 13/05/2015, Poletti, Rv. 263960). Ne’ tali affermazioni risultano incompatibili con le pronunzie del giudice delle leggi evocate dal ricorrente che hanno al contrario dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del citato articolo 69 c.p., comma 4, esclusivamente nella parte in cui impedisce di affermare la prevalenza di alcune attenuanti speciali e ad effetto speciale sulla recidiva reiterata in ragione degli effetti distorsivi che tale divieto determina in relazione alla funzione assegnata alle medesime nel riequilibrio del trattamento sanzionatorio degli specifici reati cui si riferiscono.
4. Meritano invece attenzione i rilievi che il ricorrente ha posto a fondamento dell’eccezione di costituzionalita’ con riferimento alla modalita’ di applicazione delle due aggravanti ad effetto speciale di cui si tratta nel caso in cui concorrano.
4.1 Come ricordato nel provvedimento impugnato, secondo i piu’ recenti approdi della giurisprudenza di legittimita’, nel caso di concorso tra l’aggravante privilegiata di cui all’articolo 624-bis c.p., recidiva reiterata e circostanze attenuanti comuni, e’ necessario dapprima provvedere al bilanciamento, nei limiti imposti dall’articolo 69 c.p., comma 4, tra la recidiva e le attenuanti ed all’esito di tale giudizio, qualora la prima sia stata ritenuta prevalente sulle seconde, applicare al concorso tra le due aggravanti la disciplina di cui all’articolo 63 c.p., comma 4, mentre, nel caso della ritenuta equivalenza tra le opposte circostanze, semplicemente determinare la pena per il reato di furto in abitazione per come aggravato, senza operare alcuna diminuzione su di essa per le riconosciute attenuanti, in quanto gia’ elise dal giudizio di comparazione con la recidiva (Sez. 5, n. 47519 del 17/09/2018, P., Rv. 274181).
4.2 Conclusioni queste che non appaiono pienamente condivisibili, nella misura in cui finiscono per vanificare il meccanismo attraverso cui il legislatore ha inteso ricondurre a proporzionalita’ la disciplina delle aggravanti privilegiate e che di fatto estendono al contempo la disciplina di cui all’articolo 69 c.p. (e del suo comma 4 in particolare) ben oltre i limiti esegetici di tale disposizione.
Ed infatti, come gia’ accennato, il rispetto del principio di proporzionalita’ della pena nel caso delle aggravanti privilegiate viene garantito dal fatto che la sottrazione di queste ultime al giudizio di bilanciamento (in termini di equivalenza o soccombenza) e’ comunque temperata dall’applicazione in ogni caso della diminuzione di pena prevista per le attenuanti eventualmente riconosciute. In altri termini, il meccanismo applicativo che caratterizza tali circostanze impedisce l’elisione della carica sanzionatoria dell’aggravante, ma allo stesso modo anche dell’effetto diminuente delle attenuanti (a meno che non vengano ritenute minusvalenti), proprio in conseguenza della (relativa) paralizzazione dell’operativita’ del disposto di cui all’articolo 69 c.p..
La regola che governa le aggravanti privilegiate, qualora le stesse concorrano con altre circostanze di segno opposto tra loro, spezza pero’ il carattere unitario del giudizio di bilanciamento – strumentale alla determinazione del disvalore complessivo dell’azione delittuosa in funzione dello scopo di quantificare la pena nel modo piu’ aderente al caso concreto – il quale rimane circoscritto in tale ipotesi alle sole aggravanti ed attenuanti non assistite dal “privilegio”. Effetto che in particolare si determina laddove le residue aggravanti e le attenuanti vengano bilanciate in termini di equivalenza.
Ritenere che un esito diverso da quello della prevalenza delle attenuanti nel giudizio di bilanciamento tra le residue circostanze impedisca alle stesse di incidere sulla commisurazione della pena determinata in riferimento all’aggravante privilegiata – a maggior ragione quando tale esito sia normativamente imposto, come nel caso previsto dall’articolo 69 c.p., comma 4- finisce pero’ per proiettare ingiustificatamente sulla medesima aggravante il risultato di tale giudizio, nonostante a quest’ultimo sia stata sottratta per volonta’ legislativa, compromettendo al contempo il menzionato meccanismo di adeguamento che garantisce la ragionevolezza di tale deroga.
4.3 In un’ottica costituzionalmente orientata, le norme che configurano il “privilegio” in relazione ad alcune aggravanti (oltre all’articolo 624-bis c.p., comma 4, l’articolo 628 c.p., comma 5, l’articolo 416-bis c.p., comma 2, l’articolo 604-ter c.p., comma 2, l’articolo 186 C.d.S., comma 2-septies) possono e devono dunque essere interpretate nel senso per cui, una volta sottratta l’aggravante ad un compiuto giudizio di bilanciamento, comunque sulla pena determinata in ragione dell’aumento applicato per la stessa deve essere calcolata la diminuzione per le eventuali attenuanti riconosciute, ancorche’ queste siano state separatamente assorbite con giudizio di equivalenza nel bilanciamento con altre aggravanti non privilegiate.
In altri termini, una volta differenziato il “destino comparativo” dell’aggravante privilegiata da quello delle altre aggravanti eventualmente contestate, derogando per volonta’ legislativa all’unitarieta’ del giudizio di bilanciamento, ognuna di esse rimane ancorata alla propria disciplina di riferimento nel rapporto con le attenuanti riconosciute. E, nel caso di specie, l’articolo 624-bis c.p., comma 4, per l’appunto prevede che sulla pena determinata ai sensi del comma 3 dello stesso articolo debba essere applicata la diminuzione relativa a queste ultime.
5. Alla luce di tali principi, pertanto, l’eccezione di legittimita’ costituzionale proposta dal ricorrente deve comunque ritenersi manifestamente infondata anche laddove riferita all’interferenza in concreto tra i due meccanismi normativi oggetto di attenzione, nella misura in cui tale interferenza deve per l’appunto essere esclusa attraverso l’illustrata lettura costituzionalmente orientata del compendio legislativo di riferimento.
Conseguentemente, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, illegittima deve ritenersi la commisurazione del trattamento sanzionatorio nel caso di specie, laddove, alla luce del giudizio di equivalenza tra la recidiva reiterata e la riconosciuta attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6, alcuna diminuzione e’ stata operata per quest’ultima sulla pena calcolata ai sensi dell’articolo 624-bis c.p., comma 3.
Sul punto deve dunque essere ordinato l’annullamento della sentenza impugnata, ma non e’ necessario disporne il rinvio al giudice di merito, potendosi provvedere ai sensi dell’articolo 620 c.p.p., lettera I) a sanare il vizio in questa sede, non necessitando l’operazione di ulteriori accertamenti di fatto. Infatti l’esito del bilanciamento della attenuante riconosciuta con la contestata recidiva rivela che il Tribunale aveva escluso la sua minusvalenza – che altrimenti la comparazione avrebbe dovuto riguardare anche l’aggravante speciale di cui all’articolo 624-bis c.p., – ed e’ pertanto sufficiente diminuire la pena base stabilita di un terzo, non emergendo parimenti da entrambe le sentenze una valutazione negativa sulla idoneita’ della suddetta attenuante di incidere – al di la’ dei limiti normativi cogenti – pienamente sul trattamento sanzionatorio finale.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere quindi annullata senza rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, che si ridetermina in anni uno, mesi nove e giorni dieci di reclusione ed Euro cinquecento di multa.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, che ridetermina in anni uno, mesi nove e giorni dieci di reclusione ed Euro cinquecento di multa.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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