Cassazione 14

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 12 maggio 2016, n. 19701

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 19/4/2012 il Tribunale di Lecce assolveva V.M., per non aver commesso il fatto, dal reato di cui agli artt. 489, 61 n. 2, 56 e 640 cod. pen. contestatole con riferimento all’uso di un biglietto della lotteria istantanea denominato “Mega Miliardario”, al quale erano stati sostituiti alcuni numeri così da renderlo un titolo vincente, presentandolo al Consorzio Lotterie Nazionali, tramite la Banca Intesa di Lequile, al fine di percepire la corrispondente somma di euro 11.100,00, scopo non raggiunto perché era stato accertato che il biglietto non era corrispondente alla sua elaborazione originaria.
2. La sentenza del primo giudice, tempestivamente appellata dalla parte civile Consorzio Lotterie Nazionali in liquidazione e dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Lecce, veniva riformata con sentenza la Corte di Appello di Lecce del 23/2/2015, che dichiarava la V. colpevole del reato continuato ascrittole e, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, la condannava alla pena di mesi sei di reclusione, pena sospesa, oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile Consorzio Lotterie Nazionali in liquidazione.
3. Propone ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del suo difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza della Corte territoriale e sollevando a tal fine tre motivi di gravame:
3.1. inosservanza o erronea applicazione dell’art. 49 cod. pen., in relazione alla contestazione del tentativo di truffa ed alla errata valutazione della grossolanità del falso in relazione alla contestazione del reato di uso di atto falso, in forma aggravata: si assume nel ricorso che la condotta contestata sarebbe, di per sé, inidonea ex ante a produrre l’evento, in considerazione delle procedure adottate presso i Monopoli di Stato, che consentono la riscossione di biglietti vincenti di importo superiore a 5000 euro solo attraverso l’identificazione effettuata mediante il codice a barre ed un codice numerico nascosto sotto la vernice argentata, ad esclusivo uso degli organi del monopolio, ed altresì in considerazione del fatto che non era previsto alcun premio di euro 11.100,00;
3.2. violazione dell’art. 486 cod. proc. pen., per essere stata disattesa la richiesta della difesa, con memoria depositata in data 26/10/2013, di rinnovare l’istruttoria dibattimentale per sottoporre a perizia il biglietto oggetto di falsificazione, così da verificare se il falso fosse macroscopicamente evidente “ictu oculi”;
3.3. violazione delle norme processuali a tutela della difesa, ed in particolare dell’art. 420 ter comma 5 cod. proc. pen., per aver disatteso la Corte territoriale l’istanza di rinvio dell’udienza del 23/2/2015, depositata in data 18/2/2015 dal difensore della ricorrente, che aveva documentato di essere impegnato quel giorno in un procedimento per omicidio volontario aggravato, istanza disattesa perché ritenuta intempestiva, perché si trattava di processi all’interno del medesimo ufficio giudiziario e per non aver indicato il difensore l’impossibilità di farsi sostituire.

Considerato in diritto

1. II terzo motivo di gravame, con il quale si lamenta il vizio procedurale per avere la Corte territoriale disatteso l’istanza di rinvio dell’udienza del 23/2/2015, depositata in data 18/2/2015 dal difensore impegnato in altro procedimento nello stesso giorno, è infondato, in primo luogo perché si trattava di impegno nello stesso ufficio giudiziario, sicché correttamente la Corte territoriale ha rilevato non potersi riconoscere un impedimento assoluto, ben potendo limitarsi il difensore a chiedere un mero differimento di orario di uno dei due procedimenti pendenti dinanzi allo stesso ufficio. Inoltre, il difensore che chiede il rinvio del dibattimento per l’assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento non deve limitarsi a documentare la contemporanea esistenza di altro suo impegno professionale, ma deve fornire l’attestazione dell’assenza di un codifensore nell’altro procedimento e prospettare le specifiche ragioni per le quali non possa farsi sostituire nell’uno o nell’altro dei due processi contemporanei (sez. 1, n. 13351 del 11/2/2004, rv. 228160; sez. U. n. 4708 del 27/3/1992)
2. II ricorso è, però, meritevole di accoglimento in quanto è fondato il primo motivo di gravame, nel quale deve ritenersi assorbito il secondo motivo.
Il primo giudice ha assolto la Vacai dai reati a questa contestati, ritenendo non esservi prova della sua consapevolezza della falsità del biglietto della lotteria consegnato per la riscossione del premio al Consorzio Lotterie Nazionali per il tramite della Banca Intesa di Lequile. Il Tribunale ha rilevato che argomenti di ordine logico inducevano a ritenere che la predetta ricorrente giammai avrebbe presentato all’incasso il biglietto in questione, se fosse stata consapevole della falsità dello stesso, giacché la sua esperienza trentennale di esercente nel settore l’avrebbe resa consapevole che si trattava di una contraffazione di per sé inidonea a raggiungere lo scopo, non potendo la stessa ignorare, proprio in virtù di tale esperienza, che i biglietti vincenti di lotterie, riffe e giochi statali non vengono identificati per il pagamento mediante la ricognizione delle figure o delle combinazioni di numeri sulle stesse rappresentate, bensì mediante il codice a barre e la sigla sugli stessi riportate, incomprensibili al consumatore.
A fronte di tali argomentazioni, la sentenza impugnata ha ritenuto la ricostruzione del fatto operata dal primo giudice “del tutto priva di riscontri” ed il racconto dell’imputata non credibile; sulla base di una diversa ricostruzione dell’accaduto, invece, ha ritenuto che la contraffazione del biglietto della lotteria, effettuata incollando sui numeri dello stesso i numeri risultati vincenti, dovesse essere ben nota alla V., proprio in virtù della sua esperienza nel settore, nel momento in cui ha presentato il biglietto per l’incasso presso la filiale di Banca Intesa di Lequile.
Giova, però, ricordare che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, “il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza e non può, invece, limitarsi ad imporre la propria valutazione del compendio probatorio perché preferibile a quella coltivata nel provvedimento impugnato” (Cass., Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013 Rv. 254638). Tale obbligo non è stato assolto nel caso in esame, giacché la Corte di Appello di Lecce, a fronte della ricostruzione dei fatti operata dal primo giudice, che ha indicato la contraffazione dei biglietto come di per sé inidonea al raggiungimento dello scopo della riscossione del premio, ha fornito una ricostruzione alternativa, senza però dare conto delle concrete possibilità che alla presentazione del biglietto così contraffatto potesse seguire o meno la riscossione dei premio: la sentenza impugnata, infatti, non consente di comprendere se, prima del pagamento dei premio, la banca incaricata proceda sempre alla verifica del codice a barre e dei numero celato sotto la carta argentata (sicché in tal caso si verterebbe nell’ipotesi di delitto impossibile per inidoneità degli atti, ai sensi dell’art. 49 cod. pen.), oppure se il funzionario della banca è comunque abilitato a pagare il premio, quando non rileva anomalie.
La circostanza rileva perché ‘gin tema di tentativo, l’idoneità degli atti non va valutata con riferimento ad un criterio probabilistico di realizzazione dell’intento delittuoso, bensì in relazione alla possibilità che alla condotta consegua lo scopo che l’agente si propone, configurandosi invece un reato impossibile per inidoneità degli atti, ai sensi dell’art. 49 cod. pen., in presenza di un’inefficienza strutturale e strumentale del mezzo usato che sia assoluta e indipendente da cause estranee ed estrinseche, di modo che l’azione, valutata “ex ante” e in relazione alla sua realizzazione secondo quanto originariamente voluto dall’agente, risulti del tutto priva della capacità di attuare il proposito criminoso” (Sez. 1 n. 36726 dei 2/7/2015 , rv. 264567; sez. 2 n. 36631 del 15/05/2013, rv. 257063)
L’idoneità degli atti, invece, non emerge dalla sentenza impugnata, che a tal riguardo spiega soltanto che “il premio non poteva essere riscosso in quanto, trattandosi di vincita anomala, il tagliando veniva trasmesso come da regolamento al centro verifiche del consorzio lotterie nazionali”, senza spiegare però quali siano le anomalie che impongono la trasmissione del biglietto al menzionato centro di verifica e, conseguentemente, senza offrire elementi sufficienti a valutare se sia stato rispettato il disposto dell’art. 49 cod. pen.
3. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce, affinché provveda ad un nuovo giudizio uniformandosi ai principi sopraindicati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *