In tema di sostituzione di pene detentive brevi

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 10 luglio 2020, n. 20688.

Massima estrapolata:

In tema di sostituzione di pene detentive brevi, nel caso in cui l’imputato sia stato condannato ad una pena detentiva congiunta a quella pecuniaria, il giudice, fermo il potere discrezionale di cui all’art. 58 legge 24 novembre 1981, n. 689, deve sostituire la sola pena detentiva e la pena pecuniaria – che non incide, tramite il meccanismo del conguaglio, sul limite massimo della pena detentiva previsto dalla legge – si affianca alla sanzione sostitutiva in concreto applicata.

Sentenza 10 luglio 2020, n. 20688

Data udienza 11 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Detenzione armi – Appello – istruttoria dibattimentale – Rinnovazione – Presupposti – Pena detentiva – Sostituzione con quella pecuniaria – Presupposti – Annullamento con rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CASA Filippo – Presidente

Dott. MANCUSO Luigi Fabriz – rel. Consigliere

Dott. LIUNI Teresa – Consigliere

Dott. MAGI Raffaello – Consigliere

Dott. CAPPUCCIO Daniele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/02/2019 della CORTE APPELLO di CATANZARO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MANCUSO LUIGI FABRIZIO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore CESQUI ELISABETTA che ha concluso chiedendo quanto segna.
Il P.G. conclude chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al secondo motivo e il rigetto nei resto del ricorso.
udito il difensore:
E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa di (OMISSIS) che conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16 giugno 2016, il Tribunale di Cosenza dichiarava (OMISSIS) colpevole del reato di cui alla L. n. 497 del 1974, articoli 10 e 14 e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ritenuta l’ipotesi di cui alla L. n. 895 del 1967, articolo 7, la condannava alla pena di 6 mesi di reclusione ed Euro 1.400,00 di multa, con il beneficio della sospensione condizionale.
2. Con sentenza del 6 febbraio 2019, la Corte di appello di Catanzaro confermava la decisione del Tribunale, rigettando il gravame proposto dall’imputata. Secondo la ricostruzione dei fatti recepita dai giudici del merito, presso l’abitazione di (OMISSIS) erano stati rinvenuti, in occasione di un controllo eseguito dalla polizia giudiziaria il (OMISSIS), tre fucili, una carabina, una pistola e numerose cartucce, tutti oggetti detenuti illegalmente dell’imputata e in precedenza detenuti regolarmente da suo marito, che era deceduto il (OMISSIS).
3. Il difensore di (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, con atto articolato in due motivi.
3.1. Con il primo motivo si deducono le violazioni di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), con riferimento all’articolo 495 c.p.p., comma 2, articolo 603 c.p.p.. Il giudice di primo grado aveva revocato l’ordinanza con la quale aveva ammesso tutti i testi indicati dall’imputata, cosi’ violando il diritto di difesa, sulla base di una motivazione inconsistente. Di conseguenza, era stata presentata al giudice di appello una richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, ai sensi dell’articolo 603 c.p.p.. Il giudice di appello ha ingiustificatamente rigettato detta richiesta, con motivazione totalmente inconferente che afferma la superfluita’ dell’esame di detti testi “”perche’ attinente a circostanze non specifiche e non relative al capo d’imputazione””. Invece, la difesa aveva evidenziato che l’escussione dei testi e, in particolare, l’escussione del Dott. (OMISSIS), medico psichiatra presso il C.I.M. di Cosenza, che aveva in cura la (OMISSIS) al tempo dei fatti, avrebbe fornito elementi assai importanti circa la personalita’ dell’imputata e circa la sua capacita’ di intendere e di volere, fortemente scemata dopo la morte del marito. Il giudice di primo grado non ha valutato in alcun modo tali considerazioni e ha revocato l’ammissione dei testi indicati nella lista testimoniale della difesa, limitandosi a fornire una motivazione generica, di stile. Il ricorrente richiama la giurisprudenza di legittimita’ in tema di nullita’ dell’ordinanza con la quale il giudice revochi il provvedimento di ammissione dei testi della difesa in difetto di motivazione sul necessario requisito della loro superfluita’ (Sez. 5, n. 51522 del 30/09/2013, Abatelli, Rv. 257892), e osserva che l’escussione del Dott. (OMISSIS) avrebbe potuto mettere il giudice nella condizione di conoscere il reale stato psicologico dell’imputata al momento del fatto, con inevitabili ripercussioni anche in punto di possibile insussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato. A nulla rileva il fatto che l’imputata era perfettamente a conoscenza della presenza delle armi nella propria abitazione, in quanto, a causa del particolare stato psico-fisico in cui versava a seguito della morte del marito, la stessa avrebbe potuto verosimilmente trascurare la questione delle armi e ignorare l’obbligo di denuncia delle stesse.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono le violazioni di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione al L. n. 689 del 1981, articolo 53. Il giudice dell’appello ha rigettato la richiesta di conversione della pena detentiva in quella pecuniaria, L. n. 689 del 1981, ex articolo 53, sulla base di una motivazione errata, in quanto contraria alle disposizioni di legge. Il giudice dell’appello, infatti, ha affermato che non puo’ procedersi alla sostituzione della pena detentiva inflitta, poiche’ questa supera i limiti stabiliti dalla L. n. 689 del 1981, articolo 53. In realta’, la richiamata disposizione prevede, per effetto della L. n. 134 del 2003, la possibilita’, per il giudice, di sostituire la pena detentiva, che sia stata inflitta in misura non superiore a sei mesi, con la pena pecuniaria, determinata ex articolo 135 c.p.. La pena detentiva inflitta a (OMISSIS) e’ pari a 6 mesi di reclusione, quindi perfettamente rientrante nella cornice stabilita dal legislatore.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato limitatamente alle censure relative alla mancata sostituzione della pena detentiva ed e’ infondato per il resto.
2. In relazione al primo motivo di ricorso, con cui si lamenta la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello ex articolo 603 c.p.p., e’ opportuno richiamare i seguenti principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimita’.
2.1. E’ stato chiarito che la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, e’ un istituto di carattere eccezionale al quale puo’ farsi ricorso esclusivamente allorche’ il giudice ritenga, nella sua discrezionalita’, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U., Sentenza n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820). In tema di ricorso per cassazione, puo’ essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicita’, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, vizi che sarebbero stati presumibilmente evitati se si fosse provveduto all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, Impellizzeri, Rv. 273577). Il sindacato che il giudice di legittimita’ puo’ esercitare in relazione alla correttezza della motivazione di un provvedimento pronunciato dal giudice d’appello sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento non puo’ mai essere svolto sulla concreta rilevanza dell’atto o della testimonianza da acquisire, ma deve esaurirsi nell’ambito del contenuto esplicativo del provvedimento adottato (Sez. 3, n. 7680 del 13/01/2017, Loda, Rv. 269373). Nel giudizio di appello, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, prevista dall’articolo 603 c.p.p., comma 1, e’ subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria; tale accertamento e’ rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimita’ se correttamente motivata (Sez. 6, n. 48093 del 10/10/2018, G., Rv. 274230).
2.2 Cio’ posto in astratto, deve notarsi, con riferimento al caso concreto ora in esame, l’infondatezza, gia’ anticipata, del primo motivo di ricorso, poiche’ il giudice dell’appello non e’ incorso in alcun errore di diritto e ha fornito congrua motivazione in ordine alle ragioni che lo hanno indotto a rigettare la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale avanzata dalla difesa. In particolare, il giudice dell’appello, nel rigettare la richiesta di riapertura dell’istruttoria dibattimentale, ha affermato la correttezza delle argomentazioni svolte nell’ordinanza emessa il 16 giugno 2016 dal Tribunale di Cosenza e ha sottolineato la superfluita’ dell’esame dei testi non ammessi, in quanto attinente a circostanze non specifiche e non afferenti al capo di imputazione. La valutazione di non decisivita’ di alcuna prova ulteriore, rispetto a quelle disponibili, trova riscontro anche nel complessivo apparato argomentativo della sentenza ora impugnata, esente da lacune e da manifeste illogicita’. Infatti, il giudice dell’appello, nell’escludere l’applicabilita’ al caso in esame dell’articolo 47 c.p. e degli articoli 88 e 89 c.p., ha ineccepibilmente osservato: che la (OMISSIS) era “perfettamente a conoscenza della collocazione delle armi e delle modalita’ di apertura della cassaforte” in cui esse erano riposte; che, a richiesta degli agenti, l’odierna ricorrente consegno’ senza esitazione le armi de quibus; che l’imputata, dunque, aveva effettivamente consapevolezza della presenza delle armi nella propria abitazione; che non costituisce un’esimente e non e’ credibile la tesi della mancata conoscenza, da parte della (OMISSIS), dell’obbligo di denuncia delle armi; che la stessa avrebbe potuto provvedere a regolarizzare la detenzione delle armi, posto che il decesso del coniuge si era verificato undici mesi prima del controllo effettuato dai militari.
3. In relazione al secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta la mancata sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, e’ opportuno il richiamo del seguente principio di diritto.
3.1. La giurisprudenza di legittimita’ ha spiegato che, in tema di sostituzione di pene detentive brevi, nel caso in cui l’imputato sia stato condannato ad una pena detentiva congiunta a quella pecuniaria, il giudice, fermo il potere discrezionale di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 58, deve sostituire la sola pena detentiva, mentre la pena pecuniaria – che non incide, tramite il meccanismo del conguaglio, sul limite massimo della pena detentiva previsto dalla legge – si affianca alla sanzione sostitutiva in concreto applicata (Sez. 2, n. 54715 del 01/12/2016 Pesce, Rv. 268870; in motivazione, e’ stato precisato che il limite previsto dalla L. n. 689 del 1981, articolo 53, comma 1, vale per la sola pena detentiva).
3.2. Rilevato in astratto quanto precede, deve notarsi, con riferimento al caso concreto ora in esame, come anticipato, la fondatezza della censura formulata in seno al secondo motivo di ricorso, in quanto il giudice dell’appello non ha correttamente applicato il principio di diritto sopra richiamato. In particolare, la sentenza ora impugnata rigetta la richiesta di conversione della pena detentiva inflitta alla (OMISSIS), affermando che non puo’ “procedersi come sollecitato alla sostituzione della pena detentiva con pena pecuniaria superandosi i limiti sanciti dalla L. n. 689 del 1981, articolo 53”. In realta’, all’odierna ricorrente e’ stata inflitta, oltre alla multa, la pena detentiva (condizionalmente sospesa) di 6 mesi di reclusione, che rientra nel limite di 6 mesi di pena detentiva fissato dalla L. n. 689 del 1981, articolo 53, comma 1, per la sostituzione.
4. Per le ragioni esposte, la sentenza impugnata deve essere annullata, solo relativamente alla mancata sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro che provvedera’ a nuovo giudizio sul tema senza incorrere nel vizio riscontrato. Per completezza, si chiarisce che la richiesta di conversione della pena detentiva non potra’ essere rigettata sulla base della sola considerazione della quantita’ di pena irrogata, ma il giudice del rinvio dovra’ valutare nuovamente la richiesta, per verificare se sussistano tutte le condizioni previste dalla legge per la sostituzione invocata. Per il resto, il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla mancata sostituzione della pena detentiva e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro. Rigetta nel resto il ricorso.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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