In tema di sospensione condizionale della pena

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|21 dicembre 2020| n. 36764.

In tema di sospensione condizionale della pena, è illegittimo il diniego del beneficio ad un imputato incensurato basato esclusivamente sulla sua condizione di clandestino privo di occupazione e di fissa dimora, senza indicazione di elementi concreti fondanti il negativo giudizio prognostico, in quanto l’incensuratezza costituisce un elemento di indubbia valenza positiva, la cui neutralizzazione esige l’individuazione di uno o più elementi di segno contrario.

Sentenza|21 dicembre 2020| n. 36764

Data udienza 17 novembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Stupefacenti – Diniego della sospensione condizionale della pena – Condizioni di vita dell’imputato o assenza di lecita attività lavorativa dell’imputato – Irrilevanza – Rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IZZO Fausto – Presidente

Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere

Dott. CENCI Daniele – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/12/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA PICARDI;
trattata la causa con le modalita’ di cui al Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado che ha condannato (OMISSIS) alla pena di anni 1, mesi 8 di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4 (detenzione, per fini di spaccio, di kg 6,9 di marijuana, da cui erano ricavabili 7.066 dosi medie, in data (OMISSIS))
2. Avverso tale sentenza ha tempestivamente proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, l’imputata che ha dedotto: 1) la violazione dell’articolo 163 c.p., anche alla luce della sentenza della Consulta n. 249 del 2010, essendo stata rigettata la richiesta di sospensione condizionale della pena, nonostante la propria incensuratezza, in considerazione della propria condizione di straniera, in condizioni di irregolarita’ sul territorio italiano, nonostante la propria identificazione e le proprie richieste di asilo; 2) la violazione dell’articolo 133 c.p., e articolo 164 c.p., comma 1, non essendo stato fondato il giudizio prognostico sulla commissione dei futuri reati sui parametri di cui all’articolo 133 c.p. (in particolare non essendosi tenuto conto dell’assenza di precedenti e del ruolo marginale di mero corriere).
3. Il procedimento si e’ svolto con le modalita’ di cui al Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, pubblicato in Gazzetta ufficiale nella medesima data. La Procura Generale ha concluso per la inammissibilita’ del ricorso. Non sono pervenute le conclusioni scritte dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso merita accoglimento.
2. La Corte di Appello ha negato la sospensione condizionale in ragione non della clandestinita’ dell’imputata, ma delle sue condizioni di vita ed in particolare della mancanza di una stabile dimora e di una occupazione lavorativa. Nella sentenza impugnata si legge, difatti, che “non avendo ne’ un lavoro stabile, ne’ una fissa dimora, e’ altamente probabile che in futuro l’imputata, al fine di sostentarsi, possa ricorrere nuovamente all’attivita’ criminale dello spaccio, seppur con la funzione di intermediaria”. Da tale premessa deriva, pertanto, che effettivamente, come denunciato con la seconda censura del ricorso, il giudizio prognostico sulla futura commissione dei reati non e’ stato effettuato in considerazione della gravita’ del reato e della capacita’ a delinquere del colpevole, ma piuttosto in base alle condizioni di vita di questultimq, Nel caso in disamina si sono, difatti, valorizzati solo la mancanza di una lecita occupazione e di una fissa dimora, senza spiegare per quale ragione debba necessariamente presumersi che un soggetto incensurato reiterera’ il reato nonostante la condanna subita, e non decidera’, piuttosto, di cambiare condotta di vita per impedire l’esecuzione della pena, attivandosi per procurarsi una lecita fonte di reddito. In altri termini, non si e’ considerata la condizione socio-familiare, l’intensita’ del dolo, il carattere e la personalita’ del reo nel suo complesso, al fine di stabilire, mediante un compiuto e ponderato giudizio prognostico, rispettoso dei parametri di cui all’articolo 133 c.p., se l’imputata si asterra’ o meno in futuro dal commettere altri reati. D’altro canto l’incensuratezza richiede una motivazione ancor piu’ approfondita e connotata da stringente logicita’, trattandosi di un elemento rispetto al quale il giudice deve, per correttamente pervenire al diniego del beneficio, individuare nella fattispecie sottoposta al suo esame (riguardata nei profili oggettivi e soggettivi) significativi elementi di segno contrario, idonei a neutralizzarlo (Sez. 4, n. 2773 del 27/11/2012 ud. – dep. 18/01/2013, Rv. 254969 – 01).
Anche di recente si e’ ritenuta apparente la motivazione con la quale il giudice per giustificare il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, consideri esaustivo il solo requisito della mancanza di una lecita occupazione, omettendo di indicare i concreti elementi di valutazione fondanti il negativo giudizio prognostico ostativo al beneficio richiesto, nonostante l’incensuratezza dell’imputato, costituente un elemento di indubbia valenza positiva, che esige l’individuazione di uno o piu’ elementi di segno contrario idonei a neutralizzarla (Sez. 4, n. 33746 del 26/04/2017 ud. – dep. 11/07/2017, Rv. 270609 – 01).
Per mera completezza va osservato, per quanto concerne la condizione specifica di un soggetto irregolare nel territorio italiano, il quale sicuramente incontra difficolta’ nel reperire un’attivita’ lavorativa ed una stabile soluzione abitativa, che gia’ in epoca risalente, nel rigettare il ricorso per cassazione della parte pubblica, avverso la decisione del giudice di merito che aveva concesso il beneficio della sospensione condizionale ad un clandestino senza occupazione e senza fissa dimora, ma incensurato, la Suprema Corte ha affermato che non puo’ presumersi la pericolosita’ sociale di uno straniero per il solo fatto che egli sia privo in Italia di fissa dimora e di stabile occupazione lavorativa e per cio’ dedito alla consumazione di illeciti, essendo del tutto arbitrario ricollegare la pericolosita’ sociale a detta semplice condizione personale, in assenza di ogni altro elemento concreto di segno contrario (Sez. 6, n. 7807 del 20/05/1998 Ud. – dep. 02/07/1998, Rv. 211259 – 01). Tale principio e’ divenuto ancora piu’ attuale alla luce della sentenza della Consulta n. 249 del 2010, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, l’articolo 61 c.p., n. 11 bis, con cui si era introdotto un regime sanzionatorio irragionevolmente piu’ rigoroso per lo straniero in condizione di soggiorno irregolare, ritenuto lesivo, in primo luogo, del principio di uguaglianza, che non tollera ingiustificate disparita’ di trattamento fondate sulla differenza di condizioni personali e sociali. Del resto, anche recentemente la giurisprudenza di legittimita’ ha affermato che, in tema di sospensione condizionale della pena, e’ illegittimo il diniego della concessione del beneficio fondato esclusivamente sulla condizione di clandestino dell’imputato (va., da ultimo, Sez. 5, n. 13807 del 18/02/2020 ud. – dep. 06/05/2020, Rv. 278950 – 01).
3.In conclusione, la sentenza impugnata va annullata limitatamente al diniego del beneficio della sospensione condizionale, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Bologna per nuovo giudizio sul punto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente la sospensione condizionale della pena con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. Visto l’articolo 624 c.p.p., dichiara la irrevocabilita’ della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilita’.

 

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