In tema di società cooperative

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 20 aprile 2020, n. 7918.

La massima estrapolata:

In tema di società cooperative, costituisce principio generale desumibile anche dagli art. 1373, commi 1 e 2, e 2285 c.c., quello per cui il recesso del socio non vale né ad escludere la responsabilità del medesimo per gli obblighi sociali validamente assunti dall’ente associativo durante il corso del rapporto e neppure la sua soggezione alla disciplina societaria vigente all’epoca del recesso.

Sentenza 20 aprile 2020, n. 7918

Data udienza 22 novembre 2019

Tag – parola chiave: Cooperativa – Finanziamento – Responsabilità del socio per gli obblighi sociali anche in caso di recesso – Prescrizione della relativa obbligazione – Inidoneità dei presunti atti interruttivi ad interrompere il corso della prescrizione – Insussistenza della costituzione in mora – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 226/2016 proposto da:
(OMISSIS) a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1833/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI, pubblicata il 18/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/11/2019 dal Cons. Dott. FALABELLA MASSIMO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilita’, in subordine rigetto del secondo motivo;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta.

FATTI DI CAUSA

1. – Con citazione notificata il 12 marzo 2001 la (OMISSIS) a r.l. deduceva che, nel perseguimento della finalita’ statutaria di incremento e tutela della produzione delle imprese dei singoli soci, forniva anticipazioni sui prodotti conferiti da questi ultimi; rilevava che nella campagna 1989 il socio (OMISSIS) aveva conferito grano duro, costituito in pegno per operazioni di anticipazione, e con mandato irrevocabile a vendere, ricevendo l’importo di Lire 9.006.400; aggiungeva che i cereali ricevuti in pegno da tutti i soci, depositati presso i silos dell’ (OMISSIS), erano stati trafugati da ignoti, sicche’ l’istituto di credito erogatore dei finanziamenti aveva promosso un giudizio nei confronti di essa cooperativa e dei soci fideiussori per il rimborso del dovuto: giudizio conclusosi con transazione approvata dall’assemblea dei soci; assumeva l’attrice, inoltre, che all’assemblea avevano partecipato, pur senza diritto di voto, gli ex soci, tra cui (OMISSIS). La Cooperativa conveniva in giudizio quest’ultima per sentire accogliere le seguenti conclusioni: accertare che il finanziamento di Lire 1.079.000.000, in conto corrente agrario e a tasso agevolato, era stato richiesto da essa Cooperativa per provvedere al versamento dell’acconto, ai propri soci, riferito al conferimento dei cereali della campagna agricola 1989; accertare che essa attrice aveva agito quale mandataria dei soci; accertare che il mandante doveva tenerla indenne dalle relative obbligazioni; accertare la validita’ del mandato irrevocabile a vendere; accertare l’obbligo di rimborso della parte convenuta, pari a Lire 15.761.200, secondo il piano di rientro, con condanna della stessa al pagamento delle rate scadute, oltre interessi.
La convenuta eccepiva la prescrizione del diritto azionato, previa chiamata in causa degli amministratori e custodi dei cereali, (OMISSIS), e (OMISSIS), nonche’ degli altri amministratori, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), e spiegava domanda riconvenzionale nei confronti della Cooperativa e dei singoli amministratori per il risarcimento dei danni conseguenti alla mancata stipula di una polizza assicurativa e all’omessa introduzione di un’azione di responsabilita’ nei confronti della (OMISSIS).
I terzi chiamati si costituivano in giudizio.
Con distinte citazioni, poi, la Cooperativa proponeva analoghi giudizi nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali rassegnavano le stesse difese della prima convenuta.
Riuniti i giudizi, il Tribunale di Foggia, sezione distaccata di Manfredonia, pronunciava sentenza con cui rigettava sia le domande principali che quelle riconvenzionali.
2. – La sentenza era impugnata dalla Cooperativa, che adduceva l’erronea esclusione sia del rapporto di mandato intercorrente tra di essa e le parti convenute, sia del diritto al rimborso delle somme anticipate.
Gli appellati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano appello incidentale condizionato con riferimento al mancato accoglimento dell’eccezione di prescrizione e della domanda riconvenzionale risarcitoria. Gli altri si limitavano a domandare la conferma della statuizione impugnata.
La Corte di appello di Bari con sentenza del 18 novembre 2014 rigettava l’appello principale, dichiarava assorbite le impugnazioni incidentali di (OMISSIS) e (OMISSIS) e dichiarava inammissibile gli altri gravami incidentali.
3. – Ricorre per cassazione la Cooperativa, con due motivi. Gli intimati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Per la migliore intelligibilita’ dei motivi si riassume, di seguito, la vicenda controversa e il percorso motivazionale seguito dalla Corte di appello per dar ragione della statuizione di rigetto dell’impugnazione principale.
Con riferimento alla campagna agricola del 1989 la Cooperativa chiese ed ottenne dal (OMISSIS) un finanziamento garantito dalla costituzione in pegno dei cereali oggetto di conferimento da parte dei singoli soci. Questi sottoscrissero una dichiarazione che, a detta della ricorrente, ricomprendeva il mandato all’accensione di un finanziamento, come sopra garantito, presso il (OMISSIS). A seguito del furto dei prodotti dati in pegno, la banca agi’ nei confronti della Cooperativa per il recupero delle somme ad essa dovute; la controversia si concluse con transazione, approvata dall’assemblea ordinaria dei soci, che contemplava il versamento in piu’ ratei del complessivo importo di Lire 2.075.000.000 da parte della Cooperativa. Con le domande proposte avanti al Tribunale di Foggia, sezione distaccata di Manfredonia, la Cooperativa intese ottenere dai soci il rimborso degli importi corrisposti al (OMISSIS) deducendo, come si e’ visto, che essa aveva agito quale mandataria dei convenuti.
Secondo la Corte di appello la dichiarazione di impegno sottoscritto dai predetti soci aveva ad oggetto il mandato speciale e irrevocabile conferito alla societa’ con riguardo al conferimento del dichiarato quantitativo di grano: il mandato rendeva possibile la vendita collettiva e le accessorie operazioni di classificazione e liquidazione dei beni, secondo modalita’ atte a prevenire successive contestazioni, ma non includeva il ricorso al finanziamento attraverso il versamento degli acconti, dal momento che tale pagamento esulava dalle operazioni di vendita collettiva. In particolare, il consiglio di amministrazione della cooperativa aveva deliberato il 29 maggio 1989 di corrispondere ai soci acconti per i conferimenti del grano della campagna agraria dell’anno corrente e di richiedere il finanziamento da utilizzare per la corresponsione degli acconti medesimi ai soci conferenti; rileva tuttavia il giudice d’appello che nella Delibera il presidente della Cooperativa aveva rimarcato la necessita’ di “procurarsi i mezzi finanziari necessari al fine di erogare gli acconti ai soci”, sicche’ – a suo avviso – il finanziamento sarebbe stato conseguito dalla societa’, oltretutto su conto intestato della medesima. L’affermazione, spiega la Corte di appello, troverebbe del resto conferma nella stessa iniziativa intrapresa dalla banca a seguito del furto del prodotto costituito in pegno: iniziativa diretta nei confronti della societa’ e non anche dei singoli soci. In tal senso, il diritto al rimborso andrebbe accertato sulla base della disciplina statutaria dei rapporti economici tra societa’ e soci:e la Corte distrettuale conclude nel senso che debba trovare applicazione l’articolo 2530 c.c., nel testo vigente ratione temporis, il quale limita la responsabilita’ patrimoniale del socio uscente, ammettendola per il periodo di due anni dal recesso o dall’esclusione del medesimo.
2. – A questi rilievi la ricorrente oppone, come si e’ detto, due motivi di censura.
3. – Col primo denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1703, 1705, 1710, 1719, 1720, 2514, 2530 c.c., “avendo la Corte territoriale di Bari disconosciuto la rilevanza del rapporto di mandato intercorso tra le parti ed erroneamente applicato l’articolo 2530 c.c.”. L’istante imputa al giudice di appello di aver scorrettamente ritenuto che, venendo in questione rapporti sorti all’interno della Cooperativa, dovessero trovare applicazione le norme di diritto societario, senza che potessero avere ingresso le disposizioni in materia di mandato. Rileva come il socio della cooperativa che sia anche beneficiario del servizio mutualistico reso dalla medesima risulti essere parte di due distinti rapporti: l’uno di carattere associativo, che direttamente discende dall’adesione al contratto sociale e dalla conseguente acquisizione della qualita’ di socio, e l’altro, di natura sinallagmatica, che deriva dal contratto bilaterale di scambio mediante il quale il socio si appropria del bene o del servizio che la cooperativa gli fornisce. Osserva come dalla dichiarazione d’impegno sottoscritta per la campagna agricola del 1989 risultasse che i soci avessero conferito alla ricorrente mandato speciale e irrevocabile, sia per l’esecuzione dei servizi, sia per la vendita collettiva, sia per la classificazione e liquidazione dei prodotti conferiti. Richiama altresi’ lo statuto sociale e rileva come essa Cooperativa avesse chiesto e ottenuto dal (OMISSIS) un finanziamento a tasso agevolato al solo fine di consentire a tutti i soci conferenti, in attesa della vendita collettiva del prodotto, la sopravvivenza economica. Richiama quindi le norme di cui agli articoli 1719 e 1720 c.c., avendo riguardo all’obbligo del mandante di somministrare i mezzi necessari per l’adempimento delle obbligazioni che il mandatario ha contratto in nome proprio, di rimborsare al mandatario stesso le anticipazioni fatte e di risarcirgli il danno. Evoca infine l’articolo 2514 c.c., per sottolineare come la responsabilita’ del socio non possa essere esclusa, essendo lo stesso responsabile, con le limitazioni di legge, di tutti i conferimenti presenti e futuri.
Il motivo non ha fondamento.
La Corte di appello non ha affatto escluso che si possa ipotizzare, in astratto, un mandato del singolo socio nei confronti della cooperativa: e infatti ha ritenuto che esso si configurasse con riguardo alla vendita collettiva e alle accessorie operazioni di classificazione e di liquidazione dei beni. Ha invece negato che tale mandato fosse stato conferito, in concreto, con riguardo all’accensione del finanziamento, che qui interessa. E rispetto a tale accertamento di fatto non vale opporre che la dichiarazione di impegno sottoscritta per la campagna agricola includesse il detto mandato, giacche’, come e’ noto, l’esame e la valutazione dei documenti di causa involge apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito (per tutte: Cass. 31 luglio 2017, n. 19011; Cass. 2 agosto 2016, n. 16056); piu’ in generale, col ricorso per cassazione la parte non puo’ rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dal detto giudice (Cass. 7 dicembre 2017, n. 29404). Non coglie allora nel segno la denunciata violazione e falsa applicazione delle norme codicistiche in tema di mandato, avendo riguardo alla concessione del finanziamento, giacche’ l’operativita’ delle richiamate disposizioni e’ stata disconosciuta, a monte, sulla scorta della ritenuta insussistenza di un tale negozio: cio’ di cui la ricorrente si duole e’, in definitiva, l’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, ipotesi palesemente estranea alla previsione dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 (per tutte: Cass. 14 gennaio 2019, n. 640).
Ma e’ incongruo anche il richiamo alla disciplina delle responsabilita’ delle societa’ cooperative a responsabilita’ limitata (articolo 2514 c.c., sempre nel testo vigente ratione temporis): infatti, in detti enti per le obbligazioni sociali risponde esclusivamente la societa’ con il suo patrimonio, salvo l’eventuale speciale previsione, contenuta nell’atto costitutivo, di una responsabilita’ sussidiaria e solidale dei soci in caso di liquidazione coatta amministrativa o di fallimento. La ricorrente non ha tuttavia invocato quest’ultima fattispecie, contemplata dell’articolo 2514 c.c., comma 2, la quale inerisce, peraltro, al diverso tema della responsabilita’ dei soci verso i terzi. Ne’ l’istante ha dedotto si sia fatta questione, nel giudizio di merito, di una clausola statutaria che prevedesse l’obbligo dei soci di rimborsare alla societa’ tutte le spese e gli oneri per il suo funzionamento: clausola da questa Corte ritenuta compatibile con la regola della responsabilita’ limitata, non impegnando essa i soci per le obbligazioni sociali verso i terzi, ma regolando solo i rapporti interni alla societa’ (in tema: Cass. 8 agosto 2016, n. 16622; Cass. 17 luglio 2008, n. 19719).
4. – Col secondo motivo la Cooperativa denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti e deduce l’inesistenza o apparenza di motivazione per avere la Corte di merito ritenuto l’assenza di validi atti interruttivi del termine di cui all’articolo 2530 c.c.. Osserva l’istante che il socio receduto risponde delle obbligazioni sociali contratte esistenti al momento del recesso; assume, inoltre, che la Corte di appello non avrebbe tenuto conto degli atti interruttivi della prescrizione, riferiti alla posizione dei vari soci, che erano stati documentati in giudizio. Rileva che il giudice distrettuale avrebbe nella sostanza negato l’esistenza della prova di un fatto di contro pienamente esistente e provato.
Il motivo e’ infondato.
La Corte di appello non ha sconfessato il principio, richiamato dalla ricorrente, secondo cui il recesso del socio non vale ne’ ad escludere la responsabilita’ del socio medesimo per gli obblighi sociali validamente assunti dall’ente associativo durante il corso del rapporto, ne’ ad escluderne la soggezione, in relazione alle posizioni sviluppatesi durante il rapporto stesso, al complesso del regolamento societario ad esse posizioni inscindibilmente pertinente, a quell’epoca, in vigore (cosi’ Cass. 11 ottobre 1997, n. 9899).
Essa ha invece rilevato che doveva trovare applicazione la disciplina dei conferimenti della societa’ dettata dal previgente articolo 2530 c.c. e che, quindi, era dirimente la circostanza per cui in base a tale articolo la responsabilita’ del socio uscente nei confronti della societa’ cooperativa si prescrive in due anni dal momento del recesso o dell’esclusione del medesimo.
In realta’, il richiamo all’articolo 2530, appare improprio, in quanto la previsione di obblighi statutari aventi ad oggetto il rimborso, in favore della cooperativa, e da parte dei soci, degli importi che questa si sia impegnata a versare a terzi e’ cosa ben diversa dall’obbligazione del socio di effettuare i conferimenti previsti nell’atto costitutivo. Il richiamo alla disciplina della prescrizione dell’obbligazione di versamento dei conferimenti e’ dunque giuridicamente errato. Poiche’, tuttavia, e’ la stessa Corte di appello a negare (pag. 10 della sentenza impugnata) l’esistenza di disposizioni statutarie che configurassero “ulteriori forme di responsabilita’ dei soci per i debiti della societa’”, la decisione impugnata e’ comunque da confermare.
La deduzione svolta nel corpo del motivo con riguardo agli atti interruttivi della prescrizione si rivela, peraltro, non concludente.
Tali atti interruttivi, che il giudice del merito avrebbe indebitamente trascurato, consisterebbero, secondo la societa’ ricorrente, in comunicazioni con cui erano stati semplicemente richiamati “gli obblighi derivanti da rapporti di conferimento intercorsi negli anni precedenti (1989-1990) con la cooperativa”, i quali restavano “aperti”. Ora, l’assunto dell’interruzione della prescrizione che dovrebbe desumersi da tali dichiarazioni si infrange contro un’evidenza incontestabile: quella dell’inidoneita’ delle medesime dichiarazioni a produrre l’effetto invocato. E infatti, per produrre l’interruzione della prescrizione, un atto deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, che, sebbene non richieda l’uso di formule solenni, ne’ l’osservanza di particolari adempimenti, sia idonea a manifestare l’inequivocabile volonta’ del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora (Cass. 14 giugno 2018, n. 15714; Cass. 25 agosto 2015, n. 17123). Gli atti in questione si connotano, invece, non solo per l’enunciazione di obblighi assolutamente indeterminati nel contenuto (che la ricorrente non si mostra in grado di correlare a disposizioni statutarie che imponessero un qualche specifico rimborso da parte dei soci: disposizioni che del resto, come si e’ visto, la Corte di appello nega si configurino in concreto), ma anche e soprattutto per non avere la consistenza propria di una costituzione in mora.
In conclusione, ove pure si guardi alla prescrizione, va escluso che sul punto la sentenza impugnata sia affetta dal vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, giacche’ i fatti di cui si lamenta l’omesso esame non hanno l’attributo della decisivita’; e deve del pari negarsi che la pronuncia sia censurabile per mancante o apparente motivazione, giacche’ essa reca precisa menzione dell’insussistenza di atti interruttivi della prescrizione (tali non potendo considerarsi, per quanto appena detto, le comunicazioni invocate dall’istante).
5. – Il ricorso e’ dunque respinto.
6. – Non vi sono spese da liquidare.

P.Q.M.

La Corte:
rigetta il ricorso; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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