In tema di revoca della patente per il reato di guida in stato di ebbrezza

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|17 novembre 2020| n. 32209.

In tema di revoca della patente per il reato di guida in stato di ebbrezza, ai fini della realizzazione della condizione di “recidiva nel biennio” (e, mutatis mutandis, la valutazione non cambia per la recidiva nel triennio di cui agli articoli 186-bis, comma 5, e 187, comma 1, del codice della strada) rileva, rispetto alla data di commissione del nuovo fatto, la data del passaggio in giudicato (nel biennio o nel triennio antecedente) della sentenza relativa al fatto¬ reato precedente a quello per cui si procede, e non la data di commissione dello stesso. Con la precisazione che, per la realizzazione delle condizioni di “recidiva nel biennio”, prevista dall’articolo 186, comma 2, lettera c), del codice della strada, e di “recidiva nel triennio”, di cui all’articolo 186-bis, comma 5, del codice della strada, è necessario che la recidiva abbia luogo con riferimento al medesimo reato di guida in stato di ebbrezza; mentre, parallelamente, la “recidiva nel triennio”, di cui all’articolo 187, comma 1, del codice della strada, deve avere riguardo a precedente condanna per il reato di guida in stato di alterazione psicofisica per l’uso di sostanze stupefacenti.

Sentenza|17 novembre 2020| n. 32209

Data udienza 27 ottobre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Circolazione stradale – Guida in stato di ebbrezza – Estinzione del reato per il buon esito della messa alla prova – Valutazione in un successivo processo come precedente specifico ai fini della recidiva nel biennio – Non è preclusa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente

Dott. NARDIN Maura – Consigliere

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 09/12/2019 del TRIBUNALE di VITERBO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. VINCENZO PEZZELLA;
lette le conclusioni del PG.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ricorre avverso la sentenza con cui il Tribunale di Viterbo il 6/12/2019, applicatagli ex articolo 444 c.p.p. e ss. la pena, condizionalmente sospesa, di mesi uno e giorni dieci di arresto ed Euro seicento di ammenda per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 186 bis, comma 1 e 3 e s.m., perche’, in data (OMISSIS), titolare della patente di guida da meno di tre anni, si poneva in stato di ebbrezza alcolica alla guida dell’autovettura Alfa Romeo 159 tg. (OMISSIS), con tasso alcolemico pari a 1.33 grammi per litro accertato alla prima prova e 1.31 grammi per litro accertato alla seconda prova mediante alcoltest, ha disposto la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida.
2. Il ricorrente, a mezzo del proprio difensore di fiducia, deduce i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
Rileva il difensore ricorrente che il giudice del patteggiamento, nell’applicare a (OMISSIS) la pena concordata tra le parti, considerando l’imputato recidivo nel triennio, ex articolo 186 bis C.d.S., comma 5, disponeva, altresi’, la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida. Tuttavia, cio’ sarebbe avvenuto sull’errato presupposto della recidiva nel triennio.
E’ vero, infatti – prosegue il ricorso- che l’odierno ricorrente si era reso responsabile di una precedente violazione ex articolo 187 comma 1 CDS, commessa in data 2/1/2016, in Grotte di Castro, ma per la definizione di quella l’imputato, per il tramite del suo legale, nell’ambito del proc. pen., pendente dinanzi al Tribunale di Viterbo, rubricato al n. RGNR 403/16 e n. 2230/17 RG Trib, aveva avanzato istanza di sospensione del processo con messa alla prova ex articolo 168 c.p., con udienza per la verifica dell’esatta attivita’ svolta e del comportamento del sottoposto al (OMISSIS), come dal certificato del casellario giudiziale del 12.11.2019, confluito nel fascicolo del dibattimento.
Tanto premesso nei fatti, il difensore lamenta nullita’ della sentenza per errata applicazione dell’articolo 186 bis, comma 5 per avere erroneamente qualificato l’imputato recidivo nel triennio non considerando che il reato oggetto del procedimento sottoposto alla sua cognizione era stato commesso in data antecedente rispetto alla sentenza di definizione del precedente episodio di guida in violazione delle norme del codice della strada per il quale, allo stato, il procedimento, tra l’altro, e’ sospeso con messa alla prova dell’imputato, con udienza di verificazione dell’attivita’, e del comportamento del sottoposto al successivo (OMISSIS).
Evidente risulterebbe l’erronea applicazione e valutazione da parte del giudice di primo grado dell’articolo 186 bis C.d.S., comma 5, posto che e’ ormai pacifico il principio in base al quale -“in tema di revoca della patente per il reato di guida in stato di ebbrezza, ai fini della realizzazione della condizione della recidiva nel biennio, rileva la data di passaggio in giudicato della sentenza relativa al fatto-reato precedente a quello per cui si procede e non la data di commissione dello stesso” (il richiamo e’ a Sez. 4, n. 26168/2016 e a Sez. 4 n. 3348/2017).
Non solo, nel caso di specie, avendo l’imputato correttamente eseguito l’attivita’ lavorativa disposta dal Giudice del Tribunale di Viterbo, nell’ambito del primo procedimento penale, rubricato al n. RGNR 403/16, per fatti commessi il (OMISSIS) – prosegue il ricorso- e’ plausibile auspicare, per la data del (OMISSIS), una dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova. Tutto cio’ farebbe venire meno la recidiva nel triennio, come erroneamente ritenuta sussistente dal giudicante, non contestata, tra. l’altro, neppure dal P.M. nel capo di imputazione.
Dalle considerazioni sopra esposte ne conseguirebbe che l’imputato, (OMISSIS), al momento della commissione del fatto-reato di cui all’impugnata sentenza, ossia alla data del 15/3/2018, non potesse ritenersi recidivo, cosi’ come non poteva neppure ritenersi recidivo alla data dell’emissione della sentenza impugnata, ossia il 9/12/2019, pendendo il procedimento relativo all’accertamento del primo fatto-reato, tra l’altro allo stato sospeso, ex articolo 168 bis c.p. e articolo 464 bis c.p.p. in quanto, a quella data, non aveva subito condanna alcuna.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata nella parte relativa alla disposta revoca della patente.
3. In data 11/9/2020 il Procuratore Generale presso questa Corte Suprema ha rassegnato le proprie conclusioni scritte ex articolo 611 c.p.p. chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla revoca della patente di guida.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il motivo proposto, con cui si lamenta violazione di legge in punto di ritenuta recidiva nel triennio e di conseguente revoca della patente di guida, e’ fondato e, pertanto, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, limitatamente alla disposta revoca della patente di guida, statuizione che va eliminata, con trasmissione degli atti al Tribunale di Viterbo per la determinazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente medesima.
2. In punto di ammissibilita’ del ricorso va ricordato che Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 21369 del 26/9/2019 dep. 2020, Melzani Saymon, Rv. 279349, hanno affermato essere ammissibile, pur dopo l’introduzione dell’articolo 448 c.p.p., comma 2 bis, il ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 606 c.p.p. nei confronti della sentenza di “patteggiamento” con cui si censuri l’erronea ovvero l’omessa applicazione di sanzioni amministrative accessorie.
3. L’articolo 186 bis C.d.S., di cui e’ stato chiamato a rispondere il (OMISSIS) in ragione del fatto che era titolare di patente di guida da meno di tre anni, prevede, tra l’altro, al comma 5, che “la patente di guida e’ sempre revocata, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l) (…) in caso di recidiva nel triennio per gli altri conducenti di cui al medesimo comma”.
Si tratta di norma speculare – e di maggior rigore in ragione dello status soggettivo degli imputati- rispetto a quella del precedente articolo 186, comma 2, lettera c), che prevede, in ragione dello sforamento del medesimo limite, che “la patente di guida e’ sempre revocata, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI, in caso di recidiva nel biennio”.
Ebbene, costituisce ius receptum di questa Corte di legittimita’ il principio che, in tema di revoca della patente per il reato di guida in stato di ebbrezza, ai fini della realizzazione della condizione di “recidiva nel biennio” (ma, mutatis mutandis, la valutazione non cambia per la recidiva nel triennio di cui all’articolo 186 bis C.d.S., trattandosi di norma ispirata alla stessa ratio e diversa, come appena detto, per la sola diversita’ soggettiva dei conducenti) rileva, rispetto alla data di commissione del nuovo fatto, la data del passaggio in giudicato della sentenza relativa al fatto-reato precedente a quello per cui si procede, e non la data di commissione dello stesso. In altri termini, allorquando si e’ commesso il reato per cui si procede, dev’essere passata in giudicato, nel biennio o nel triennio antecedente, una condanna per il medesimo reato, nei termini che saranno precisati di qui a poco.
Il 28 gennaio 2013, restituendo alla Quarta Sezione Penale il procedimento con cui questa Quarta Sezione Penale, con ordinanza di rimessione del 28/11/2012, aveva investito le Sezioni Unite del quesito in ordina alla riferibilita’ alla data della precedente condanna o a quella di commissione del precedente fatto, il Primo Presidente della Corte di Cassazione ebbe ad evidenziare come il denunciato contrasto avesse perso di attualita’, stante la giurisprudenza assolutamente orientata nel senso del riferimento alla data del passaggio in giudicato della precedente condanna, che fa leva sulla lettera della disposizione, pur dando atto del fatto che in tema di reati contravvenzionali non e’ piu’ luogo a parlare in senso tecnico di recidiva, stante la modifica all’articolo 99 c.p. recata dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251 (venivano richiamate Sez. 4, nn. 28670/ 2012; n. 20634/2012; n. 36808/2010; n. 15657/2010; n. 8630/ 2010). In tal senso si e’ orientata anche tutta la giurisprudenza successiva (Sez. 4 nn. 48276/2012; n. 15913/2013; n. 18184/2013; n. 25988/2013; n. 2386/2014; n. 26168 del 19/5/2016, Da Rin Spaletta, Rv. 267377). Sono, pertanto, rimasti del tutto isolati i precedenti a sostegno del diverso orientamento, che guardava alla data di commissione del fatto (Sez. 4 nn. 27985/2009, Rv. 244420 e n. 23943/2010).
Ebbene, esaminato il certificato penale in atti del 12/11/2019 si evince che, effettivamente a quella data, risultava che il (OMISSIS) si era reso colpevole del reato di cui all’articolo 187 C.d.S., comma 1 bis (guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope provocando un incidente stradale) commesso in (OMISSIS).
Tuttavia, in relazione a tale fatto di reato, alla data in cui il Tribunale di Viterbo gli ha applicato la pena ex articolo 444 c.p.p. e ss. in relazione al presente procedimento (6/12/2019) non risulta emessa alcuna sentenza passata in cosa giudicata. Cio’ in quanto, per i fatti del 2/1/2016, il medesimo Tribunale di Viterbo, con ordinanza del 19/7/2018, aveva disposto, ai sensi dell’articolo 464 quater c.p.p. la sospensione del processo per messa alla prova ex articolo 168 c.p..
Pertanto, effettivamente, allorquando ha commesso il reato per cui si procede, (OMISSIS) non poteva considerarsi recidivo e quindi non poteva essere disposta la revoca della patente di guida. In ragione della violazione riscontrata (articolo 186 bis, comma 3 che richiama l’articolo 186 C.d.S., lettera c) e prevede che “…ove incorrano negli illeciti di cui all’articolo 186, comma 2, lettera b) e c), le sanzioni ivi previste sono aumentate da un terzo alla meta’”) e della circostanza che l’autovettura era di proprieta’ di terzi e non gli e’ stata confiscata, gli si doveva, invece, applicare, in sede di patteggiamento, la sanzione amministrativa accessoria della da sospensione della patente di guida da due a quattro anni (da aumentarsi di un terzo ex articolo 186 bis C.d.S., comma 3).
Richiedendo tale quantificazione una valutazione discrezionale, quest’ultima evidentemente andra’ operata da parte del Tribunale di Viterbo cui vengono rimessi gli atti a tal fine.
4. Peraltro, nel caso che ci occupa, anche se la precedente condanna fosse passata in giudicato, il (OMISSIS) non si sarebbe potuto considerare recidivo ai fini di cui all’articolo 186 bis C.d.S., comma 5.
Come sottolineato dalla recente Sez. 4 n. 28296 del 15/9/2020, Rosi, n. m., la c.d. “recidiva nel biennio” di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera c) – e, va qui aggiunto, quella di “recidiva nel triennio” di cui all’articolo 186-bis, comma 5 – (ai fini della revoca della patente di guida), costituisce una disciplina non sovrapponibile all’istituto espressamente regolato dall’articolo 99 c.p., in quanto quest’ultimo, proprio perche’ suscettibile di incidere negativamente sul trattamento sanzionatorio penale dell’imputato, e’ necessariamente destinato alla preventiva contestazione a carico dell’accusato. Non altrettanto puo’ dirsi per la particolare disciplina della “recidiva nel triennio” di che trattasi, da cui scaturisce un mero effetto legale, rilevante sul piano amministrativo, connesso al rilievo storico della ripetizione, entro un arco di tempo predeterminato, di un illecito penale riconducibile alla fattispecie della “guida in stato di ebbrezza” previsto dall’articolo 186 C.d.S., comma 2, (cfr. anche Sez. 4, n. 3467 del 19/12/2014 – dep. 2015, Borin, Rv. 26224801).
Il termine “recidiva” – come rileva ancora, condivisibilmente, Sez. 4 n. 28293/20: “…non deve, dunque, confondere l’interprete, conducendolo verso strade che non si attagliano al rigoroso statuto della (omonima) circostanza aggravante regolamentata dall’articolo 99 c.p. e segg.. Cio’ non toglie che il termine evoca una parziale analogia sotto il profilo del significato terminologico e giuridico del fenomeno, nel senso di ripetizione di una condotta illecita sussumibile nella medesima fattispecie presa in considerazione dalla norma che la richiama”.
Quella pronuncia scaturiva da un ricorso in cui si contestava la sussistenza in capo all’imputato della recidiva nel biennio in quanto lo stesso si era reso responsabile del reato di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera c) mentre in preferenza era stato condannato per quello di cui all’articolo 186, comma 2, lettera b).
Ebbene, condivisibilmente, in quell’occasione, la Corte ritenne non fondato l’assunto difensivo secondo cui, per aversi recidiva nel biennio e conseguente revoca della patente, dovessero essere consumati due reati sussumibili nella medesima ipotesi di cui all’articolo 186, lettera c). Si ebbe a rilevare, infatti, che e’ vero che le fattispecie criminose di cui alle all’articolo 186, comma 2, lettera b) e c), l’ipotesi sub a) e’ stata depenalizzata con la L. 29 luglio 2010, n. 120, articolo 33, comma 4, – costituiscono, per giurisprudenza pacifica, autonome figure di reato, disposte in ordine crescente di gravita’ e modellate sul tasso alcolemico accertato, caratterizzate, tra loro, da un rapporto di reciproca alternativita’ e, quindi, di incompatibilita’ (cfr., in motivazione, Sez. Un., n. 46625 del 29/10/2015, Zucconi), ma cio’ non autorizza a ritenere che la “recidiva nel biennio” di cui si discute sia integrata nella sola ipotesi di reiterazione della (sola) fattispecie piu’ grave (quella, appunto, della lettera c).
La collocazione topografica di tale previsione normativa – si legge ancora in quella condivisibile motivazione- non costituisce argomento dirimente, poiche’ la lettera c) e’ comunque collocata nel comma 2 dell’articolo 186, all’interno del quale e’ inserita anche l’ipotesi di reato di cui alla lettera b).
In realta’, pur trattandosi di autonome figure di reato, e’ indubbio che le due ipotesi di cui all’articolo 186 C.d.S., lettera b) e c) sono ricomprese nella stessa disposizione normativa che prevede la generale figura criminosa del reato di guida in stato di ebbrezza. Ed in effetti le due ipotesi hanno struttura e finalita’ identiche, differenziandosi fra loro solo, come gia’ detto, per la differente graduazione dei valori-soglia del tasso alcolemico accertato.
Da questo punto di vista, la sentenza 28293/20 osserva come le Sezioni Unite, nella sentenza n. 46625/2015, Zucconi, Rv. Rv. 265025, abbiano evidenziato la diversa struttura ontologica fra la condotta di guida in stato di ebbrezza (articolo 186 C.d.S., comma 2) e quella di rifiuto a sottoporsi ad accertamenti alcolemici (articolo 186 C.d.S., comma 7), implicitamente riconoscendo la sostanziale omogeneita’ delle due ipotesi criminose di cui all’articolo 186, comma 2, lettera b) e c). Anche sul piano funzionale, poi, in una successiva pronuncia, le Sezioni Unite hanno rimarcato la sostanziale unitarieta’ delle figure criminose della guida in stato di ebbrezza, attesa la loro eadem ratio, stabilendo che lo sfondo di tutela del “reato di guida in stato di ebbrezza” di cui all’articolo 186, comma 2 (nelle due ipotesi graduate che qui rilevano) non e’ quello della regolarita’ della circolazione, bensi’ quello correlato con i beni della vita e dell’integrita’ personale (cosi’ Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266592, in motivazione).
Dunque, con il termine “recidiva” (non in senso tecnico, ma col generale significato riconducibile all’aggettivo “recidivo”, nel senso di chi ricade in una situazione di colpa o comunque negativa) il legislatore del codice della strada intende riferirsi semplicemente alla situazione di chi, gia’ condannato per la commissione di una condotta illecita, penalmente rilevante, sussumibile nella generale figura criminosa del reato di guida in stato di ebbrezza di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 2, venga nuovamente condannato (nel biennio) per lo stesso reato, ma nella sua forma piu’ grave (quella della lettera c). Cio’ che comporta, rispetto al “non recidivo”, un trattamento piu’ severo esclusivamente sul piano amministrativo, derivandone (non la sospensione ma) la revoca della patente del soggetto condannato.
Si tratta – come rileva ancora Sez. 4 n. 28293/20- di una disciplina che ha inteso inasprire le conseguenze di carattere amministrativo in relazione a condotte di guida accomunate da particolare gravita’, in quanto poste a tutela dei beni primari della vita e della integrita’ fisica: la recidiva di tali condotte, nei termini dianzi accennati, e’ stata ritenuta espressione di una allarmante “progressione criminosa”, avuto riguardo al (relativamente) breve lasso di tempo (due anni) intercorso fra reati omogenei ed alla specifica gravita’ della fattispecie criminosa ripetuta nel biennio (quella, appunto, dell’articolo 186, comma 2, lettera c, caratterizzata dal piu’ elevato valore-soglia del tasso alcolemico accertato).
Gli effetti eminentemente amministrativi di tale disposizione consentono di ribadire, inoltre, che e’ inutile, oltre che giuridicamente scorretto, paragonare – per trarne eventuali analogie normative – la “recidiva nel biennio” di cui all’articolo 186 C.d.S. con il differente istituto penalistico della recidiva di cui all’articolo 99 c.p..
5. Il caso che ci occupa, tuttavia, richiede una precisazione ulteriore, che porta, invece, a conseguenze diverse rispetto a quelle di cui alla sentenza 28293/20.
Il (OMISSIS), infatti, si e’ in passato reso responsabile del diverso reato di guida in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti di cui all’articolo 187 C.d.S..
Ebbene, gia’ in passato questa Corte di legittimita’ ebbe a precisare – e va qui ribadito- che, in tema di revoca della patente per guida in stato di ebbrezza, per la realizzazione della condizione di “recidiva nel biennio”, prevista dall’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera c.) – e, si aggiunge, per quelle di recidiva nel triennio di cui all’articolo 186-bis C.d.S., comma 5 – e’ necessario che la essa abbia luogo con riferimento al medesimo reato di guida in stato di ebbrezza (Sez. 4, n. 36456 del 03/06/2014, Scrignari, Rv. 261059), senza che assuma alcuna rilevanza, dunque, l’entita’ o il grado del tasso alcolemico riscontrato nell’imputato (cfr. la gia’ richiamata Sez. 4, n. 3467 del 19/12/2014, dep. 2015, Borin, Rv. 262248).
Va, dunque, qui sgombrato il campo da ogni equivoco.
Sebbene anche l’articolo 187 C.d.S., comma 1, come le due norme precedenti, preveda che “la patente di guida e’ sempre revocata, ai sensi del capo II, sezione 11, del titolo VI, quando il reato e’ commesso da uno dei conducenti di cui al cit. articolo 186-bis, comma 1, lettera d), ovvero in caso di recidiva nel triennio”, tuttavia, stante la diversita’ strutturale tra il reato di guida in stato di ebbrezza e quello di guida in stato di alterazione psicofisica per l’uso di sostanze stupefacenti, la precedente commissione di uno dei due reati non determina recidiva nel biennio o nel triennio rispetto all’altro.
In altri termini, in un caso come quello che ci occupa, se anche fosse passata in giudicato nei tre anni antecedenti la commissione del reato di guida in stato di ebbrezza per cui si procede un’eventuale condanna a suo carico per il reato di guida in stato di alterazione psicofisica derivante dall’assunzione di stupefacenti e, come detto, cosi’ non e’ stato- non si sarebbe potuto revocare la patente al (OMISSIS), in quanto, stante la diversita’ dei reati, non si sarebbe concretizzata la recidiva ex articolo 186 bis C.d.S., comma 5.
6. Per completezza espositiva, va rilevato, infine, che invece e’ infondata la tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui, anche se fosse stato commesso il medesimo reato e fosse gia’ avvenuta la verifica ex articolo 464-septies c.p.p. del positivo esito della messa alla prova, una volta intervenuta, ai sensi dell’articolo 168-ter c.p., comma 2, la conseguente estinzione del precedente reato si sarebbe comunque determinata l’insussistenza della recidiva nel triennio, ai fini che ci occupano.
La ricordata Sez. 4 n. 2893/20 si e’ gia’ occupata della pretesa inapplicabilita’, al caso sottoposto al suo esame, della “recidiva nel biennio”, a seguito della dichiarata estinzione del precedente reato di guida in stato di ebbrezza a carico dell’imputato (in quel caso per lo svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilita’ ex articolo 186 C.d.S., comma 9-bis, introdotto con la L. 29 luglio 2010, n. 120).
In quel caso il ricorrente, benche’ non esplicitamente, sembro’ evocare il principio affermato dalle Sezioni Unite Marciano’, secondo cui l’estinzione di ogni effetto penale determinata dall’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale comporta che delle relative condanne non possa tenersi conto agli effetti della recidiva penalistica (Sez. Un. 5859 del 27/10/2011 – dep. 2012, Marciano’, Rv. 25168801).
Partendo dal ricordato rilievo che “gli effetti eminentemente amministrativi di tale disposizione consentono di ribadire, inoltre, che e’ inutile, oltre che giuridicamente scorretto, paragonare – per trarne eventuali analogie normative – la “recidiva nel biennio” di cui all’articolo 186 C.d.S. con il differente istituto penalistico della recidiva di cui all’articolo 99 c.p.”, Sez. 4 n. 28293/20, condivisibilmente, ribadisce il principio per cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, l’estinzione del reato a seguito del positivo espletamento del lavoro di pubblica utilita’, presupponendo l’avvenuto accertamento del fatto, non impedisce al giudice di valutarlo in un successivo processo quale precedente specifico ai fini del giudizio circa la “recidiva nel biennio”, prevista dall’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera c) (cfr. Sez. 4, n. 11719 del 15/02/2019, Usai, Rv. 27528001).
A corroborare la propria conclusione in ordine all’infondatezza della censura, ricordava in quel caso la Corte che e’ sufficiente leggere il testo dell’articolo 224 C.d.S., comma 3, (applicabile in virtu’ del richiamo operato nello stesso articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera c) alle norme dettate nel Titolo VI, Capo II, Sez. II del codice), che esclude l’incidenza dell’estinzione del reato per causa diversa dalla morte dell’imputato sul procedimento di applicazione della sanzione amministrativa accessoria di revoca della patente, in combinato disposto con l’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera c), che individua quale presupposto dell’applicazione della sanzione amministrativa accessoria l’accertamento del reato (cosi’, in motivazione, Sez. 4, n. 1864 del 7/1/2016, Oberoffer, Rv. 26558301).
Ebbene, ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in relazione al diverso istituto della messa alla prova di cui all’articolo 168 c.p., cui pure consegue, in caso di esito positivo, come per il lavoro di pubblica utilita’ ex articolo 186 C.d.S., comma 9-bis e articolo 187 C.d.S., comma 8-bis, l’estinzione del reato.
Non rileva, come si dira’ di qui a poco, che i due istituti siano diversi, essendo la messa alla prova ispirata all’istituto della probation, di derivazione anglosassone (anche se vi si differenzia per il fatto che si tratta di misura che interviene nel corso del processo e non dopo la sua conclusione, nella fase di esecuzione della pena), gia’ da anni importata nel nostro processo minorile, e il lavoro di pubblica utilita’ una sanzione sostitutiva della pena inflitta in caso di condanna per guida sotto l’influenza dell’alcool (articolo 186 C.d.S., comma 9 bis) ed in tema di guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti (articolo 187, comma 8 bis).
7. Il lavoro di pubblica utilita’ e’ una vera e propria pena, cosi’ qualificata dal legislatore, che comporta una limitazione della liberta’ personale del condannato. In caso di positivo svolgimento dello stesso, il giudice fissa udienza ed in detta occasione dichiara estinto il reato, riduce alla meta’ la sanzione della sospensione della patente e revoca la confisca del veicolo sequestrato.
Diversa e’ la fattispecie ex articolo 168 c.p. della sospensione del processo con messa alla prova, introdotta con L. 28 aprile 2014, n. 67, che pure trova notevole applicazione, nella quotidianita’ giudiziaria, in casi come quello che ci occupa. Si tratta, infatti, di una modalita’ alternativa di definizione del processo, cui l’indagato puo’ essere ammesso dal giudice, in presenza di determinati presupposti normativi, sin dalla fase delle indagini preliminari, attraverso la quale, laddove si concluda con esito positivo il periodo di prova, e’ possibile pervenire ad una pronuncia di proscioglimento per estinzione del reato.
La “messa alla prova” consiste nella richiesta, da parte dell’imputato della sospensione del procedimento penale, che viene concessa dal giudice quando, in considerazione della gravita’ del reato e della capacita’ a delinquere del richiedente, reputa idoneo il programma di trattamento presentato e ritiene che il soggetto richiedente si asterra’ dal commettere altri reati in futuro. La stessa comporta la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato nonche’, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato, prevede l’affidamento dell’imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma che puo’ implicare anche attivita’ di rilevo sociale, ed e’ subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilita’. Quest’ultimo -come recita l’articolo 168-bis c.p. – consiste in una prestazione non retribuita in favore della collettivita’, affidata tenendo conto della professionalita’ e delle attitudini lavorative dell’imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie, o presso enti o organizzazioni, anche internazionali che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato.
L’esito positivo della prova determina, come il lavoro di pubblica utilita’ introdotto all’articolo 186 C.d.S., comma 9-bis e articolo 187 C.d.S., comma 8-bis – l’estinzione del reato. A differenza di quello, tuttavia, la messa alla prova, in quanto istituto finalizzato ad una composizione “preventiva” del conflitto penale, prescinde dall’accertamento di responsabilita’ in ordine al fatto ascritto.
Tale diversita’, tuttavia, non rileva ai fini che ci occupano.
Ed invero, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 125 del 14/4/1995, pronunciata con riferimento alla sospensione per messa alla prova del processo minorile, ha posto l’accento sul fatto che “presupposto concettuale essenziale del provvedimento, connesso ad esigenze di garanzia dell’imputato, e’ costituito da un giudizio di responsabilita’ penale che si sia formato nel giudice, in quanto altrimenti si imporrebbe il proscioglimento”. E anche una preponderante dottrina ha rilevato che, se cosi’ non fosse, l’istituto perderebbe il carattere di misura penale per acquistare quello di misura amministrativa.
Con riferimento, poi, alla messa alla prova dell’imputato adulto, la dottrina ha messo in evidenza che tale conclusione si desume a chiare lettere dall’articolo 464 quater c.p.p., comma 1, laddove e’ previsto che la sospensione del procedimento con messa alla prova e’ disposta a meno che il giudice non ritenga di dover pronunciare una sentenza di proscioglimento ex articolo 129 c.p.p..
Altro argomento per una lettura in tal senso si desume dalla circostanza che la messa alla prova prevede lo svolgimento di attivita’ dirette all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti da reato nonche’, ove possibile, il risarcimento del danno, e dunque il richiamo al reato e al pregiudizio che ne deriva richiede necessariamente un accertamento positivo della sua sussistenza e della responsabilita’ dell’agente.
Come si vede, dunque, tenuto conto, come si e’ detto, che quella che ci occupa non e’ una recidiva penale in senso tecnico, anche la messa alla prova non puo’ prescindere dall’accertamento del medesimo fatto-reato, che rileva ai fini della revoca della patente nei casi di “recidiva nel biennio” di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera c) e di “recidiva nel triennio” di cui all’articolo 186-bis C.d.S., comma 5 e articolo 187 C.d.S., comma 1.
Del resto, non vi e’ dubbio che, in relazione ad entrambi gli istituti trovino applicazione le sanzioni amministrative accessorie.
Per il lavoro di pubblica utilita’, come si e’ detto, e’ lo stesso codice della strada che prevede, in caso di esito positivo, che la sospensione della patente resti, seppur dimezzata.
Quanto all’estinzione del reato conseguente al positivo esito della messa alla prova, ci si era posti il problema che la sanzione amministrativa accessoria consegue all’accertamento della penale responsabilita’ e quindi alla sentenza penale di condanna tanto che viene irrogata direttamente dal giudice penale ai sensi dell’articolo 224 C.d.S., mentre nel caso della messa alla prova manca una sentenza di condanna o ancora meglio manca l’accertamento della responsabilita’ penale ed il procedimento si conclude con il proscioglimento per estinzione del reato.
Ebbene, costituisce ormai ius receptum di questa Corte di legittimita’ il principio che, nei casi di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, nessun dubbio sussiste che la sanzione amministrativa accessoria vada applicata (Sez. 4, n. 40069 del 17/9/2015, Pettorino, Rv. 264819; conf. Sez. 4, n. 29639 del 23/06/2016, Conti, Rv. 267880).
A tale condivisibile conclusione si giunge, in primis, perche’ il legislatore del 2014, nell’inserire nel codice penale l’articolo 168-ter, si e’ preoccupato di prevedere espressamente che l’estinzione del reato per l’esito positivo della messa alla prova non pregiudichi l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie ove previste dalla legge. Cio’ proprio perche’ tale previsione risulta necessaria in quanto il nuovo istituto della messa alla prova rientra nelle cause di estinzione del reato e, in quanto strumento di composizione preventiva e pregiudiziale del conflitto penale, non prevede un preventivo accertamento di penale responsabilita’.
Diversamente che per il lavoro di pubblica utilita’ previsto dal codice della strada, in cui rimane in capo al giudice penale, tuttavia, la competenza all’irrogazione della sanzione amministrativa accessoria all’esito dell’estinzione del reato per la positiva “messa alla prova”, va individuata, ai sensi dell’articolo 224 C.d.S., comma 3, in capo al Prefetto. L’articolo 224 C.d.S. prevede, infatti, testualmente che: “la declaratoria di estinzione del reato per morte dell’imputato importa l’estinzione della sanzione amministrativa accessoria. Nel caso di estinzione del reato per altra causa, il Prefetto procede all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria e procede ai sensi degli articoli 218 e 219 nelle parti compatibili. L’estinzione della pena successiva alla sentenza irrevocabile di condanna non ha effetto sulla applicazione della sanzione amministrativa accessoria…”.
Pacifico, dunque, e’ che il giudice il quale pronunci sentenza di intervenuta estinzione del reato ex articolo 168 ter c.p., comma 2 per positivo esito della messa alla prova, non possa e non debba applicare la sanzione amministrativa accessoria, che verra’ poi applicata dal Prefetto competente a seguito di trasmissione degli atti da parte del cancelliere ed in seguito a passaggio in giudicato della sentenza che tale estinzione del reato accerta e dichiara (ex articolo 224 C.d.S., comma 3).
Sebbene notevolmente diversi, pertanto, sia il positivo esito del lavoro di pubblica utilita’ previsto dal codice della strada che quello della messa alla prova previsto dal codice penale comportano conseguente diverse solo in relazione al soggetto chiamato a disporla quanto all’irrogazione della sanzione amministrativa accessoria.
Alla luce di quanto sin qui esposto, pertanto, ribadita la differenza tra il concetto di recidiva penale ex articolo 99 c.p. e la recidiva che ci occupa, puo’ dunque affermarsi il principio di diritto secondo cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, l’estinzione del reato ex articolo 168 ter c.p., comma 2 a seguito dell’esito positivo della prova, presupponendo l’avvenuto accertamento del fatto-reato, pur senza che si sia addivenuti ad una pronuncia di penale responsabilita’ non impedisce al giudice di valutarlo in un successivo processo quale precedente specifico ai fini del giudizio circa la “recidiva nel biennio”, prevista dall’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera c) o circa la “recidiva nel triennio” di cui all’articolo 186-bis C.d.S., comma 5 e articolo 187 C.d.S., comma 1.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposta revoca della patente di guida, statuizione che elimina.
Dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Viterbo per la determinazione della durata della sospensione della patente di guida.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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