In tema di reati tributari per il principio di atipicità dei mezzi di prova nel processo penale

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|23 marzo 2021| n. 11123.

In tema di reati tributari, per il principio di atipicità dei mezzi di prova nel processo penale, di cui è espressione l’articolo 189 del Cpp, il giudice può avvalersi dell’accertamento induttivo, compiuto mediante gli studi di settore dagli Uffici finanziari, per la determinazione dell’imposta dovuta, ferma restando l’autonoma valutazione degli elementi emersi secondo i criteri generali previsti dall’articolo 192, comma 1, del Cpp.

Sentenza|23 marzo 2021| n. 11123

Data udienza 13 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Reati tributari – Evasione fiscale – Giudice di Appello – Opposizione della difesa – Acquisizione del verbale della Gdf – Legittimità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – rel. Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – Consigliere

Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/06/2019 della Corte di Appello di Lecce sez. dist. di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Claudio Cerroni;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Manuali Valentina, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19 giugno 2019 la sezione distaccata di Taranto della Corte di Appello di Lecce ha confermato la sentenza del 14 febbraio 2018 del Tribunale di Taranto, in forza della quale (OMISSIS), quale titolare della ditta individuale (OMISSIS), era stato condannato, unitamente alle sanzioni accessorie, alla pena di anni uno mesi tre di reclusione per i reati di cui all’articoli 81 c.p., Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 5 (capo A) e articolo 10 (capo B), in relazione agli anni d’imposta 2010 e 2011 (capo A), e da 2010 a 2013 (capo B).
2. Avverso la predetta decisione e’ stato proposto ricorso per cassazione articolato su tre motivi di impugnazione.
2.1. In particolare, col primo motivo e’ stata dedotta violazione di legge, unitamente a vizio motivazionale, in relazione all’acquisizione da parte della Corte territoriale del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, a fronte dell’opposizione della difesa dell’imputato. Laddove in primo grado era stato prestato il consenso all’acquisizione della sola informativa di reato, senza acquisizione del processo verbale di constatazione, sulla base del quale si era invero fondata la sentenza impugnata.
2.2. Col secondo motivo, invocando errata applicazione della legge ed inosservanza di norme processuali, ed in particolare del Decreto Legislativo n. 74, articolo 5, nonche’ vizio di motivazione, il ricorrente ha lamentato l’inapplicabilita’ in sede penale di presunzioni legali e criteri validi solo in sede tributaria, atteso l’onere probatorio incombente sulla pubblica accusa. Al contrario la Corte territoriale si era limitata a riecheggiare il ragionamento induttivo adottato dalla Guardia di Finanza, senza dare atto dell’esistenza di riscontri esterni idonei a confortarne le conclusioni e senza tenere conto dei rilievi difensivi siccome formulati, ancorche’ senza rinuncia all’acquisizione del processo verbale di constatazione (quanto al numero di bottoni utilizzati nella produzione, alle rimanenze, alla sussistenza dell’elemento soggettivo in relazione al dolo specifico di evasione).
2.3. Col terzo motivo infine, quanto alla sussistenza del reato di cui all’articolo 10 cit., esso sanzionava solamente l’occultamento ovvero la distruzione delle scritture contabili, non la loro omessa tenuta, in ordine alla quale era previsto un semplice illecito amministrativo. In specie l’imputato aveva solamente riferito di avere incaricato all’uopo un commercialista, che non vi aveva ottemperato stante l’impossibilita’ dello stesso imputato di corrispondergli i compensi. Si’ che non vi era prova che la stessa documentazione contabile fosse mai stata effettivamente istituita.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso del rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso e’ inammissibile.
4.1. Per quanto riguarda il primo motivo di censura, il ricorrente ha lamentato l’avvenuta acquisizione, da parte della Corte territoriale, del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, laddove in primo grado era stata concordata l’acquisizione della sola comunicazione di notizia di reato, ossia un documento di sole tre pagine.
4.1.1. Al riguardo, e tenuto conto che le ragioni processuali della censura consentono l’accesso agli atti del giudizio, si osserva comunque in primo luogo che il processo verbale di constatazione altro non era che un allegato della gia’ acquisita comunicazione di notizia di reato, di cui – come ha ricordato la Corte territoriale nel provvedimento di acquisizione – era pertanto parte necessaria e al quale la comunicazione della notizia di reato non poteva non fare riferimento, trattandosi della sostanza della comunicazione stessa.
Allo stesso tempo la relativa ordinanza ha osservato altresi’ che l’acquisizione appariva comunque necessaria ai fini del decidere, al fine di verificare i criteri in base ai quali era stato effettuato l’accertamento induttivo.
Cio’ premesso in fatto, il ricorrente – assumendo che la Corte d’appello aveva provveduto all’acquisizione senza allegare alcuna motivazione idonea a giustificarla – non si e’ in realta’ confrontato con la motivazione resa nell’ordinanza di acquisizione.
Il Giudice d’appello infatti, quando dispone la rinnovazione del dibattimento ha l’obbligo di motivare espressamente sulle ragioni che la impongono, sia che provveda in seguito alla sollecitazione di una parte, ai sensi dell’articolo 603 c.p.p., comma 1, sia che la decisione sia presa d’ufficio, ai sensi del comma 3 del citato articolo; nel primo caso, la motivazione deve avere ad oggetto l’impossibilita’ di decidere allo stato degli atti, nel secondo l’assoluta necessarieta’ della rinnovazione (Sez. 5, n. 23580 del 19/02/2018, Campion, Rv. 273326). In proposito, la motivazione era stata comunque evidenziata, e dall’esame del verbale d’udienza del 15 marzo 2017 avanti al Tribunale di Taranto emerge altresi’ plasticamente che del processo verbale di constatazione era stato fatto pacifico e dichiarato uso e riferimento gia’ nel corso dell’esame del teste (OMISSIS), ossia del militare che aveva partecipato agli accertamenti d’ufficio nei confronti dell’odierno ricorrente.
4.1.2. Il motivo di censura si presenta pertanto manifestamente infondato, anche a prescindere dalla natura di atto irripetibile del processo verbale di constatazione (cfr. Sez. 3, n. 36399 del 18/05/2011, Aportone, Rv. 251235) e del conseguente regime di acquisizione in giudizio (cfr. Sez. 3, n. 12795 del 26/01/2016, Marconi e altro, Rv. 266489; Sez. 3, n. 106 del 16/01/1996, Gigli, Rv. 204340).
4.2. In ordine poi al secOndo profilo di doglianza, per il principio di atipicita’ dei mezzi di prova nel processo penale, di cui e’ espressione l’articolo 189 c.p.p., il giudice puo’ avvalersi dell’accertamento induttivo, compiuto mediante gli studi di settore dagli Uffici finanziari, per la determinazione dell’imposta dovuta ed anche per verificare il superamento della soglia di punibilita’ (cfr. Sez. 3, n. 40992 del 14/05/2013, Ottaiano, Rv. 257619), ferma restando l’autonoma valutazione degli elementi emersi secondo i criteri generali previsti dall’articolo 192 c.p.p., comma 1, (Sez. 3, n. 36207 del 17/04/2019, Menegoli, Rv. 277581).
In specie, la sentenza impugnata ha fatto ricorso all’accertamento induttivo sussistendone i presupposti (ne’ il ricorrente ha dedotto alcunche’ in proposito), peraltro somministrando ragionamento tutt’altro che illogico, ed ancor meno manifestamente illogico, nel momento in cui e’ stato operato concreto riferimento anche ai dati comunque disponibili, tanto in relazione all’anno 2010, oggetto di accertamento induttivo, quanto avuto riguardo all’anno 2011, per il quale i conteggi risultano essere stati eseguiti sulla scorta di quanto esibito.
Al riguardo, infatti, il ricorso neppure si confronta specificamente col percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale, quanto all’inverosimiglianza di ricavi e costi relativi all’anno 2010 in assenza di ricavi in nero, rispetto ed in coerenza alle stesse dichiarazioni del ricorrente circa natura ed entita’ della crisi aziendale in quell’anno invece appena profilatasi; nonche’ in relazione ai dati dell’anno successivo, che gia’ segnalavano una contrazione della produzione e quindi degli stessi costi aziendali.
Mentre, in ordine alle rimanenze, la stessa sentenza ne da’ atto della loro esistenza, tempo dopo, in sede di inventario fallimentare.
Ne’, quanto al dolo specifico di evasione per i reati ascritti, la sentenza merita parimenti censura, proprio in ragione dell’accertata esistenza di ricavi non dichiarati e dello stesso mancato pagamento di oneri contributivi, nonche’ dalla mancata presentazione delle relative dichiarazioni fiscali, la cui cura sarebbe stata affidata ad un professionista (v. infra), ma al cui preteso inadempimento non aveva in definitiva fatto seguito alcuna iniziativa riparatrice da parte dell’interessato, rimasto al riguardo del tutto inerte benche’ comunque tenuto a dare seguito alle obbligazioni fiscali nei riguardi dell’Amministrazione finanziaria.
4.3. In relazione infine al terzo motivo di impugnazione, vero e’ che il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili (Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 10) presuppone l’istituzione della documentazione contabile e la produzione di un reddito, e pertanto non contempla anche la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili, sanzionata amministrativamente dal Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, articolo 9, comma 1, (Sez. 3, n. 1441 del 12/07/2017, dep. 2018, Andriola, Rv. 272034). Al riguardo, infatti, ai fini della configurabilita’ del reato di cui all’articolo 10 cit. non e’ sufficiente un mero comportamento omissivo, ossia la omessa tenuta delle scritture contabili, ma e’ necessario un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell’occultamento o nella distruzione dei documenti contabili, la cui istituzione e tenuta e’ obbligatoria per legge (Sez. 5, n. 35591 del 20/06/2017, Fagioli e altro, Rv. 270809).
In specie, peraltro, la sentenza impugnata – nel ritenere integrato il reato ha appunto osservato, con motivazione certamente non illogica ed ancor meno manifestamente illogica, che lo stesso imputato aveva affermato che la documentazione contabile – mai piu’ rinvenuta ma comunque invero esistente, proprio alla stregua delle dichiarazioni, non contestate, rese dall’imputato – era stata affidata ad un professionista, che non aveva adempiuto all’incarico in ragione delle difficolta’ economiche del cliente.
D’altronde sono state rinvenute presso terzi committenti cinque fatture emesse dalla ditta del ricorrente, per cui – ad abundantiam – e’ stato osservato che, poiche’ la fattura deve essere emessa in duplice esemplare, il rinvenimento di uno di essi presso il terzo destinatario dell’atto puo’ far desumere che il mancato rinvenimento dell’altra copia presso l’emittente sia conseguenza della sua distruzione o del suo occultamento (Sez. 3, n. 41683 del 02/03/2018, Vitali, Rv. 274862).
5. La manifesta infondatezza dell’impugnazione non puo’ che comportare l’inammissibilita’ del ricorso.
5.1. Tenuto altresi’ conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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