Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 29 maggio 2020, n. 16476.
Massima estrapolata:
In tema di reati paesaggistici, la fattispecie di cui all’art. 181, comma 1-bis, d.lgs. 12 gennaio 2004, n. 42, nel caso di abbattimento di una costruzione e di successiva edificazione, in zona vincolata, di un nuovo manufatto in assenza della prescritta autorizzazione, è integrata ove lo stesso abbia un volume superiore al trenta per cento rispetto a quello della costruzione originaria, anche se il volume complessivo del nuovo manufatto sia inferiore a mille metri cubi, mentre, qualora tale limite percentuale non sia superato, il reato è configurabile allorchè siano superati i limiti volumetrici alternativamente previsti dalla norma con riferimento all’ampliamento e alla nuova costruzione .
Sentenza 29 maggio 2020, n. 16476
Data udienza 3 marzo 2020
Tag – parola chiave: EDILIZIA ED URBANISTICA – REATI EDILIZI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAMACCI Luca – Presidente
Dott. ACETO Aldo – Consigliere
Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/05/2019 della Corte di appello di Salerno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere CORBETTA Stefano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale FIMIANI Pasquale, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore, avv. (OMISSIS) del foro di Salerno, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Salerno e appellata dall’imputato, la Corte di appello di Salerno dichiarava non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) in relazione ai reati urbanistici contestati ai capi B), C), D) ed E-9) perche’ estinti per prescrizione e, per l’effetto, rideterminava in mesi otto di reclusione la pena inflitta al predetto, nel resto confermando la pronuncia di primo grado, che aveva affermato la penale responsabilita’ dell’imputato per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1-bis, a lui ascritto per aver realizzato nel comune di Pontecagnano Faiano, in zona dichiarata di notevole interesse pubblico Decreto Legislativo n. 42 del 2004, ex articolo 136 con Decreto Ministeriale 22 febbraio 1970, una serie di opere edilizie, dettagliatamente descritte nel capo A) dell’imputazione, in assenza della prescritta autorizzazione.
2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per Cassazione affidato a un motivo, con cui deduce il vizio di motivazione in relazione alla qualificazione della fattispecie ai sensi del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181,comma 1-bis, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2016. Partendo dal presupposto che, ai fini dell’applicazione della fattispecie in esame, il manufatto deve essere globalmente considerato, assume il ricorrente che, nel caso di specie, l’incremento superiore al 30% del volume non puo’ integrare il delitto in questione, perche’ l’aumento della volumetria va necessariamente rapportato a un precedente immobile legittimamente edificato, mentre, nella vicenda che ci occupa, l’edificio preesistente era sprovvisto di titolo abilitativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Secondo quando accertato dai giudici di merito, e non oggetto di contestazione da parte del ricorrente, il (OMISSIS), dopo aver acquistato, nel 2012, un appezzamento di terreno, con annessa struttura, in zona dichiarata di notevole interesse pubblico ai sensi del Decreto Legislativo n. 432 del 2004, articolo 136, aveva proceduto, in assenza di titolo abilitativo, a demolire l’opera, che presentava un volume di 85,77 mc., e a ricostruirla con una superficie di circa 86,74 mq. e una volumetria di 294,09 mc.
3. Va ricordato che la Corte costituzionale, con sentenza 23 marzo 2016, n. 56 ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 181, comma 1-bis, nella parte in cui prevede “: a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142 ed”.
Mentre, in precedenza, la fattispecie incriminatrice apprestava una tutela maggiormente rigorosa per i beni vincolati in via provvedimentale e, per i beni vincolati per legge, il delitto di cui al comma 1-bis veniva in rilievo soltanto in caso di opere di notevole impatto volumetrico, la sentenza della Corte costituzionale ha ricondotto all’area contravvenzionale tutti i lavori eseguiti su beni paesaggistici, sia quelli vincolati in via provvedimentale, sia quelli vincolati per legge.
L’unica ipotesi di delitto residuata, pertanto, concerne i lavori di qualsiasi genere eseguiti su beni paesaggistici, qualora comportino il superamento delle soglie volumetriche indicate al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1-bis, ossia quando i lavori “abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi”.
4. La questione posta dal ricorrente va inquadrata prendendo le mosse dall’indirizzo secondo cui, in tema di tutela dei beni paesaggistici, ai fini della qualificazione del fatto reato come contravvenzione, ai sensi del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 181, comma 1 o come delitto, ai sensi dell’articolo 181, comma 1-bis, dello stesso decreto, la nozione di “volumetria” deve essere individuata prescindendo dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica e considerando l’impatto dell’intervento sull’originario assetto paesaggistico del territorio (Sez. 3, n. 16697 del 28/11/2017 – dep. 16/04/2018, Alimonda, Rv. 272844; Sez. 3, n. 9060 del 04/10/2017 – dep. 28/02/2018, Veillon, Rv. 272450).
5. Nel caso di specie, entrambi i giudici di merito hanno ritenuto provata la prima delle tre ipotesi alternativamente considerate dal comma 1-bis, ossia quando. i lavori “abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria”, sul presupposto, appunto, del superamento di tale soglia in relazione al volume del manufatto originario e demolito (pari a 85,77 mc.) e al volume del manufatto edificato ex novo (pari a 294,09 mc.).
6. I giudici di merito hanno correttamente confutato l’argomentazione difensiva, riproposta in questa sede, secondo cui, nel caso di demolizione e ricostruzione di un manufatto, occorre aver riguardo all’opera nel suo complesso e, quindi, alla volumetria complessiva del nuovo manufatto (che, nella specie, e’ inferiore a mille mc.), osservando che, seguendo l’interpretazione indicata dal ricorrente, si finirebbe con il legittimare condotte artificiose, consistenti nella demolizione dell’opera al solo scopo di aggirare la soglia indicata dalla prima parte del Decreto Legislativo n. 42 del 2006, articolo 181, comma 1-bis, e di beneficiare del maggior limite di volumetria previsto per le nuove costruzioni, pari a mille mc.
7. Va percio’ affermato il seguente principio di diritto: con riferimento al reato di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2006, articolo 181, comma 1-bis, nel caso di abbattimento di una costruzione e di successiva edificazione, in zona vincolata, di un nuovo manufatto in assenza della prescritta autorizzazione, il reato e’ integrato nel caso in cui detto manufatto abbia un volume superiore al trenta per cento rispetto a quello della costruzione originaria poi demolita, anche se il volume complessivo sia inferiore a mille mc.; ove invece tale limite non sia superato, il reato sussiste allorche’ sia ravvisabile il superamento dei limiti volumetrici alternativamente previsti dal Decreto Legislativo n. 42 del 2006, articolo 181, comma 1-bis.
8. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Si da’ atto che il presente provvedimento e’ sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply