In tema di querela ed il termine di decadenza di tre mesi

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 21 maggio 2020, n. 15658.

Massima estrapolata:

In tema di querela, il termine di decadenza di tre mesi previsto dall’art. 124 cod. pen. per la proposizione non si estende all’onere di indicazione degli elementi di prova già noti.

Sentenza 21 maggio 2020, n. 15658

Data udienza 11 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Azione penale – Querela – In genere – Termine di decadenza ex art. 124 cod. pen. – Estensibilità all’onere di indicazione degli elementi di prova – Esclusione.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARLINI Enrico V. S. – Presidente

Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. ROMANO Michele – rel. Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/03/2019 del Tribunale di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Michele Romano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Epidendio Tomaso, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Milano ha confermato la sentenza del 1 giugno 2018 del Giudice di pace di Milano che ha affermato la penale responsabilita’ di (OMISSIS) per il delitto di lesione personale ai danni di (OMISSIS), condannandolo alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno in favore della predetta, costituitasi parte civile.
2. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed affidandosi a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la prescrizione del reato consumatosi in data (OMISSIS), chiedendo che esso sia dichiarato estinto, nonche’ la prescrizione del diritto della persona offesa al risarcimento del danni, essendo trascorsi oltre cinque anni dal fatto al momento della costituzione di parte civile, intervenuta all’udienza del 21 ottobre 2016 e che rappresentava il primo ed unico atto di esercizio di tale diritto.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli articoli 192 e 533 c.p.p., per essere egli stato condannato in assenza di prova della sua penale responsabilita’. Il Tribunale aveva omesso di valutare la deposizione del carabiniere (OMISSIS), che non aveva rilevato la presenza dei segni di lesioni e percosse; il giudice di appello era pervenuto alla affermazione della colpevolezza sulla base di una motivazione illogica a causa del travisamento di detta prova; neppure il Tribunale aveva motivato sull’attendibilita’ della persona offesa.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 124 c.p., comma 1, dell’articolo 332 c.p.p., comma 1, dell’articolo 6, par. 3, lettera d), CEDU e dell’articolo 234 c.p.p..
All’udienza del 6 luglio 2017 era stato comunicato al difensore, con apposito cartello affisso alla porta dell’aula di udienza e anche verbalmente dal giudice, che tutti i processi, ad eccezione di quelli fissati per la rimessione della querela, sarebbero stati rinviati all’udienza del 20 ottobre 2017.
Solo successivamente al 20 ottobre 2017 il difensore dell’imputato aveva appreso che in data 6 luglio 2017 il processo era stato chiamato alle ore 11,05 e, con la presenza di un difensore nominato ai sensi dell’articolo 97 c.p.p., comma 4, rinviato all’udienza del 21 settembre 2017; il verbale era stato chiuso alle ore 11.10 ed in esso figurava quale data del rinvio il 20 ottobre 2017, poi mutata in 21 settembre 2017; all’udienza del 21 settembre 2017 si era proceduto all’esame della persona offesa ed all’acquisizione di documentazione sanitaria in assenza del difensore di fiducia, che non aveva avuto modo di interloquire sul punto non essendo a conoscenza del rinvio.
Peraltro, tale documentazione non era stata allegata alla querela, sebbene l’articolo 124 c.p. preveda un termine di tre mesi per la querela e l’articolo 332 c.p.p. imponga alla persona offesa di indicare nella querela gli elementi di prova gia’ noti.
Neppure su tale censura il Tribunale aveva motivato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Il terzo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato e come tale inammissibile.
Non rileva che il difensore di fiducia fosse presente in aula alle ore 11, ossia in un momento non compreso nell’intervallo temporale (tra le ore 11,05 e le ore 11,10) in cui la causa e’ stata chiamata, con apertura del relativo verbale, e poi rinviata ad una udienza diversa da quella solo informalmente preannunciata al difensore di fiducia al di fuori dell’udienza. La nomina del difensore ai sensi dell’articolo 97 c.p.p., comma 4, trova appunto giustificazione nell’assenza del difensore in aula alle ore 11,05, quando la causa e’ stata chiamata.
Peraltro, comunicando il rinvio al difensore d’ufficio nominato ai sensi dell’articolo 97 c.p.p., comma 4, il Giudice di pace non era tenuto anche a comunicare il rinvio al difensore di fiducia atteso che e’ ormai pacifico, secondo la giurisprudenza di questa Corte di cassazione, che il difensore, anche laddove il processo venga rinviato per suo legittimo impedimento, ha diritto all’avviso della nuova udienza solo quando non ne sia stabilita la data gia’ nella ordinanza di rinvio, posto che, nel caso contrario, l’avviso e’ validamente recepito, nella forma orale, dal difensore previamente designato in sostituzione, ai sensi dell’articolo 97 c.p.p., comma 4, il quale esercita i diritti ed assume i doveri del difensore sostituito e nessuna comunicazione e’ dovuta a quest’ultimo (Sez. U, n. 8285 del 28/02/2006, Grassia, Rv. 232906).
Ne’ puo’ avere rilievo, come correttamente osservato dal Tribunale, che il cartello affisso preannunciasse il rinvio di tutte le udienze ad una udienza diversa da quella alla quale e’ stato rinviato il processo a carico dell’odierno ricorrente, trattandosi, in assenza di un vero e proprio decreto di rinvio emesso fuori udienza e notificato agli interessati, di una mera indicazione programmatica da confermare nel corso della trattazione dei singoli processi, come tale priva di rilevanza giuridica.
Manifestamente infondata e’ pure la lamentata violazione dell’articolo 332 c.p.p. e articolo 124 c.p..
Il termine di decadenza di tre mesi per la proposizione della querela non si estende alla indicazione da parte del querelante degli elementi di prova gia’ noti, atteso che l’articolo 173 c.p.p., secondo il quale i termini si considerano stabiliti a pena di decadenza soltanto nei casi previsti dalla legge, impone una interpretazione restrittiva dell’articolo 124 c.p..
3. Anche il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile.
La sentenza del Tribunale e’ stata emessa in data 15 marzo 2019, cosicche’ trova applicazione il Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 39-bis, introdotto dal Decreto Legislativo 6 febbraio 2018, n. 11, articolo 9, secondo il quale contro le sentenze pronunciate in grado di appello a seguito di impugnazione delle sentenze del giudice di pace il ricorso per cassazione puo’ essere proposto solo per i motivi previsti dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera a), b) e c).
Nel caso di specie il motivo dedotto e’ volto a denunciare un vizio che, sebbene venga formalmente presentato come violazione dell’articolo 192 c.p.p. e articolo 533 c.p.p., comma 1, in concreto attiene alla motivazione della sentenza, che si afferma essere illogica e contraddittoria perche’ contrastante con le prove acquisite.
Peraltro, poiche’ la mancata osservanza di una norma processuale in tanto ha rilevanza in quanto sia stabilita a pena di nullita’, inutilizzabilita’, inammissibilita’ o decadenza, come espressamente disposto dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), non e’ ammissibile il motivo di ricorso in cui si deduca la violazione dell’articolo 192 c.p.p., la cui inosservanza non e’ in tal modo sanzionata (Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, M, Rv. 274191).
Pertanto, e’ inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che censura l’erronea applicazione dell’articolo 192 c.p.p., comma 3, se e’ fondato su argomentazioni che si pongono in confronto diretto con il materiale probatorio, e non, invece, sulla denuncia di uno dei vizi logici, tassativamente previsti dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), riguardanti la motivazione della sentenza di merito in ordine alla ricostruzione del fatto (Sez. 6, n. 13442 del 08/03/2016, De Angelis, Rv. 266924).
Anche la regola di giudizio compendiata nella formula “al di la’ di ogni ragionevole dubbio” rileva in sede di legittimita’ esclusivamente ove la sua violazione si traduca nella illogicita’ manifesta e decisiva della motivazione della sentenza, non avendo la Corte di cassazione alcun potere di autonoma valutazione delle fonti di prova (Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, D’Urso, Rv. 270108).
Ne’, nel caso di specie, la motivazione e’ graficamente mancante o meramente apparente e non e’ pertanto ravvisabile il vizio di violazione di legge per contrasto con l’articolo 125 c.p.p., comma 3.
4. Neppure il primo motivo si sottrae alla sanzione dell’inammissibilita’.
4.1. Quanto all’eccezione di prescrizione del diritto della persona offesa al risarcimento del danno, deve considerarsi che essa e’ manifestamente infondata, atteso che ai sensi dell’articolo 2947 c.c., comma 3, se il fatto illecito e’ considerato dalla legge come reato e per il reato e’ prevista una prescrizione piu’ lunga, questa si applica anche all’azione civile.
La giurisprudenza di questa Corte di cassazione ha costantemente affermato che l’azione civile esercitata nel processo penale soggiace alle regole proprie della prescrizione penale, di guisa che ad essa sono applicabili anche gli istituti della sospensione e della interruzione di cui agli articoli 159 e 160 c.p., con la conseguenza che fruisce non solo del piu’ lungo termine di prescrizione previsto per il reato, ma anche del prolungamento dei termini conseguenti ad eventi interruttivi e sospensivi della prescrizione penale (Sez. 5, n. 28598 del 07/04/2017, Filippini, Rv. 270243; Sez. 5, n. 12587 del 26/02/2013, Di Ielsi, Rv. 254643; Sez. 5, n. 11961 del 21/06/2012 – dep. 2013, Carino, Rv. 256281; Sez. 4, n. 38773 del 12/07/2011, Fantozzi, Rv. 251432).
Ne consegue che al momento della costituzione di parte civile il diritto al risarcimento del danno non era ancora prescritto.
Peraltro la costituzione di parte civile nel processo penale comporta, ai sensi dell’articolo 2943 c.c., comma 2 e articolo 2945 c.c., comma 2, che la prescrizione non corre sino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio.
4.2. Quanto alla eccezione di prescrizione del reato, stante l’inammissibilita’ di tutti gli altri motivi di ricorso, anche essa risulta inammissibile.
Difatti l’inammissibilita’ dei motivi di ricorso non consente la instaurazione di un valido rapporto processuale, cosicche’ non puo’ essere rilevata la estinzione del reato per prescrizione maturata dopo la sentenza di appello.
5. All’inammissibilita’ del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., comma 1, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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