Il delitto di danneggiamento con violenza alla persona

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 21 maggio 2020, n. 15643.

Massima estrapolata:

Integra il delitto di danneggiamento con violenza alla persona, come riformulato dall’art. 2, comma 1, lett. l), d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, la condotta di tamponamento del veicolo altrui dal quale, oltre al danno, derivino, per la violenza dell’impatto, lesioni alla persona presente a bordo.

Sentenza 21 maggio 2020, n. 15643

Data udienza 13 dicembre 2019

Tag – parola chiave: REATI CONTRO LA PERSONA – DELITTI CONTRO LA VITA E L’INCOLUMITA’ INDIVIDUALE – LESIONI PERSONALI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia – Presidente

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. SESSA Renata – rel. Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/03/2019 della CORTE APPELLO di CATANZARO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. RENATA SESSA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. MARINELLI Felicetta, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore, avvocato (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

E’ impugnata la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro pronunciata in data 15.03.2019, che ha confermato la pronunzia del Tribunale di Castrovillari che aveva dichiarato (OMISSIS) colpevole dei reati di lesione personale, danneggiamento e minaccia.
Al (OMISSIS), in particolare, sono ascritti i reati previsti e puniti: dall’articolo 110 c.p., articolo 582 c.p., comma 2, perche’, in concorso con altre persone rimaste ignote, avendo aggredito (OMISSIS), precedentemente, colpendolo con pugni e schiaffi e, successivamente, con la propria Jeep speronando l’autovettura con a bordo lo stesso (OMISSIS), cagionava al medesimo lesioni personali consistite in “trauma contusivo addominale, contusione mano e polso dx con lesioni escoriate” con prognosi di 15 giorni; dagli articoli 110 e 635 c.p., perche’, in concorso con altre persone rimaste ignote, a bordo dell’autovettura modello Jeep targata (OMISSIS), avendo speronato il veicolo, condotto da (OMISSIS), sulla parte anteriore sinistra, danneggiava una cosa mobile altrui; dall’articolo 110 c.p., articolo 612 c.p., comma 2, perche’, in concorso con altre persone rimaste ignote, minacciava il (OMISSIS) di un male ingiusto.
2. Con atto a firma dell’avv. (OMISSIS) e’ proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse del (OMISSIS), articolato in sei motivi.
2.1. Con il primo motivo si eccepisce l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita’, con riferimento agli articoli 161-171 e 179 c.p.p..
Il decreto di citazione a giudizio sarebbe affetto da nullita’ in quanto notificato presso il difensore di fiducia, ai sensi dell’articolo 161 c.p.p., comma 4, sull’erroneo presupposto che l’imputato fosse irreperibile.
Si rileva che la asserita condizione di “irreperibilita’” dell’imputato non era scaturita all’esito di un rigoroso accertamento giudiziario disposto dal Giudice secondo le previsioni del codice di rito, ma era frutto della semplicistica attestazione fatta dall’agente notificatore.
Richiamando alcuni precedenti delle sezioni semplici di questa Corte, si censura l’interpretazione delle norme processuali, atteso che la momentanea assenza dell’imputato avrebbe dovuto rivestire il carattere della definitiva impossibilita’ di eseguire la notifica nel luogo del domicilio eletto, ma tale circostanza risulta esclusa dai successivi atti processuali, tant’e’ vero che il decreto di fissazione dell’udienza presso la corte di appello risulta debitamente notificato all’imputato nel luogo ove aveva eletto domicilio.
2.2. Con il secondo motivo si deduce l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita’, con riferimento agli articoli 177, 178 e 522 c.p.p..
Si lamenta la lesione del diritto di difesa susseguente alla violazione del combinato disposto degli articoli 516, 520 e 522 c.p.p. relativamente all’attribuzione di penale responsabilita’ in ordine al reato di minaccia aggravata dall’uso di un’arma.
Dalle risultanze processuali emerge come l’unico elemento atto a determinare l’aggravamento del reato ex articolo 612 c.p. sia da rinvenirsi nel presunto uso di una pistola, atteso che le altre circostanze richiamate in sentenza (inseguimento e tamponamento) non vantano alcun legame con il supposto atteggiamento minaccioso, essendosi asseritamente concretizzate in momenti successivi e diversi.
Ciononostante, la presunta minaccia a mano armata non risulta contestata nel capo d’imputazione, cosicche’ il giudice avrebbe dovuto attivare le procedure previste dal codice di rito al fine di notiziare l’imputato dell’avvenuto aggravamento della sua posizione processuale e permettergli di espletare una compiuta difesa.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta l’erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’articolo 635 c.p., a causa della fallacia del sillogismo di sussunzione del fatto concreto sotto la norma concretamente applicata, in virtu’ della novella legislativa Decreto Legislativo n. 7 del 2016, ex articolo 2, comma 1, lettera l.
Dal capo di imputazione si evince come l’elemento dal quale discende la punibilita’ del delitto di danneggiamento si concretizzi nella condotta di lesioni patite dal (OMISSIS), a seguito della subita aggressione, e non anche in quella di minaccia, configurata quale reato autonomo e non assorbito nel delitto di danneggiamento, come confermato dalla deposizione della persona offesa.
Tuttavia, ai fini della consumazione del reato, e quindi della sua punibilita’, a seguito della predetta novella, e’ ora richiesto che la violenza alla persona debba essere contestuale all’azione, in quanto la ratio dell’aggravante consiste nella maggiore pericolosita’ manifestata dall’agente nell’esecuzione del reato.
La Corte territoriale ha erroneamente rilevato la contemporaneita’ della condotta aggressiva di lesioni rispetto al danneggiamento, obliterando del tutto che l’aggressione sia avvenuta in un momento diverso e totalmente decontestualizzato rispetto all’asserito tamponamento.
Tale prospettazione troverebbe conferma nello stesso capo di imputazione, poiche’ l’ulteriore reato ivi contestato (quello di minaccia) viene ritenuto del tutto autonomo rispetto al danneggiamento e non invece assorbito nello stesso, come sarebbe dovuto accadere se vi fosse stata contestualita’ nelle azioni.
2.4. Con il quarto motivo si denuncia la carenza ed illogicita’ della motivazione, con riferimento all’elemento psicologico del reato di cui all’articolo 612 c.p..
Nella parte motiva della sentenza impugnata la condotta minatoria risulta essere individuata nell’inseguimento, nelle lesioni e nel successivo tamponamento.
Eppure, a fondamento della pronuncia del giudice di primo grado vi e’ la circostanza, non dedotta nella sentenza di secondo grado, che l’inseguimento discendesse dalla volonta’ del (OMISSIS) di tutelare la proprieta’ privata violata e di cristallizzare la situazione fino all’arrivo delle forze dell’ordine.
In aggiunta, la Corte territoriale ricostruisce l’episodio fattuale della minaccia in modo del tutto diverso rispetto alle emergenze dibattimentali, dalle quali non emerge affatto il nesso logico tra la minaccia (inseguimento) del (OMISSIS) e le lesioni, il cui autore e’ rimasto ignoto, ne’ tra la minaccia (inseguimento) e il tamponamento, atteso che dall’istruttoria e’ emersa la non contestualita’ delle due condotte delittuose.
2.5. Con il quinto motivo si deduce l’illogicita’ della motivazione, con riferimento agli articoli 110, 582 c.p. e articolo 612 c.p., comma 2.
La sentenza impugnata e’ viziata per aver fondato il proprio convincimento di responsabilita’ del (OMISSIS) sull’asserita convergenza delle dichiarazioni di due testi ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), in palese difformita’ rispetto agli esiti dell’istruttoria dibattimentale.
2.6. Con il sesto motivo si deduce l’erronea applicazione della legge penale con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche ex articolo 62 bis c.p.
Infatti, le emergenze dibattimentali dimostrano come tutte le condotte ascritte al (OMISSIS) siano la conseguenza di un’azione delittuosa subita a danno della sua proprieta’ privata e della presenza di una Fiat Punto che usciva dal pescheto ove si era consumato un furto.
Alla luce di siffatte risultanze processuali si lamenta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche da parte dei giudici di merito, che hanno, invece, descritto una realta’ particolarmente grave e connotata da un alto grado di pericolosita’ ovvero in maniera non corrispondente alla realta’ dei fatti e comunque diversa da quella emergente dal dibattimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
1.1. Il primo motivo e’ manifestamente infondato.
Come gia’ osservato dal giudice d’appello, nel caso di specie l’impossibilita’ di procedere alla notificazione nel domicilio dichiarato e’ attestata dallo stesso agente notificatore (ne’ il ricorrente ha prospettato situazione divergente rispetto a quanto attestato dal pubblico ufficiale o circostanze ulteriori), con la conseguenza che deve ritenersi ritualmente operata la notificazione del decreto presso il difensore ai sensi dell’articolo 161, comma 4 codice di rito.
L’impossibilita’ di procedere alla notificazione nel domicilio dichiarato comporta che si possa effettuare la notifica mediante consegna al difensore, essendo onere dell’imputato comunicare ogni variazione intervenuta successivamente alla dichiarazione o elezione di domicilio, resa all’avvio della vicenda processuale; con la conseguenza che ove egli non vi provveda, la notificazione eseguita presso il difensore e’ perfettamente conforme al disposto normativo indicato e quindi valida. Al riguardo vi e’ anche lo specifico dictum di questa Corte, che ha gia’ in diverse occasioni avuto modo di affermare che in caso di impossibilita’ ad eseguire la notificazione al domicilio dichiarato o eletto, l’ufficiale giudiziario non ha alcun potere o dovere di procedere ad accertamenti volti a rintracciare il nuovo domicilio del destinatario, potendo, per contro, effettuare direttamente la notifica a mani del difensore (nella fattispecie la Corte ha valutato correttamente effettuata la notifica a mani del difensore, essendosi l’imputato trasferito altrove, secondo quanto attestato dall’ufficiale notificatore, senza darne comunicazione ai sensi dell’articolo 161 c.p.p. e risultando ancora formalmente residente al precedente indirizzo comunicato) – (Sez. 4, n. 36479 del 04/07/2014, Ebbole, Rv. 26012601).
Ne’ potrebbe assumere rilievo la circostanza, prospettata dalla difesa, secondo cui si sarebbe trattato di assenza temporanea, come dimostrato dal fatto che sarebbe stato regolarmente notificato proprio presso quel luogo l’avviso di conclusione delle indagini e successivamente il decreto di fissazione dell’udienza in appello.
Anche al riguardo soccorre il principio gia’ piu’ volte affermato da questa Corte, anche a Sezioni Unite, secondo cui “l’impossibilita’ della notificazione al domicilio eletto, che ne legittima l’esecuzione presso il difensore secondo l’articolo 161 c.p.p., comma 4, puo’ essere integrata anche dalla temporanea assenza dell’imputato al momento dell’accesso dell’ufficiale notificatore, senza che sia necessario procedere ad una verifica di vera e propria irreperibilita’, cosi’ da qualificare come definitiva l’impossibilita’ di ricezione degli atti nel luogo eletto dall’imputato, considerato l’onere incombente su quest’ultimo, una volta avvisato della pendenza di un procedimento a suo carico, di comunicare ogni variazione dell’iniziale elezione di domicilio” (Sez. U, Sentenza n. 58120 del 22/06/2017, Rv. 271772; Sez. 3 n. 12909/2016, Rv. 268158; cfr. in senso conforme, Cass., Sez. 6, n. 52174/2017).
1.2. Del tutto aspecifico e’ il secondo motivo di ricorso, che non mostra di confrontarsi con il congruo ed ineccepibile iter argomentativo sviluppato dal giudice d’appello, il quale motiva la sussistenza dell’aggravante del reato di minaccia sulla base della complessiva condotta di inseguimento e tamponamento in cui in definitiva si sostanzia il fatto lesivo illecito. In quest’ottica, il riferimento all’uso della pistola e’ successivo e ultroneo rispetto al carattere di gravita’ della minaccia effettuata dal (OMISSIS), che si puo’ pacificamente desumere dal contesto complessivo in cui si inserisce.
A conforto di tale assunto, si richiama l’orientamento di questa Corte secondo cui la gravita’ della minaccia va accertata avendo riguardo, in particolare, al tenore delle eventuali espressioni verbali ed al contesto nel quale esse si collocano, onde verificare se, ed in quale grado, la condotta minatoria abbia ingenerato timore o turbamento nella persona offesa (Sez. 5 n. 8193 del 14/01/2019 Rv. 275889; Sez. 6, n. 35593/2015 Rv. 264341).
L’elemento minatorio connotato da gravita’, come gia’ illustrato dal giudice d’appello, traspare dal comportamento fortemente intimidatorio che contraddistingue l’intera vicenda criminosa, calato nel contesto in cui ebbe a dipanarsi ed individuabile nei segmenti di condotte riconducibili all’inseguimento, alle lesioni e al successivo tamponamento.
1.3. Il terzo motivo di ricorso articolato dal ricorrente mira a mettere in evidenza il difetto di contestualita’ tra la condotta di danneggiamento (rinvenibile nel tamponamento) e quella di violenza alla persona (lesioni), che si configurerebbe come cronologicamente antecedente e comunque non integrante la modalita’ della condotta lesiva di cui all’articolo 635 c.p..
Decisivo, a tal proposito, si profila quanto gia’ affermato da questa Corte, secondo cui il reato di danneggiamento commesso con violenza alla persona o con minaccia, nel testo riformulato dal Decreto Legislativo n. 15 gennaio 2016, n. 7, articolo 2, lettera l), e’ configurabile anche nel caso in cui non sussiste un nesso di strumentalita’ tra la condotta violenta o minacciosa e l’azione di danneggiamento, posto che la ragione della incriminazione deve essere ravvisata nella maggiore pericolosita’ manifestata dall’agente nella esecuzione del reato (Sez. 6, n. 16563/2016 Rv. 266996).
In ogni caso, nella fattispecie in esame il tamponamento non si risolse solo nel danneggiamento del veicolo ma comporto’ anche un urto violento, che ando’ a scuotere la persona che si trovava al suo interno, provocando quanto meno una parte delle lesioni alla medesima poi riscontrate, costituenti il segno tangibile, unitamente al danno, dell’entita’ della violenza dell’impatto sulla persona.
1.4. Quanto alla doglianza di cui al quarto motivo – al di la’ della prospettazione oltremodo vaga e confusiva della stessa – e’ di tutta evidenza che il corpus motivazionale della sentenza impugnata contiene sufficienti argomenti anche riguardo al profilo dell’elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie incriminatrice che, com’e’ noto, e’ il dolo generico, rispetto al quale vieppiu’ si appalesa l’irrilevanza dei motivi che spingono l’agente a porre in essere quella determinata condotta offensiva.
Invero, l’elemento soggettivo del reato di minaccia si caratterizza per il dolo generico, consistente nella cosciente volonta’ di minacciare un male ingiusto, indipendentemente dal fine avuto di mira (Sez. 5, n. 50573 del 24/10/2013, Schepis, Rv. 25776501; Sez. 1, n. 7382 del 11/06/1985, Dessi, Rv. 17018601).
1.5. Il quinto motivo e’ inammissibile perche’ contesta in modo del tutto generico la versione accusatoria gia’ esaurientemente e correttamente definita nei precedenti gradi di merito, pretendendo una rivalutazione del quadro probatorio non consentita a questa Corte.
1.6. Il sesto motivo e’ parimenti inammissibile, in quanto aspecifico e versato in fatto, richiedendo una cognizione di merito sottratta al vaglio del giudice di legittimita’.
La richiesta di concessione delle attenuanti generiche rivolta a questa Corte poggia su ragioni eterogenee rispetto a quelle prospettate con i motivi di appello (e ivi puntualmente disattese), oltreche’ ancorate a circostanze evidentemente ritenute non significative, quale l’erroneo convincimento che alla guida della vettura successivamente speronata vi fossero gli autori materiali di un furto subito poco prima.
La ricognizione del contesto storico-fattuale in cui si sono dipanati i fatti criminosi e’ stata ritenuta – con motivazione nel suo complesso congrua e quindi non sindacabile nella presente sede – idonea a suggerire un grado di gravita’ e di pericolosita’ dell’imputato tale da escludere in radice la sussistenza di ragioni legittimanti il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Ed invero, la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’articolo 62-bis c.p. e’ oggetto di un giudizio di fatto, e puo’ essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talche’ la stessa motivazione, purche’ congrua e non contraddittoria, non puo’ essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (ex multis, Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017 Rv. 271269; Sez. 6, n. 7707 del 04/12/2003 Rv. 229768).
2. Alla pronuncia di inammissibilita’ consegue ex articolo 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione del tenore delle questioni dedotte, appare equo determinare in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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