In tema di prevenzione degli infortuni

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|24 febbraio 2021| n. 7087.

Gli obblighi che gravano sul datore di lavoro in tema di prevenzione degli infortuni sono strumentali alla tutela non soltanto dei suoi dipendenti, ma anche dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro o che siano coinvolti nel suo ciclo produttivo, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell’impresa, di tale che, ove in tali luoghi o nel corso di tale ciclo produttivo si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale e la norma violata miri a prevenire l’incidente verificatosi, e sempre che la presenza del soggetto passivo estraneo all’attività e all’ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell’infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico.

Sentenza|24 febbraio 2021| n. 7087

Data udienza 19 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Infortuni sul luogo di lavoro – Obblighi di prevenzione – Datore di lavoro – Responsabilità anche verso terzi – Nesso causale tra ciclo produttivo ed evento dannoso – Prova necessaria

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOVERE Salvatore – Presidente

Dott. BRUNO Mariarosaria – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

Dott. DAWAN Daniela – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/02/2019 della CORTE APPELLO di TORINO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FRANCESCA PICARDI;
trattato il processo con le modalita’ di cui al Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la pena a 8 mesi di reclusione e la provvisionale a favore delle parti civili ad Euro 100.000,00 a favore di ciascuna di esse, confermando la condanna (con i doppi benefici e unitamente a quella del risarcimento del danno) di (OMISSIS), in qualita’ di legale rappresentante della (OMISSIS) s.p.a., per il reato di cui agli articoli 113 e 589 c.p. per aver cagionato, in cooperazione colposa con il datore di lavoro, con colpa consistita nell’omessa indicazione nel documento di valutazione dei rischi dei pericoli connessi alle operazioni di carico e nella conseguente omessa previsione della supervisione da parte di un proprio dipendente anche nella fase di ancoraggio, oltre che nell’omessa informativa nei confronti dell’appaltatore relativamente alle caratteristiche dell’oggetto da trasportare e alle corrette modalita’ di trasporto, in violazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 26 e 28, il decesso di (OMISSIS), dipendente della (OMISSIS), a cui era stato sub-appaltato il trasporto di armadi metallici (prodotti dalla (OMISSIS). s.p.a., che ne aveva appaltato il trasporto alla (OMISSIS)), dei quali uno dei due, caricato con carro ponte ed apposito muletto sul bilico, era caduto sulla vittima, nel corso delle operazioni di ancoraggio, schiacciandone il torace (3 giugno 2011).
2. Avverso tale sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, l’imputato, che ha dedotto: 1) la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine all’articolo 40 c.p., Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 26, comma 2, lettera a e b e comma 3, articolo 28, comma 2, lettera d, articolo 30, in quanto, da un lato, non e’ stata formulata una contestazione precisa, tale da consentire un’adeguata difesa, e, dall’altro, non e’ stato individuato il comportamento omesso dall’imputato, che, in base ad un rigoroso giudizio contro-fattuale, avrebbe evitato l’evento (comportamento che non puo’ essere identificato nel difetto del (OMISSIS), la cui integrazione non avrebbe certo investito l’impresa a cui era stato sub-appaltato il trasporto, o nell’adozione di un sistema di prevenzione e protezione relativo all’ancoraggio dei carichi, operazione non di competenza del proprio personale, o nel controllo circa la competenza dei dipendenti della societa’ sub-appaltatrice del trasporto, la cui assenza resta, peraltro, indimostrata) ad avviso del ricorrente, risulta, difatti, manifestamente illogica la deduzione secondo cui il soggetto che progetta un armadio di potenza debba essere in grado di conoscerne le corrette modalita’ di ancoraggio ai fini del suo trasporto ed altresi’ erronea l’affermazione secondo cui l’ancoraggio, che e’ un’operazione diretta ad assicurare la stabilita’ del carico nonostante le sollecitazione del moto, sia compresa nel carico, che e’, al contrario, un’operazione limitata ala sola movimentazione di un bene dalla posizione di quiete nel posto in cui si trova ad altra posizione di quiete sul bilico; 2) la violazione degli articoli 40 e 41 c.p. ed il vizio di motivazione con riferimento alla figura del committente nel
contratto di trasporto, potendo solo il datore di lavoro e non anche il committente (il servizio di trasporto) essere investito della posizione di garanzia relativamente alle condotte macrospicamente colpose del dipendente (nel caso di specie, mancato uso di spalle di sicurezza, di distanziali, di cinghie diverse per i due armadi); 3) la inosservanza di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla quantificazione della pena, al bilanciamento delle circostanze ed alla misura della provvisionale, che sono stati giustificati in considerazione della asserita agiatezza economica dell’imputato, la cui societa’ e’ stata, al contrario, dichiarata fallita, e del mancato risarcimento del danno, senza alcuna indagine, peraltro, relativamente all’an ed al quantum; 4) la violazione dell’articolo 24 disp. att. c.p.p. e degli articoli 100 e 101 c.p.p., risultando irrituali le conclusioni delle parti civili formulate dal nuovo difensore, la cui nomina non e’ stata preceduta dalla revoca del precedente.
3. Il processo e’ stato trattato con le modalita’ di cui al Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8. La Procura Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso merita accoglimento.
2. La prima censura, avente la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine all’articolo 40 c.p. e Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 26, 28 e 30, e’ fondata.
Invero, e’ indubbio che gli obblighi che gravano sul datore di lavoro ai sensi del Decreto Legislativo n. 81 del 2008 sono strumentali alla tutela non soltanto dei suoi dipendenti, ma anche dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro o che siano coinvolti nel suo ciclo produttivo, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell’impresa, di talche’, ove in tali luoghi o nel corso di tale ciclo produttivo si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di omicidio colposi, e’ ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purche’ sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale e la norma violata miri a prevenire l’incidente verificatosi, e sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all’attivita’ ed all’ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell’infortunio, non rivesta carattere di anormalita’, atipicita’ ed eccezionalita’ tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico (Sez. 4, n. 1777 del 06/12/2018 ud. – dep. 16/01/2019, Rv. 275077 – 01).
A cio’ si aggiunga che, secondo la giurisprudenza di legittimita’, ai fini dell’operativita’ degli obblighi di cooperazione nell’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attivita’ lavorativa oggetto dell’appalto, previsti attualmente dal Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 26, occorre aver riguardo alle caratteristiche del fatto, essendo del tutto irrilevante la qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro (cosi’, da ultimo, Sez. 4, n. 37776 del 24/05/2019 ud. – dep. 12/09/2019, Rv. 277354 01; v. anche Sez. 4, n. 1777 del 06/12/2018 ud. – dep. 16/01/2019, Rv. 275077 – 01, la quale, nell’affermare il principio, secondo cui, ai fini dell’operativita’ degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi all’esistenza di un rischio interferenziale, occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro – contratto d’appalto, d’opera o di somministrazione – ma all’effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano sul medesimo luogo di lavoro e che puo’ essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumita’ dei lavoratori delle imprese coinvolte, ha ritenuto irrilevante la veste civilistica del rapporto negoziale esistente tra le due imprese – in termini di contratto d’appalto o di contratto di trasporto – ed immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilita’ del legale rappresentante della societa’ committente per la morte per folgorazione dell’autista, dipendente di una diversa impresa, che, procedendo alle operazioni di scarico di una partita di mangime nei silos della committente, aveva toccato con il braccio metallico in dotazione all’autocarro i sovrastanti conduttori elettrici ad alta tensione).
Da tali premesse consegue che, a prescindere dall’inclusione della fase dell’ancoraggio (operazione diretta ad assicurare la stabilita’ del bene oggetto di trasporto sul veicolo, nonostante le sollecitazioni del moto) nelle manovre di carico del macchinario, sul datore di lavoro che commissiona ad un terzo un trasporto, pur sempre inserito nel proprio ciclo produttivo (tenuto conto, nel caso di specie, sia del luogo ove e’ avvenuto il carico del bene, di pertinenza della (OMISSIS) s.p.a., sia del successivo obbligo di installazione del macchinario, da parte della (OMISSIS) s.p.a., presso il venditore), incombe una posizione di garanzia nei confronti dei soggetti che materialmente eseguono tale servizio durante tutto il lasso temporale in cui il bene e’ ancora nella propria sfera di controllo.
Fermi tali principi, correttamente individuati dai giudici di merito, la sentenza impugnata risulta, tuttavia, lacunosa in quanto non individua esattamente quale l’esatto comportamento che l’imputato, in adempimento dei suoi obblighi di cooperazione, avrebbe dovuto tenere per evitare l’evento, senza, tuttavia, ingerirsi nella prestazione di competenza del vettore (nel caso di specie, sub-appaltatore).
In particolare la sentenza non ha chiarito se il crollo di uno degli armadi sull’autista e’ stata la conseguenza di un errore esecutivo nella manovra di ancoraggio collegato alle specificita’ del bene da trasporta o del luogo di lavoro in cui e’ stata eseguita l’operazione, che, quindi, il committente, in adempimento del suo obbligo di cooperazione, avrebbe dovuto prevenire ed evitare con specifiche istruzioni e/o assistenza, ai sensi del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 26, oppure, al contrario, di un errore esecutivo nella manovra di ancoraggio che prescinda da tali profili e sia, invece, collegato alle specificita’ del mezzo di trasporto e delle sue dotazioni o semplicemente all’essenza stessa dell’ancoraggio, rientrante nelle competenze specifiche del vettore. I giudici di merito si sono, difatti, limitati ad affermare in modo generico che “se fosse stato presente, durante le operazioni di ancoraggio del carico sul bilico, una figura designata da (OMISSIS)….per sovrintendere alle operazioni di ancoraggio.., sarebbe stato possibile evitare (con opportuni interventi di istruzione, raccomandazione, dissuasione, etc.) che costui ponesse in essere gli errori esecutivi…causa del collasso degli armadi” e dell’evento letale.
La sentenza deve essere, pertanto, annullata in accoglimento di tale motivo.
3. Le ulteriori censure restano assorbite in considerazione della fondatezza della prima doglianza.
4. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Torino – altra Sezione per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Torino – altra Sezione per nuovo giudizio.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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