Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 14 maggio 2019, n. 12753
La massima estrapolata:
In tema di obbligo di sicurezza sui luoghi di lavoro, l’accertato rispetto delle norme antinfortunistiche di cui agli artt. 47 e 48 del d.lgs. n. 626 del 1994 e dell’allegato VI a tale decreto non è sufficiente ad escludere la responsabilità del datore di lavoro, gravando su quest’ultimo l’onere di provare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi dell’evento, con particolare riguardo all’assetto organizzativo del lavoro, né la responsabilità del datore viene meno per il fatto che le funzioni di prevenzione e protezione siano state delegate ad un soggetto diverso. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva respinto la domanda risarcitoria del lavoratore infortunato sulla base del fatto che era stata dimostrata la consegna dei dispostivi di protezione ai dipendenti e che nessuna omissione di controllo potesse essere imputata al datore di lavoro, per avere quest’ultimo delegato tale attività ad un preposto).
Ordinanza 14 maggio 2019, n. 12753
Data udienza 21 febbraio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23645-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS) SRL;
– intimati –
avverso la sentenza n. 569/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 09/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) subi’ un infortunio sul lavoro, consistente nel danno ad un occhio, nel mentre stava svolgendo un’attivita’ alle dipendenze della societa’ (OMISSIS), il cui amministratore unico era (OMISSIS).
Il processo penale, nel cui ambito il (OMISSIS) si costitui’ parte civile, vide la condanna dello (OMISSIS) per il reato di lesioni personale colpose aggravate sia in primo che in secondo grado, con conseguente riconoscimento di una provvisionale in favore della parte civile.
La sentenza penale di condanna emessa dalla Corte d’appello di Torino venne pero’ annullata dalla Corte di cassazione, la quale dichiaro’ il reato estinto per prescrizione, annullo’ gli effetti civili della condanna e rinvio’ la causa, ai sensi dell’articolo 622 c.p.p., davanti al giudice civile di appello, affinche’ fosse accertata la sussistenza del danno e fossero regolate le relative spese.
2. A seguito di tale sentenza (OMISSIS) convenne in giudizio, davanti alla Corte d’appello di Torino in sede civile, (OMISSIS) e la s.r.l. (OMISSIS), per sentirli condannare al risarcimento del danno, sostenendo di aver sempre lavorato sotto le direttive ed il potere disciplinare del primo.
Si costituirono in giudizio entrambi i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda.
La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 9 marzo 2017, ha rigettato la domanda ed ha condannato l’attore al pagamento del 50 per cento delle spese dei giudizi penali e di quello civile, compensate quanto all’altra meta’.
Ha ritenuto la Corte territoriale, ai fini che qui interessano, che, essendo stato dichiarato estinto per prescrizione il reato contestato allo (OMISSIS), la sentenza penale di condanna (poi annullata) poteva essere tenuta in considerazione come fonte di libero convincimento. Doveva quindi darsi per pacifico che l’incidente fosse avvenuto mentre il danneggiato stava utilizzando un flessibile senza occhiali di protezione durante un’attivita’ di lavoro dipendente (anche se non regolare) e che non poteva essere negata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato. Era da ritenere dimostrato, inoltre, che i dispositivi di protezione erano stati consegnati ai dipendenti ed era stata eseguita una corretta attivita’ di informazione.
Cio’ premesso, la Corte ha tuttavia escluso che i convenuti potessero essere ritenuti responsabili dell’accaduto, perche’, pur rivestendo (OMISSIS) il ruolo di amministratore unico della societa’, il soggetto realmente preposto alla vigilanza ed al quotidiano controllo dei lavoratori era, in realta’, (OMISSIS), padre del convenuto. Pertanto, rivestendo quest’ultimo il ruolo di preposto, non era possibile ravvisare in capo a (OMISSIS) la commissione di un illecito penale, essendo stato dimostrato che i dispositivi di protezione erano stati consegnati e che non vi era stata alcuna omissione di controllo sui dipendenti, posto che a tale attivita’ non era adibito (OMISSIS).
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Torino propone ricorso (OMISSIS) con atto affidato ad un solo motivo.
(OMISSIS) e la s.r.l. (OMISSIS) non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede.
Il ricorso e’ stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli articoli 375, 376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’articolo 2087 c.c., e del Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, articoli 4, 8, 8-bis, 9 e 10, in materia di infortuni sul lavoro. Rileva il ricorrente che la circostanza secondo cui (OMISSIS) svolgeva funzioni di direttore dei lavori non farebbe comunque venire meno la responsabilita’ di (OMISSIS) come legale rappresentante della societa’.
1.1. Il motivo e’ fondato.
1.2. La sentenza impugnata, con un accertamento non piu’ modificabile in questa sede, ha rilevato che erano stati osservati, da parte della societa’ datrice di lavoro, gli obblighi attinenti alla consegna dei dispositivi di sicurezza per i lavoratori e che era stata anche fornita a questi ultimi un’adeguata opera di informazione. Muovendo da tale premessa, la sentenza ha pero’ affermato – seguendo una logica di carattere penalistico, non applicabile in sede civile – che non vi era la prova della commissione, da parte di (OMISSIS), di un illecito penale e che non vi era stata “omissione di controllo dei lavoratori dipendenti in merito al concreto utilizzo di tali dispositivi (occhiali di protezione), in quanto tale controllo non competeva a (OMISSIS) in qualita’ di amministratore unico della societa’, bensi’ al direttore dei lavori (OMISSIS), preposto al cantiere”.
Tale ragionamento non e’ condivisibile.
Ed infatti, il Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4, comma 4, lettera d), prevede che il datore di lavoro e’ tenuto a fornire ai lavoratori i necessari strumenti di protezione, ma la successiva lettera f), prevede anche che egli debba richiedere l’osservanza da parte dei lavoratori delle norme vigenti; mentre la possibilita’ di delegare le funzioni di prevenzione e protezione non fa venire meno la responsabilita’ del datore di lavoro (Decreto Legislativo cit., articolo 8, comma 10). Ne consegue che, ove anche fosse stato realmente delegato il compito di controllare il rispetto della normativa di sicurezza ad un soggetto diverso dall’amministratore della societa’, cio’ non escluderebbe la responsabilita’ di quest’ultimo e della societa’ che egli rappresenta (articolo 1228 c.c.).
(OMISSIS), quindi, non poteva invocare a propria scusante, in sede civile, la delega delle funzioni di controllo e la sentenza impugnata, proprio a causa di tale errore, non ha accertato se vi furono o meno le omissioni di controllo dei dipendenti.
1.3. In tal senso e’ la giurisprudenza di questa Corte alla quale l’odierna pronuncia intende dare continuita’.
La sentenza 18 maggio 2007, n. 11622, infatti, ha gia’ affermato che l’accertato rispetto delle normative antinfortunistiche non esonera il datore di lavoro dall’onere di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi dell’evento; principio che vale in massimo grado nei confronti dei lavoratori apprendisti, per intuitive ragioni (il principio e’ stato sostanzialmente confermato dalla sentenza 24 gennaio 2012, n. 944).
Ne’ puo’ giovare a favore del datore di lavoro quanto affermato dalla sentenza 11 aprile 2013, n. 8861, secondo cui va esclusa la responsabilita’ del datore di lavoro per l’infortunio occorso al lavoratore qualora l’infortunio si verifichi per un comportamento del dipendente che presenti i caratteri della abnormita’ e dell’assoluta imprevedibilita’. Nel caso oggi in esame, infatti, la Corte torinese ha fondato la pronuncia di rigetto della domanda risarcitoria senza richiamare in alcun modo il principio di cui a tale sentenza, bensi’ sul fatto puro e semplice che non fosse (OMISSIS) il soggetto preposto al controllo dei dipendenti.
2. Il ricorso, pertanto, e’ accolto e la sentenza impugnata e’ cassata.
Il giudizio e’ rinviato alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione personale, la quale decidera’ attenendosi a quanto indicato nella presente pronuncia.
Al giudice di rinvio e’ demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione personale, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
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