In tema di molestie ai vicini

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 12 dicembre 2019, n. 32685.

La massima estrapolata:

In tema di molestie ai vicini, i divieti ed i limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, esplicito ed inequivoco; pertanto, l’individuazione della regola dettata dal regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui impone detti limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l’ambito delle limitazioni imposte alla proprietà individuale, sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti.

Sentenza 12 dicembre 2019, n. 32685

Data udienza 10 settembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 16613/’15) proposto da:
(OMISSIS) S.R.L. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro – tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
CONDOMINIO “(OMISSIS)” di (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), in persona dell’amministratore pro-tempore, rappresentato e difeso, in virtu’ di procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS) e domiciliato “ex lege” presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione, in Roma, piazza Cavour;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Genova n. 419/2015, depositata il 24 marzo 2015 (e notificata il 27 aprile 2015);
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 10 settembre 2019 dal Consigliere relatore Dott. CARRATO Aldo.
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del quarto motivo di ricorso;
uditi l’Avv. (OMISSIS), per la ricorrente, e l’Avv. (OMISSIS) (per delega) nell’interesse del controricorrente.

FATTI DI CAUSA

Con ricorso depositato il 6 febbraio 2009 la societa’ ” (OMISSIS) s.a.s.” impugnava, dinanzi al Tribunale di Savona, la delibera adottata il 9 gennaio 2009 dall’assemblea del Condominio “(OMISSIS)” di (OMISSIS), nella parte in cui aveva espresso “parere contrario” all’installazione, sul terrazzo di proprieta’ di essa ricorrente, di un’antenna per telefonia cellulare dell’altezza di mt. 1,5 con gli impianti connessi deducendo la nullita’ e, in ogni caso, l’annullabilita’ per violazione degli articoli 1102 e 1122 c.c..
Nella costituzione del convenuto Condominio (che si opponeva alla domanda), Vada Tribunale, con sentenza n. 1055/2010, rigettava il ricorso.
Decidendo sull’appello formulato dalla societa’ ricorrente in primo grado a cui resisteva l’appellato Condominio, la Corte di appello di Genova, con sentenza n. 419/2015, respingeva il gravame e condannava la ” (OMISSIS) s.a.s.” alla rifusione delle spese del grado.
A fondamento dell’adottata decisione, la Corte ligure riteneva infondati tutti i motivi dell’impugnazione relativi:
– all’asserita mancata valutazione delle prove documentali attestanti la proprieta’ esclusiva del lastrico solare in capo alla societa’ appellante;
– alla dedotta erroneita’ del rigetto della domanda di annullamento della delibera condominiale in questione, siccome da ritenersi ingiustificatamente limitativa della facolta’ di utilizzazione di beni di proprieta’ esclusiva di un singolo condomino;
– alla prospettata omessa valutazione della normativa regolante la materia della protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e dei relativi limiti fissati per legge;
– alla ravvisata erroneita’ della motivazione della sentenza di prime cure con riguardo alla ritenuta lesione della tranquillita’ dei condomini, per il rischio alla salute inerente alle onde elettromagnetiche generate dall’impianto in discorso, in assenza di una specifica doglianza del Condominio in tal senso;
– all’asserita erroneita’ dell’interpretazione degli articoli 6 e 7 del regolamento condominiale contrattuale, avendo il Tribunale ingiustificatamente incluso nel concetto di “molestia” da tali articoli vietato, anche fenomeni di natura psicologica (quale la tranquillita’).
In particolare, la Corte di secondo grado, dopo aver ricostruito il quadro normativo nella materia in tema di inquinamento elettromagnetico (e ritenuto che gli impianti che emettono le onde di questo tipo, pur non potendo esserne esclusa aprioristicamente l’installazione, sono assoggettati al c.d. principio di precauzione, che impone l’osservanza dei relativi limiti fissati per legge), osservava come dovessero ritenersi legittime le norme dei regolamenti condominiali di natura contrattuale che impongono limitazioni al godimento della proprieta’ esclusiva anche maggiori di quelle stabilite dalla norma generale di cui all’articolo 844 c.c., sulla proprieta’ fondiaria.
Alla stregua di tale premessa, la Corte genovese rilevava che l’articolo 7 del regolamento del Condominio in questione era formulato in modo idoneo a vietare l’attivita’ di installazione di un’antenna di telefonia cellulare, siccome da qualificarsi obiettivamente molesta per la comunita’ dei condomini, ancorche’ l’impianto oggetto di contestazione fosse risultato rispettoso del limite legale di emissione di onde elettromagnetiche.
Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la (OMISSIS) s.r.l. (quale societa’ incorporante la (OMISSIS) s.a.s.), a cui ha resistito con controricorso l’intimato Condominio “(OMISSIS)” di (OMISSIS)”.
I difensori di entrambe le parti hanno depositato anche memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la societa’ ricorrente ha denunciato la nullita’ del procedimento e della sentenza per asserita violazione degli articoli 112, 115, 166, 167 e 183 c.p.c., nonche’ degli articoli 24 e 111 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, oltre che la violazione o falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, unitamente alla violazione o falsa applicazione degli articoli 1135, 1136, 1138 c.c. e 67 disp. att. c.c. (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
1.1. Con la seconda censura la ricorrente ha dedotto la nullita’ del procedimento e della sentenza per violazione, sotto altro profilo, degli articoli 112 e 115 c.p.c. (in ordine all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione o falsa applicazione degli articoli 832, 1102, 1122, 1135 e 1138 c.c. (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nonche’ la violazione dell’articolo 42 Cost. (ancora in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
1.2. Con il terzo mezzo la ricorrente ha prospettato la nullita’ del procedimento e della sentenza per violazione, sotto un ulteriore profilo, degli articoli 112 e 115 c.p.c. (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la violazione o falsa applicazione della L. n. 36 del 2001, articoli 1, 2, 3 e 4, (sempre con riguardo all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione o falsa applicazione del D.P.C.M. 8 luglio 2003 (con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), l’ulteriore violazione o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 259 del 2003, articoli 86, 87, 90, 91 e 92, (c.d. “Codice delle comunicazioni elettroniche”), ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e, altresi’, la violazione dell’articolo 2697 c.c.. 1.3. Con il quarto ed ultimo motivo la ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione dell’articolo 832 c.c., articolo 1138 c.c., comma 4, articoli 1362, 1363, 1364 e 1366 c.c., la violazione dell’articolo 42 Cost., comma 2, la violazione degli articoli 1027, 1325 e 1346 c.c., e articolo 1418 c.c., comma 2 e, infine, la violazione degli articoli 2659 e 2665 c.c..
2. Rileva il collegio che la prima censura e’ priva di fondamento.
Con essa, in effetti, la ricorrente ha inteso dedurre che – mediante l’affermazione contenuta nell’impugnata sentenza in base alla quale l’installazione dell’oggetto di locazione da stipulare con la (OMISSIS) s.p.a. avrebbe costituito violazione dell’articolo 7 del regolamento condominiale contrattuale – la Corte ligure era incorsa nel vizio di extrapetizione rispetto all’oggetto proprio del giudizio conseguente alla domanda proposta dalla (OMISSIS) s.a.s. (gia’ attrice ed appellante) di impugnazione di apposita delibera condominiale con la quale era stato espresso parere contrario a detta installazione sul lastrico solare di proprieta’ esclusiva della medesima.
Orbene, sulla scorta di questa prospettazione, non si e’ venuta affatto a configurare la dedotta violazione (che ha il suo principale riferimento nell’articolo 112 c.p.c.), avendo il Condominio convenuto – come si desume dalla motivazione dell’impugnata sentenza – contestato la fondatezza del ricorso sia con riguardo all’illegittimita’ dell’installazione dell’antenna ancorche’ insistente su lastrico di proprieta’ esclusiva (potendo essa, in ipotesi, comportare la costituzione di un diritto reale in danno dello stesso Condominio), sia soprattutto – con riferimento alla asserita non violazione degli articoli 6 e 7 del regolamento condominiale contrattuale, avendo, invero, denunciato specificamente che, nel caso di specie, sussistesse quantomeno la violazione dell’articolo 7 di detto regolamento, sull’interpretazione della cui previsione la Corte di appello ha fondato la “ratio” essenziale della sua decisione. Da cio’ consegue che da tale inquadramento dell’oggetto della causa non derivava la necessita’ di una istruttoria in senso stretto per rilevare la fondatezza o meno dell’impugnazione della delibera assembleare.
Peraltro, costituisce orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte che il vizio di extrapetizione non e’ ravvisabile, con riferimento alle ragioni della decisione, quando la pronuncia giudiziale rimanga comunque nell’ambito della “res in iudicio deducta” e della concreta fattispecie prospettata dalle parti, anche se la decisione afferisca ad una questione non espressamente formulata, ma implicitamente contenuta nel “thema decidendum”.
3. Anche il secondo motivo non coglie nel segno e va rigettato.
E’, infatti, del tutto legittimo che il regolamento condominiale contrattuale possa prevedere delle particolari limitazioni sulle proprieta’ esclusive qualora siano idonee ad arrecare pregiudizio agli altri condomini, come, nel caso di specie, sotto forma di molestia ricondotta all’installazione dell’impianto di telefonia cellulare (rimanendo, ovviamente, salvi l’accertamento diretto a verificarne la compatibilita’ con l’interesse della comunita’ condominiale ed il rispetto dei limiti legali di emissione di onde elettromagnetiche). E, in tal senso, occorre osservare che, con la delibera impugnata dalla societa’ ricorrente, l’assemblea del condominio – nell’esprimere parere contrario all’installazione dell’impianto di telefonia da parte dell’attuale ricorrente aveva inteso fondare la sua decisione proprio sulle previsioni del regolamento nella parte in cui vietavano attivita’ moleste, donde l’insussistenza della violazione prospettata con la censura qui esaminata.
Del resto e’ risaputo che, in tema di condominio, i poteri dell’assemblea condominiale possono invadere la sfera di proprieta’ dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni quando una siffatta invasione sia stata prevista anche mediante approvazione del regolamento che la preveda, in quanto l’autonomia negoziale consente alle parti di stipulare o di accettare contrattualmente convenzioni e regole pregresse che, nell’interesse comune, pongano limitazioni ai diritti dei condomini.
4. Ritiene il collegio che e’, invece, fondato il quarto motivo che – sul piano della preliminarita’ logica – va affrontato anticipatamente rispetto al terzo (che rimane percio’ assorbito).
Occorre, infatti, porre in risalto che, pur non potendosi dubitare che nella previsione di cui all’articolo 7 del regolamento condominiale rientravano anche i lastrici solari presenti in condominio di uso esclusivo, il riferimento all’idoneita’ di quanto potesse “risultare molesto ai vicini” e’ obiettivamente ampio e generico, poiche’ sarebbe stato idoneo ad includere qualsiasi attivita’ in grado di produrre molestie piu’ o meno indifferenziate e sarebbe stata sufficiente la mera opposizione della maggioranza condominiale per impedire la fruizione piena del godimento della proprieta’ esclusiva da parte di uno o piu’ condomini. Nel caso di specie e’ risultato accertato (e la stessa Corte di appello lo attesta) come l’impianto di telefonia cellulare da installare a cura della ricorrente non fosse idoneo a determinare effetti insalubri essendo stati osservati i limiti di esposizione e i valori di attenzione di cui alla L. n. 36 del 2001, articolo 4 e al D.P.C.M. dell’8 luglio 2003, ragion per cui la valutazione di automatica prevalenza dell’asserita tranquillita’ dei condomini rispetto all’esercizio di un legittimo diritto del singolo condominio di utilizzare la sua proprieta’ esclusiva si connota come illegittima, in considerazione della genericita’ della clausola di cui citato articolo 7 del regolamento (laddove – si badi – non si specifica in che cosa dovessero consistere concretamente le molestie) e, correlativamente, dell’incapacita’ dell’opera a produrre un pregiudizio obiettivamente apprezzabile e foriero di un effetto negativo permanente per gli altri condomini, posto che essa avrebbe rispettato i limiti legali.
In questo contesto coglie nel segno la violazione dedotta con il quarto motivo nella parte in cui si confuta il ragionamento della Corte territoriale che, mediante la sentenza qui impugnata, ha conferito al contenuto del citato articolo 7 (caratterizzantesi per la sua genericita’) un significato – in via interpretativa eccedente rispetto all’intento perseguito e, quindi, tale da escludere illegittimamente l’esercizio di una facolta’ inerente alla proprieta’ esclusiva dei singoli condomini e, quindi, in particolare anche della societa’ ricorrente.
A tal proposito, attraverso il risultato ermeneutico della suddetta clausola regolamentare cui e’ pervenuto il giudice di appello, e’ stato disatteso l’univoco principio piu’ volte ribadito da questa Corte (ed al quale dovra’ uniformarsi il giudice di rinvio), secondo cui i divieti ed i limiti di destinazione delle cose di proprieta’ individuale nel regime condominiale possono essere formulati nei regolamenti sia mediante elencazione delle attivita’ vietate sia mediante riferimento ai pregiudizi che si intendono evitare ma e’ necessario che, specialmente in quest’ultimo caso, tali limiti e divieti, al fine di evitare ogni possibilita’ di equivoco in una materia che attiene alla compressione di facolta’ normalmente inerenti alle proprieta’ esclusive dei singoli condomini, risultino da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, ovvero non suscettibile di dar luogo a incertezze.
In altri termini, a quest’ultimo proposito, si e’ ulteriormente specificato che per evitare ogni equivoco in una materia atta ad incidere sulla proprieta’ dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni univoche, avuto riguardo, piu’ che alla clausola in se’, alle attivita’ e ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentare intende impedire, cosi’ consentendo di apprezzare se la compromissione delle facolta’ inerenti allo statuto proprietario corrisponda ad un interesse meritevole di tutela (cfr., di recente, Cass. n. 19229/2014 e Cass. n. 21307/2016).
Da cio’ consegue che la previsione di un divieto di interventi di singoli condomini (sui balconi e terrazzi di proprieta’ esclusiva) di nuocere all’estetica degli edifici e tali da “risultare molesto ai vicini” contenuta in un regolamento condominiale (come verificatosi nel caso di specie) non e’ certamente idonea a soddisfare i requisiti indicati dalla giurisprudenza di questa Corte in termini di sufficiente specificita’.
In definitiva, i divieti ed i limiti di destinazione alle facolta’ di godimento dei condomini sulle unita’ immobiliari in proprieta’ esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, esplicito ed inequivoco; pertanto, l’individuazione della regola dettata dal regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui impone detti limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l’ambito delle limitazioni imposte alla proprieta’ individuale, sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti.
Pertanto, sulla scorta delle complessive argomentazioni svolte, previo rigetto dei primi due motivi, deve essere accolto il quarto (con assorbimento del terzo), con la conseguente cassazione sul punto dell’impugnata sentenza ed il rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Genova che, oltre ad uniformarsi al principio di diritto precedentemente indicato, provvedera’ a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo, dichiara assorbito il terzo e rigetta i primi due; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Genova.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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