In tema di messa alla prova

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|13 aprile 2021| n. 13747.

In tema di messa alla prova, la richiesta dell’imputato di procedere con rito abbreviato, formulata a seguito della revoca dell’ordinanza di sospensione del procedimento, implica la rinuncia all’autonoma impugnazione, ai sensi dell’art. 464-octies, comma 3, cod. proc. pen., del provvedimento di revoca, poiché optando per la definizione nel merito del giudizio, l’istante abbandona l’intento di proseguire il subprocedimento di messa alla prova.

Sentenza|13 aprile 2021| n. 13747

Data udienza 10 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Evasione dagli arresti domiciliari – Rito abbreviato – Contestazione della recidiva ex art. 99 c.p. – Reiterazione di censure di mero fatto – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere

Dott. VILLONI Orlando – rel. Consigliere

Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 380/19 della Corte di appello di Trento del 13/12/2019;
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere Dr. Orlando Villoni;
letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Epidendio Tomaso, che ha concluso per l’inammissibilita’.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Trento ha ribadito la condanna di (OMISSIS) in ordine al reato di cui agli articoli 99 e 385 c.p. confermando la pena inflittagli in primo grado nella misura di un anno di reclusione, previa riduzione nella misura di un terzo per la scelta del rito abbreviato.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che deduce inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inammissibilita’ in relazione all’articolo 464-octies c.p.p., comma 4, ed alla ripresa del processo in pendenza di sospensione nonche’ all’articolo 568 c.p.p., comma 5 ed all’impugnazione della revoca del provvedimento di messa alla prova.
Il ricorrente deduce che a seguito del provvedimento di revoca di messa alla prova, il processo e’ illegittimamente ripreso senza attendere il termine per l’impugnazione dell’ordinanza di revoca, derivandone l’inammissibilita’ di tutti gli atti processuali successivi.
Nel merito, deduce mancanza di motivazione in ordine all’applicazione della recidiva nella massima estensione.
3. Con memoria del 7 febbraio 2021 trasmessa per via telematica, il difensore del ricorrente ha sviluppato i temi del ricorso, soffermandosi in particolare sul i vizio di inammissibilita’ che, secondo la sua tesi, in ogni atto processuale compiuto nella vigenza della sospensione del procedimento, da qualunque parte esso provenga.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
2. Considerata la natura della prima doglianza, si e’ reso necessario l’esame del fascicolo processuale, dal quale emerge quanto segue.
Il procedimento intentato per il reato di evasione dagli arresti domiciliari veniva sospeso nel corso del giudizio di primo grado per ammissione dell’imputato allo istituto della messa alla prova (articolo 168-bis c.p.).
Dopo circa dieci mesi, tuttavia, su segnalazione dell’ufficio di esecuzione locale, interveniva provvedimento di revoca dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova ai sensi dell’articolo 464-octies c.p.p., comma 1.
Alla stessa udienza del 25 settembre 2018, cui il Tribunale di Rovereto aveva rinviato il processo per la decisione sulla revoca, il difensore dell’imputato chiedeva ed otteneva di procedere con rito abbreviato, che si sarebbe concluso con l’affermazione di responsabilita’ dell’imputato e l’irrogazione della pena sopra indicata.
Cio’ premesso, va preso atto che, con la richiesta di voler procedere con rito abbreviato, l’imputato ha espressamente manifestato il proprio disinteresse ad impugnare il provvedimento di revoca di sospensione del procedimento ai sensi dell’articolo 464-octies c.p.p., comma 3, optando per la definizione nel merito del giudizio e abbandonando l’intento di proseguire il procedimento di messa alla prova.
La questione prescinde, infatti, dal contrasto interpretativo insorto nella giurisprudenza di questa Corte di legittimita’ in ordine al differente problema della deducibilita’ con i motivi di appello del rigetto ingiustificato da parte del giudice di primo grado della richiesta di sospensione del procedimento per messa alla prova (per la tesi negativa, per tutte v. Sez. 4, n. 42469 del 03/07/2018, F., Rv. 273930; per la tesi affermativa, per tutte v. Sez. 6 n. 30774 del 13/10/2020, Campisi, Rv. 279849).
Nel caso in esame, infatti, l’imputato e’ stato concretamente messo alla prova ma e’ poi intervenuta la revoca del provvedimento e a quel punto gli si e’ prospettata l’alternativa tra l’insistere, mediante l’autonoma impugnazione dell’ordinanza di revoca della sospensione del giudizio, nella definizione del sub procedimento di messa alla prova ovvero di cambiare strada in favore di una definizione nel merito del giudizio, attenuandone gli eventuali effetti negativi con la scelta per il rito abbreviato.
Ne’ e’ dato in questo caso invocare la tesi della “presentazione con riserva della richiesta di giudizio abbreviato”, richiamata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 131 del 3 aprile 2019 nel delineare l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 464-bis c.p.p., comma 2 e articolo 521 c.p.p., comma 1, poiche’ mentre l’ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova non e’ immediatamente impugnabile, bensi’ solo appellabile unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi dell’articolo 586 c.p.p. (Sez. U, n. 33216 del 31/03/2016, Rigacci, Rv. 267237), nella fattispecie l’imputato aveva a disposizione l’impugnazione ad hoc di cui all’articolo 464-octies, comma 3, che una volta esperita avrebbe provocato la sospensione del procedimento principale fino alla sua definizione ai sensi dell’articolo 464-octies c.p.p., comma 4.
Al fine di superare tale ostacolo, la difesa del ricorrente tenta di accreditare la tesi dell’esistenza di un improbabile tertium genus di vizio dell’atto processuale, ulteriore rispetto a quelli della nullita’ e della inutilizzabilita’ e individuato nella inammissibilita’ che, secondo tale prospettazione, dovrebbe riguardare non soltanto gli atti provenienti dalle parti processuali, come e’ ovvio che sia, ma anche quelli del giudice.
La tesi e’ manifestamente destituita di fondamento.
Anche, infatti, quando l’atto del giudice sia stato adottato in accoglimento di un’istanza (ad es. la revoca o la sospensione di una misura coercitiva personale in accoglimento di una richiesta non notificata alla parte offesa ai sensi dell’articolo 299 c.p.p., comma 3) ovvero di un’impugnazione (articolo 591 c.p.p., comma 4) inammissibile, il vizio da cui esso risulta affetto e’ comunque quello della nullita’, da far valere secondo gli ordinari rimedi processuali.
3. Parimenti inammissibile deve ritenersi il secondo motivo di ricorso, atteso che la motivazione sulla recidiva non risulta affatto apparente, avendo la Corte di appello correttamente fatto riferimento a parametri sussumibili nel paradigma di cui all’articolo 133 c.p. ai fini della valutazione della sua idoneita’ ad influire sul trattamento sanzionatorio del fatto per cui si procede.
4. Alla dichiarazione d’inammissibilita’ dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che stimasi equo quantificare in Euro 3.000,00 (tremila).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

 

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