Corte di Cassazione, penale, Sentenza|3 dicembre 2020| n. 34345.
In tema di legittima difesa, lo stato di grave turbamento, che funge da presupposto, in alternativa alla minorata difesa, per l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 55, comma secondo, cod. pen, come introdotto dalla legge 26 aprile 2019, n. 36, richiede che esso sia prodotto dalla situazione di pericolo in atto, rendendo, di conseguenza, irrilevanti stati d’animo che abbiano cause preesistenti o diverse e necessario, invece, da parte del giudice, un esame di tutti gli elementi della situazione di specie, per accertare se la concretezza e gravità del pericolo in atto possa avere ingenerato un turbamento così grave da rendere inesigibile quella razionale valutazione sull’eccesso di difesa che costituisce oggetto del rimprovero mosso a titolo di colpa. (Nella specie la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna dell’imputato che, intervenuto in una normale lite tra madre e figlio, aveva cagionato lesioni personali alla donna, essendosi escluso che da tale lite potesse essere derivato nel soggetto agente un turbamento nei termini richiesti dalla norma).
Sentenza|3 dicembre 2020| n. 34345
Data udienza 10 novembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Lesioni personali colpose – Art. 590 cp – Legittima difesa – Proporzione tra offesa e difesa – Legge 36 del 2019 – Eccesso colposo – Causa di non punibilità ex art. 55, comma 2, cp – Grave turbamento – Significato
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FUMU Giacomo – Presidente
Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere
Dott. NARDIN Maura – Consigliere
Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere
Dott. TANGA Antonio L. – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 63/19 del giorno 20/02/2019, della Corte di Appello di Trento;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Leonardo Tanga;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Fodaroni Maria Giuseppina, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 04/07/2017, il Tribunale di Rovereto, dichiarava (OMISSIS) colpevole del reato di cui all’articolo 590 c.p. e lo condannava alla pena di Euro 300,00 di multa.
1.1 Con la sentenza n. 63/19 del giorno 20/02/2019, la Corte di Appello di Trento, adita dall’imputato, confermava la sentenza di primo grado.
2. Avverso tale sentenza d’appello propone ricorso per cassazione (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1): violazione di legge e vizi motivazionali.
Deduce che la motivazione della Corte non si confronta con quanto testimoniato dal figlio (OMISSIS) e dall’agente di polizia giudiziaria (OMISSIS).
Sostiene che la sentenza oggetto di impugnazione riconosce che il marito era intervenuto in difesa del figlio, per proteggerlo dall’aggressione messa in atto dalla madre nei suoi riguardi. Cio’ che viene implicitamente affermato e’ cioe’ che l’imputato ha posto in essere la condotta in una situazione di legittima difesa e, quindi, si potrebbe giungere ad una pronuncia di colpevolezza dell’imputato solo ritenendo sussistente un eccesso colposo di legittima difesa.
Afferma che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto che la reazione fosse proporzionata all’aggressione: la proporzione viene negata unicamente per le parti del corpo della vittima attinte (collo e mandibola), risultando carente ed illogica la motivazione sul perche’ tali (modeste) lesioni non possano essere ricondotte al tentativo di dividere i due litiganti.
Eccepisce che, alla luce della novella introdotta dalla L. n. 36 del 2019, l’imputato, richiamato di urgenza e resosi conto che i due familiari stavano passando alle vie di fatto, non poteva che risentire della tensione emotiva (con conseguente grave turbamento).
2.1. Con memoria pervenuta il 27/10/2020, la difesa ha corroborato e chiarito i motivi del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso e’ infondato e, percio’, va rigettato.
4. Innanzitutto, va evidenziato che, nel caso di c.d. “doppia conforme”, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruita’ della motivazione.
4.1. Occorre, inoltre, rimarcare che il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame.
4.2. La Corte territoriale ha, in vero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.
4.3. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimita’ sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
4.4. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicita’ della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioe’ di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimita’ al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche’ – come nel caso in esame – siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Piu’ di recente e’ stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il controllo di legittimita’ sulla motivazione non attiene ne’ alla ricostruzione dei fatti ne’ all’apprezzamento del giudice di merito, ma e’ circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorieta’ della motivazione o di illogicita’ evidenti, (Asia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).
4.5. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c’e’, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilita’ di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimita’ non puo’ procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
4.6. In realta’ il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell’asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimita’ un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita’, dalla sua contraddittorieta’ (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasivita’, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita’, cosi’ come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilita’, della credibilita’, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
4.7. Non va, infine, pretermesso che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purche’ specificamente indicati dal ricorrente, e’ ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale /probatorio, fermi restando il limite del “devolutum” in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilita’ della valutazione nel merito del risultato probatorio (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/2014 Ud. – dep. 03/02/2014 – Rv. 258774): ipotesi che, nella specie, deve escludersi.
5. Cio’ posto, in replica alle doglianze, mette conto evidenziare che, in tema di legittima difesa, lo stato di grave turbamento, che funge da presupposto, in alternativa alla minorata difesa, per l’applicazione della causa di non punibilita’ prevista dall’articolo 55 c.p., comma 2, come introdotto dalla L. 26 aprile 2019, n. 36, richiede che esso sia prodotto dalla situazione di pericolo in atto, rendendo, di conseguenza, irrilevanti stati d’animo che abbiano cause preesistenti o diverse e necessario, invece, da parte del giudice un esame di tutti gli elementi della situazione di specie, per accertare se la concretezza e gravita’ del pericolo in atto possa avere ingenerato un turbamento cosi’ grave da rendere inesigibile quella razionale valutazione sull’eccesso di difesa che costituisce oggetto del rimprovero mosso a titolo di colpa (cfr. Sez. 3, n. 49883 del 10/10/2019 Ud. – dep. 10/12/2019 – Rv. 277419).
Inoltre, l’eccesso colposo si verifica ogniqualvolta la giusta proporzione fra offesa e difesa venga meno per colpa, intesa come errore inescusabile, ovvero per precipitazione, imprudenza o imperizia nel calcolare il pericolo e i mezzi di salvezza (cfr. Sez. 4, n. 9463 del 13/02/2019 Ud. – dep. 05/03/2019 – Rv. 275269).
5.1. La sentenza impugnata ha ritenuto che, pur avendo ipoteticamente agito in un contesto difensivo, l’imputato avesse ecceduto colposamente i limiti imposti dalla necessita’ della reazione; in particolare, si e’ osservato, “la localizzazione di tali segni sul corpo della vittima e la non minimale durata della malattia conseguente (sette giorni) inducono ad escludere che possa trattarsi di condotta proporzionata all’asserito pericolo paventato dall’appellante, ossia che la madre potesse picchiare il figlio, e concretizzatasi in un semplice tentativo di dividere i due; se cosi’ fosse, avrebbero semmai dovuto evidenziarsi tutt’altro tipo di lesioni (da afferramento o bloccaggio) che avrebbero riguardato altri distretti corporei (braccia o al piu’ gambe), essendo arduo ipotizzare che per tentare di trattenere taluno sia necessaria una presa al collo, per di piu’ con una intensita’ tale da provocare nell’immediato escoriazioni e da’ rendere necessario un periodo di sette giorni per la successiva rimessione” e la “certificazione sanitaria (..1 smentisce oggettivamente quanto dichiarato dal figlio a dire del quale il padre non avrebbe preso al collo la madre”. Di fatti – si rileva – “il punto dirimente (…) va individuato nella adeguatezza e proporzione della condotta posta in essere e, come detto, non e’ dubitabile che un afferramento al collo, con impiego di una forza di intensita’ tale da determinare le conseguenze sopra descritte, esula dai criteri di adeguatezza e proporzionalita’ indispensabili perche’ possa configurarsi la scriminante invocata, e cio’ sia per la sede corporea interessata (collo e volto della vittima) sia perche’ non si e’ trattato di semplice strattonamento, che non avrebbe sicuramente indotto le conseguenze refertate (…) non constando che vi siano state conseguenze in qualche modo significative che abbiano interessato il figlio o lo stesso appellante”.
La Corte territoriale ha, evidentemente, fatto applicazione dell’articolo 55 c.p. e lo ha fatto proprio con riguardo al profilo che il comma 1 della disposizione da sempre prevede, vale a dire l’aver colposamertte ecceduto i limiti imposti dalla necessita’, cio’ che si verifica – come gia’ detto – quando la giusta proporzione fra offesa e difesa venga meno per colpa, intesa come errore inescusabile, ovvero per precipitazione, imprudenza o imperizia nel calcolare il pericolo e i mezzi di salvezza (v. Sez. 4, n. 9463 del 13/02/2019, Rv. 275269; Sez. 3, n. 30910 del 27/04/2018, Rv. 273731).
A nulla rileva, quindi, il riferimento difensivo al “grave turbamento” prodotto “dalla situazione di pericolo in atto”. Se, infatti, sono per un verso irrilevanti stati d’animo che abbiano cause preesistenti e/o diverse, d’altro lato occorrera’ esaminare, con giudizio ancora una volta calibrato sulla globale considerazione di tutti gli elementi della situazione di specie, se, e in che misura, il pericolo in atto – per concretezza e gravita’ rispetto alla lesione dell’integrita’ fisica propria o altrui – possa aver determinato nell’agente un turbamento cosi’ grave da rendere inesigibile quella razionale valutazione sull’eccesso di difesa che costituisce oggetto del rimprovero mosso a titolo di colpa. Per poter fondare l’esclusione di responsabilita’, peraltro, la gravita’ del turbamento non potra’ non essere parametrata anche alla gravita’ del rimprovero che discenderebbe dall’applicazione degli ordinari parametri di ricostruzione del profilo di colpa.
Nella specie appare ictu oculi inverosimile che una normale lite tra madre e figlio (senza che quest’ultimo fosse stato neppure percosso dalla vittima) possa aver ingenerato nell’imputato un turbamento – per altro solo asserito – cosi’ grave da rendere inesigibile, da parte sua, il rispetto dei limiti previsti dalla proporzionalita’ della sua reazione, realizzata, invece con “l’impiego di apprezzabile forza fisica”.
6. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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