In tema di interpretazione dei contratti

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza 9 ottobre 2020, n. 21858.

In tema di interpretazione dei contratti, per configurare la costituzione di una servitù di passaggio a carico di un bene immobile in proprietà comune e a favore di altro bene immobile in proprietà esclusiva di uno dei comproprietari del primo, è necessario svolgere una indagine in concreto per verificare se l’esercizio del diritto sul fondo servente da parte del contitolare dello stesso rientri o meno nei limiti delle prerogative del comproprietario, perché solo quando tale limite è superato è possibile configurare un diritto “in re aliena”; a tal fine è irrilevante che le clausole contrattuali siano state redatte da un tecnico del diritto, quale è il notaio rogante, dovendo tale interpretazione essere condotta tenendo in considerazione la volontà delle parti.

Ordinanza 9 ottobre 2020, n. 21858

Data udienza 1 luglio 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 27242/2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 906/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 09/08/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/07/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 7.12.2004 (OMISSIS) evocava in giudizio (OMISSIS) innanzi il Tribunale di Savona, esponendo di aver acquistato con atto del 2.4.1992 da (OMISSIS), a sua volta avente causa del convenuto (OMISSIS), un appartamento con annesso diritto di comproprieta’ su un’area scoperta, e di essere transitato sino al 2000, in base al proprio titolo di acquisto, attraverso un cancello che era stato poi chiuso dal convenuto. Invocava quindi l’accertamento, in proprio favore, del diritto di servitu’ di passaggio sul terreno del convenuto, lungo il percorso utilizzato sino alla predetta interclusione.
Si costituiva in giudizio (OMISSIS) resistendo alla domanda e invocandone il rigetto. In particolare, il convenuto eccepiva che in base all’atto del 30.4.1980, con il quale egli aveva venduto a (OMISSIS) la proprieta’ da questa poi ceduta al (OMISSIS) nel 1992, l’acquirente aveva ricevuto il diritto di passaggio attraverso un percorso diverso da quello indicato dall’attore in atto di citazione.
Con sentenza n. 875/2011 il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo che la servitu’ si fosse costituita in base all’atto del 1980 e secondo il tracciato ivi indicato, differente da quello rivendicato dal (OMISSIS).
Avverso detta decisione interponeva appello il (OMISSIS). Si costituiva in seconde cure il (OMISSIS) per resistere il gravame; a seguito del decesso di parte appellata, il giudizio proseguiva nei confronti dell’erede (OMISSIS).
Con la sentenza impugnata, n. 906/2016, la Corte di Appello di Genova rigettava il gravame.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione (OMISSIS) affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso (OMISSIS).
In prossimita’ dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1364, 1367, 1059 c.c., articoli 112, 113 e 132 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente interpretato i titoli di provenienza allegati al fascicolo del giudizio di merito, affermando -in violazione del principio di cui all’articolo 1059 c.c. – l’esistenza di un diritto di servitu’, a favore del ricorrente, su un terreno del quale lo stesso e’ comproprietario. Inoltre la Corte ligure avrebbe ulteriormente errato nel dar rilievo, ai fini della decisione, ad una possibile futura interclusione del fondo, che in effetti non risulterebbe attuale.
Con il secondo motivo, suscettibile di trattazione unitaria con il primo, il ricorrente denuncia l’omesso esame di fatti decisivi ed omessa motivazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, perche’ la Corte territoriale, nell’ambito del processo di interpretazione dei titoli di provenienza allegati agli atti del giudizio di merito, avrebbe trascurato di considerare il tenore letterale delle espressioni usate dalle parti nella clausola dell’atto del 1980 costitutiva del diritto reale in discussione, che non potevano valere ad escludere la volonta’ del dante causa (OMISSIS) di costituire detto diritto sui terreni di sua proprieta’ esclusiva, e non invece su quelli oggetto della cessione a favore della (OMISSIS), dante causa dell’odierno ricorrente.
Le due censure sono fondate.
La motivazione con la quale la sentenza impugnata ha respinto l’appello si risolve invero nella seguente espressione: “L’appello e’ infondato. Le espressioni “terzi” e “aventi causa” hanno significati del tutto differenti ed e’ da ritenersi che quella indicante “terzi” sia stata utilizzata consapevolmente da un tecnico del diritto quale il notaio rogante, non essendovi alcuna necessita’ di fare riferimento a terzi per indicare la proprieta’ dei terreni del (OMISSIS). La pattuizione, pur comportando il passaggio anche su proprieta’ di terzi, non era in concreto inutile, dato che di fatto si tratta di un percorso che il (OMISSIS) utilizza per raggiungere la strada passando in parte dalla proprieta’ (OMISSIS) e parte dal giardino di cui e’ comproprietario, mentre nel caso di una futura interclusione del tratto adibito ad orto, sussisterebbero gli estremi per ottenere il passaggio coattivo” (cfr. punto 5, pag. 5, della sentenza impugnata).
Tale passaggio logico e’ oggettivamente perplesso, in quanto, sotto un primo profilo, a nulla rileva – come giustamente sostiene parte ricorrente – la futura interclusione di tutto o parte della proprieta’ (OMISSIS), posto che la valutazione sull’esistenza o meno del diritto reale di servitu’ va condotta con esclusivo riguardo all’attualita’.
Inoltre, non e’ appagante il richiamo al fatto che la clausola sia stata redatta da un tecnico del diritto qual e’ il notaio, poiche’ l’interpretazione del contenuto del contratto va condotta con riferimento alla volonta’ delle parti stipulanti, non del notaio; di talche’ la consapevolezza di quest’ultimo sul significato tecnico delle espressioni utilizzate non soltanto non e’ rilevante, ma appare addirittura fuorviante, ai fini dell’indagine sull’effettiva volonta’ dei paciscenti.
Infine, non appare rilevante, ai fini della decisione sulla sussistenza o meno del diritto di servitu’ rivendicato dal (OMISSIS), la circostanza che questi transiti anche su terreno di cui e’ comproprietario, posto che il transito puo’ costituire uno dei modi con cui si esercita il diritto dominicale sul bene. Ai fini di ipotizzare la costituzione di un diritto reale di servitu’ a favore del fondo di proprieta’ esclusiva ed a carico di quello in proprieta’ comune, infatti, occorre la manifestazione, in concreto, di una signoria di fatto tale da alterare la naturale destinazione del secondo, per asservirlo, in tutto o in parte, a vantaggio del primo. Si e’ infatti affermato, in materia di condominio, che “… ove ciascun condomino utilizzi le cose, gli impianti ed i servizi comuni nel rispetto della loro destinazione, egli ne gode in virtu’ e per effetto del proprio diritto di condominio, ma, se delle cose stesse gode secondo una destinazione diversa, e’ nella facolta’ degli altri partecipanti alla comunione impedire tale forma abusiva di godimento, ovvero consentirla espressamente, con la ulteriore conseguenza che, riconosciuto al condomino, con carattere definitivo, il diritto di godere delle cose degli impianti e dei servizi comuni in modo diverso da quello consentito dalla loro specifica destinazione, e qualora tale godimento si risolva in un peso imposto su di esse a vantaggio di un piano o di una porzione di piano di proprieta’ esclusiva, tale diritto deve qualificarsi come vera e propria servitu’ prediale costituita su di una cosa comune a vantaggio di un piano o di una porzione di piano dell’edificio” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3749 del 15/04/1999, Rv. 531103). Se quindi da un lato, e in linea generale, non puo’ applicarsi il principio per cui nemini res sua servit al rapporto tra bene in proprieta’ comune e bene in proprieta’ esclusiva, poiche’ l’intersoggettivita’ del rapporto e’ data dal concorso degli altri titolari del fondo servente (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6994 del 17/07/1998 (Rv. 517286; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13106 del 03/10/2000, Rv. 540707 e Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21020 del 06/08/2019, Rv. 655193; cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26807 del 21/10/2019, Rv. 655658), occorre sempre, dall’altro lato, una indagine in concreto al fine di verificare se effettivamente l’utilizzazione del bene comune che venga fatta dal comproprietario di esso rientri, o meno, nei limiti del libero esercizio del diritto di comproprieta’, potendosi ritenere costituito solo nella seconda ipotesi un diritto di servitu’ a carico del fondo in comune e a favore di quello in proprieta’ esclusiva.
E’ quindi errato affermare in termini assoluti, come sembrerebbe fare implicitamente il giudice di merito, che nell’ambito della nozione di “terzi” indicata nella clausola costitutiva del diritto di servitu’ siano compresi anche i comproprietari del bene in proprieta’ comune diversi dal (OMISSIS), titolare del diritto di servitu’, in assenza di una preventiva indagine circa il contenuto del diritto esercitato da quest’ultimo e la sua ricomprensibilita’, o meno, nell’ambito delle prerogative del comproprietario.
Nella specie si configura quindi una motivazione oggettivamente incoerente e affetta da insanabili contrasti logici, che come tale puo’ costituire oggetto del sindacato di questa Corte, anche nei limiti previsti dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo in vigore a seguito della novella di cui al Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (cfr. Cass. Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
Ne consegue l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso con assorbimento del terzo, relativo al regime delle spese di lite, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla Corte di Appello di Genova, in differente composizione, la quale avra’ cura di adeguarsi ai seguenti principi di diritto:
1) “Nell’interpretazione della clausola contrattuale costitutiva del diritto reale di servitu’ di passaggio occorre indagare esclusivamente la volonta’ delle parti, restando irrilevanti quella del notaio rogante o di eventuali altri professionisti o ausiliari coinvolti a vario titolo nella redazione dell’atto. Non e’ quindi possibile far derivare alcuna conseguenza dal grado di consapevolezza che il notaio, o i predetti diversi professionisti e ausiliari, possano aver avuto di una specifica clausola o espressione letterale in concreto utilizzata nell’atto costitutivo del diritto reale.
2) Ai fini della configurabilita’ di un diritto di servitu’ a carico di un bene immobile in proprieta’ comune e a favore di altro bene immobile in proprieta’ esclusiva di uno dei comproprietari del primo, e’ necessario svolgere una indagine in concreto al fine di verificare se l’esercizio del diritto sul fondo servente da parte del contitolare dello stesso rientri, o meno, nei limiti delle prerogative del comproprietario; solo quando tale limite sia superato, infatti, e’ possibile configurare un diritto in re aliena, ai cui fini l’intersoggettivita’ del rapporto e’ assicurata dalla presenza di contitolari del fondo servente diversi da quello del fondo dominante”.

P.Q.M.

la Corte accoglie i primi due motivi del ricorso e dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione, la quale si atterra’ ai principi di diritto enunciati in motivazione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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