In tema di impugnazioni relative a misure cautelari personali

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 21 luglio 2020, n. 21754.

Massima estrapolata:

In tema di impugnazioni relative a misure cautelari personali, il tribunale deve assegnare all’indagato che ne faccia richiesta un termine a difesa per esaminare i nuovi elementi probatori a carico presentati dal pubblico ministero in udienza, ma la congruità di tale termine va apprezzata in rapporto alla scansione temporale che governa il procedimento di riesame. al fine di consentire il rispetto del termine di dieci giorni per la decisione previsto, dall’art. 309, commi 9 e 10, cod. proc. pen., a pena di inefficacia della misura. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto sufficiente un rinvio “ad horas” dell’udienza di riesame, nonostante l’opposizione del difensore alla brevità del termine concessogli).

Sentenza 21 luglio 2020, n. 21754

Data udienza 26 giugno 2020

Tag – parola chiave: Misure cautelari personali – Custodia cautelare – Intercettazioni telefoniche – Decreti autorizzativi – Mancata allegazione – Conseguenze

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MENICHETTI Carla – Presidente

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere

Dott. BRUNO M. – rel. Consigliere

Dott. DAWAN Daniela – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 20/12/2019 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MARIAROSARIA BRUNO;
lette le conclusioni del PG Dott. MARIA GIUSEPPINA FODARONI.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa in data 19/12/2019, il Tribunale di Roma, decidendo in sede di riesame, ai sensi dell’articolo 309 c.p.p., ha confermato il provvedimento del G.i.p. del Tribunale di Roma che ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di (OMISSIS) per reati in materia di stupefacenti riguardanti la importazione dalla Spagna di sostanza stupefacente di diverse qualita’, meglio descritti ai capi N) ed O) della imputazione provvisoria.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, a mezzo del suo difensore, articolando due motivi di doglianza.
I) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta utilizzabilita’ delle conversazioni intercettate; violazione dell’articolo 191 c.p.p..
La difesa rappresenta di avere eccepito, alla udienza di trattazione innanzi al Tribunale del riesame, la mancata trasmissione, da parte del P.M., dei decreti autorizzativi delle intercettazioni poste a fondamento del provvedimento genetico.
A seguito di tale richiesta il Tribunale disponeva l’acquisizione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni riguardanti la persona di (OMISSIS), rinviando alla successiva udienza del 19/12/19. In data 18/12/2019 veniva comunicato alla difesa, che si era recata in cancelleria per prendere visione della documentazione ed estrarre copia, che nulla era pervenuto fino alle ore 13,10 (come da attestazione in atti).
In sede di udienza, in data 19/12/2019, il Tribunale del riesame rendeva noto che la documentazione richiesta era prevenuta alla cancelleria alle ore 13,20 del giorno 18/12/2019, invitando il difensore a prendere visione dei decreti autorizzativi ad horas. La difesa obiettava che la brevita’ del tempo concesso non sarebbe stata sufficiente per una compiuta disamina dei decreti e chiedeva che venisse dichiarata la inutilizzabilita’ delle conversazioni intercettate. Si legge nel ricorso che, a prescindere dalla questione riguardante la eccessiva brevita’ del periodo concesso per prendere visione della documentazione, il Tribunale non avrebbe verificato in alcun modo la regolarita’ dei decreti in questione. Sebbene la mancata trasmissione dei decreti autorizzativi non costituisca causa di inefficacia della misura, laddove il difensore ne faccia richiesta, questi devono essere acquisiti d’ufficio dal Tribunale che e’ tenuto parimenti a verificarne la legittimita’ al fine di valutare la utilizzabilita’ del contenuto delle intercettazioni.
– II) La motivazione del provvedimento sarebbe inoltre carente nella parte riguardante il profilo della gravita’ indiziaria. Il Tribunale non avrebbe tenuto conto delle numerose doglianze difensive rappresentate nelle memorie depositate all’udienza del 19/12/19.
3. Il P.G., con requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi dedotti dal ricorrente sono infondati, pertanto il ricorso deve essere rigettato.
2. In ordine al profilo riguardante la mancata trasmissione al Tribunale del riesame dei decreti autorizzativi e’ d’uopo richiamare il principio di diritto, recentemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimita’, in base al quale: “In tema di intercettazioni telefoniche, la mancata allegazione, da parte del P.M., dei relativi decreti autorizzativi a corredo della richiesta di l’applicazione di misure cautelari e la successiva omessa trasmissione degli stessi al Tribunale del riesame a seguito di impugnazione del provvedimento coercitivo, non determina ne’ l’inefficacia della misura ne’ l’inutilizzabilita’ delle intercettazioni, ma obbliga il Tribunale ad acquisire d’ufficio tali decreti ove la parte ne faccia richiesta” (cosi’ Sez. 1, Sentenza n. 823 del 11/10/2016, dep. 10/01/2017, Rv. 269291 – 01; precedenti conformi n. 4631 del 2005 Rv. 230685 – 01; n. 8806 del 2005 Rv. 231083 – 01; n. 42371 del 2007 Rv. 238059 – 01).
Nella procedura in esame, il Tribunale, sollecitato dalla difesa, con ordinanza interlocutoria, ha correttamente provveduto ad acquisire d’ufficio i decreti autorizzativi. Ne deriva, sulla base dell’orientamento citato, dal quale non si individuano ragioni per discostarsi, la infondatezza di ogni rilievo riguardante la inefficacia della misura o la inutilizzabilita’ del contenuto delle conversazioni intercettate a causa della mancanza originaria dei decreti autorizzativi.
Diversa questione e’ quella che attiene alla lamentata impossibilita’ di prendere visione della documentazione acquisita nel termine di tre ore assegnato dal Tribunale. La difesa sottolinea, in proposito, che sarebbe stato concesso un periodo insufficiente per l’esame dei decreti. Tale doglianza, tuttavia, non risulta fondata: il Tribunale ha messo in rilievo che la documentazione acquisita non era particolarmente copiosa (i decreti autorizzativi acquisiti erano soltanto 12, oltre a due decreti di proroga) e che la difesa si e’ opposta al termine concesso senza prendere cognizione neppure sommariamente del contenuto del CD su cui erano riversati gli atti.
Ebbene, proprio con riferimento al procedimento del riesame la giurisprudenza di legittimita’ ha affermato che, in caso di introduzione di nuovi elementi probatori da parte del P.M., deve essere assegnato un congruo termine al difensore, ma la congruita’ di tale termine va apprezzata anche in rapporto alla scansione temporale che governa il procedimento di riesame,al fine di consentire il rispetto del termine di dieci giorni per la decisione, previsto dall’articolo 309 c.p.p., commi 9 e 10, (cfr. Sez. 6, n. 35690 del 12/06/2019, Catalano, Rv. 277194 – 01). Si e’ anche precisato sull’argomento – sia pure con riferimento alla materia delle misure cautelari reali – che tale termine di solito non richiede il rinvio ad altra data, ma puo’ risolversi in una contenuta sospensione (Sez. 3, n. 22137 del 6/5/2015, Benocci, rv. 263664).
In conclusione, alla luce della precisazione del Tribunale sul numero di atti da esaminare e del tempo assegnato, non sembra sostenibile che vi sia stata alcuna compressione del diritto di difesa: la parte non ha inteso fruire del termine ad horas assegnato dal Tribunale ritenendolo inadeguato senza neppure prendere cognizione della entita’ dei documenti da esaminare.
Da ultimo, la difesa sostiene come il Tribunale non abbia verificato la correttezza e la legittimita’ dei decreti autorizzativi. Tale affermazione e’ assertiva. Deve ritenersi che, in conseguenza della materiale acquisizione dei decreti autorizzativi e di proroga, gli stessi siano stati esaminati dal Tribunale. Invero, la conferma dell’ordinanza genetica seguita all’acquisizione dei provvedimenti lascia intendere che il Tribunale abbia compiuto una verifica di concreta utilizzabilita’ degli esiti delle operazioni di captazione, che peraltro non esigeva – se non in rapporto a specifiche deduzioni difensive – un’articolata disamina nell’ordinanza impugnata.
Non puo’ sostenersi dunque che il Tribunale, dopo aver acquisito i decreti autorizzativi, non abbia compiuto il necessario vaglio con riguardo ai vari profili che valgono a rendere utilizzabili le conversazioni intercettate.
Per contro, deve rimarcarsi come nel presente ricorso non sia stata espressamente formulata alcuna censura in ordine a specifici profili di inutilizzabilita’ delle intercettazioni, cio’ che comporta, sotto questo profilo, la genericita’ del motivo di ricorso riguardante il vaglio delle condizioni di legittimita’ delle captazioni.
3. Manifestamente infondato e’ il secondo motivo di ricorso nel quale la difesa deduce genericamente la carenza di un’adeguata motivazione in ordine al profilo riguardante la gravita’ indiziaria. Tale affermazione non trova riscontro in atti, avendo il Tribunale dato conto in modo puntuale delle ragioni poste a fondamento del provvedimento adottato. Anche la questione riguardante la lamentata mancanza di considerazione delle memorie prodotte dalla difesa e’ prospettata in modo generico. Sul punto si richiama l’orientamento consolidato di questa Corte che impone alla parte che deduca l’omessa valutazione di memorie difensive l’onere di indicare, pena la genericita’ del motivo di impugnazione, l’argomento decisivo per la ricostruzione del fatto contenuto nelle memorie e non valutato dal giudice nel provvedimento impugnato (cosi’ Sez. 5, n. 24437 del 17/01/2019, Rv. 276511 – 01; conformi: n. 4031 del 2016, Rv. 267561 – 01; n. 18385 del 2018, Rv. 272739 – 01, n. 23097 del 2019, Rv. 276199 – 03, n. 5075 del 2018, Rv. 272009 – 01, n. 18453 del 2012, Rv. 252713 – 01, n. 269 del 2014, Rv. 258456 – 01; n. 51117 del 2017, Rv. 271600).
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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