In tema di imposte sul reddito

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 febbraio 2021| n. 3098.

In tema di imposte sul reddito, le somme o gli altri beni che il socio riceva dalla società soggetta ad IRES, a titolo di ripartizione delle riserve di capitale (o degli altri fondi costituiti con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale), e che poi restituisca alla società di capitale, quando eccedenti il costo fiscale della partecipazione costituiscono utili con conseguente loro tassazione (per le partecipazioni non qualificate con la ritenuta prevista dall’art. 27, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973), trattandosi di operazioni di ripartizione e restituzioni generanti reddito derivante dall’impiego di capitale e non da evento realizzativo della partecipazione.

Ordinanza|9 febbraio 2021| n. 3098

Data udienza 5 novembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Irpef – Somma del socio eccedente il costo della partecipazione – Natura di utile da partecipazione perchè derivante dall’impiego di capitale – Applicazione dell’imposta al 60% ex art. 47 comma 1 Dpr n. 917/86 ante novella del 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere

Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 5191-2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
E contro
(OMISSIS) SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 62/2013 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA, depositata il 04/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/11/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

RILEVATO

che:
A seguito di verifica condotta dalla Guardia di Finanza nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. e poi nei riguardi della Srl (OMISSIS), l’Agenzia delle entrate emise e notifico’ a (OMISSIS) un avviso di accertamento, con il quale per l’anno d’imposta 2005 era rettificato dell’importo di Euro 592.000,00 il suo reddito imponibile. L’atto impositivo era scaturito dalla constatazione che nell’anno 2005 il contribuente aveva percepito dalla (OMISSIS), di cui dal 2001 era divenuto socio unico, le predette somme, per poi versarle negli anni 2005-2006 nelle casse della (OMISSIS) s.r.l., di cui era legale rappresentante. Al contribuente era anche notificata la relativa cartella di pagamento.
Era seguito il contenzioso, nel quale il (OMISSIS) aveva contestato sia l’entita’ dell’importo sottoposto a tributo sia la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 47, commi 1 e 5. In particolare aveva asserito che una parte di quelle somme riguardava l’anno d’imposta 2006; in ogni caso si trattava di importi derivanti da distribuzione di riserve di capitale, dunque non imponibili ai sensi dell’articolo 47 cit., comma 5; in ogni caso, qualora invece riconducibili ad utili, gli stessi andavano sottoposti a tassazione dei limiti del 40%, ai sensi dell’articolo 47 cit., comma 1.
La Commissione tributaria provinciale di Rovigo, con sentenza n. 78/01/2012, e la Commissione tributaria regionale del Veneto, con sentenza n. 62/22/2013, depositata il 4 luglio 2013, avevano rigettato il ricorso del contribuente.
Il (OMISSIS) ha censurato la sentenza del giudice regionale con due motivi:
con il primo per violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 47, comma 5, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto legittima la ripresa a tassazione di somme ricevute a titolo di ripartizione di riserve o di altri fondi costituiti con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale;
con il secondo per violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 47, comma 1, nonche’ dell’articolo 53 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente riconosciuto legittima la ripresa a tassazione delle predette somme nella misura del loro intero ammontare e non del 40%.
Ha dunque chiesto la cassazione della sentenza con ogni consequenziale statuizione.
Si e’ costituita l’Agenzia delle entrate, che ha contestato le ragioni del ricorso, di cui ha chiesto il rigetto.
Non si e’ costituito l’agente della riscossione.
Nell’adunanza camerale del 5 novembre 2020 la causa e’ stata trattata e decisa. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis 1 c.p.c..

CONSIDERATO

Che:
Con il primo motivo il contribuente lamenta l’erronea applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 47, comma 5, laddove la Commissione regionale, aderendo all’interpretazione data dall’Amministrazione finanziaria, ha ritenuto riconducibile ad imponibile la somma di Euro 592.800,00 ricevuta dal (OMISSIS). Nelle sue difese il ricorrente invoca il dato testuale dell’articolo, secondo cui “non costituiscono utili le somme e i beni ricevuti dai soci delle societa’ soggette all’imposta sul reddito delle societa’ a titolo di ripartizione di riserve o altri fondi costituiti con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale: tuttavia le somme o il valore normale dei beni ricevuti riducono il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute.”. Deduce che dalla norma si evinca che tali somme non abbiano natura reddituale, ne’ avrebbe rilievo quanto affermato dal giudice d’appello, secondo cui l’esclusione dall’imponibile dei predetti importi sarebbe giustificato nelle sole ipotesi in cui la restituzione sia operata nei confronti delle medesime persone fisiche finanziatrici. Cio’ perche’, a detta del ricorrente, nel momento in cui il socio finanziatore, dopo l’erogazione di quelle somme, rinunci al proprio credito, il conferimento “diviene parte esclusiva del capitale e del patrimonio societario” e la sua restituzione “e’ sprovvista di rilevanza reddituale”.
Il ragionamento, piuttosto contraddittorio, non trova condivisione ed e’ peraltro disatteso dalla stessa formulazione della norma. Infatti e’ pur vero che questa esclude espressamente dalla tassazione le restituzioni ai soci delle riserve o degli altri fondi costituiti con versamenti fatti dai medesimi soci a fondo perduto o in conto capitale, ma chiarisce anche che le somme o gli altri beni ricevuti “riducono” il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute. Il che pone il problema dell’ipotesi in cui le restituzioni vadano oltre lo stesso costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni azionarie o delle quote.
Se infatti l’esclusione dall’imponibile ha l’intento di estromettere dalla tassazione le restituzioni dei conferimenti eseguiti dai medesimi soci, cio’ non costituisce tuttavia operazione indifferente per lo stato patrimoniale e in particolare per le componenti del patrimonio netto, cosi’ che la ripartizione di tali riserve o fondi, esclusane la natura di utile, incide comunque sul costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o delle quote. L’effetto e’ che la medesima operazione di ripartizione e restituzione, quando la somma (o il valore dei beni) ecceda il costo fiscale delle partecipazioni, viene ricondotta nell’alveo degli utili con la sua conseguente tassazione (per le partecipazioni non qualificate con la ritenuta prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 27, comma 1). La tassabilita’ nell’ipotesi ora rappresentata e’ riconosciuta dalla dottrina ed e’ peraltro condivisibilmente spiegata nella Circolare 16/06/2004, n. 26 dell’Agenzia delle entrate, che rileva come l’eventuale somma ricevuta dal socio, quando eccedente il costo fiscale della partecipazione, deve qualificarsi come utile perche’ si tratta di un reddito derivante dall’impiego di capitale e non da un evento realizzativo della partecipazione, inquadrabile come tale tra le fattispecie che danno luogo a redditi diversi di natura finanziaria. Nel solco della medesima interpretazione si riscontra anche la Circolare 14/07/2004, n. 32, della (OMISSIS).
Peraltro nel caso di specie i conferimenti in favore della societa’ erano stati eseguiti dai soci precedenti, che, con la cessione delle rispettive quote senza pretendere la restituzione di alcunche’, avevano evidentemente rinunciato ai loro versamenti, cosi’ implementando il capitale sociale della (OMISSIS). A maggior ragione il prelievo dei medesimi importi da parte del (OMISSIS), che aveva acquistato l’intera partecipazione sociale al valore nominale delle quote, pari ad Euro 10.400,00 (valore mai contestato), ha comportato la realizzazione di un reddito di capitale, configurabile come utile da partecipazione. E d’altronde tale interpretazione e’ coerente con l’ipotesi prevista e disciplinata dalla medesima norma, successivo comma 7, secondo cui “le somme…. ricevute dai soci in caso di….. riduzione del capitale esuberante…. costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate.”. Nell’un caso come nell’altra ipotesi l’impoverimento del patrimonio sociale derivante dall’attribuzione di parte del capitale al socio costituisce operazione tassabile come utile.
E’ appena il caso di evidenziare che la stessa difesa del contribuente a pag. 9, penultimo cpv, afferma che “allorche’ il capitale restituito non si riveli eccedentario rispetto al capitale concesso in impiego, la somma restituita non potra’ avere alcuna connotazione reddituale, nell’accezione di “reddito entrata” (arricchimento) propria del nostro ordinamento.”. Inoltre sempre nella difesa del ricorrente si afferma che “nel momento in cui il socio rinuncia al proprio credito nei confronti della societa’, la somma finanziata diviene parte esclusiva del capitale e del patrimonio societario.”. Nel caso di specie i cedenti delle quote sociali nulla avevano preteso dei versamenti conferiti, sicche’ il capitale e il patrimonio sociale si era accresciuto. Peraltro, a fronte del prezzo di Euro 10.400,00 con cui il (OMISSIS) aveva acquistato le quote sociali – prezzo mai indicato in un importo diverso e maggiore -, questi ha percepito quasi 592.000,00 Euro, con cio’ perfezionando un’operazione di “arricchimento”, che non poteva certo essere esentata da tassazione.
Il motivo va pertanto disatteso.
Non trova accoglimento neppure il secondo motivo, con il quale il ricorrente si duole della violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 47, comma 1, per aver erroneamente riconosciuto legittima la ripresa a tassazione delle predette somme nella misura del loro intero ammontare e non del 40%. Il (OMISSIS) denuncia in particolare l’erroneita’ delle argomentazioni del giudice regionale, secondo cui la limitazione al 40% dell’imponibile tassabile richiedeva la preventiva delibera assembleare nonche’ l’esposizione in dichiarazione, condizioni non verificatesi. Di contro, prosegue il contribuente, nel caso di specie non poteva esservi alcuna delibera perche’ non si trattava di utili societari, e comunque alcuna norma prescriveva la previa delibera assembleare.
La censura e’ infondata per le ragioni appresso specificate.
Va rammentato che l’articolo 47 cit., comma 1, vigente ratione temporis, e cioe’ nella formulazione anteriore alle modifiche apportate dalla L. 27 dicembre 2017, n. 205, prevedeva il concorso degli utili alla formazione del reddito imponibile complessivo del percipiente, ma con una parziale esclusione, calcolata in una percentuale, via via modificatasi nel corso degli anni e che nell’anno d’imposta 2005 era pari al 60%. Gli utili percepiti dal socio entravano pertanto nell’imponibile complessivo del percettore nella misura del 40%. L’esclusione parziale aveva la finalita’ di mitigare gli effetti della doppia imposizione economica, per essere stati, quegli utili distribuiti, gia’ tassati in capo alla societa’.
Nel caso di specie le somme percette dal (OMISSIS) non rispondevano agli utili gia’ sottoposti ad Ires, per cui la fattispecie esulava fiscalmente dal rischio della doppia imposizione. Ne’ il ricorrente ha mai affermato che quegli importi fossero stati gia’ sottoposti all’imposta gravante sulla societa’. Ne discende che alla determinazione della base imponibile delle somme percepite dal (OMISSIS) non poteva trovare applicazione la disciplina prevista dal cit. articolo 47, comma 1.
In conclusione il ricorso va rigettato. All’esito della controversia segue la soccombenza del (OMISSIS) anche nelle spese del giudizio di legittimita’, che si liquidano nella misura specificata in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il (OMISSIS) alla rifusione delle spese del giudizio, che si liquidano nella misura di Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del medesimo articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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