In tema di furto ed il fine di profitto

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 7 maggio 2020, n. 13842.

Massima estrapolata:

In tema di furto, il fine di profitto, che integra il dolo specifico del reato, non ha necessario riferimento alla volontà di trarre un’utilità patrimoniale dal bene sottratto, ma può anche consistere nel soddisfacimento di un bisogno psichico e rispondere, quindi, ad una finalità di vendetta, di ritorsione o di dispetto.

Sentenza 7 maggio 2020, n. 13842

Data udienza 26 novembre 2019

Tag – parola chiave: Furto – Art. 624 bis cp – Furto in abitazione – Elemento soggettivo – Fine di profitto – Criteri di individuazione – Impugnazioni – Mancata riqualificazione giuridica del fatto – Nel reato di furto – Art. 624 cp – Fondatezza – Ratio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRICCHETTI Renato Giusep – Presidente

Dott. ESPOSITO Aldo – rel. Consigliere

Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere

Dott. BRUNO Mariarosaria – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 01/03/2019 della CORTE APPELLO di CATANIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ALDO ESPOSITO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. EPIDENDIO Tomaso, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata relativamente al capo A e rigetto nel resto;
E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di SIRACUSA in difesa di (OMISSIS), che insiste per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza del Tribunale di Siracusa del 25 novembre 2016, con cui (OMISSIS) era stato condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro quattrocento di multa in relazione ai reati di cui all’articolo 624-bis c.p., comma 1 (capo A) e articoli 582 e 585 c.p. (capi B ed E) (furto di una banconota di cinquanta Euro, di un telefonino e delle chiavi di casa; lesioni in danno di (OMISSIS) guaribili in giorni cinque e di (OMISSIS) guaribili in giorni venti).
La vicenda traeva origine dalla denunzia – querela presentata da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), suo ex convivente, il quale l’aveva accusata di intrattenere una relazione sentimentale con tale (OMISSIS), persona da lei conosciuta solo di vista e su Facebook.
Dopo una lite, che aveva causato la loro momentanea separazione, il (OMISSIS) la convinceva ad aprire la porta con la scusa di dover prelevare indumenti personali, ma poi sottraeva la somma di Euro cinquanta, il telefono cellulare e le chiavi di casa dalla borsa della (OMISSIS) e l’aggrediva causandole lesioni. Al pronto soccorso la (OMISSIS) incontrava il (OMISSIS), anche lui malmenato dal (OMISSIS) in tale circostanza.
Secondo la Corte di appello, emergeva un nesso di strumentalita’ tra l’ingresso del (OMISSIS) nell’abitazione della (OMISSIS) e la sottrazione dei beni; esso era collegato alla gelosia del (OMISSIS), il quale prelevava proprio chiavi e telefono cellulare, occorrenti a verificare l’esistenza e il prosieguo della presunta relazione.
2. Il (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo cinque motivi di impugnazione.
2.1. Vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilita’ per il reato di furto in appartamento di cui al capo A).
Si deduce che la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare l’effettivita’ e la definitivita’ della sottrazione anche alla luce del comportamento successivamente tenuto dalla vittima, al fine di stabilire se poteva configurarsi una sua tolleranza equiparabile alla scriminante del consenso dell’avente diritto.
Mancava, infatti, il requisito oggettivo dell’impossessamento del bene, in quanto successivamente al fatto la (OMISSIS) era tornata a vivere col (OMISSIS), come se avesse accettato l’azione del compagno.
Non sussisteva neanche il dolo del reato in questione, in quanto la sottrazione era avvenuta al solo fine di controllare la compagna e l’esistenza di una sua relazione col (OMISSIS); inoltre, il prelievo della somma di Euro cinquanta costituiva la punizione per il tradimento subito.
Pur premettendo l’esposizione dei rilievi difensivi qui sopra riportati, la Corte territoriale ometteva ogni loro esame.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’omessa riqualificazione del reato di cui al capo A) in quello previsto dall’articolo 624 c.p..
Si osserva che la fattispecie in esame rientrava in quella di furto semplice per l’assenza del nesso finalistico tra l’ingresso nell’altrui abitazione e la sottrazione dei beni ivi rinvenuti. Al contrario, la Corte di merito aveva ritenuto sufficiente un mero e non meglio specificato nesso di strumentalita’ tra movente e beni sottratti.
2.3. Vizio di motivazione in relazione al diniego della circostanza attenuante prevista dall’articolo 62 c.p., n. 4.
Si rileva che gli effetti della perdita del telefonino e del costo per il suo riacquisto erano stati erroneamente cumulati. Inoltre, il danno doveva essere valutato in relazione alle conseguenze consistenti nella necessita’ di cambio della serratura incompatibili con la successiva riappacificazione.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla configurabilita’ del reato di cui agli articoli 582 e 585 c.p. di cui al capo B).
Si deduce la sussistenza di una notevole divergenza tra le dichiarazioni della persona offesa e le risultanze del certificato medico circa la parte dell’orecchio in cui la vittima aveva riportato le lesioni (rispettivamente sinistra e destra); l’organo giudicante non ha fornito nessuna spiegazione circa l’insanabile contrasto evidenziato dalla difesa.
2.5. Vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio previsto per il reato di cui agli articoli 582 e 585 di cui al capo E).
Si rileva che, alla luce del carattere contingente ed episodico della gelosia ispiratrice del gesto, occorreva prevedere un aumento di entita’ piu’ lieve per il reato satellite di lesioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il secondo motivo di ricorso e’ fondato. Il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso vanno dichiarati inammissibili, mentre il quinto motivo di ricorso resta impregiudicato.
2. Il primo motivo di ricorso, con cui si deduce l’insussistenza del requisito oggettivo dell’impossessamento del bene del reato di furto in appartamento di cui al capo A) per la tolleranza della condotta del (OMISSIS) da parte di (OMISSIS) e del dolo specifico, e’ manifestamente infondato.
2.1. In ordine al primo profilo, non vi sono dubbi sulla ricorrenza del requisito dell’impossessamento dei beni di proprieta’ della (OMISSIS), che erano stati materialmente asportati dall’abitazione della persona offesa.
2.2. Il secondo tema inerente alla configurabilita’ del dolo specifico merita un approfondimento, alla luce dei diversi orientamenti giurisprudenziali di questa Corte in materia.
2.2.1. Secondo un primo indirizzo interpretativo, in tema di furto, il fine di profitto, che integra il dolo specifico del reato, va interpretato in senso restrittivo, e cioe’ come finalita’ di ricavare dalla cosa sottratta un’utilita’ apprezzabile in termini economico patrimoniale (Sez. 5, n. 25821 del 05/04/2019, El Sheshtawi, Rv. 276516; Sez. 5, n. 30073 del 23/01/2018, Lettina, Rv. 273561, relativa a fattispecie in cui la Corte non ha ritenuto integrato l’elemento soggettivo del reato di furto nella condotta dell’imputato che aveva sottratto la borsa alla persona offesa solo per finalita’ “di dispetto, di reazione o come modalita’ per mantenere il contatto con lei”; Sez. 4, n. 47997 del 18/09/2009, Nutu, Rv. 245742). Talora, si specifica che esso consiste nella finalita’ di incrementare la sfera patrimoniale dell’agente, sia pure in vista dell’ulteriore obiettivo, perseguito in via mediata, di realizzare un bisogno umano anche solo meramente spirituale (Sez. 5, n. 40438 del 01/07/2019, Stawicka, Rv. 277319, relativa a fattispecie in cui la Corte ha escluso potesse essere integrato il fine di profitto nella condotta degli imputati che, a soli fini dimostrativi, si erano appropriati di un rilevante numero di cani di razza per sottrarli al regime di segregazione di uno stabulario).
Le argomentazioni poste a sostegno di tale orientamento sono le seguenti: a) l’inserimento del furto in abitazione tra i delitti contro il patrimonio, quale bene/interesse tutelato dalla norma evocata; b) l’esigenza di non vanificare la funzione del dolo specifico, consistente nel limitare i fatti punibili a titolo di furto; c) l’individuazione di una linea di demarcazione tra il furto ed altre figure di reato non caratterizzate dallo scopo di profitto da parte dell’agente, della costruzione della fattispecie di furto non solo sulla base oggettivistica dell’offesa patrimoniale arrecata alla vittima, ma anche su quella, ad impronta soggettivistica, del profitto dell’agente; d) la funzione selettiva e garantistica della tipicita’ penale, per evitare di ampliare a dismisura la sfera del furto a discapito di quella del danneggiamento o di estenderla a fatti non meritevoli di sanzione penale, pervenendo, in definitiva, ad una interpretatio abrogans del detto elemento essenziale, degradato ad un profitto in re ipsa, coincidente con il movente dell’azione.
2.2.2. Un secondo filone giurisprudenziale rileva che, in tema di furto, il profitto puo’ consistere in qualsiasi utilita’, anche di natura non patrimoniale; non ha, percio’, necessario riferimento alla volonta’ di trarre un’utilita’ patrimoniale dal bene sottratto, ma puo’ anche consistere nel soddisfacimento di un bisogno psichico e rispondere quindi ad altre finalita’ di vantaggio per l’agente, anche di vendetta, di ritorsione o di dispetto (Sez. 5, n. 11225 del 16/01/2019, Dolce, Rv. 275906; Sez. 5, n. 5467 del 25/10/2018, dep. 2019, non massimata, in fattispecie di sottrazione per gelosia del cellulare dell’ex compagna; Sez. 5, n. 21579 del 08/04/2015, B., Rv. 263678; Sez. 4, n. 30 del 18/09/2012, dep. 2013, Caleca, Rv. 254372; Sez. 2, n. 40631 del 09/10/2012, Sesta, Rv. 253593; Sez. 5, n. 19882 del 16/02/2012, Aglietta, Rv. 252679).
Questo Collegio aderisce a tale tradizionale orientamento, secondo cui il fine di trarre profitto dal bene della vita illecitamente acquisito si identifica nell’intenzione di trarre dal bene una qualsiasi utilita’, anche di natura esclusivamente personale e non economica.
Il fine puo’ ben consistere nell’appropriarsi per un periodo apprezzabile di tempo della cosa mobile altrui, anche se solo a scopo emulativo. La limitazione della punibilita’ delle condotte di volontaria sottrazione ed impossessamento di cose mobili altrui alle sole ipotesi di sottrazione dettata da finalita’ economiche priverebbe di tutela penale il possesso delle cose mobili in caso di lesioni dettate da motivazioni non economiche, laddove invece il possesso di tali cose, per via della sua agevole possibilita’ di aggressione determinata dalla natura “mobile” di tali beni, comporta la necessita’ di una tutela completa e non circoscritta alle sole sottrazioni dettate da fini di locupletazione.
Occorre necessariamente identificare il fine di profitto con la soggettiva utilita’ perseguita dall’agente con l’appropriazione della cosa. Una diversa interpretazione, infatti, determinerebbe un restringimento eccessivo della tutela penale.
Cio’ emerge dall’analisi di numerose ipotesi esemplificative, da inquadrare nel delitto di furto: a) la sottrazione di bene per poi successivamente distruggerlo, in caso di impossessamento protrattosi per un periodo di tempo apprezzabile, dovendosi considerare il danneggiamento conseguente all’amotio della res quale fatto non punibile; b) il furto nell’interesse della vittima (sottrazione per impedire che il bene sia carpito o distrutto da terzi; sottrazione di cose allo scialacquatore per impedirgli di dissiparle; sottrazione di alcool all’alcolizzato), talora considerato come ipotesi di assenza del fine di profitto e quindi non punibile per carenza di dolo specifico, da risolvere invece verificando l’eventuale operativita’ di una causa di giustificazione; c) il furto determinato da motivazioni emulative o affettive; d) la sottrazione di beni non commerciabili.
3. Il secondo motivo di ricorso, con cui si chiede la riqualificazione del reato di cui all’articolo 624-bis c.p., comma 1, in quello di cui all’articolo 624 c.p. per l’assenza del nesso finalistico tra l’ingresso nell’altrui abitazione e la sottrazione dei beni ivi rinvenuti, e’ fondato.
Va premesso che, ai fini della configurabilita’ del reato di furto in abitazione, e’ necessario che sussista un nesso finalistico – e non un mero collegamento occasionale – fra l’ingresso nell’abitazione e l’impossessamento della cosa mobile, in quanto il testo dell’articolo 624-bis c.p., comma 1, come novellato dalla L. 26 marzo 2001, n. 128, articolo 2, comma 2, ha ampliato l’area della punibilita’ in riferimento ai luoghi di commissione del reato, ma non ha innovato il profilo della strumentalita’ dell’introduzione nell’edificio, quale mezzo al fine di commettere il reato, gia’ preteso dal previgente articolo 625 c.p., comma 1, n. 1, (Sez. 5, n. 19982 del 01/04/2019, Filippelli, Rv. 275637, in fattispecie relativa al furto di due telefoni cellulari, in cui la Corte ha confermato la condanna riqualificando il fatto ai sensi dell’articolo 624 c.p. e articolo 61 c.p., n. 11 sul presupposto che l’imputato, in quanto fratellastro della persona offesa, aveva libero accesso all’abitazione di questa e dei suoi genitori; Sez. 4, n. 18792 del 28/03/2019, D’Ambrogio, Rv. 276087).
Cio’ posto sui principi operanti in materia, nella fattispecie la Corte di appello ha rilevato che l’introduzione del (OMISSIS) nell’abitazione era stata determinata esclusivamente dall’esigenza di acquisire la disponibilita’ del telefono occorrente per verificare l’esistenza di un’eventuale relazione sentimentale tra la (OMISSIS) ed altro soggetto.
Tale motivazione appare del tutto insufficiente alla luce delle osservazioni formulate dalla difesa del (OMISSIS), che contestava di aver violato il domicilio della compagna.
La Corte territoriale, infatti, non ha adeguatamente approfondito il tema dell’effettiva introduzione nell’abitazione altrui, requisito essenziale ai fini della configurabilita’ del reato, non chiarendo plurime circostanze utili al riguardo: a) il periodo di convivenza tra il (OMISSIS) e la (OMISSIS); b) l’eventuale prosecuzione della convivenza successivamente al litigio; c) l’epoca della ripresa della convivenza. Ovviamente, infatti, non ricorre un’ipotesi di “introduzione nell’altrui abitazione”, nel caso di convivenza o di rientro in casa dopo un semplice litigio o un allontanamento meramente temporaneo: in tal caso non sussisterebbe lo ius excludendi in capo alla (OMISSIS).
In proposito, deve osservarsi l’indefettibilita’ di tale elemento del reato, affinche’ si possa integrare la maggior offensivita’ che giustifica la previsione di una pena maggiormente elevata rispetto al reato di furto comune di cui all’articolo 624 c.p..
Il giudice del rinvio, pertanto, dovra’ approfondire tale aspetto ai fini dell’accertamento della responsabilita’ penale dell’imputato.
4. Il quarto motivo, da trattare anticipatamente per ragioni di ordine logico, con cui si deduce l’inattendibilita’ delle dichiarazioni della (OMISSIS), e’ manifestamente infondato.
La Corte territoriale, infatti, ha fornito una motivazione lineare e coerente sul punto, sottolineando che la dichiarazione della medesima di aver subito lesioni all’orecchio sinistro anziche’ al destro, non ne comportava l’inattendibilita’, in base a quanto emergente dalla certificazione medica, dalle dichiarazioni del (OMISSIS) e dal riscontro dell’entita’ delle lesioni cagionate oltre che alla (OMISSIS) anche allo stesso (OMISSIS), suo presunto amante.
5. Il terzo motivo, con cui si censura la motivazione relativamente al diniego della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 4, e’ manifestamente infondato.
In proposito appare dirimente l’orientamento espresso in proposito dalla giurisprudenza di legittimita’, in base al quale, in tema di furto, come afferma la giurisprudenza di legittimita’ ampiamente prevalente e qui condivisa, la circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 4, ricorre solo quando il danno patrimoniale subito dalla parte offesa come conseguenza diretta e immediata del reato sia di valore economico pressoche’ irrilevante (Sez. 2, n. 15576 del 20/12/2012, dep. 2013, Mbaye, Rv. 255791).
La Corte territoriale ha correttamente rilevato che non puo’ essere di speciale tenuita’ il danno patrimoniale riscontrabile alla luce del valore economico dei beni sottratti (telefono cellulare e relativa scheda telefonica).
6. La sentenza impugnata, pertanto, va annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catania, limitatamente al reato di cui al capo A).
Il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso vanno dichiarati inammissibili e il quinto motivo riguardante il trattamento sanzionatorio resta impregiudicato.
Ai sensi dell’articolo 624 c.p.p., comma 1, va dichiarata l’affermazione di responsabilita’ dell’imputato in ordine ai reati di cui ai capi B) ed E).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo A, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Catania altra sezione. Dichiara inammissibili il primo, il terzo e il quarto motivo del ricorso e impregiudicato il quinto riguardante il trattamento sanzionatorio. Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilita’ dell’imputato in ordine ai reati di cui ai capi B ed E.
Si da’ atto che il presente provvedimento e’ sottoscritto solo dal consigliere estensore (piu’ anziano del collegio) per impedimento del suo presidente, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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