In tema di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|12 marzo 2021| n. 9886.

In tema di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la circostanza attenuante ad effetto speciale prevista dall’art. 12, comma 3-quinquies, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, presuppone che la collaborazione abbia ad oggetto i fatti per cui si procede. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l’attenuante concessa dai giudici di merito in quanto l’imputato aveva fornito un contributo per delitti diversi, pur se della stessa specie, da quelli oggetto del giudizio).

Sentenza|12 marzo 2021| n. 9886

Data udienza 26 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Associazione a delinquere – Immigrazione clandestina – Favoreggiamento – Attenuante speciale – Collaborazione ex art. 12 co 3 quinquies dlgs 286/98 – Riconoscimento – Condizioni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere

Dott. APRILE Stefano – rel. Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO la CORTE D’APPELLO DI PALERMO;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
e da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS)
avverso la sentenza del 09/09/2019 della CORTE d’ASSISE di APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere APRILE STEFANO.
lette le conclusioni scritte:
– del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ZACCO FRANCA, che ha concluso per l’inammissibilita’ di entrambi i ricorsi;
– del difensore di (OMISSIS), in persona dell’avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso del Procuratore generale;
– del difensore di (OMISSIS), in persona dell’avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’Assise d’appello di Palermo, giudicando sugli appelli proposti dagli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) (o (OMISSIS)) (OMISSIS) avverso la sentenza pronunciata dalla Corte d’Assise di Palermo in data 29/11/2018, che li aveva giudicati responsabili dei reati di partecipazione a un’associazione a delinquere aggravata finalizzata all’immigrazione clandestina (articolo 416 c.p., commi 2, 5 e 6, L. n. 146 del 2006, articolo 4, capo A), di concorso in immigrazione clandestina aggravata (articolo 81 cpv. c.p., articolo 110 c.p., Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, commi, 3, lettera a) d), 3-bis, 3-ter, lettera d), (capi E, F e G), di associazione per delinquere aggravata finalizzata alla commissione di reati contrabbando (Decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, articolo 291-quater, commi 1, 2 e 3 – capo H), di concorso nell’introduzione aggravata di TLE (articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, articolo 291-bis, L. n. 146 del 2006, articolo 4 capo I), condannando ciascuno, con le circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni 6 e mesi 6 di reclusione ed Euro 350.000,00 di multa, con l’interdizione dai pubblici uffici per anni 5 e l’interdizione legale durante la pena oltre alla espulsione e alla confisca:
– ha parzialmente riformato nei confronti di (OMISSIS) la sentenza di primo grado, applicando la circostanza attenuante speciale della collaborazione di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3-quinquies, riducendo la pena ad anni 4 e mesi 10 di reclusione ed Euro 175.000,00 di multa, eliminando la pena accessoria dell’interdizione legale;
– ha dichiarato inammissibile per genericita’ l’appello proposto nell’interesse di (OMISSIS).
2. Ricorrono il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Palermo e (OMISSIS) (o (OMISSIS)), a mezzo del difensore avv. (OMISSIS).
2.1. Il Procuratore generale denuncia la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo al riconoscimento della circostanza attenuante speciale della collaborazione Decreto Legislativo n. 286 del 1998, ex articolo 12, comma 3-quinquies, in quanto ancorata al contributo, nient’affatto rilevante, fornito dall’imputato (OMISSIS) a carico di altri soggetti per altri e distinti reati rispetto a quelli per cui si procede.
Infatti, nessun contributo e’ stato fornito, come riconoscono la difesa e la sentenza impugnata, in relazione ai fatti per cui e’ processo, mentre le dichiarazioni dell’imputato, peraltro generiche, rese a carico di diversi soggetti eventualmente responsabili di altri fatti, cui (OMISSIS) neppure ha preso parte, sono state illegittimamente poste a fondamento dell’attenuante speciale che riguarda, piuttosto, i reati per cui si procede, le prove di essi e il ruolo dei concorrenti.
2.2. Il ricorso nell’interesse di (OMISSIS) (o (OMISSIS)) denuncia il vizio della motivazione con riguardo alla ritenuta genericita’ dei motivi di appello che, invece, erano specifici in quanto contestavano gli elementi di accusa, escludendo: rilevanza accusatoria alla confessione dell’imputata, perche’ generica; alle conversazioni telefoniche, non attribuibili all’imputata; alla partecipazione a un incontro con altri sodali, mancando la prova della presenza della donna.
3. Fissata la trattazione del ricorso per l’udienza del 22/6/2020, il procedimento veniva rinviato ex lege in forza del Decreto Legge 8 marzo 2020, n. 11, e successivi.
In forza dei provvedimenti emessi a norma del Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, commi 6 e 7, e successivi, il ricorso veniva quindi fissato per l’odierna udienza, con regolare avviso alle parti, nel rispetto del termine di legge tenuto conto dei sopra richiamati provvedimenti di fissazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso del Procuratore generale e’ fondato; quello nell’interesse di (OMISSIS) e’ inammissibile.
2. Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, dopo avere introdotto nei primi commi i reati attinenti all’immigrazione clandestina, le relative ipotesi aggravate e le disposizioni in tema di limiti al bilanciamento delle circostanze, introduce una speciale attenuante per la collaborazione (comma 3-quinquies, inserito dalla L. 30 luglio 2002, n. 189, articolo 11, comma 1, lettera d)).
La norma in discorso stabilisce: “Per i delitti previsti dai commi precedenti le pene sono diminuite fino alla meta’ nei confronti dell’imputato che si adopera per evitare che l’attivita’ delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l’autorita’ di polizia o l’autorita’ giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l’individuazione o la cattura di uno o piu’ autori di reati e per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti”.
2.1. La disposizione echeggia, nel filone inaugurato dalla legislazione antiterrorismo (29 maggio 1982, n. 304), altre analoghe norme premiali introdotte in vari settori del diritto penale; tra esse meritano di essere ricordati: L. n. 203 del 1991, articolo 8 (ora articolo 416-bis c.p. 1, comma 3), in tema di associazioni mafiose; l’articolo 73, comma 7, e articolo 74, comma 7, TU Stup., in tema di stupefacenti; l’articolo 270-bis.1 c.p., comma 3, in tema di terrorismo; l’articolo 630, quarto e comma 5, c.p., in tema di sequestro di persona a scopo di estorsione.
Si tratta di norme che, seppure con diverse connotazioni, sono tutte incentrate sulla “dissociazione” del correo; sull’adoperarsi per evitare che l’attivita’ delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori; sull’aiuto nella raccolta di prove decisive per l’individuazione e cattura dei concorrenti.
2.2. La speciale disposizione in tema di immigrazione clandestina, di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3-quinquies, e’ strutturata sui medesimi elementi nodali che costituiscono l’architrave su cui si fonda la legislazione premiale introdotta in altri campi del diritto penale.
La giurisprudenza di legittimita’ ha, infatti, affermato che “in tema di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, al fine del riconoscimento della circostanza attenuante ad effetto speciale della collaborazione, prevista in favore di chi si adoperi per evitare che l’attivita’ delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, non e’ sufficiente ravvisare un qualsiasi atteggiamento di resipiscenza dell’imputato, la sua confessione di responsabilita’ o la descrizione di circostanze di secondaria importanza, ma neanche e’ necessario che egli fornisca da solo il contributo decisivo all’accertamento dei fatti, essendo necessario che offra una collaborazione reale e utile alle indagini per la ricostruzione dei fatti e per la punizione degli autori dei delitti, da valutare in funzione delle cognizioni che appartengono al singolo imputato” (Sez. 1, n. 2203 del 14/11/2017 dep. 2018, P.G. in proc. Balde, Rv. 272058).
Si e’, del resto, chiarito che “in tema di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, al fine del riconoscimento della circostanza attenuante ad effetto speciale della collaborazione, prevista in favore di chi si adoperi per evitare che l’attivita’ delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, non sono sufficienti un atteggiamento qualsiasi di resipiscenza dell’imputato, una sua confessione di responsabilita’ o la descrizione di circostanze di secondaria importanza, ma neanche e’ richiesto che egli dia da solo il contributo decisivo all’accertamento dei fatti, essendo necessario che fattivamente contribuisca nel fornire agli inquirenti e al processo un aiuto nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per la punizione degli autori dei delitti. Ne discende che, in presenza di una effettiva volonta’ di collaborazione e di un comportamento in tal senso univoco, l’applicazione dell’attenuante puo’ essere esclusa solo quando il contributo alle indagini, intervenuto in presenza di un quadro probatorio che gia’ aveva consentito di individuare con certezza i responsabili del reato, non e’ risultato determinante ai fini della decisione” (Sez. 1, n. 6296 del 01/12/2009 dep. 2010, Lin, Rv. 246104).
Se ne deve desumere, secondo un ragionamento logico che discende dal tenore della disposizione esaminata, che la collaborazione deve avere per oggetto, onde derivarne il beneficio premiale di cui si tratta, anzitutto i fatti per cui si procede, tanto e’ vero che la sentenza da ultimo citata ha precisato che quando si sia proceduto separatamente a carico dei correi, la valutazione della condotta di collaborazione non puo’ prescindere da quella del giudice del procedimento separato che abbia apprezzato il peso probatorio, decisivo o di mero contorno, fornito dal collaborante.
2.3. Le conclusioni dianzi esposte sono perfettamente consonanti con gli approdi giurisprudenziali raggiunti con riferimento alle analoghe disposizioni premiali introdotte nell’ordinamento penale repressivo.
Si e’, infatti, chiarito che “l’attenuante della dissociazione (Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 8, convertito con L. 12 luglio 1991, n. 203) opera esclusivamente in quei processi nei quali l’attivita’ di collaborazione con la giustizia venga effettivamente esplicata, sicche’ deve escludersene l’applicazione quando la condotta dissociativa riguardi fatti diversi da quelli in relazione ai quali l’attenuante viene invocata ovvero quando il contributo intervenga in presenza di un quadro probatorio che aveva gia’ consentito l’individuazione dei concorrenti nel reato” (Sez. 3, n. 3078 del 12/12/2012 dep. 2013, Romeo, Rv. 254142).
Del resto, l’orientamento e’ largamente consolidato: Sez. 2, n. 1311 del 23/01/1997, Settineri, Rv. 207123, ha precisato che “l’attenuante che Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 8, convertito con L. 12 luglio 1991, n. 203, prevede a favore di chi, nei reati di tipo mafioso, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l’attivita’ delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorita’ di polizia o l’autorita’ giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti o per l’individuazione o la cattura degli autori dei reati, opera esclusivamente in quei processi nei quali l’attivita’ di collaborazione con la giustizia venga effettivamente esplicata, per cui deve escludersene l’applicazione quando la dissociazione – ancorche’ ufficialmente riconosciuta con l’ammissione dell’interessato allo speciale programma di protezione per i collaboratori di giustizia – riguardi fatti diversi da quelli in relazione ai quali l’attenuante si invoca, ovvero quando il contributo intervenga in presenza di un quadro probatorio che aveva gia’ consentito l’individuazione dei concorrenti nel reato” (in senso analogo Sez. 5, n. 33373 del 25/06/2008, Russo, Rv. 240994).
2.4. E’ dunque fondato il ricorso del Procuratore generale che denuncia la violazione di legge con riguardo al riconoscimento dell’attenuante per fatti diversi da quelli oggetto del giudizio a carico dell’imputato.
Cio’ determina l’annullamento senza rinvio sul punto della decisione impugnata, non essendo controverso che l’attenuante era stata richiesta con l’appello dell’imputato e applicata dal giudice di secondo grado unicamente sul presupposto che l’imputato avesse fornito un “originale contributo all’accertamento di fatti delittuosi della stessa specie di quelli per cui si procedeva” (pag. 8 della sentenza di appello) nell’ambito di un distinto procedimento per fatti ai quali l’imputato non aveva preso parte, il che esorbita completamente dal raggio di azione dell’attenuante speciale della collaborazione Decreto Legislativo n. 286 del 1998, ex articolo 12, comma 3-quinquies.
Nessuna diversa censura era stata proposta dall’imputato con riguardo alla decisione del giudice di primo grado che era stata appellata unicamente con riguardo alla richiesta di applicazione dell’attenuante speciale, esclusa proprio perche’ il contributo offerto dall’imputato era relativo a fatti diversi rispetto a quelli oggetto del giudizio.
Mai, l’imputato appellante e la Corte di secondo grado, hanno fatto riferimento alla rilevanza del contributo per l’accertamento dei fatti oggetto del giudizio, sicche’ non e’ necessario procedere al giudizio di rinvio, potendosi rispristinare la pena irrogata dal primo giudice, in mancanza di altri motivi di appello e di ricorso per cassazione dell’imputato sul trattamento sanzionatorio.
Nessun motivo di appello era stato sviluppato sul trattamento sanzionatorio, essendo, del resto, gia’ state riconosciute dal primo giudice le circostanze attenuanti generiche, sicche’ non sarebbe in alcun caso utile il giudizio di rinvio ne’ potrebbe il giudice, in difetto di doglianze con tenute nell’originario atto di impugnazione, ridurre il trattamento sanzionatorio e applicare circostanze attenuanti (Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, B., Rv. 271869) nonche’ modificare il giudizio di bilanciamento (Sez. 2, n. 40997 del 26/06/2013, Petito, Rv. 257234). Si noti che il principio e’ stato autorevolmente ribadito con riguardo al beneficio della sospensione condizionale, pure previsto dall’articolo 597 c.p.p., comma 3, da SU Salerno, secondo la quale “in tema di sospensione condizionale della pena, fermo l’obbligo del giudice d’appello di motivare circa il mancato esercizio del potere-dovere di applicazione di detto beneficio in presenza delle condizioni che ne consentono il riconoscimento, l’imputato non puo’ dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione, qualora non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito” (Sez. U, n. 22533 del 25/10/2018 dep. 2019, Salerno, Rv. 275376).
3. E’ inammissibile il ricorso di (OMISSIS) perche’ generico e assertivo la’ dove si limita a tacciare di erroneita’ la declaratoria di inammissibilita’ dell’appello che aveva evidenziato: la piena rilevanza della confessione, che l’atto di appello ometteva del tutto di criticare; la riferibilita’ all’imputata delle conversazioni intercettate, che invece l’appello riteneva erronea in modo pretestuoso, omettendo di criticare la logica considerazione che la donna usava il telefono del marito (OMISSIS), cosi’ venendo agevolmente identificata.
3.1. Del resto il ricorso non contesta specificamente la motivazione stesa dal giudice di secondo grado, limitandosi a riproporre le censure sviluppate in appello, mentre il giudice di secondo grado si e’ pienamente attenuto alle indicazioni giurisprudenziali di questa Corte di legittimita’.
Si e’, infatti, chiarito che “l’appello, al pari del ricorso per cassazione, e’ inammissibile per difetto di specificita’ dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificita’, a carico dell’impugnante, e’ direttamente proporzionale alla specificita’ con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato” (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822).
Deve essere, conclusivamente, rimarcato che “in tema di ammissibilita’ dell’impugnazione, a fronte di una pronuncia di primo grado che affermi la responsabilita’ dell’imputato in relazione a piu’ capi di imputazione sulla base di considerazioni separatamente svolte per ciascuno dei fatti contestati e in ragione della valutazione di elementi probatori differenti specificamente esposti per ciascuna imputazione, l’atto di appello non puo’ limitarsi ad una generica contestazione della attribuibilita’ dei fatti all’imputato” (Sez. 2, n. 53482 del 15/11/2017, Barbato, Rv. 271373), sicche’ risulta evidente l’inammissibilita’ dell’appello che, come puntualmente rilevato dal giudice di secondo grado, non contestava il contenuto accusatorio delle dichiarazioni di (OMISSIS), acquisite sull’accordo delle parti, dei testi e delle intercettazioni telefoniche da cui emergeva il pieno coinvolgimento dell’imputata che interviene in diverse occasioni proprio per rassicurare le controparti in Tunisia dell’imminente partenza del gommone degli scafisti, nonche’ delle stesse ampie ammissioni dell’imputata.
3.2. All’inammissibilita’ del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente all’attenuante di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3-quinquies, che esclude, e determina la pena in quella di anni sei e mesi otto di reclusione ed Euro 350.000 di multa.
Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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